di Cosimo Di Guardo
Ho fotografato le mie idee, queste sono soggette al mio stato d’animo, in poche parole amo fotografare il quotidiano, il vissuto. Il come, il quanto, il dove, deve stare dentro l’immagine. Stacco alcuni frammenti importanti e significativi della mia storia di uomo e di fotografo.
Un modo di percorrere le strade di sempre, magari tornando a rivedere meglio le cose più nascoste, le pietre vissute, i gesti silenziosi che parlano, facendo memoria della comune umanità.
Con questo spirito comincio a raccontare Catania, la città che mi accoglie dalla nascita, una città che pare non dormire mai. Pigramente lenta ma mai ferma. Oscilla come il fercolo di Santa Agata.
Da qualche tempo m’immergo tra i suoi storici palazzi e le sue vie luminose e quelle più strette, per cercare e raccontare l’umanità che la rende viva e la colora.
V’incontro nelle botteghe e per strada i catanesi di cui amo la gestualità, il sarcasmo e l’imprevedibilità. La loro piacevole abitudine di vivere intensamente la via Etnea, fino a tardi, fino a confondersi tra le ombre della notte.
Provo a dormire dopo l’ultimo scatto sul tavolo all’aperto con inciso in superficie l’emblema della Città.
Ma è già quasi l’alba nella plaja. Ci sono i “cuzzulari”, i raccoglitori delle telline, c’è il pescatore della domenica e quello che rientra dopo un duro lavoro.
Ci sono i giovani al bar, gli innamorati che si stringono in un abbraccio, gli anziani sulle panchine della villa abitata da alberi secolari.
La giornata è piena di sole. L’Etna guarda lontana il mare e sembra dialogare con il faro. Le nuvole che danzano nel cielo sfiorano i tetti, le cimase e i balconi scolpiti di mostri e sirene.
Saluto l’oprante che prova a tirare i fili delle marionette, il maniscalco che ripara il ferro di cavallo, il pescivendolo che sul banco taglia a fette il tonno. Gesti semplici, secchi, antichi. Arti e mestieri di una grazia perduta.
Scende la sera e mi affaccio sulla piazza del Duomo.
Simbolo della città, l’Elefantino di basalto sormonta la fontana, che segna il tempo come una meridiana e protegge i catanesi dalle calamità.
Ritrovo infine nel mio archivio l’immagine dei devoti di sant’Agata vestiti di bianco: tirano a fatica il cordone del fercolo che dopo lungo percorso torna a sera tra le pareti del Tempio.
Dialoghi Mediterranei, n. 67, maggio 2024
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Cosimo Di Guardo, cresciuto fotograficamente all’ombra di fotografi professionisti e di fotoamatori evoluti, in breve tempo ha conseguito riconoscimenti assai lusinghieri nell’ambito dell’arte fotografica, qualificandosi principalmente per lo studio del bianco-nero curato con abilità e pazienza certosina. Ama la sperimentazione. Nel 1986 fonda l’ACAF (Associazione Catanese Amatori Fotografia) di cui ha ricoperto la carica di presidente per trent’anni. Nel 1995, in riconoscimento della sua attività a favore della fotografia, riceve a Fiuggi dalla Fiaf (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche) l’onorificenza BFI (Benemerito della Fotografia Italiana). Ha esposto in numerose mostre personali e ha pubblicato le sue foto in libri di diversi autori. L’ultimo volume con sue illustrazioni stampato nel 2023 si intitola Unni è trenta è trentuno, di Salvo Fleres.
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