SOMMARIO N. 68

'La Spinta' di Matteo Pugliese a Palazzo Merulana Roma

La Spinta di Matteo Pugliese, Museo Merulana Roma (ph. Giulia Panfili)

PRIMO PIANO

EDITORIALE; Cesare Ajroldi, Villa Ajroldi. Gli architetti tra neoclassicismo e Novecento; Francesco Azzarello, Le immagini paleolitiche, il mito dell’emergenza originaria e il tracciamento degli animali come origine del pensiero scientifico; Luciana Castellina, Noi donne; Paolo Cherchi, Fontane magiche e il caso di una fontana sarda; Francesca M. Corrao, Khalil Jubrān, geniale figlio della creativa cultura delle migrazioni; Leo Di Simone, Il virtuale concreto del G7 e la distopia a sorpresa di papa Francesco;  Rosa Geraci, Reati culturalmente motivati in ambito domestico e strategie difensive; Aldo Gerbino, Con Restany e Strano: dal ‘Nouveau Réalisme’ alla ‘Natura Integrale’; Giovanni Gugg, Olimpiadi e antropologia: il doppio volto dei Giochi di St. Louis 1904, tra scienza, sport e pregiudizio; Continua a leggere

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EDITORIALE

Mazara, sciopero dei carrettieri, primi anni 60 (ph. Nino Giaramidaro)

Mazara, sciopero dei carrettieri, primi anni 60 (ph. Nino Giaramidaro)

Ci sono immagini, gesti, parole che riassumono e notificano icasticamente non solo lo spirito del tempo, il senso di ciò che sta accadendo, ma anche la folgorante premonizione di ciò che accadrà. Il tricolore rifiutato con sdegno da un ministro della Repubblica nell’aula del Parlamento che sta approvando in mezzo allo sventolare di vessilli regionali la legge dell’autonomia differenziata, con la volgare rissa tra i deputati che ne è scaturita, non è forse la plastica e più eclatante rappresentazione della disgregazione dell’unità nazionale in cui rischia di precipitare il nostro Paese? E il greve e sprezzante monosillabo “seee” pronunciato dalla presidente del consiglio per replicare a chi le ricordava la vergognosa condizione dei “poveri cristi” destinati ad essere rinchiusi nei centri per i rimpatri in Albania, non è la più schietta e perfetta esternazione del disprezzo umano e politico per gli immigrati di chi governa questo complesso e drammatico fenomeno? Continua a leggere

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Villa Ajroldi. Gli architetti tra Neoclassicismo e Novecento

il vescovo Alfonso

Monsignore Alfonso Ajroldi (1729-1817) (ph. Sandro Scalia)

di Cesare Ajroldi 

Alfonso Ajroldi e lo studio dell’antico 

Il vescovo Alfonso è un personaggio cruciale di questa narrazione per il suo ruolo centrale nella storia siciliana del periodo a cavallo tra la seconda metà del ’700 e l’800. «Nacque a Palermo il 25 febbraio 1729 da Giovanni Battista, marchese di Santa Colomba, e da Teresa Reggio. Si formò alla scuola dei padri Teatini, avviandosi alla vita ecclesiastica. Nominato, nel 1757, segretario dell’Inquisizione, assunse nell’aprile del 1778 la carica di giudice del Tribunale di Regia Monarchia e fu per circa un quarantennio assertore di una politica ecclesiastica spiccatamente regalista. Ebbe anche la nomina di arcivescovo titolare di Eraclea e fu cappellano maggiore del re, commissario generale apostolico della Santissima Crociata, consigliere a latere di S.M., abate di Santa Maria Terrana e cavaliere dell’Insigne Real Ordine di San Gennaro. Sempre nel 1778 fu nominato membro della Deputazione dei Regi Studi, e in tale qualità si occupò attivamente dell’ordinamento della pubblica istruzione in Sicilia, con particolare riferimento all’istruzione popolare. Continua a leggere

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Le immagini paleolitiche, il mito dell’emergenza originaria e il tracciamento degli animali come origine del pensiero scientifico

Altamira

Altamira

di Francesco Azzarello 

Questo articolo risponde all’invito rivolto al mondo intero dal filosofo Achille Mbembe ad allargare la propria memoria identitaria [1], per uscire dalla crisi politica e ambientale che stiamo vivendo su scala planetaria, attraverso un confronto con i miti cosmogonici ancestrali africani. Considerando che il mito non è creatura da biblioteca ma un racconto per immagini verbali e non (da recepire con tutto il corpo più che con la sola mente) e che riguarda tutti, ho deciso di confrontarmi con il mito — originariamente africano e quindi mondiale — dell’emergenza originaria di animali ed esseri umani da una grotta, che Jean-Loïc Le Quellec ritiene costituisca lo sfondo ideologico delle immagini paleolitiche, le cosiddette prime immagini artistiche dell’umanità. Continua a leggere

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Noi donne

Raccoglitrici tamil del tè, Sri Lanka, 2006 (ph.

Raccoglitrici tamil del tè, Sri Lanka, 2006 (ph. Danilo De Marco)

di Luciana Castellina [*] 

Guardare tutte queste foto di donne, senza mai vedere con loro un uomo, è cosa assai bella e piacevole. Perché sono, ognuna, un’opera d’arte, e, tutte insieme, potrebbero diventare un meraviglioso museo. Ma, al di là del piacere che ci dà l’arte, c’è un’altra ragione che fa di questa mostra un’iniziativa importante. Continua a leggere

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Fontane magiche e il caso di una fontana sarda

La fontana di Rosello, Sassari

La fontana di Rosello, Sassari

di Paolo Cherchi 

Non è difficile capire perché le fontane nel corso della nostra lunga storia abbiano una loro costante vicinanza al mondo magico. Se la magia ha come principio primo la nozione che la natura abbia un’anima, allora le fontane offrono la dimostrazione più chiara di questa verità. Il loro sgorgare vivo, fluente e sempre mutevole ma perenne dalla madre Terra, quindi da una matrice solida e compatta, offre la prova visiva di quest’anima che vive entro quella immobile massa materiale.  Continua a leggere

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Khalil Jubrān, geniale figlio della creativa cultura delle migrazioni

Disegno opera di Jubrān

Disegno opera di Jubrān

di Francesca M. Corrao

1. Perché i bambini devono morire per vivere? Storia di un altro tipo di accoglienza che ha fatto sbocciare il genio di KhalīJubrān

Questo studio nasce da una domanda che mi sono posta all’indomani dell’ennesimo eccidio di bambini in mare in fuga da guerre, terrorismo, emergenza climatica o per il semplice desiderio di vivere una vita dignitosa. Essendo una studiosa di mestiere e partendo dal convincimento di Daisaku Ikeda che l’arte e la cultura danno forma al desiderio puro che spinge l’artista a creare opere che diano gioia e felicità, mi sono chiesta cosa ha permesso a Jubrān, un povero giovane immigrante, di diventare un famoso pittore e poeta in un tempo relativamente breve. Continua a leggere

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Il virtuale concreto del G7 e la distopia a sorpresa di papa Francesco

il Papa al G7 dal 13 al 15 giugno in Puglia

il Papa al recente G7 dal 13 al 15 giugno in Puglia

di Leo Di Simone

L’evento del G7 italiano ammirato in tutto il mondo ha rappresentato un magnifico esempio di concretezza virtuale. Ormai siamo talmente abituati al virtuale che facciamo fatica a distinguerlo dal reale. E poi, diciamolo pure, il virtuale è molto più bello del reale, carico com’è di quelle potenzialità che il reale non riesce a costruire, il volgare reale chiuso necessariamente nella sua monotona disarmante datità. Virtuale è bello perché trasferisce il reale in un mondo di più vaste illusorie idealità, consente ai sogni dell’estetica e dell’etica di concretizzarsi in teorie appaganti, che tacitano coscienze anelanti alle idee di vero, di bene, di giusto senza doverle impegnare nell’azione, in un lavoro improbo e quasi sempre deludente. Continua a leggere

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Reati culturalmente motivati in ambito domestico e strategie difensive

 immagine-per-pdp-125-scaleddi Rosa Geraci  

La figura del reato culturalmente motivato nella società multiculturale 

L’arrivo in Italia di persone provenienti da Paesi spesso lontani, portatori di valori religiosi e culturali differenti dai nostri, pone l’esigenza di armonizzare e conciliare le diversità al fine di realizzare l’integrazione e arginare il rischio di una conflittualità che possa tradursi in disparità di trattamento sia culturali che sotto il profilo dell’esercizio della libertà religiosa [1]. Continua a leggere

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Con Restany e Strano: dal ‘Nouveau Réalisme’ alla ‘Natura Integrale’

1.Prima pagina della rivista “Natura Integrale” fondata da Pierre Restany e Carmelo Strano. Milano, Scheiwiller, aprile-maggio 1979.

Prima pagina della rivista “Natura Integrale” fondata da Pierre Restany e Carmelo Strano. Milano, Scheiwiller, aprile-maggio 1979.

di Aldo Gerbino 

Bisogna inginocchiarsi nell’erba alta /quando tira il vento, così che l’erba superi la nostra testa / e le vipere e gli orbettini scivolino / tra i nostri piedi, e allora / nell’energia contorta dei tuoi spaventevoli rami, / si ascolta la voce della scienza, / che ha il volto rupestre di Dio. 

[Pier Luigi Bacchini, da “Preghiera sotto la quercia” in Scritture vegetali, Milano 1999] 

La sensazione che sia assolutamente necessario un cambio di paradigma sul rapporto natura-cultura si avverte, con maggiore pregnanza, rileggendo il «Manifesto di Rio Negro» del critico d’arte Pierre Restany. A ventuno anni dalla sua scomparsa (Amélie-les-Bains-Palalda, 22 giugno 1930-Parigi, 29 maggio 2003) è rimasta intatta la sua capacità di trasmettere una forza propulsiva disposta nella permeante forma di un’onda di ‘commozione’ lanciata, senza alcuna riluttanza, nell’intima struttura del mondo. Un mondo stretto tra il monopolio della metafora, come lo stesso Restany ha avvertito, e l’asfissia di una urbanizzazione e d’una accelerata civiltà verticalista la quale ci impone il non poter guardare la forza pervasiva di quel verde ‘primigenio’ che dipinge il nostro pianeta in un’ampia cromia di significati e di esiti. Continua a leggere

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Olimpiadi e antropologia: il doppio volto dei Giochi di St. Louis 1904, tra scienza, sport e pregiudizio

Locandina

Locandina

di Giovanni Gugg 

All’inizio del Novecento, esattamente 120 anni fa, si svolse la terza Olimpiade dell’era moderna a St. Louis, negli Stati Uniti, dal 1° luglio al 23 novembre 1904. Inizialmente, i giochi erano stati assegnati a Chicago, ma ritardi organizzativi e la concomitante Louisiana Purschase Exposition, ossia l’Esposizione universale a St. Louis, portarono allo spostamento della sede. Questa scelta si rivelò sfortunata, con una scarsa partecipazione di atleti e nazioni (solo 651 atleti da 12 nazioni) e la competizione sportiva oscurata dalla Fiera. Tuttavia, queste Olimpiadi introdussero innovazioni significative come la consegna di medaglie d’oro, d’argento e di bronzo ai primi tre classificati e la disputa della prima maratona con un percorso standardizzato. Continua a leggere

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Soglie dell’antropologia, soglie dell’esistenza

Foto di Stefano Montes

Foto di Stefano Montes

di Stefano Montes

In un saggio precedente, pubblicato su Dialoghi Mediterranei, proponevo un’antropologia fondata su una pratica dell’indisciplina produttrice di un costante decentramento di prospettive e di una sistematica riconversione dei ruoli e delle aspettative configuranti la semantica dell’ordine e disordine, dell’ordinario e straordinario (Montes 2023a). Proponevo di mettere l’accento sui processi e sulle interconnessioni dinamiche in uno prospetto di libero divenire, più che sui risultati e sulle immobilità statiche delle conclusioni finalizzatrici di una ricerca. Comparavo e associavo l’andamento in divenire di una ricerca – inclinazione che prediligo in antropologia – al vivere e alle sue necessarie rimodulazioni generate nel tempo. Continua a leggere

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Venezia: dell’isola bucata e delle diverse sue ossessioni

Riflessi da campo San Stin. Credits: Il Pilota Pelato

Riflessi da campo San Stin (@ Il Pilota Pelato)

di Elena Nicolai  

Volerai così, sorella Venezia

sarà un’inezia la libertà

Andreina Corso, Carme per Venezia, Bonaccorso Verona, 2020: 46. 

