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“Salir adelante”: “Virgen De Cocharcas” di Roma tra transnazionalismo, esperienze di fede e poetiche dell’identità
Posted By Comitato di Redazione On 1 maggio 2024 @ 01:15 In Migrazioni,Religioni | No Comments
Processione della Virgen de Cocharcas per le vie di Casali di Mentana (RM), settembre 2023 (ph. Daria De Grazia)
di Daria De Grazia
Madre oyeme, mi plegaria es un grito en la noche.
Madre mìrame, en el tiempo de mi juventud.
Madre cuidame, mil peligros acechan mi vida.
Madre, llename de esperanza, de amor y de fe.
Madre guiame, en las ombras no encuentro el camino.
Madre llevame, que a tu lado feliz cantare.
(Madre de los jovenes, dal canzoniere dell’Associazione “Virgen de Cocharcas”)
Arrivare
In questo contributo vorrei proporre qualche breve riflessione intorno a un lavoro di ricerca etnografica at home condotto a più riprese a partire dal 2018, insieme agli amici dell’Associazione culturale religiosa “Virgen de Cocharcas” di Roma [1]. L’Associazione, che si costituisce ufficialmente nel 2008 e conta in media tra i 110 e i 150 iscritti, ha sede a Fonte Nuova (RM), un comune di circa 30 mila abitanti nell’hinterland della Capitale.
La statua “da vestire” della Virgen de Cocharcas, al centro delle pratiche cultuali del gruppo, è ospitata nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli a Casali, una frazione del comune di Mentana, situata a circa 5 km di distanza da Fonte Nuova. Il territorio di Casali costituisce dunque il centro “spirituale” dell’Associazione: qui si celebrano le messe mensili in onore della Madonna e l’8 settembre di ogni anno si porta il simulacro in processione.
Preparazione del anda (portantina) nel box auto dell’Associazione, Fonte Nuova, 2018 (ph. Daria De Grazia)
Le attività dell’Associazione si svolgono prevalentemente lungo la via Nomentana: partendo da Casali di Mentana, proseguendo verso Roma, appena superato il Grande Raccordo Anulare, si trova “La Balera Romana”, il locale dove, da diversi anni, si celebra una parte dei festeggiamenti. Entrando a Roma e lasciando la via Nomentana, la mappa dei luoghi frequentati dall’Associazione si espande lungo il quadrante Nord Est della Capitale: tra la via Tiburtina e la via Prenestina si trovano i centri sociali presso i quali la junta directiva tiene le sue actividades.
Gli iscritti, tutti originari del Perù, si sono stabiliti in Italia negli anni ’90 del secolo scorso e nei primi anni del 2000. Dai racconti dei loro viaggi emerge sempre, oltre alla forte necessità economica alla base della scelta della migrazione, l’esistenza di reti familiari o amicali già presenti sul territorio italiano; la presenza di tali connessioni orienta le traiettorie e le modalità migratorie, informando l’insieme delle pratiche dei soggetti coinvolti, prima, durante e dopo l’esperienza della migrazione.
Vestizione della Virgen presso la sala parrocchiale della Chiesa di S. Maria degli Angeli, Casali di Mentana (RM), 2019 (ph. Daria De Grazia)
Alla fine degli anni ’90 del Novecento, un gruppo di famiglie peruviane da poco immigrate inizia a riunirsi intorno a un’icona dipinta della Virgen de Cocharcas, portata dal Perù dalla famiglia X, dando vita a un primo nucleo associativo. Presto il culto si organizza in una mayordomia [2]. Con il passaggio dalla mayordomia all’associazione, assistiamo alla sostituzione dell’icona sacra: da Sapallanga (Huancayo) a Lima e poi da Lima a Roma, una statua modellata della Virgen de Cocharcas percorre un vero e proprio itinerario migratorio che si conclude presso la Chiesa di Santa Maria degli Angeli.
Come raccontato da alcuni membri del gruppo, il simulacro della Madonna assume, infatti, le sembianze di una persona migrante. La statua segue la stessa rotta di migrazione dei fedeli e deve inoltre far fronte a tutta una serie di controlli: deve anch’ella svelare la propria identità alle autorità di frontiera al fine di superare i confini e finalmente raggiungere Roma. Silvia, una delle fondatrici dell’Associazione, mi racconta che fu sua madre a trasportare la statua della Virgen dal Perù all’Italia. Alla frontiera, pregò i poliziotti di «non farle del male»; il simulacro venne infatti «girato e rigirato» [3], attraversando metaforicamente le incertezze e le difficoltà di un lungo viaggio verso un Paese sconosciuto.
