- Dialoghi Mediterranei - https://www.istitutoeuroarabo.it/DM -
Il Mediterraneo nella biografia e nella poesia
Posted By Comitato di Redazione On 1 maggio 2021 @ 02:47 In Cultura,Letture | No Comments
Esce in questi giorni Poesie di vita. Vita di poesie di Tullio Sammito, una «raccolta di scritti poetici», come ama definirla l’autore, che non vuole essere considerato, e non è, poeta di professione, ma sicuramente uomo di cultura, colto e raffinato cultore della bellezza.
Potremmo dire che fin dal titolo la figura del palindromo, il percorso in entrambi i sensi che mantiene e sdoppia il significato, Giano bifronte, racchiude la cifra di questa raccolta e l’identità di Sammito come autore, che circoscrive le ambizioni letterarie fin dalla poesia d’esordio “Poeta”: «Sensi dipingo, / di luci e di ombre / poeta mi fingo. / Sovente mi taccio / ma talora m’impegno». Anche se, secondo i canoni classici delle sillogi poetiche, rispetta il valore programmatico della poesia d’apertura, proponendo la sua “poetica”: «A fama non tendo e / con passo leggero, / inebriandomi d’essa /a vita propendo». E anche se, affianca, alla scelta dell’understatement e del divertissement apparente, l’ambizione della pubblicazione e l’esigenza di creare legami al di fuori della solitudine dello scrittoio, perché per Sammito la poesia non è un’attività estemporanea ma una compagna di vita.
Le singole poesie della raccolta sono dunque postille esistenziali, come <memo> colorati apposti ai momenti significativi della vita, vissuti con partecipazione pacata e sorridente, talora con sofferenza, ma velata con il distacco della bonaria autoironia, dove la facezia esorcizza delusioni e nevrosi. Se la lettura è sempre un gesto reciproco tra autore e lettore, leggere poesia è forse la scelta di un impegno che porta il lettore a mettersi in gioco con l’autore, a smuovere la coscienza e a condividere un percorso.
Anche in questo frangente il palindromo bifronte guida, o disorienta, il lettore: il volume si presta a un percorso in entrambi i sensi, a una lettura “personale”, o non organizzata, a zigzag, a incroci che seguono temi ricorrenti o a un percorso all’inverso, nonostante la ordinata partizione in capitoli e l’organizzazione tematica: Io – Vita – Città – Famiglia – Donne – Faceto – Giovanile. Dal fondo all’inizio, partendo per esempio dal nodo del rapporto col padre (“A mio padre”), o rincorrendo alcuni temi trasversali che scavalcano i capitoli; o ancora seguendo l’unico flusso “continuo” rappresentato dall’universo femminile.
In ogni caso la lettura di Vita di poesia. Poesie di vita porta il lettore nell’universo esistenziale di Sammito – che non si nasconde – ma anche lo obbliga a scavare in se stesso: presenta un mondo di contrasti, di contrarietà e ambivalenze che spesso non si ha il coraggio di far affiorare in superficie, cioè la realtà nel suo fluire mobile e non lineare, fatto di avanzamenti e di arretramenti. Fissare la mobilità nella parola poetica significa accettazione di quello che la vita riserva, pacificazione con le contraddizioni esistenziali e con i valori dei principi etici.
Come, per esempio, attorno al tema della famiglia, che nella raccolta è tema trasversale e deborda dal capitolo dedicatogli, tema centrale nella conquista dell’io: valore laico, scelta etica e di affetti solidi, di legami di vita che si fanno rito – matrimoni, battesimi (“Per il battesimo di Viola”) – chiusura e routine della “tranquillità borghese”; una famiglia allargata, ancestrale dove sono prevalenti le figure femminili, e spesso contrassegnata dalla parola “ritrovata”.