«Venezia ha costituito, negli ultimi decenni, un traguardo particolarmente ambito dall’homo consumens: chi ha osservato con attenzione, prima dell’“acqua granda” e dell’insorgenza del Covid, le vie prospicenti alla stazione ferroviaria di Santa Lucia e del Piazzale Roma, le ha viste percorse dalla marcia ritmica dei trolley, in file interminabili, con i “masegni” letteralmente consumati, immagini, impresse nella memoria, che possono condensare il logorio di una città, un vero scrigno di bellezza, esposto però ad un uso di corto respiro» (Goisis, 2022: 19-20) [1]. Continua a leggere

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Ragionando tra Soft Power e Hard Power. È falso credere che la guerra sia la prosecuzione della politica con altri mezzi

vonclausewitz_guerra_100421di Roberto Settembre                  

Non molto tempo fa Papa Francesco ha detto che la guerra di aggressione contro l’Ucraina scoppiata in Europa il 24 febbraio 2022 è stata l’effetto del continuo abbaiare dell’Occidente alle porte della Federazione Russa. Sconcertino o no queste parole pronunciate da un Capo di Stato posto al vertice della Chiesa Cattolica, è opportuno analizzarne il significato, poiché tale frase contiene due concetti, l’abbaiare e il muovere guerra, e un nesso di causalità che sembra richiamare un pensiero di Karl Von Clausewitz, quando duecento anni fa coniò uno slogan azzeccatissimo: la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi. Continua a leggere

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Il Mediterraneo di Brondino, da “lago di pace” a “cimitero liquido”. Riflessioni storiografiche e prospettive di ricerca

i__id15264_mw600__1xdi Salvatore Speziale

Mediterraneo: luogo privilegiato dell’uomo, della storia e della storiografia

Sebbene possa apparire lapalissiano ai più, s’intende ugualmente ribadire in questa sede come il Mediterraneo sia sempre stato, e continui ad essere tuttora, un luogo privilegiato dell’uomo, nella sua pluralità e complessità, della storia, nell’accezione più onnicomprensiva del termine, e, di conseguenza, della storiografia, nelle sue varie declinazioni metodologiche e tematiche. Tale affermazione, di per sé ricca e articolata, potrebbe invece apparire addirittura riduttiva se non si tenesse conto delle altre scienze sociali e delle cosiddette scienze esatte che in quello stesso bacino hanno sempre trovato un terreno fertile per le speculazioni teoriche e per le applicazioni sul campo, generando un continuo e proficuo scambio di conoscenze e innovazioni. Continua a leggere

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Il Mediterraneo dentro

9788898630080_0_200_322_75di Silvano Tagliagambe 

 Mare di nascita e di morte 

Il Mediterraneo, culla della nostra civiltà, oggi è un’enorme tomba che custodisce i corpi di decine di migliaia di naufraghi e migranti affogati. La sua tragica storia è sintetizzata, con la forza straordinaria che solo la poesia sa esprimere, da Apollonio Rodio nei pochi versi delle sue Argonautiche nei quali riassume la storia del fugace incontro tra Afrodite, la Nata dal mare, e Bute, il Morto nel mare. Pascal Quignard, scrittore e saggista francese, riprende questi versi e ne fa il motivo conduttore di un piccolo ma straordinario libro, dal titolo Bute (Quignard, 2008). Dalla fine del periodo miceneo correva la leggenda di un’isola misteriosa sulle cui rive perivano i marinai attirati dal canto degli uccelli. Continua a leggere

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Serendipità: troppa o troppo poca? Note sul sapere dell’antropologia tra baldanza metodologica e pusillanimità teoretica

serendipitadi Pietro Vereni 

1. La serendipità del campo e i suoi nemici da tavolino

Nel 2016 l’editore Hasgate pubblicò una raccolta di saggi che proponeva addirittura una “nomadic turn” (Hazan e Hertzog 2011). Non so bene cosa sia successo a quell’ennesima svolta dell’antropologia culturale in lingua inglese ma quel che conta, almeno per gli intenti di questo mio testo, è che l’antropologia, con quella raccolta, accettava di ingaggiare una riflessione sistematica attorno all’idea di serendipità [1]. Continua a leggere

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Sul genocidio dei Palestinesi

Banner sul Ponte Palatino a Roma, opera della street artist Laika

Banner sul Ponte Palatino a Roma, opera della street artist Laika

di Alberto Giovanni Biuso 

Premessa. Un evento coloniale 

A quale altro popolo, nazione, esercito sarebbe stato consentito di praticare ciò che lo Stato di Israele mette in atto dal 7 ottobre 2023 e, con modalità e gradazioni diverse, dal 1948? Credo che questa sia la domanda essenziale da porre anche solo per avviare un discorso onesto e realistico sul genocidio in atto in Palestina. Continua a leggere

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Narrative del conflitto e conflitto di narrative intorno al pogrom di Hamas e al massacro di Gaza

Università de L'Aquila

Università de L’Aquila (ph. Antonello Ciccozzi)

di Antonello Ciccozzi 

Antefatto

Seguendo gli stessi pattern che si sono diffusi in Occidente a partire dalle proteste nei campus americani, da un paio di settimane anche a L’Aquila, nel parchetto antistante al dipartimento universitario dove lavoro come professore associato di Antropologia culturale, c’è un’accampata di giovani pro-Palestina. C’è anche qualche mio studente, perlopiù si tratta di ragazze e ragazzi della sinistra radicale-arcobaleno, variamente idealista e rivoluzionaria, che orbitano intorno al centro sociale “Casematte” (che frequento da una quindicina di anni, ovvero dalla fondazione, e con cui ho collaborato a diverse iniziative, anche se solitamente non da una postura estremista). Continua a leggere

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Rileggere Yizhar

testo-recensitodi Sabina Leoncini 

Maggio 1949. Khirbet Khizeh è un immaginario villaggio palestinese. Ad un gruppo di soldati del neonato Stato di Israele (14 maggio 1948) viene dato l’ordine di liberare il villaggio dagli abitanti arabi/palestinesi. A narrare l’esecuzione dell’ordine operativo è S. Yizhar, pseudonimo di Yizhar Smilansky. Insieme a lui prendono pian piano forma gli altri personaggi della storia, Shmulik, Gabi, Moyshe, Ariè, Shaul, Yehuda e il radiotelegrafista (unico personaggio al quale non ci si riferisce mai per nome) con i quali Yizhar inizialmente ride e scherza, condivide pasti e pensieri ma poi si troverà a discutere non appena assumerà coscienza di ciò che sta realmente succedendo. Continua a leggere

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Una pagina nera del giornalismo italiano: il caso emblematico di Gaza

 collage-maker-08-oct-2023-02-11-pm-8611-1di Alessandro Prato 

Premessa 

In un interessante libro uscito nell’ormai lontano 2005 – Cattive notizie. La retorica senza lumi dei mass media italiani - Michele Loporcaro tracciava un bilancio negativo del sistema informativo italiano, evidenziando in modo chiaro e circostanziato molteplici e importanti suoi difetti: mancanza di obiettività, esasperazione del dato emotivo a dispetto della razionalità, manipolazione dei fatti secondo l’ideologia dominante,  semplificazione populista che si impone sull’analisi, elaborazione di messaggi ad effetto con scarso o nullo valore informativo che hanno il solo scopo di intrattenere il pubblico e persuaderlo di una tesi che non viene mai sottoposta al vaglio del pensiero critico. Continua a leggere

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La democrazia alla prova della guerra

11di Giuseppe Savagnone 

Per la democrazia 

Le guerre che si sono scatenate il 24 febbraio 2022 e il 7 ottobre 2023, rispettivamente in Ucraina e nel Medio Oriente, hanno chiamato in causa la democrazia. In entrambi i casi è stato in suo nome che i governi occidentali si sono schierati prima a favore del governo di Kiev, poi di quello di Tel Aviv. E in questo senso si sono pronunziati quasi unanimemente anche i maggiori opinionisti italiani. Continua a leggere

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All’ombra del laboratorio perfetto. Avanguardie antropologiche nel panorama italiano

Napoli, Università Federico II

Napoli, Università Federico II

di Simona Taliani 

Non dirò quanti sono. Non formulerò un numero che, nel frattempo, è cambiato, che, nel frattempo, è cambiato, che, nel frattempo, è cambiato, di persone eternamente rimaste. Per esser palestinesi, scomparvero per sempre dal luogo verso il quale fuggirono. Sono morte senza cena. Nella loro gola, neanche uno sputo d’acqua. Non le trasformerò, ancora una volta, in un numero esiliato, adatto a una notizia da piè di pagina Shahd Wadi, La pioggia di Gelsomini [1]

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Un ritorno della demologia? Evoluzione del CIP ed effervescenze museali

Giovanna Marini ( ph. Andreu Dalmau/EPA)

Giovanna Marini ( ph. Andreu Dalmau/EPA)

CIP 

di Pietro Clemente 

Giovanna

Nonostante Il numero incalcolabile di persone che muoiono nelle guerre e nelle migrazioni, l’invasione di Gaza che ha buttato alle ortiche il senso stesso del diritto internazionale togliendo ogni possibilità di appello, di ascolto delle voci che si levano dal mondo, la politica ci vive dentro come se fosse normale lo strazio di chi non riesce neppure a trasformare in analisi politica degna di futuro quello che avviene. Continua a leggere

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Giovanna Marini. Un singolare percorso fra timbri e colori delle voci tradizionali

Giovanna Marini, Givigliana, 2012

Giovanna Marini, Givigliana, 2012 (ph. Luca D’Agostino)

CIP 

di Ignazio Macchiarella

La “portavoce della canzone popolare” “decana delle cantautrici”, “pasionaria del folk e della canzone a pugno chiuso” la “Joan Baez italiana”: queste ed altre etichette si sono ascoltate e lette in occasione della scomparsa di Giovanna Marini. Etichette che, come spesso succede in casi del genere, sembrano un po’ buttate lì a caso, contribuendo poco o nulla a definire la personalità in questione, anzi talvolta creando, diciamo così, dei malintesi (per dire, su che base potrebbe fondarsi un paragone con Joan Baez?). Continua a leggere