Vestizione della Virgen presso la sala parrocchiale della Chiesa di S. Maria degli Angeli, Casali di Mentana (RM), 2019 (ph. Daria De Grazia)
Inoltre, è interessante notare come la Virgen de Cocharcas presenti una storia migratoria intrinseca, che si esplica nel mito di fondazione, secondo il quale la Virgencita percorre un lungo tragitto composto da diverse tappe, prima di stabilirsi nella Chiesa di Sapallanga. È una reina peregrina, una Vergine migrante, che ancora oggi, a Cocharcas, viene trasportata ritualmente in diverse città prima di essere portata in processione l’8 settembre.
A Roma, le vicende di formazione e consolidamento del gruppo riflettono i processi con cui i soggetti, attraverso la relazione con la Madonna rinegoziano il proprio sé e definiscono poetiche identitarie transnazionali nel contesto di arrivo. In quest’ottica, il simulacro da vestire, rappresenta un vero e proprio ‘corpo di memoria’ (Rak 2017), un oggetto-persona, attorno al quale si articolano le storie di vita, le memorie, le nostalgie, gli immaginari dei soggetti coinvolti (cfr. Buonvino 2021) e opera come dispositivo simbolico agente, capace di organizzare e integrare i vissuti personali all’interno di un progetto collettivo di fede.
Come sostiene Severi:
Il dispositivo sacro, in questo senso, organizza agentivamente gli spazi comunitari, i comportamenti e le relazioni sociali all’interno della comunità di devoti (Dei 2017: 153), ed è proprio attraverso gli scambi tra devoti e simulacro mariano che si viene a delineare un perimetro identitario. Questo spazio identitario non è neutrale ma sempre conteso, si configura attraverso pratiche conflittuali interne ed esterne al gruppo e necessita di continui processi di mediazione e riassestamento. Questi processi sono spesso guidati da alcuni soci e da alcune famiglie, che, nel tempo, hanno acquisito dei ruoli di leadership più o meno formale, e da don R., “guida spirituale” del gruppo.
Vestizione della Virgen presso la sala parrocchiale della Chiesa di S. Maria degli Angeli, Casali di Mentana (RM), 2019 (ph. Daria De Grazia)
Restare
Molti membri dell’Associazione riconducono l’inizio della devozione per la Virgen de Cocharcas a un periodo di poco successivo il loro arrivo a Roma; quasi nessuno di loro era a conoscenza dell’esistenza della Madonna di Cocharcas prima del viaggio. Questo “incontro” determina la possibilità di creare una rete di solidarietà nel Paese straniero e, allo stesso tempo, permette di performare una “tradizione” – soprattutto attraverso le pratiche rituali e festive – tutta da (ri)costruire e (ri)definire collettivamente. L’Associazione si delinea dunque come uno spazio esistenziale eterogeneo, dove si incrociano traiettorie diversificate e si (ri)modellano i vissuti, le memorie e le aspettative dei soggetti implicati.
Il tentativo di proporre la festa in onore della Mamacha Cocharcas a Roma, dando vita a un rituale che guarda, nella strutturazione, a quello che viene performato a Huancayo annualmente, consente di apprendere e di praticare un’identità peruviana immaginata, mettendo in forma un processo che si può definire di becoming peruvian (Berg 2015), immaginando e delineando tratti essenziali di una homeland, da preservare in terra straniera, che nutre la costruzione di legami comunitari.
Jonathan, ex presidente dell’Associazione, uno dei leader del gruppo, descrive un quadro piuttosto chiaro:
I processi di costruzione di questa peruvianità immaginata si muovono parallelamente su diversi fronti. Non si tratta, chiaramente, di processi omogenei o neutrali ma frammentati, intermittenti, parziali, conflittuali e il mondo associativo religioso risulta essere solo uno degli spazi in cui tali processi prendono forma. Questo insieme di azioni transnazionali si definisce attraverso tutte quelle pratiche in cui è in atto un «gioco delle appartenenze» (Ceschi 2011: 147): un lavoro di tessitura culturale che dà luogo a configurazioni, se si vuole, ibride, variegate, «che si distendono […] in uno spazio intermedio» (Simonicca 2015: 32).