L’accettazione pacata delle antinomie e della loro conciliazione nella vita familiare si veste del mito e trova espressione nella figura di Ulisse; in “Promesse”: «…donna mia, …/ D’Ulisse in Itaca / giusti riposi, Circe / novella, da nebbie /astrai. E di miti perduti / materializzi i contorni / in note d’arpa, compagna / amata di dolci abbandoni». Ulisse: riferimento della cultura classica e della mediterraneità; Ulisse archetipo di libertà, di superamento dei vincoli, come in “La prigione di Ulisse”:
Ulisse simbolo del viaggio ma anche della ricerca della terra; proiezione per Sammito del suo amore per il mare e al contempo delle profonde radici sulla terra (“A mio Padre”; “Olio”): la “sicilitudine”, termine coniato da Leonardo Sciascia come metafora di condizione esistenziale. Probabilmente, nella figura di Ulisse Sammito proietta la sua esperienza dei soggiorni nelle terre toccate dal Mediterraneo: Tunisi, Atene, la sua Sicilia, il suo «anelito alla meta e l’ansia inquieta della stasi» (“Metempsicosi”):
Le sue testimonianze di viaggio sono tutte legate al mare (come il mar Egeo in “Proroga”), ma lasciano ritratti di terre, di città e ricordi degli incontri e delle presenze che si affacciano in questi nuovi palpiti di vita. Sammito è soprattutto viaggiatore delle terre dell’umano (“Tunisini”; “A Ragusa”). Le sue città sono acquarelli, trionfo di colori, di sensi, di profumi; le accomuna la mediterraneità del sole e del bianco candore dei muri: «Atene di bianco vestita … candida al sole» (“Atene”), «sfondi bianchi /abbacinanti» dei quartieri di Tunisi (“Passeggiando a El Menzah”), il sole «forte e bianco» di Ragusa (“A Ragusa); il profumo inebriante e speziato, ad Atene come a Tunisi: «sentore intenso degli olezzanti gelsomini» (“Autunno a Tunisi”). Il fascino della luce, che cattura il viaggiatore del Mediterraneo, è il celeste del cielo (“A Ragusa”), il «cielo azzurro, immenso ed/ accecante intenerisce l’ansia», prelude all’aranciato orizzonte del tramonto e al trasmutare «in cromatico / montare verso il viola» (“κρωmatikós”).
Come si è visto, nella poesia di Sammito sovente affiorano segni della sua cultura classica e della padronanza delle regole retoriche e metriche, anche se l’autore in genere si diverte a sparigliare le carte e a mostrarsi sottotono, gioca alla “poesia facile” con gli strumenti affinati del mestiere, come le rime identiche e gli infiniti verbali (come in “A mio padre”).
Ma quando il tema è quello della condizione presente, del bilancio della vita trascorsa, metafore e ossimori cadenzano i versi: la stasi e il rientro ai ritmi della vita familiare e cittadina, la lentezza e il cambio di ritmo sono segnati dalle immagini del viaggio, in treno (“Treno di vita”, «Andavo a cento all’ora e ora vado a venti») o per mare (“Navigando”; “Metempsicosi”): la «calma di risacca» è condizione dolce-amara; è irrequietezza della stasi – «Sorte felice di pace soffrire» –, è la condizione, calma ma claustrofobica, del pesce nell’acquario:
«In stallo sto or non stride mia vita a strappi»: una condizione esistenziale che può accomunare le vite umane di tutte le età: la smaniosa brama di rompere “i limiti” della giovinezza e la gabbia della precarietà della stasi o dell’età; ancor più in questo periodo sospeso della pandemia, che tutti ha reso «pesci fuori dal mare, uccelli nell’azzurro/ graffiato» (“Pandemica-Mente”).
Una condizione magistralmente racchiusa nelle parole di uno dei grandi autori contemporanei della Sicilia (ancora la sicilitudine, forse):
«Porfirio, non ho abento. Questo tormento che non conosce alba, né tramonto, questa inedia di stagno, questa noia greve, quest’ansia ferma, questa melanconia amaricante…» (Consolo 2015: 274).
______________________________________________________________
______________________________________________________________
Article printed from Dialoghi Mediterranei: https://www.istitutoeuroarabo.it/DM
URL to article: https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/il-mediterraneo-nella-biografia-e-nella-poesia/
Click here to print.
Copyright © 2013-2020 Dialoghi Mediterranei. All rights reserved.