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Storie di paesaggi e storie di musei

Paesaggi (ph. Paola Bertoncini)

Paesaggi (ph. Paola Bertoncini)

CIP 

di Paola Bertoncini 

Nelle aree minerarie il paesaggio si dà quando la produzione industriale cessa (Preite 2017). Il paesaggio, dunque, diviene tale quando ciò che caratterizzava il sito precedentemente non gli appartiene più; il paesaggio in questi contesti pare dunque svelarsi quando si cela ciò che l’ha prodotto. In questa relazione sembra così mutare il valore che al contesto si dà o si è dato; un valore che lega strettamente uomo e ambiente, vita e produzione riconoscendo al contesto ferito un nuovo senso, quello di trasformarsi in paesaggio. Paesaggio diviene dunque qualcosa al quale si deve trovare un nuovo valore, ma già nel riconoscimento del luogo in veste di paesaggio, nel nominarlo in quanto tale gli si attribuisce una stratificazione culturale ed estetica che ci aiuta a leggere con occhio diverso l’ambiente nel quale si vive. Continua a leggere

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Para todos los hombres del mundo…

Museo

Buenos Aires, Museo Nazionale dell’Immigrazione (ph. Letizia Bindi)

CIP 

di Letizia Bindi 

Durante l’ultimo soggiorno di ricerca e docenza che ho trascorso in Argentina, ho avuto la possibilità di visitare a Buenos Aires, tra le altre cose, il Museo nazionale dell’immigrazione [1], collocato nei pressi del Puerto Madero, nel cosiddetto Barrio del Retiro, nella struttura dell’Ex Hotel dei Migranti che dal 1911 al 1953 ha ospitato, curato e sfamato i migranti che sbarcavano dalle navi per lo più europee e stazionavano temporaneamente per le verifiche sanitarie e l’accertamento documentale. Continua a leggere

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Valorizzazione del patrimonio industriale nelle imprese. Il Museo Birra Peroni

Immagine pubblicitaria, 1910

Immagine pubblicitaria, 1924

CIP 

di Raffaela Gerace [*]

Introduzione 

I musei d’impresa, oggi, sono un fenomeno in crescita. Sul sito di Museimpresa, Associazione Italiana di Archivi e Musei d’Impresa, nata nel 2001 che «si impegna per aggregare nuovi soggetti della cultura d’impresa, incidere sui processi di formazione, salvaguardare la memoria dell’industria italiana e valorizzare le testimonianze d’una straordinaria capacità manifatturiera che è motore di sviluppo sostenibile e cardine d’una diffusa cultura economica, sociale e civile» [1] leggiamo: «Nel corso del 2023 si sono uniti alla rete di Museimpresa diciannove nuove realtà […]» [2]; il numero degli associati è passato dai cento iscritti del 2021 «Sale così a 100 il numero totale degli associati […] per Museimpresa che apre il 2021 confermando la sua presenza in 16 regioni italiane […]» [3] agli oltre centotrenta odierni. Continua a leggere

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Ca’ Martì: sui passi dei muratori. Storie, immagini e qualche riflessione da un museo ‘di margine’

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di Cristina Melazzi, Daniele Vanoli 

Come un cammino

Questo nostro contributo è un fuori-programma. L’occasione nasce da un “autorevole passaggio”. Pietro Clemente, già nel Lecchese per una conferenza al Museo Etnografico dell’Alta Brianza sul futuro dei musei DEA, trova il tempo, quella domenica di maggio, di salire in Valle San Martino per una breve visita a Ca’ Martì, museo di paese dedicato alla secolare tradizione edilizia del territorio. Cogliendo alcuni aspetti di interesse in una realtà come Ca’ Martì – istituzione marginale per collocazione, tematica e risorse, ma non rassegnata all’immobilità – il professore ci invita a dire e mostrare qualcosa di noi per la rubrica “Il centro in periferia” di Dialoghi Mediterranei. Così, ci assumiamo il rischio di provare. Continua a leggere

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La ville de Rabat: une patrimonialisation inedite au Maroc

Rabat

Rabat

CIP 

di Mohamed Rami [*]

Introduction

Capitale du Royaume du Maroc, la ville de Rabat s’est mise à exister sur la carte du monde. Elle fut inscrite le 29 juin 2012 «Patrimoine mondial de l’humanité» lors de la réunion à Saint-Pétersbourg du Comité du Patrimoine Mondial de l’Organisation des Nations Unies pour l’Éducation, la Science et la Culture (UNESCO). Cette déclaration de classement à l’unanimité a permis à Rabat de célébrer en même temps – et ce pour la 1ère fois au monde arabe – son «passé arabo-musulman» et le «modernisme occidental» que représente l’architecture de l’époque coloniale – telle que conçue par le premier Résident Général de la France au Maroc, Lyautey, et ses architectes-urbanistes, dont Henri Prost [1]. Continua a leggere

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Dal rabitese al gamberese. Scritture autobiografiche attraverso due secoli

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CIP

di Alessandro D’Amato,  Anna Chiara Strafella

Quando, nel 2007, la casa editrice Einaudi ha dato alle stampe l’autobiografia di Vincenzo Rabito, scrittore siciliano semianalfabeta e autodidatta «chilassa [scil. classe] 1899», la pubblicazione divenne immediatamente un caso editoriale. Terra matta, questo il titolo dell’opera, suscitò sia l’interesse dei lettori, raggiungendo ben presto numeri straordinari in termini di vendite, sia quello della critica. A Terra matta si sono accostati ben presto linguisti, storici, filologi, critici letterari, etnoantropologi e nel 2012 Costanza Quatriglio e Chiara Ottaviano ne hanno tratto il docufilm omonimo, anch’esso di successo e pluripremiato in numerosi festival in giro per il mondo. Continua a leggere

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Lotta all’estrattivismo minerario e narrazioni subalterne nel parco del Beigua

Ambiente boschivo con percorso neolitico, località Pianale, Valle di Sassello (ph.Massimo Ferrando)

Ambiente boschivo con percorso neolitico, località Pianale, Valle di Sassello (ph.Massimo Ferrando)

CIP

di Lorenzo Lanfranco 

Il mio interesse per il territorio ligure, in particolare Sassello – paese che si situa sull’Appennino in provincia di Savona, alle pendici del Monte Beigua – nasce dalla decisione, un paio di anni fa, di trasferirmici a vivere. Il paese è stato luogo di alcune mie ricerche in passato, specialmente sul tema del rapporto con il bosco all’interno del dualismo “natura-cultura”, come parte di un progetto che aveva come obiettivo la costruzione di una performance live. Nel caso del presente lavoro, il territorio si presenta come spazio fertile per trattare, anche se quasi sfiorandoli, alcuni temi particolarmente attuali. Una premessa importante riguarda le conversazioni che ho avuto con alcuni abitanti del paese di Sassello, queste sono una visione sicuramente parziale della complessità della realtà di narrazioni e conflitti tra le parti presenti sul territorio rispetto a questa frattura. Allo stesso modo, molte altre domande – altrettanto fondamentali – si diramano interrogandoci di questa complessità. Nello scrivere il presente articolo non c’è altra intenzione se non quella di generare ulteriori interessi e volontà di ricerca su un tema e contesto che hanno, oggi più che mai, necessità di “essere al centro del dibattito” politico, accademico ed etico.  Continua a leggere

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La poesia “ambulante” di Giacomo Giardina: uno sguardo “dentro” i paesi

Giacomo Giardina

Giacomo Giardina

CIP 

di Nicola Grato 

Trent’anni fa moriva a Bagheria Giacomo Giardina (1901-1994), poeta da molti dimenticato del quale Giovanni Franco ha scritto: «Lo ricordo con la sua borsa di pelle logora, piena di appunti e di fogli scritti a penna, di ritagli di giornale. Con poesie sempre pronte da recitare, con l’immancabile sigaretta in bocca. Per lui infatti ogni momento era buono per attirare l’attenzione. Insofferente verso chi non lo ascoltava con attenzione. Visse negli ultimi anni, ultranovantenne, in una “casa-garage” a Bagheria. L’ingresso era una saracinesca. Nell’unica stanza al primo piano conservava stipati in alcune scatole: manoscritti, disegni, ritagli e appunti. Fu una piccola pensione di bracciante agricolo che forse gli impedì di ricevere il vitalizio della legge Bacchelli, sussidio statale riservato agli artisti indigenti. A 15-16 anni, scappato da scuola, Giacomo si rifugiò in quelle alture sopra Godrano e visse lì per un anno a ridosso della maestosa Rocca Busambra, in pagliai e fienili. Fece, a contatto della natura, il pecoraio» [1]. Continua a leggere

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Schegge di mondi

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di Nicola Martellozzo 

Introduzione 

Anche io non sono più al posto giusto.

Quale è il posto giusto?

Dove si è a casa.

(de Martino 1977: 197). 

Lessi Pietre di pane nei primi anni dell’università e lo trovai un libro ben strano. Decisamente diverso dai classici dell’etnografia che iniziavo ad apprezzare, distante dallo stile dei saggi scientifici, non era nemmeno classificabile come romanzo d’invenzione. Continua a leggere

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Matteotti, l’uomo e le passioni

81v0mmv-pzl-_sl1500_di Riccardo Bardotti

L’opera, un lavoro realizzato a quattro mani da Marzio Breda (giornalista e critico letterario) e Stefano Caretti (storico e curatore delle Opere complete di Giacomo Matteotti), Il nemico di Mussolini. Giacomo Matteotti, storia di un eroe dimenticato (Solferino, Milano, 2024), esce a cento anni dall’omicidio del deputato veneto e si colloca in un’offerta editoriale relativamente ampia e diversificata facendosi apprezzare per la ricchezza delle informazioni e la fluidità dell’esposizione. Organizzata su ventitré capitoli (oltre a un’introduzione e alle note bibliografiche), ricostruisce tre aspetti fondamentali legati della storia di Matteotti. Il primo è quello della vita. Continua a leggere

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La potenza di una esclusiva intimità. Di fronte agli epistolari reciproci di Giacomo Matteotti e Velia Titta

lettere-alla-mogliedi Franca Bellucci 

2024, anno centenario della morte di Giacomo Matteotti: cioè, del martirio subito. C’è una tensione diffusa, cui partecipo, a far scorrere nei propri giorni la memoria di Giacomo Matteotti. Tanto più sento il rischio insito nella parola “narrazione”, che dovrebbe ammonire sull’eccesso di sentimentalismo quale promana dalle celebrazioni. Invece, sul sentimentalismo vigono industrie mediatiche, in un sistema di produzione che è autoritario, tutt’altro che autorevole e critico. Si determina un clima invasivo: lo avverto, il che accentua quel timore di sentimentalismo. Continua a leggere

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Giacomo Matteotti caduto per la libertà. La memoria illustrata

cop879_bardotti_matteotti-deve-moriredi Giulia Panfili 

Tra i vari linguaggi e supporti multimediali, la televisione non mi entusiasma granché, ha su di me un effetto soporifero quasi istantaneo. Eppure quando è sulla quarta rete quasi automaticamente salto sul divano con i capelli dritti. Mi capita di guardarla credo nel tentativo di avvicinarmi a quanto di più distante, un po’ come entrare in casa dell’avversario, o forse per l’illusione di rompere quelle sbarre invisibili che ci vogliono imprigionati ciascuno nella propria grande bolla di ecosistemi informativi personalizzati. 