Processione della Virgen de Cocharcas per le vie di Casali di Mentana (RM), settembre 2023 (ph. Daria De Grazia)
L’attenzione nei confronti di una soggettività agente ha permesso, negli ultimi decenni, di superare quelle narrazioni che definivano l’immigrato come individuo – massa/ forza lavoro, preferendo uno sguardo rivolto al migrante in quanto persona – individuo provvisto di voce autonoma (Simonicca 2015: 37). Il superamento del modello bipolare di studio del fenomeno migratorio ci permette di considerare le migrazioni come spostamenti continui e multidirezionali. Nel dibattito antropologico odierno, le collettività migranti sono intese come comunità mobili di individui che transitano tra più territori creando spazi sociali attraverso i quali si muovono oggetti, idee, capitali, immagini ecc. (Riccio 2014:12).
Secondo Gupta e Ferguson (2001: 38) «in this culture- play of diaspora, familiar lines between “here” and “there”, center and periphery, colony and metropole, become blurred»; dunque, mentre i confini di territori e luoghi divengono sempre più sfumati, acquisiscono sempre maggiore importanza le ‘comunità immaginate’ (cfr. Anderson 1991), che attraverso l’«opera dell’immaginazione» (Appadurai 2001:16) significano agentivamente gli spazi e tracciano e disfano connessioni. Lo spazio transnazionale è quindi uno spazio di relazioni sociali, uno spazio praticato, che non è mai ontologicamente dato ma sempre mappato discorsivamente e praticato attraverso l’agire corporeo (de Certeau 2001; Clifford 1997; Low, Lawrence-Zuñiga 2003).
In questo caso di studio, le pratiche devozionali sono state nel tempo utilizzate attivamente per rifunzionalizzare e rendere abitabili e percorribili gli spazi urbani (cfr. Giorgianni 2022), delineando un’alternativa «cartography of belonging» (Levitt 2003: 853). È stato possibile, attraverso le rappresentazioni proposte e le storie di vita dei soggetti implicati, indagare i processi di territorializzazione e risemantizzazione del culto “da Huancayo a Roma”, facendo emergere i meccanismi di costruzione di un’identità peruviana che si è delineata attraverso i processi di appropriazione, di domesticazione e di negoziazione degli spazi urbani estranei nel contesto di arrivo al fine di iscrivere e legittimare la propria presenza sul territorio e «rivendicare forme di giustizia spaziale» (Parbuono 2016: 172), nell’incontro/scontro con gli autoctoni (cfr. Broccolini 2017).
Nel territorio di Casali e Fonte Nuova si è giocata per anni, tra le autorità locali e il gruppo di fedeli della Virgencita, una partita concernente l’appropriazione degli spazi pubblici. Infatti, prima che il gruppo si costituisse in associazione culturale, la processione mariana veniva condotta su vie trafficate, senza l’intervento dei vigili urbani, e la festa aveva luogo in alcuni spazi pubblici comunali (il campo sportivo, il Palaghiaccio). A causa dell’eccessivo afflusso di persone durante le celebrazioni emersero diversi problemi di ordine pubblico. La decisione di strutturarsi in associazione culturale religiosa risolse così differenti questioni: permise, per prima cosa, di gestire meglio il flusso di partecipanti, e, attraverso l’autofinanziamento portato avanti con il meccanismo delle actividades (durante le quali si preparano pasti che i soci sono invitati a consumare pagando una quota), divenne possibile affittare un locale per la festa principale; ciò consentì di ammorbidire le tensioni con le autorità di Casali e con gli autoctoni.
Processione della Virgen de Cocharcas per le vie di Casali di Mentana (RM), settembre 2023 (ph. Daria De Grazia)
Questo lento processo di istituzionalizzazione ha permesso una parziale risoluzione delle frizioni e la conquista di una legittimazione sul territorio; da ormai più di dieci anni la processione si svolge con l’autorizzazione delle autorità competenti e traccia un percorso ufficiale tra le vie di Casali. Il terreno religioso diviene dunque luogo di un incontro possibile, tra l’altro “facilitato” dalla comunanza del culto, tra nuovi e vecchi abitanti. Le negoziazioni alla base di questo processo di modellamento –quello del gruppo che diviene struttura/istituzione ma, parallelamente, anche quello del rapporto dei singoli con la fede cattolica dal punto di vista personale – sono guidati e sono frutto di un costante dialogo mediato da don R.. Gli spazi ecclesiastici, e, più in generale i luoghi dell’Associazione, vanno così a tracciare una mappa delle appartenenze, un reticolo di luoghi sociali dove hanno luogo le pratiche formali e informali dell’Associazione, che includono diverse forme di mutuo soccorso e solidarietà tra connazionali (in Italia e in Perù).