Proprio mentre mi trovo a leggere e riflettere sul deputato socialista Giacomo Matteotti che fu strenuo difensore della democrazia, spina nel fianco per Mussolini e il fascismo al punto da essere ammazzato, il programma Dritto e rovescio nella puntata del 6 giugno 2024 riesce ad infastidirmi sul tema. Continua a leggere

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Cento anni: Matteotti fra passato e futuro. Una lezione di vita per l’oggi

1di Giuseppe Sorce 

Cento anni. Basta solo dirselo, fare risuonare queste due parole nella propria testa, per aprire voragini, sgomento, fantasticheria. Cento anni sembrano a noi oggi impensabili. Letteralmente. Cento anni nel passato, cento anni nel futuro. Il 10 giugno del 1924, cento anni fa, veniva rapito e ucciso Giacomo Matteotti. Cento anni fa iniziava il periodo più buio del nostro Paese e della storia d’Europa. Cento anni dopo sembriamo così lontani da quel mondo, eppure così vicini. Cento anni di incubi, sogni, speranze, tragedie. Cento anni di futuro da quel giorno. Cento anni nel futuro, oggi, è davvero arduo immaginarli.  Qualcuno diceva che studiare la Storia fosse importante per imparare dagli errori del passato e non ripeterli. Qualcun altro aggiunge inoltre che l’incapacità di saper indagare il passato si traduce nell’incapacità di immaginare il futuro. Ed è questa, probabilmente oggi, la tragedia più grande.   Continua a leggere

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Pastoralismo e pastoralità a cinquant’anni da “Padre padrone”. Una prospettiva antropologica

111di Nicolò Atzori 

Life is old there, older than the trees
younger than the mountains, growin’ like a breeze

country roads, take me home
to the place I belong 

Take me home, country roads (1971), John Denver 

Non è proprio vero che tutto, in Sardegna, parla di pastorizia. Non come si crede, almeno, e neanche nei piccoli centri essa è la forma che generalmente si impone nelle visioni del mondo locali, sebbene nell’immaginario isolano il pastore assurga a figura cardinale in grado di tradurre il quid primordiale della cosmogonia sardesca, alternativamente punto di forza o deficit a seconda dell’origine storica o istituzionale della prolusione di turno. Come altre, insomma, la nostra è una società apparentemente in imbarazzo a guardare in faccia simile figura. Continua a leggere

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Il mio “Padre padrone”

2560224233274_0_0_536_0_75di Ignazio Caruso

Dovevo inoltrare le mie richieste a tavola, una volta seduti tutti insieme – io, mia madre e mio padre – e attendere che quest’ultimo avesse terminato di pranzare: una risposta data a pancia piena era sempre migliore di una data a pancia vuota, soprattutto se quella risposta doveva darla lui. Talvolta, però, a distanza di circa trent’anni è ora di riconoscerlo, le mie richieste diventavano eccessive: così, davanti al muro compatto che lei e lui erigevano di fronte a me (bastavano tre parole: «non – può – essere»), non mi restava che abbandonarmi a quelle crisi isteriche che ogni bambino ben accudito, specie se figlio unico, sa usare, nella conduzione dei conflitti famigliari, come arma di distruzione di massa. Continua a leggere

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Dialogo con Gavino

Gavino Ledda

Gavino Ledda

di Costantino Cossu

Badde ‘e frustana è una distesa di sterpi. Nel luogo in cui Abramo Ledda, padre padrone, iniziò il figlio alla vita del pastore, la siccità affonda il suo morso. Nessuno coltiva più questa terra. Sulle zolle, in un pomeriggio primaverile di caldo agostano, crescono erbacce. I cardi selvatici si protendono come spire acuminate. Le foglie delle querce sono aggredite dai bachi, che la mancanza d’acqua ha moltiplicato a migliaia. Tutto è giallo. Continua a leggere

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Grazia Deledda e Andrea Pirodda: un carteggio quasi decennale

Layout 1di Cristina Lavinio 

Un quadro d’insieme

 Sono state finalmente pubblicate da Il Maestrale (Nuoro, 2024), a cura di Piero Mura, Le lettere di Grazia Deledda ad Andrea Pirodda (1891-1899). Diario di un apprendistato umano e letterario. Da tanto tempo si conosceva l’esistenza di questo epistolario [1] ma, per poterlo rendere accessibile, si sono dovute superare le resistenze dei tanti eredi di Andrea Pirodda che, finalmente, ne hanno permesso prima la consultazione presso l’Istituto Superiore Regionale Etnografico della Sardegna (ISRE) e infine ne hanno autorizzato la pubblicazione. Continua a leggere

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Cosa resta di “Padre padrone”

dopo_padre_padronedi Luciano Marrocu 

Nell’aprile del prossimo anno saranno cinquant’anni dalla pubblicazione di Padre padrone di Gavino Ledda. Cinquant’anni nel corso dei quali il libro è diventato un classico, almeno nel senso suggerito da Calvino di un libro che porta su di sé «la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che ha lasciato nella cultura o nelle culture che ha attraversato». È anche da dire che Padre padrone, almeno in questo senso, un classico lo è diventato molto presto. Chi, come chi scrive, lo ha letto alla fine degli anni 1970, prima ancora di averlo tra le mani, era stato raggiunto dal clamore delle diverse (e contrapposte) letture che ne erano state date. Prima fra tutte, quella, con il loro film, dei fratelli Taviani. Continua a leggere

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La Fiera del libro di Tunisi, uno spaccato delle tendenze culturali

Tunisi, Fiera del Libro (@IIC)

Tunisi, Fiera del Libro (@Istituto Italiano di Cultura)

di Rosy Candiani [*]

Manifestazione imperdibile per gli amanti del libro e per chi gravita nel mondo della cultura, la Fiera Internazionale del libro di Tunisi ha vissuto quest’anno le fasi altalenanti che caratterizzano ormai molta della vita pubblica tunisina. Minacciata fino a febbraio di un rinvio a data da destinarsi, che suonava a molti come una pietra tombale sulla manifestazione [1], ha visto poi la sua conferma per intervento del Presidente Kais Saied; il quale ha solennemente inaugurato la 38° edizione il 19 aprile nella consueta sede del Parco delle Esposizioni del Kram rendendo visita agli stand istituzionali e delle associazioni culturali tunisine, allo stand delle Nazioni Unite in Tunisia, e ai padiglioni di alcune nazioni ospiti, tra cui l’Italia, invitata d’onore dell’edizione, e allo stand della Palestina a cui anche questa manifestazione tunisina ha voluto rinnovare segni di solidarietà e vicinanza. Continua a leggere

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L’arte in rivolta. Le Primavere arabe e i graffiti tra immaginazione e sacrificio

4di Giovanni Cordova 

Herbert Marcuse scriveva che la popolarizzazione – o meglio la massificazione – dei valori culturali mediante l’incremento delle possibilità di riproduzione, esposizione e fruizione dei prodotti artistico-culturali conduce all’appiattimento dell’antagonismo tra cultura e realtà sociale (1999). In altre parole, viene meno quella aspirazione alla trascendenza che l’alienazione artistica condensa in linguaggi dalla forza sovversiva e dal contenuto distruttivo. Da qui all’integrazione totale e molecolare dell’essere umano nelle spire della società capitalistica il passo è breve, anzi, già compiuto. Eppure, diverse esperienze occorse negli ultimi decenni, collocabili sulla soglia instabile tra arte e politica, ci invitano a fare nostri toni più cauti. Continua a leggere

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Rabaa Skik: l’incidente magico tra materia, colore e luce

L'Autre-ment-93, di Rabaa Skik

L’Autre-ment 93, di Rabaa Skik

di Diletta D’Ascia 

“Rabaa… Rabaa…”. Una giovane donna si affaccia da una delle finestre lasciate aperte, sorride, un sorriso aperto, generoso, saluta con la mano e ci fa cenno di salire. Ho conosciuto la pittrice Rabaa Skik grazie ad Anis Benbrahim, un amico che per me è divenuto una sorta di Virgilio nel mondo delle arti plastiche tunisine, a lui il merito non solo di avermi presentato la scultrice Najet Gherissi e Rabaa Skik, ma anche di avermi introdotto nel mondo delle arti figurative in Tunisia, permettendomi di vedere e scoprire la ricchezza e le sfaccettature dell’arte di questo Paese.

Mi ritrovo così nello studio di Rabaa, il suo primo atelier personale – mi racconterà durante le nostre successive chiacchierate – il primo luogo interamente suo dove poter creare giorno dopo giorno; dopo aver lavorato e fatto parte di diversi atelier collettivi, si trasferisce infatti più o meno recentemente in questo studio, un appartamento che era parte di un palazzo del Bey, a La Marsa. Continua a leggere

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“Atavismo”. Un racconto di Cesare Luccio

rivista

La Kahena,  rivista letteraria

di Marinette Pendola 

Durante i due secoli di presenza sul territorio tunisino, la comunità italiana non esprime personalità letterarie rilevanti come è il caso di quella di Alessandria d’Egitto (Ungaretti, Marinetti, Cialente), poiché la produzione di scritti è prevalentemente orientata verso il giornalismo in special modo politico ed ha massimo rilievo nella stampa che svolge un ruolo fondamentale nel panorama intellettuale. Una produzione squisitamente letteraria fa la sua comparsa sin dal 1880, rimane tuttavia confinata nei diversi periodici dell’epoca e tuttora mai raccolta in antologia. E le raccolte poetiche pubblicate dal 1896 in poi sono di difficile reperibilità. Continua a leggere

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“La Voce del Muratore”, tra informazione e organizzazione sindacale

Prima pagina de La Voce del Muratore, n.66, 13/12/1910, Biblioteca Nazionale di Tunisia

Prima pagina de La Voce del Muratore, n.66, 13/12/1910, Biblioteca Nazionale di Tunisia

di Emanuele Venezia 

Introduzione 

In Tunisia durante il Protettorato francese vi era, com’è noto, una folta colonia italiana che alla vigilia della Prima Guerra Mondiale contava circa 90 mila persone (considerando anche i naturalizzati francesi) [1], in un Paese la cui popolazione ammontava a circa due milioni e mezzo di abitanti. Il movimento migratorio, all’origine di tale presenza di massa, si sviluppò a cavallo tra il 1861 e il 1911, la stragrande maggioranza di questi emigranti era di estrazione proletaria e contadina e proveniva dal Meridione (dalla Sicilia, dalla Calabria e dalla Sardegna in particolare). Continua a leggere

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Ancora sul ponte, idee di segno contrario e qualche suggestione antropologica

Gaspar van Wittel, Lo Stretto di Messina, primi decenni sec. XVIII

Gaspar van Wittel, Lo Stretto di Messina, primi decenni sec. XVIII

di Sergio Todesco

Le recenti iniziative assunte dai Governi Nazionale e Regionale in tema di Ponte sullo Stretto hanno mobilitato una serie di riflessioni sull’opera che, pur diversamente modulate, mi sono apparse unidirezionali, nel senso che anche quelle non sperticatamente favorevoli hanno dato come scontato e in qualche modo “fatale” che il Ponte abbia da farsi. Essendo nettamente contrario a che il Ponte si faccia, mi proverò a fornire qui di seguito alcune considerazioni di segno contrario. Continua a leggere

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Il progetto del Ponte sullo Stretto nella lettura di un ecologo marino

Fondali del mare dello Stretto

Fondali del mare dello Stretto

di Antonio Di Natale 

Un vecchio film dell’orrore si intitolava “A volte ritornano”. È la frase che mi è venuta in mente quando si è trattato di analizzare la nuova proposta del ponte sospeso. È la terza volta che mi accade di analizzare le proposte e ogni volta questo lavoro, fatto a titolo totalmente gratuito e, spero, nell’interesse del bene comune, si fa sempre più difficile, anche per il lievitare del numero di pagine da guardare. Continua a leggere

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Lo Stretto, teatro di migrazioni sopra e sotto il mare

Black stork, cicogne nere ph. Ivano Adami)

Black Stork, cicogne nere ph. Ivano Adami)

di Anna Giordano 

Ci sono luoghi belli, altri bellissimi, diversi sono bellissimi e unici, semplicemente magici. Luoghi spesso immaginati lontani e irraggiungibili, senza sapere spesso che sono invece quelli in cui vivi. Luoghi che ogni giorno dai per scontati e forse ritieni simili a tanti altri. Continua a leggere

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Un piede di qua, uno di là. In mezzo l’umanità

B. Fremantie, Viaggio alle Due Sicilie, 1817-1820 (collezione privata)

Betsey Fremantie, Viaggio alle Due Sicilie, 1817-1820 (collezione privata)

di Giuseppe Restifo 

Il longobardo Autari riconobbe lo Stretto come simbolo di limite; toccando con la punta della lancia la colonna che sorgeva dal mare sotto costa, la definì come confine dei domini del suo popolo. Ma Autari non era “missinisi” e manco reggino; era uno dei tanti “barbari” che si sono affacciati sullo Stretto e lo hanno percepito, sbagliando, come un limite.

“Missinisi” e reggini, nella loro storia millenaria, mai hanno coltivato l’idea di un “Ponte” che unisse le due sponde; a unire c’era il mare, il grande porto di Messina, i tanti piccoli approdi calabresi e siciliani. Questi elementi – quelli dello stretto di mare – hanno avuto centralità nelle vicende che ne hanno segnato la fama nel mondo: una storia così antica da essere narrata anche dalla letteratura e tale da essere protagonista di suggestivi miti letterari, che hanno accompagnato la descrizione delle bellezze e delle storie legate allo Stretto.

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Insostenibilità economica, incongruenze tecniche e incompatibilità ambientali di un progetto sbagliato

Il progetto

Il progetto

di Guido Signorino

 1. L’attuale progetto per un ponte sullo Stretto di Messina? “Un regalo ai privati”

Come è noto, il Governo italiano, con DL 35/2023(convertito in legge con la L 26 maggio 2023, n. 58), ha riesumato la società Stretto di Messina, ripristinato i contratti con l’Associazione Temporanea di Imprese vincitrice della gara del 2005 (consorzio Eurolink, capitanato adesso da WeBuild) e rilanciato l’ipotesi di costruire un ponte a campata unica sullo Stretto di Messina. L’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) ha ripetutamente manifestato ferme perplessità circa la correttezza di tali disposizioni, rilevando «uno squilibrio nel rapporto tra il concedente pubblico e la parte privata, a danno del pubblico, sul quale finisce per essere trasferita la maggior parte dei rischi» [1]. Continua a leggere

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Mezzomare, tra Siciliani e Calabresi

Veduta Sretto, di Francesco Zerilli, 1800 ca.

Veduta porto di Messina, di Francesco Zerilli, 1800 ca.

di Nadia Terranova 

Apro questo file in un giorno di giugno, a Roma, dalle mie finestre non entra il mare ma un tiepido sole romano. Ieri ho partecipato qui nel quartiere a un incontro sul movimento No Ponte organizzato da un gruppo di ragazzi, e giovani erano anche fra il pubblico: non molti, ma coesi e interessati ad approfondire. C’era un bel clima di speranza. Continua a leggere

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Nella frenesia creativa delle redazioni un capo cronista libero

Nino Giaramidaro (ph. Salvatore Clemente)

Nino Giaramidaro (ph. Salvatore Clemente)

di Riccardo Arena

Nino Giaramidaro era uno che in gabinetto arrivava – diciamolo con un eufemismo – sempre in extremis. Non per incontinenza, perché all’epoca aveva poco meno o attorno ai cinquant’anni, ma perché se la teneva a lungo, troppo a lungo, non avendo il tempo, nella frenesia creativa che ogni giorno avvolge un giornale e i suoi giornalisti, nel sacrificio senza fine che serve per fare bene il proprio lavoro, di alzarsi e andare in bagno. In quella frase, molto più colorita e descrittiva (“Arriva in gabinetto con la … in mano”), c’era tutto lui, c’era Nino. C’era un uomo, un giornalista, un capo, un leader – non carismatico ma leader – un padre di famiglia, una guida preziosa, un esempio. Continua a leggere

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Come lo scirocco

Nino Giaramidaro e Rosanna Bertuglia a Coimbra

Nino Giaramidaro e Rosanna Bertuglia a Coimbra

di Rosanna Bertuglia 

Avevo 12 anni quando Nino entrò a far parte della mia famiglia, una famiglia tranquilla di una più tranquilla cittadina di provincia dove tutto era facilmente ed inesorabilmente programmabile.

Io ero una specie di animaletto selvatico che cominciava a fare i conti con l’adolescenza e mi fiondai nel mio nascondiglio preferito per poter osservare il disturbatore di cotanta quiete e poi….ma cosa vorrà questo da mia sorella…? Lo vidi entrare e salutare educatamente mia madre mentre chiedeva di mia sorella e quello che vidi non aveva niente a che spartire con il “fidanzatino” bene accetto ai miei, ragazzo “posato” e per bene ma in verità più noioso dell’elenco telefonico. Continua a leggere

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Obiettivo cronaca e cronaca obiettiva

Nino Giaramidaro con Billitteri e  altri colleghi in occasione dell'intitolazione della piazzetta al quotidiano L'Ora

Nino Giaramidaro con Billitteri e altri colleghi giornalisti

di Daniele Billitteri

C’era questa cosa che Ninuzzo era quello con la fissa per le fotografie. Sicuramente viveva in simbiosi con la sua macchina fotografica, Ma se l’abito non fa il monaco, la macchina fotografica di Ninuzzo non faceva il giornalista ma diventava per lui come il taccuino del cronista. Un modo per mettere la cronaca nell’obiettivo ma pure l’obiettività nella cronaca, qualità in coma profondo ormai da molti anni.

Nino Giaramidaro, Ninuzzo per noi, vedeva i fatti attraverso la sua reflex. E non per la comune e scontata convinzione che un fotografo racconta per immagini. No, l’obiettivo, fosse il 50 millimetri che il grandangolo o il “teletto”, non catturava immagini ma notizie. Dentro l’inquadratura si formava quella che nella “nera” diventa la “scena del crimine”. Ma non quella della Scientifica con le transenne, le tute bianche e tutto il resto. La Scena che Nino segnava nel suo “taccuino ottico” era fatta di volti morti, di volti vivi, di siepi arroganti, di morbose ali di folla attorno alle tragedie. Una macchina fotografica non poteva cogliere i profumi ma lui riusciva a trovare il modo perché anche questo rimanesse nelle sue 35 millimetri. Continua a leggere

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Nino, ovvero della leggiadria

Nino Giaramidaro a dx, Sergio Buonadonna a sx. in alto lo scrittore Rallo

Nino Giaramidaro a dx, Sergio Buonadonna a sx., in alto lo scrittore Nino Rallo

di Sergio Buonadonna 

Ho conosciuto Nino la notte del 17 o 18 gennaio 1968. Erano i primi giorni del catastrofico terremoto del Belice. Avevo 23 anni, lui tre più di me. E mi trovavo nella redazione dell’Ora, a disposizione per qualsiasi emergenza, ma anche perché in quei giorni e soprattutto in quelle notti L’Ora era diventato un rifugio. Mauro De Mauro, che era molto apprensivo per la sua famiglia – che due anni dopo avrebbe dovuto affrontare ben altra ragione di apprensione, per lui violentemente scomparso –, portava al giornale la moglie Elda e le figlie Franca e Junia. Le metteva al riparo dalla loro casa di via Libertà 203 bis in un piano alto (quinto, sesto?) – e perciò esposto alle scosse del sisma – per poi partire per il Belice e raccontare la tragedia di un popolo. Continua a leggere

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Dal dottor Giaramidaro al Nino

Nino Giaramidaro con T. Clemente,  S. Cristaudo, N. Pillitteri e M. Francese

Nino Giaramidaro con T. Clemente, S. Cristaudo, N. Pillitteri e M. Francese

di Toti Clemente 

Ho conosciuto Nino Giaramidaro nella seconda metà degli anni ottanta. Un giorno ebbi a ricevere una sua chiamata mentre ero a lavoro, mi chiedeva un incontro al Giornale di Sicilia perché intendeva scrivere qualcosa sul concorso di fotografia interbancario che avevo organizzato.

Mi accolse una persona molto gentile e sostanzialmente incuriosita sul fatto che un “relativamente giovane” bancario avesse voglia di organizzare qualcosa che ambisse a innalzare la cultura fotografica nel suo arido ambiente. Ovviamente scrisse qualcosa sull’evento nella rubrica del Giornale dedicata alla cultura, dando lustro e riconoscimento all’impegno a gratis che ogni iniziativa dopolavoristica comporta. Continua a leggere

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Da Palermo in su

Nino Giamidaro e Nicolò D'Alessandro

Nino GiaRAmidaro e Nicolò D’Alessandro (ph. Salvatore Clemente)

di Nicolò D’Alessandro 

Ci sentivamo spesso e ci incontravamo al bar Recupero. Era il luogo preferito per incontrare i colleghi fotografi. Al suo arrivo con la moto, l’immancabile cappello di feltro e il fasciacollo colorato mi avvertiva per telefono e poiché abito accanto al bar scendevo subito. Aveva già acceso il pestilenziale sigaro e puntualmente gli dicevo ma non smetti mai? Mi rispondeva sempre: tu non fumi e non puoi capire. Dopo questa rituale pantomima ci abbracciavamo. Mi manca molto la risata squillante di Nino che lo annunciava per telefono. Mi manca soprattutto la sua delicatezza, la sua voglia di vivere e di ragionare sempre al futuro. Continua a leggere

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«Ciao, nipote»

Nino Giaramidaro (ph. Salvatore Clemente)

Nino Giaramidaro (ph. Salvatore Clemente)

di Titti De Simeis

«Ciao, zio Nino». Ci salutavamo così. Non ero, veramente, sua nipote, ma mi ci faceva sentire. Lui e zia Enza sapevano fare, affettuosamente, ‘casa’. Ogni volta che tornavo in Sicilia andare da loro era un appuntamento. Atteso.