Emerge spesso la volontà di mostrare l’idea di una “peruvianità” positiva. Questa attitudine mi sembra prenda forme concrete nell’esperienza religiosa cattolica, cioè nella negoziazione di una legittimazione morale in primis all’interno dell’universo valoriale dell’etica cristiana, che si presta a essere punto d’incontro con gli autoctoni. Questo sentimento si esplica anche attraverso la disapprovazione di tutti quei comportamenti dei connazionali che potrebbero essere mal visti all’interno di un universo morale improntato intorno al sacrificio e alla carità cristiana. In questo senso, si potrebbe forse parlare della costruzione di una ‘topografia morale del sé’ (Cfr. Taylor 2004) modellata su una serie di negoziazioni che passano attraverso l’esperienza di fede collettiva. Eduardo, primogenito di due dei fondatori dell’Associazione e nuovo membro della giunta direttiva dal 2023, mi parla di qualcosa di simile:
Processione della Virgen de Cocharcas per le vie di Casali di Mentana (RM), settembre 2023 (ph. Daria De Grazia)
Salir adelante
Le narrazioni sono parte dell’esperienza individuale, ma allo stesso tempo le danno forma; sono risorse fondamentali per strutturare gli eventi in uno o più ordini di senso, lasciando emergere anche aspetti del self parziali o poco esplorati (cfr. Good 2006). Tramite la costruzione delle discorsività narrative si restituisce un senso alla complessità degli eventi esperienziali e si assumono dunque dei posizionamenti, rispetto al proprio self e rispetto al proprio interlocutore. Crapanzano definisce «limbo di interscambio» (Crapanzano 1980:11) quello spazio nel quale si intrecciano le narrazioni performate dal soggetto studiato e il testo scritto dal ricercatore, dando forma a discorsi polifonici.
Secondo Clemente (2013:173), la storia di vita è «strumento conoscitivo […] tra i più moderni e sofisticati che si possono trovare». Le narrazioni degli “altri” permettono al ricercatore di osservare la cultura agita nel suo farsi, le tattiche intorno alla negoziazione dei significati, la processualità insita nell’acquisizione di posizionamenti e nella definizione delle identità incostanti.
In questo breve contributo è impossibile dare spazio alle storie di vita condivise, ma è forse possibile lasciar emergere alcuni nodi che mi sembrano interessanti poiché tracciano connessioni, mettendo in relazione le sofferenze del viaggio migratorio e le difficoltà del trovarsi in un contesto sconosciuto, con l’esperienza di fede cattolica e di devozione nei confronti della Virgen de Cocharcas.
Pilar, segretaria spirituale della junta directiva, mi dice: «Da quando sto qui, la Virgen mi ha dato tante cose. Ho saputo essere forte perché, giorno dopo giorno, fino a ora, le ho chiesto di darmi la forza per salir adelante […] Lei era l’unica che avrebbe potuto darmi questa forza» [6]. Eva, membro della junta directiva, mi dice:
Culmine dei festeggiamenti in onore della Virgen de Cocharcas, la nuova junta directiva “fa ballare” il simulacro, settembre 2023 (ph. Daria De Grazia)
L’esperienza migratoria emerge come uno spartiacque nelle vite dei soggetti intervistati. Il prima e il dopo hanno contorni piuttosto definiti; l’esperienza è totalizzante e decisamente percepita come critica. Le strategie di sopravvivenza messe in pratica dagli attori sono molteplici. L’idea di patria e tutto ciò che questa include ed esclude, per i singoli, spesso funziona come «symbolic anchor of community» (Ferguson, Gupta 2001: 38) e si costituisce come referente che emerge costantemente nella costruzione delle identità dei soggetti coinvolti.