Zio Nino indossava uno sguardo che faceva strada, ti portava con sé dalle prime parole di benvenuto fino a quelle chiacchiere in cui ritrovarsi era un attimo, in uno scambio di storie che lui offriva nella spontaneità di chi ama condividere emozioni. La stanza dei suoi libri aveva il profumo delle sue impronte, passi indelebili tra scaffali di carta rilegata letta e riletta, nella ricerca paziente e desiderata di sapere. Era curioso e tenace ammiratore della conoscenza e ne faceva generoso insegnamento. Discreto e con morbida saggezza, rubava l’interesse di chi gli era vicino e il tempo cambiava in un giro di parole. Continua a leggere

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Caro Nino, salutami Cartier Bresson

Nino Giaramidaro (ph. Salvatore Clemente)

Nino Giaramidaro (ph. Salvatore Clemente)

di Tony Gentile 

Carissimo Nino,

Ogni volta che ci incontravamo, sempre più raramente purtroppo negli ultimi tempi, non potevamo entrambi non ricordare con piacere, facendoci due grasse risate, di quella volta in cui mi urlasti, facendo girare molti dei tuoi colleghi in redazione, “Arrivò Cartier Bresson! Due foto mi portasti, manco una di più!” Continua a leggere

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Nino, un signore portoghese con gli inseparabili sigaro e Panama

Nino Giaramidaro (ph. Melo Minnella)

Nino Giaramidaro (ph. Melo Minnella)

di Lorenzo Ingrasciotta

Conobbi Nino nel 1974. Avevo ancora sedici anni e la fiducia di una amica mia affinché mi occupassi della nipotina di poco più di due anni. La piccola mascotte era Myosotis. Enza e Nino Giaramidaro erano i suoi genitori.

Non so se sia facile immaginare cosa possa aver provato o come possa essersi sentito un adolescente di provincia quando scopre che il padre della bambina che ha tenuto in braccio per diverse settimane fosse un giornalista di una delle tre testate più importanti dell’Isola! Conoscevo il giornale “L’ORA” fin dal 1967, da quando mio nonno era tornato dall’America. Glielo facevo trovare a casa tutti i pomeriggi quando rientrava dalla campagna dove, per vent’anni, aveva lasciato il cuore. Continua a leggere

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Nino, un amico, un compagno, un aiutante magico

Nino Giaramidaro e Melo Minnella

Nino Giaramidaro e Melo Minnella

di Melo Minnella 

Mi aveva battezzato come il fotografo dal pullover blu. Eravamo negli anni sessanta e spesso facevo un salto al giornale L’ORA per salutare gli amici. Non sono mai stato interessato alla fotografia di cronaca ma, a volte, anche non volendo, ho realizzato dei lavori che sono stati incasellati in questo campo. Quindi la frequentazione dell’amico Nino è stata continua e non necessariamente giornalistica. Continua a leggere

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Nino, collega burbero e mite

Nino Giaramidaro (ph. Salvatore Clemente)

Nino Giaramidaro (ph. Salvatore Clemente)

di Franco Nicastro

Se devo cominciare dall’inizio è dal 1972 che bisogna partire: l’anno in cui L’Ora decise di aprire un’edizione per Catania con una calcolata avventura editoriale che si riprometteva di spezzare, obiettivo davvero azzardato, il monopolio de La Sicilia. L’alternativa era una voce – così diceva la breve presentazione – che cercava di parlare all’«altra» Catania: la Catania della cultura, dell’imprenditoria sana, della politica estranea al sistema di potere e lontana dai rigurgiti neofascisti che alle regionali del 1971 l’avevano fatta diventare la città più «nera» d’Italia. Continua a leggere

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Due parole su Nino Giaramidaro, tra vero e immaginario

Nino Giaramidaro con Nino Pillitteri

Nino Giaramidaro con Nino Pillitteri

di Nino Pillitteri 

Parlando davanti a un bicchiere di Guado al Tasso con Paolo Barbera una sera del diciassette si decise di andare a fare qualche foto tra Gibellina Nuova e Poggioreale in occasione della ricorrenza del terremoto del Belice tra il 14 e 15 gennaio ‘68. Quarantanove anni dopo, il silenzio assordante dell’abbandono di quei luoghi, tra il Cretto su Gibellina e Poggioreale vecchia, evocava un frastuono e un trambusto, il boato improvviso che aveva sconvolto tutta la valle del Belice. Passammo a visitare anche i cimiteri dei due paesi per renderci conto anche del numero delle vittime che in effetti rispetto ai danni non era elevato: circa duecentotrenta persone. Continua a leggere

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Nino, maestro di cose intelligenti

Nino Giaramidaro (ph. Salvatore Clemente)

Nino Giaramidaro (ph. Salvatore Clemente)

di Gaetano Savatteri 

Ci sono cattivi e buoni maestri. E ci sono anche maestri inconsapevoli che producono sapere e conoscenza senza mai mettersi in cattedra. Nino Giaramidaro apparteneva a quest’ultima categoria: i maestri che non salgono sul piedistallo, che non creano una distanza verticale con gli altri, che non si rinchiudono dentro la presunzione della competenza e che non si trincerano dietro l’arroganza del potere culturale. Nino coltivava l’arte del dubbio, nutrita dal sottile e scettico spirito dell’ironia che dissacra, demolisce e scardina ogni fanatismo. Continua a leggere

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Dalla religione alla religiosità, dalla certezza della fede alla incerta ricerca del sacro

61nfujwvfl-_ac_uf10001000_ql80_di Salvatore Abbruzzese 

Le premesse del problema

Se la dimensione religiosa, come è noto, è oggetto ricorrente di analisi da parte della sociologia fino a costituirne una branca specifica all’interno di quest’ultima ciò accade per almeno due ragioni. La prima è rintracciabile nella storia stessa del pensiero sociologico là dove, dopo avere considerato la dimensione religiosa come un residuo della società premoderna, due dei maggiori esponenti di questa disciplina – Emile Durkheim (1858-1917) e Max Weber (1864-1920) – hanno finito con il porla al centro delle loro rispettive analisi o con l’attribuirle comunque un ruolo di rilievo, inaugurando così una vera e propria tradizione di studi destinata ad una rigogliosa posterità [1]. Continua a leggere

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L’equilibrio tra demografia ed economia, il psicodramma delle soluzioni

11di Aldo Aledda 

Il rilancio dell’Istat di quella che in qualche modo è una non notizia e certamente non inaspettata, ossia che l’Italia al primo di gennaio del 2024 è scesa sotto i fatidici 60 milioni di abitanti avendone perso qualche migliaio, esattamente  58.990.000 (per la cronaca 7000 in meno rispetto al 2023 con 6 neonati e 11 decessi ogni mille abitanti oltre che col massimo storico di ultracentenari), è stata accolta con contenuto disappunto e seguita da qualche giorno di analisi preoccupate da parte di stampa, forze politiche e opinione pubblica. Ma poi tutto è passato nel dimenticatoio senza neanche costituire oggetto di dibattito nella campagna elettorale europea, visto il collegamento del problema, come vedremo tra poco, col resto del Continente. Davvero il fenomeno è così serio oppure no, come dimostrerebbe il disinteresse generalizzato o l’interesse di circostanza della classe dirigente riscontrato su questo tema? Continua a leggere

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Il patto UE sull’immigrazione e l’asilo: visioni distorte, diritti negati e rimpatri forzati

quale-riforma-per-il-regolamento-dublino-scaleddi Maurizio Ambrosini 

L’accordo firmato a livello europeo su un nuovo Patto sull’immigrazione e l’asilo, e approvato dal Consiglio UE del 14 maggio 2024, è stato salutato dai protagonisti come una svolta storica. Dopo sette anni di tentativi e tre anni di negoziati sotto la presidenza di Ursula von der Leyen, c’era bisogno di esibire un risultato concreto in vista delle elezioni europee del prossimo giugno. Il Patto si articola in dieci testi legislativi, raggruppati in cinque capitoli: Continua a leggere

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Moniti per la contemporaneità dal palinsesto consoliano

1di Ada Bellanova

Nel 2008 Daragh O’Connell ha utilizzato il termine «palincestuoso» per definire Consolo evidenziando come, nell’imponente polifonia che caratterizza la sua scrittura, la voce letteraria acquisti un rilievo particolare e quanto intensa sia, rispetto ad altri autori pure attenti alla tradizione, la relazione con i testi anteriori. «La poetica della ri-scrittura o, meglio, della soprascrittura»[1] che ne scaturisce è fortemente legata alla tensione etica dell’autore: la rottura che ne deriva nei confronti delle mode letterarie del momento è un tramite che concorre a definire la scelta dell’impegno. Ma questa modalità convive con la componente memoriale e autobiografica, con l’uso e il riuso dei propri testi, con le citazioni e le allusioni iconiche, in un’attenzione sempre presente per la Storia e per la contemporaneità. È allora arduo e perciò ancora più gratificante scavare alla ricerca del senso. Continua a leggere

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Il peccato originale, il jihad e le anime dell’Islam

Pagine del Corano

Pagine del Corano

di Antonio Bica 

Una delle caratteristiche delle fedi religiose, soprattutto in ambito monoteistico, è di pensare sé stesse in modo assoluto, cioè di immaginare che il trionfo della verità assoluta coincida con quello della propria verità, e pertanto propongono la propria dottrina in termini di esclusività. Partendo da tale presupposto, possiamo pensare al jihad come ad una specie di azione forzosa che ha come obiettivo il prevalere di una sola fede rispetto a tutte le altre. Il mujahid lotta per la supremazia del proprio credo, ma la prima battaglia è rivolta innanzitutto contro sé stesso, e il campo d’azione è quello della propria anima; è lì infatti che egli deve stabilire come agire, se propendere verso sentimenti di bene e giustizia oppure verso ciò che è riprovevole; il primo jihad è rivolto contro l’invidia, l’avarizia, la calunnia, la cupidigia, la brama di potere ed altre cose negative che intaccano l’anima dell’uomo. Continua a leggere

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Femministe radicali nell’epoca della normalizzazione rassegnata

9788868993955_0_424_0_75di Augusto Cavadi 

Ci sono questioni di cui l’opinione pubblica si occupa da ‘emergenza’ a ‘emergenza’, ignorandone il carattere strutturale e, perciò, permanente. La condizione della donna è una di queste. Opportuno dunque, anzi necessario, ritornare ciclicamente alle fonti storiche che possono restituirci alcuni tratti essenziali della questione femminile. Soprattutto in fasi storiche, come l’attuale, in cui l’oblio dei travagli che hanno condotto a risultati rilevanti (sia pur parziali) in varie culture – quali i diritti umani in generale – rischia di compromettere quanto acquisito e di spostare indietro di secoli l’orologio della storia. Continua a leggere

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La Storia o le storie: un problema di numero e di maiuscole? Ovvero chi e cosa è da considerarsi moderno

ancien-regimedi Sergio Ciappina 

Ogni volta che si parte per un viaggio si valutano le risorse necessarie e si considera la meta desiderata in base ad esse; questo viaggio vorrebbe puntare ad approfondire il concetto di modernità ovvero a quali requisiti deve rispondere un sostantivo quale che sia per potersi fregiare di tale aggettivazione. Risorse … una risorsa potrebbe essere quella che Sciascia suggeriva con acuta immagine nelle pagine de Il Consiglio di Egitto: Continua a leggere

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Spazio e luogo, ricerca e architettura, ideazione e creazione

coverdi Antonino Cusumano 

Costruire è un po’ come rifare il mondo, ha a che fare con la cosmogonia, con la dimensione sacra della Genesi connessa all’atto culturale di organizzazione e plasmazione dello spazio.  Lo abbiamo appreso, tra gli altri, da Mircea Eliade che riconduce ogni costruzione ad un “centro” simbolico, ad un archetipo magico-religioso, ad un modello microcosmico, all’axis mundi, punto di congiungimento tra Cielo e Terra, tra universo degli dèi e regno ctonio. «La cosmogonia è il modello e il tipo di tutte le costruzioni, e ogni città, ogni nuova casa che si costruisce, imita ancora una volta, e in un certo senso ripete, la Creazione del Mondo. Infatti, ogni città, ogni abitazione, sta al “centro dell’universo”, e in questo senso la sua costruzione è stata possibile soltanto abolendo lo spazio e il tempo profani e instaurando un tempo e uno spazio sacri» (Eliade 1976: 390). Continua a leggere

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L’Archivio politico e personale dell’on. Nino Montanti

unnameddi Mariza D’Anna 

Telegrammi, lettere autografe, appunti, minute, documenti ufficiali e privati, giornali locali, ritagli, fotografie in bianco e nero e a colori sono la memoria recuperata di un lungo periodo della recente storia politica locale e regionale dal dopoguerra fino agli anni Ottanta. Circa quarant’anni di attività che hanno attraversato la complessità di una Sicilia isolata ma feconda di idee, ideali e valori con i quali sono cresciuti molti giovani che poi hanno intrapreso attività e professioni in campi diversi.

Questo patrimonio, nel quale si può leggere molto più di quel che dicono le carte, rischiava di andare perduto se non fosse stato per la pervicace attenzione della famiglia dell’onorevole Nino Montanti, e in particolare della figlia Laura, avvocato ed ex assessore al Comune di Erice, unica dei cinque figli a seguire il padre nel terreno appassionato della politica, di voler portare a termine un proficuo e sentimentale lavoro di recupero. Continua a leggere

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Peter Wessel Zapffe. Il profeta dell’“Ultimo Messia”

Peter Zapffe

Peter Zapffe

di Sarah Dierna 

Un pensatore poliedrico 

Nel n. 62 di Dialoghi Mediterranei [1] ho tentato di presentare l’Antinatalismo contemporaneo e di chiarire il suo rapporto con il Proto-Antinatalismo antico; in quell’occasione ho insistito sul significato dannoso ma anche salvifico della conoscenza quale punto di incontro tra il pensiero antico e il pensiero contemporaneo. Il trait d’union tra queste due ampie prospettive teoretiche, soltanto apparentemente distanti, ritengo vada individuato nel filosofo norvegese Peter Wessel Zapffe, uno scrittore davvero curioso e affascinante, dalla penna niente affatto semplice ma dalle posizioni teoretiche profonde e originali. Continua a leggere

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Censura, autocensura e libertà: tradurre Mohamed Choukri in italiano e in francese

Mahamed Choukri

Mohamed Choukri

di Hanane El Bakkali

Introduzione

Nel presente articolo affronto il tema della censura in rapporto alla traduzione. Tratto questo argomento da due punti di vista diversi ma complementari. Inizialmente, la mia attenzione si focalizza sulla traduzione in quanto operazione che porta alla liberazione della voce di un autore censurato e/o non accettato. Perché a molti letterati arabi viene impedito, per ragioni, morali e  politiche di pubblicare le loro opere nei loro Paesi d’origine, come è stato proprio il caso dello scrittore marocchino Mohamed Shukri [1] che, proprio grazie alla traduzione dei suoi romanzi si è svincolato e liberato dalla censura, costringendo il sistema culturale arabo/marocchino a riconoscere e rivalutare molte delle sue opere. Continua a leggere

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Genitorialità in contesti migratori e pratiche discorsive

9788869482793di Enrico Fravega

Se c’è una cosa che non si impara, se non trovandosi a viverla sulla propria pelle, è la genitorialità. Ovvero, la manifestazione pubblica – la sottoposizione allo sguardo della comunità, o a quello degli specialisti del sociale (educatori, assistenti sociali, ecc.) – della propria conformità ad una serie di modelli, aspettative, posizioni sociali e ruoli, anche impliciti e contradditori tra loro, che dovrebbe informare il nostro agire di padri o madri; sia rispetto alle attese dei bambini e della famiglia (ristretta e/o allargata), sia, soprattutto, rispetto a quelle della società. Continua a leggere

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Dante e lo scarcatoio

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Gustave Dore, La Divina Commedia, Inferno, Canto 22, Illustrazione dell’episodio di Graffiacane e Ciampolo

di Mariano Fresta [*] 

Nell’Inferno di Dante il sostantivo ronciglio e il verbo che da questo deriva, arroncigliare, sono i termini su cui poggia buona parte della grottesca sceneggiata tra diavoli e dannati, messa in atto nei due canti (XXI e XXII) relativi alla quinta bolgia, luogo dove i barattieri espiano le loro colpe immersi per l’eternità nella pece bollente. Continua a leggere

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L’aratro sotto il letto. Le cose tra cultura, natura e soprannatura

440857956_1001155331457422_6833453214643210130_ndi Nicola Gasbarro

Come ogni antropologo costretto ad attraversare i “tristi tropici” della diversità culturale, Gian Paolo Gri non conosce il fine e la fine del suo viaggio: «faccio il mestiere del recuperante, lo sento un mestiere utile, anche se non ho sempre chiaro perché»! Mestiere faticoso e difficile: raccoglitore di piccoli resti, filologo di poche parole, alla continua ricerca di cose dall’altro mondo, spesso fatto di strane apparenze, l’antropologo è sempre costretto ad ipotizzare strutture, a ricostruire un discorso, a dare verosimiglianza ad alterità spesso radicali, fino a mettere in moto una fenomenologia del profondo, capace di guidarci verso un ordine di ciò che non ci appartiene e che spesso consideriamo impossibile e impensabile. Se siamo in qualche modo tutti invitati a frugare tra i rifiuti del nostro presente etnocentrico, non abbiamo sempre chiaro perché! Sarà certamente utile all’archivio della nostra mentalità collettiva, o all’immaginario generale del sapere, ma tutto questo serve alla vita? E soprattutto: alla vita di chi? Continua a leggere

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Esorcismo della taranta nella prospettiva storicistica di Ernesto De Martino

La taranta, Galatina, 1959 (ph. Franco Pinna)

La taranta, Galatina, 1959 (ph. Franco Pinna)

di Sonia Giusti 

Dalle considerazioni neuropsichiatriche sul tarantismo di Giovanni Jervis si ha un primo quadro di quanto vasto sia questo argomento e come, soprattutto, esso richieda una collaborazione interdisciplinare. Siamo di fronte a comportamenti che non sembrano determinati da situazioni morbose, ma piuttosto condizionati da forme culturali utili ad accogliere e fornire alla tarantata mezzi storicamente e culturalmente riconosciuti come idonei ad esprimere un disagio personale molto complesso. Continua a leggere

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Lo scrittore come sociologo implicito: Pirandello e “la vittoria di un fallimento sociale”

1-luigi-pirandello-vittoria-delle-formichedi Claudio Gnoffo 

 La novella: Vittoria delle formiche 

Pubblicata originariamente sul mensile La lettura del 1° febbraio 1936, Vittoria delle formiche è poi inserita nella raccolta postuma di novelle Una giornata del maggio 1937. Il contesto della storia è indefinito, ma sembra quello della nobiltà terriera siciliana in un’epoca coeva all’autore.

I protagonisti sono essenzialmente due. Il primo è un uomo caduto in rovina, da Pirandello sempre indicato con “egli”, “lui” o “signore” e mai con un nome proprio né un titolo: non sappiamo con certezza se fosse un nobile, ma sappiamo che è un ex proprietario terriero, un “signore” che, da agiato com’era, si è ridotto in povertà. Il secondo è nientemeno che la natura, che appare ostile a quest’uomo attraverso un’alleanza assolutamente impensabile: quella tra insetti e vento. Continua a leggere

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Dismisura, incredulità e insostenibilità lungo le rotte migratorie

downloaddi Giovanni Gugg 

Il fenomeno migratorio attraverso il Mediterraneo rappresenta una delle sfide più complesse e dolorose del nostro tempo. Pensare che alzando muri o chiudendo porti e confini questa pulsione inarrestabile possa placarsi, che la questione migratoria possa miracolosamente scomparire dai radar europei o che sia possibile semplicemente scaricarne il peso su Paesi già provati da disagio economico o conflitti è non solo moralmente discutibile, ma costituisce un’illusione con cui da decenni l’Europa sta abbagliando se stessa. Non si tratta di un fenomeno temporaneo o estemporaneo, né può essere scalfito da decisioni di singoli Paesi o da provvedimenti emergenziali. Dal 2000 al 2020, la popolazione migrante mondiale è cresciuta del 49%, passando da 173 milioni a circa 281 milioni, ossia il 3,6% di tutti gli esseri umani, che è oltre tre volte rispetto al numero stimato nel 1970 [1]. Continua a leggere

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Per un’etica della liminalità. Il confine come paesaggio culturale

1di Dario Inglese 

Se le scienze umane ci hanno insegnato qualcosa, questo è il ruolo decisivo che il processo narrativo ricopre per la creazione, la definizione e la trasmissione delle categorie culturali. A dispetto delle varie forme di “amnesia storica” o “autoaccecamento” che i diversi gruppi umani mettono in atto per naturalizzare la norma, infatti, ciascun individuo e ciascuna comunità danno senso al mondo costruendolo retoricamente e simbolicamente, inserendolo cioè all’interno di griglie interpretative del reale tanto plastiche quanto apparentemente immutabili.