Nella storia di Pilar è molto chiara la connessione tra le difficoltà dell’esperienza migratoria e la fede nella Santissima Virgen. La devozione, difatti, risulta essere una risorsa e una strategia efficace per salir adelante. Questa è un’espressione che ritorna in quasi tutte le interviste e le conversazioni effettuate con i membri dell’Associazione; letteralmente significa “andare avanti”. Secondo Pren e Takenaka, che lavorano con migranti peruviani in Giappone e negli USA, l’espressione: «denotes two types of movements – social (up the socioeconomic ladder) and geographical (to another place). The underlying meaning is leaving the country to move ahead in life» (Takenaka, Pren 2010: 29). Nel nostro contesto, non mi sembra che il concetto sia utilizzato per definire un cambiamento di status sociale. Sottintende, piuttosto, un’etica del sacrificio finalizzata al superamento delle difficoltà e al non lasciarsi abbattere dagli ostacoli incontrati lungo il percorso; un riuscire quindi a indirizzare tatticamente il dolore integrandolo in un universo morale divino, permettendone l’acquisizione di un senso e un significato comprensibili. Salir adelante significa proprio andare avanti, comunque, ad ogni costo, nonostante tutto. Solo osservando i vissuti intimi e le storie personali è possibile comprendere i percorsi sfumati e discontinui attraverso cui i soggetti riescono a disporre della nostalgia orientandola all’azione nel presente, con lo sguardo rivolto al futuro, appunto, para seguir adelante.
Il simulacro della Virgen de Cocharcas per le vie di Casali di Mentana (RM), settembre 2023 (ph. Daria De Grazia)
El cargo: immaginari e prospettive
Gli anni della pandemia di Covid-19 hanno segnato un momento di forte crisi per l’Associazione, che non ha potuto svolgere le attività che ne assicurano la sopravvivenza. La crisi economica e sociale causata dalla pandemia ha inoltre aggravato problemi già presenti in precedenza. Infatti, una questione nodale che preoccupava i membri della giunta direttiva era quella di trovare qualcuno che si prendesse la responsabilità del cargo e portasse avanti il lavoro dell’Associazione. È infatti estremamente complesso svolgere un ruolo di leadership in questi contesti. L’incarico richiede un impegno continuo. La Virgen tiene occupati tutto l’anno. La gestione dell’Associazione richiede tempo, presenza costante, e, come sostiene Jonathan, «molta forza di volontà» [8], perché «bisogna aver voglia di imparare», dice Marta: «all’inizio hai paura sì, ma poi si impara, si impara» [9].
A settembre 2023, dopo anni di incertezze, durante la festa in onore della Madonna, è stata eletta una nuova giunta, di cui fanno parte diversi giovani, appartenenti alle seconde generazioni. Alcuni di loro, oggi tra i 30 e i 35 anni, avevano più volte mostrato nel corso degli anni diverse perplessità intorno all’ipotesi di assumere un ruolo attivo all’interno dell’Associazione, soprattutto circa le difficoltà e le responsabilità che el cargo prospetta. Questo passaggio di testimone, reso solenne da un lungo discorso di uno dei padri fondatori dell’Associazione, definisce senza dubbio un punto di svolta nella storia del gruppo. Non è un caso che questa “presa di responsabilità” nei confronti della comunità di appartenenza avvenga in seguito ad alcuni anni di forte crisi economica e messa in discussione delle stesse possibilità di esistenza del gruppo.
Credo sia possibile, anche se questa tematica meriterebbe una riflessione più approfondita, inquadrare questo passaggio all’interno di un’ottica sociale più ampia: prendere el cargo rientra infatti in tutta quella serie di responsabilità che pertengono all’età adulta. Fa parte, per un giovane italo-peruviano che sta effettuando il suo ingresso nel “mondo adulto”, del corredo di buone pratiche che permettono la piena legittimazione all’interno della comunità. Questa nuova giunta direttiva sta aprendo le attività dell’Associazione a nuove proposte e sta integrando nuove pratiche e iniziative, anche attraverso un sempre maggiore uso e una mediatizzazione crescente dei prodotti che noi ricercatrici abbiamo condiviso negli anni. Che significato assumono le rappresentazioni identitarie mediate dai membri di prima generazione per le seconde generazioni? Come i nuovi giovani membri della junta directiva interpreteranno e risignificheranno la “peruvianità” attraverso inedite pratiche comunitarie e devozionali?
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