Si pensi, ad esempio, a concetti a prima vista autoevidenti quali identità, cultura e società. Si pensi al modo in cui essi permeano le nostre vite e appaiano dotati di un nocciolo di oggettività che li rende ovvi e immediatamente riconoscibili. E si pensi anche alla nozione che di solito li accompagna, quella di confine, intesa come linea che separa entità discrete e sostanzialmente irriducibili le une alle altre. Continua a leggere

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Don Grazio Gianfreda e il “mosaico universale” di Otranto

Cattedrale di Otranto, pavimento musivo, l'Arca

Cattedrale di Otranto, pavimento musivo, l’Arca

di Massimo Jevolella 

L’ultimo incontro: parole di luce 

Don Grazio, don Grazio… ho il forte rimpianto di non averlo potuto salutare prima del suo ritorno alla casa del Padre, che così serenamente sognava. Ha lasciato questo mondo il 4 gennaio del 2007, all’età di 94 anni. Io lo avevo incontrato l’ultima volta il 7 maggio del 2004, ed era energico, appassionato, tanto da farmi pensare che si fosse già confuso tra le figure eternamente vive del meraviglioso mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto, che per decenni aveva studiato e a cui aveva dedicato una quindicina di libri. Continua a leggere

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I consoli perduti

Palermo, Cimitero degli Inglesi, stato dell'arte della lapide dedicata a Wiliam Dickinson sino al 2012

Palermo, Cimitero degli Inglesi, stato dell’arte della lapide dedicata a Wiliam Dickinson sino al 2012

di Laura Leto

L’identità delle Comunità straniere a Palermo è minacciata dall’incuria, dall’ignoranza e da svariate azioni criminose che si sono svolte indisturbate per decenni in uno dei luoghi più rappresentativi quali il Cimitero acattolico “degli Inglesi” all’Acquasanta. Una delle tante situazioni paradossali che lo interessano, riguarda la scomparsa dei monumenti delle figure più importanti – dal punto di vista diplomatico – tra gli individui di origine inglese, residenti in Città. Si tratta della tomba del console John Goodwin e di quella del vice-console ai suoi ordini, William Dickinson. Continua a leggere

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Feste, fuochi, “violenza” e Covid

S. Cono (Ct), La vampata di Santa Lucia (ph. Luigi Lombardo)

S. Cono (Ct), La vampata di Santa Lucia (ph. Vincenzo Giompaolo)

di Luigi Lombardo 

Gli effetti del Covid sulle feste sono stati, sull’immediato, devastanti, non tuttavia irreversibili. La ripresa dei riti post pandemia è stata impetuosa e il fiume carsico della cultura festiva ha straripato ovunque e in tutti i contesti festivi. Ma c’era da aspettarselo e nessuno di noi studiosi, credo, ne dubitava. La pandemia ha interrotto il placido e ciclico fluire di tempo festivo e tempo ordinario. Ha introdotto il tempo della sospensione, piatta e uguale a sé stessa, chiudendo le comunità nell’isolamento culturale, nella solitudine di pratiche un tempo agite nella collettività [1]. Continua a leggere

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Il Mediterraneo e la sfida del rapido riscaldamento

In Sicilia Alessio vede solo gli effetti della siccità sul suo campo di grano, asciutto dall'inizio di maggio. © Stefanie Ludwig/Reporterre

In Sicilia Alessio constata gli effetti della siccità sul suo campo di grano, asciutto dall’inizio di maggio (ph. Stefanie Ludwig/Reporterre)

di Stefanie Ludwig [*]

Premessa

Secondo l’EEA (l’Agenzia europea dell’ambiente) [1]: in tutta Europa, il 44 % dell’acqua estratta viene utilizzato per la produzione di energia, il 24 % per l’agricoltura, il 21 % per l’approvvigionamento idrico pubblico e l’11 % per l’industria. Ma questi dati mascherano notevoli differenze: nell’Europa meridionale – dove c’è meno acqua per malgoverno e mafie – l’agricoltura impiega il 60 % dell’acqua estratta e in alcune zone anche l’80%. Soprattutto in Europa del Nord e in parte dell’Est, laghi e fiumi forniscono l’81 % del totale delle acque dolci estratte e rappresentano la fonte idrica principale per l’industria, l’energia e l’agricoltura. Invece, l’approvvigionamento idrico pubblico dipende principalmente dalle acque sotterranee perché generalmente sono di migliore qualità. Quasi tutta l’acqua utilizzata nella produzione di energia è restituita a un corpo idrico, cosa che non avviene per la maggior parte di quella estratta per l’agricoltura. Continua a leggere

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Parma Multi Faith. Per una cultura della spiritualità

banner-sito-internet-parma-multi-faithdi Costanza Marchesini, Lisa Zuliani 

Nasce il primo sito on line per favorire la conoscenza e l’incontro tra realtà religiose e spirituali. Conoscere per condividere e per favorire un incontro di rispetto e di pace, è questa l’idea che anima il Progetto Parma Multi Faith con l’obiettivo di far conoscere il territorio dal punto di vista di chi lo abita e di chi lo vive sul piano religioso e spirituale, così da creare una rete tra le diverse realtà di fede e di sensibilità in esso presenti. Continua a leggere

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La lingua italiana nel Regno Unito: situazione attuale, prospettive e problemi

imagesdi Paola Marcolin Ainsworth, Franco Pittau 

Influsso del contesto socio-politico sulla conoscenza dell’italiano 

Nell’esporre le diverse fasi che hanno contrassegnato la conoscenza dell’italiano nel Regno Unito ci siamo soffermati molto sul contesto in cui questa conoscenza si è sviluppata.  A partire dal Seicento, quando iniziò la pratica del “Grand Tour”, l’importanza dell’Italia per le sue ricchezze artistiche e culturali era condivisa come fattore importante della propria formazione qualcosa di sentito, mentre questa stessa ricchezza, pur non essendo sminuita nella sua consistenza, abbisogna attualmente di una forte azione promozionale di cui si si occupa la diplomazia culturale italiana. Continua a leggere

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Quanto costa un pomodoro?

549327f0ff280d2c32453de3ef419350di Nicola Martellozzo 

Ci sono notizie che riescono a raggiungerti anche quando pensi di essere distante da tutto. Senza televisione, con poco campo, i quotidiani che arrivano al bar in ritardo e la maggior parte del tempo trascorsa con pastori e malgari negli alpeggi trentini. Eppure certe notizie trovano comunque il modo di arrivare. Prima come voci confuse e contrastanti: “un uomo è morto a Latina, fuori da casa sua, senza un braccio”; “anzi no, è morto in ospedale, il giorno dopo”; “non era il braccio, era una mano, lasciata sopra una cassetta di frutta, di quelle di plastica”. “Lasciata? No, hanno lasciato anche lui lì davanti”. Continua a leggere

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La ḫarǧa arabo-andalusa: emblema di una società multiculturale

L'Alhambra, complesso palaziale

L’Alhambra, complesso palaziale arabo-andaluso

di Claudio Maugeri

Si potrebbe, in forma preliminare, definire la ḫarǧa come l’emblema del sincretismo culturale della Spagna musulmana,  un riflesso letterario dell’incontro tra genti di provenienze, culture e religioni diverse: nel particolare, le tre grandi religioni monoteiste, che, secondo più fonti, vissero per un largo periodo di tempo una parentesi di convivenza pacifica in terra iberica, la terra che i Romani avevano chiamato Hispania e che i conquistatori musulmani arabo-berberi ribattezzarono al-Andalus. Secondo L. Alvarez (2004: 728-729): Continua a leggere

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Il peccato originale ovvero la perdita dell’innocenza

Il Giudizio universale, Michelangelo, Cappella Sistina

La tentazione di Adamo ed Eva, Michelangelo, Cappella Sistina, 1508

di Vincenzo Meale 

Mi è venuto un dubbio: la perdita dell’innocenza di chi? Finora ho sentito una sola risposta: delle sue creature! Ma non sarà invece la perdita dell’innocenza del creatore? È lui che punisce coloro che ha creato, solo perché hanno desiderato assomigliargli. La divinità che si comporta in tal modo con i deboli non corrisponde alla divinità descritta da Gesù di Nazareth. Eppure proprio coloro che dicono di rifarsi a Gesù continuano a considerare colpa talmente grave quella attribuita ai nostri progenitori da condizionare ancora la nostra vita.  Continua a leggere

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“Bidayàt”: incipit ed oltre nella narrativa araba (2011-2023)

bidayatdi Aldo Nicosia [*] 

Bidayàt raccoglie 22 brani iniziali, o incipit estesi, di romanzi arabi di autori di una dozzina di Paesi, dal Marocco all’Oman. Di ognuno di essi vengono tradotte le prime 2.000 parole circa. La selezione si basa su due criteri, uno è la data di pubblicazione, tra il 2011 e il 2023, e l’altro è il nostro gusto soggettivo. Ad oggi, nel panorama culturale italiano, si tratta della prima antologia che comprende i romanzi più recenti, assolutamente inediti in italiano, e, salvo qualche eccezione, in altre lingue. In un’apposita appendice abbiamo inserito i brani originali, ma in misura ridotta, circa 500-600 parole, a beneficio di chiunque voglia cimentarsi nella traduzione. Continua a leggere

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Partanna: negli scritti e nel cuore di Benedetto Patera, storico dell’arte

Benedetto Patera

Benedetto Patera

di Lina Novara

Benedetto Patera è stato uno “tra i più importanti ed acuti storici dell’arte del dopoguerra”, docente prima nei Licei classici e poi presso l’Università degli Studi di Palermo. Nel gennaio 2019, qualche giorno dopo la sua scomparsa, Totò Rizzo scrisse su una rivista on line un articolo dal titolo “Quel gran critico venuto da Partanna”, precisando che Benedetto Patera teneva molto a questa origine dalla provincia trapanese [1].

Infatti, ogniqualvolta se ne presentava l’occasione, nelle conversazioni e nei suoi scritti non mancava di ricordare con orgoglio la sua città natale, lu paisi, ora con il cuore del cittadino, ora con l’occhio dello storico dell’Arte. Continua a leggere

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Le “danze al buio” di Lia Tosi

copertina-danze-al-buiodi Antonio Pane 

Il più fresco volume narrativo di Lia Tosi, Danze al buio (Mimesis, 2023), si apre su un trio di teen-agers impegnati a snidare, tra il serio e il faceto, al passo di un esergo ‘rubato’ alle Epistulae ex Ponto («in tenebris numerosos ponere gestus, | quodque legas nulli scribere carmen, idem est»), l’ombra di Ovidio esule a Tomi. L’esperienza «delle immense lande vuote, della danza al buio» costituisce per Clara, capintesta e medium del sortilegio, l’emblema di una vita appesa al «danzare nel buio», al «ballo da sola» che nell’epilogo si riverbera su altri complici di stregonerie, il gruppo di anziani veduti «entrare e sparire nella nebbia, quasi cappotti danzanti in un latteo buio». Continua a leggere

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Saraceni, arabi e ismaeliti: cognizione, rappresentazione e costruzione dell’Islām nella cultura anglosassone (sec. VII-XI)

Isola di Iona sede del vescovo Adomann

Isola di Iona sede del vescovo Adomann

di Alessandro Perduca 

Nell’anno 786 il vescovo Gregorio di Ostia, legato papale in Inghilterra, indirizzando una lettera a papa Adriano circa conclusioni e risultanze dei sinodi di Mercia e Northumbria afferma «Ut nullus ex ecclesiasticis cibum in secreto sumere audeat, nisi prae nimia infirmitate, quia hypocrisis et Saracenorum est» [1]. La menzione degli usi alimentari rituali dei Saraceni sembra alludere in chiave polemico apologetica alla pratica islamica del Ramaḍān [2] e pare un riferimento funzionale, nella logica normo-prescrittiva del sinodo, alla regolazione della buona pratica cristiana. Continua a leggere

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Sul fidanzamento, il matrimonio e l’amore a Lama dei Peligni

Lama del Pelino, anni 40

Lama dei Peligni, anni 40

di Amelio Pezzetta [*]

Introduzione 

Lama dei Peligni e un Comune della provincia di Chieti a ridosso del massiccio della Majella. La popolazione attuale è di circa 1100 abitanti e si è ridotta in modo consistente a causa dell’emigrazione che iniziò negli ultimi decenni del XIX secolo. Continua a leggere

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The History of Religions outside the Academy. Is religious illiteracy a social problem?

Pericle Fazzini, Bozzetto per la Resurrezione, 1970-1975

Pericle Fazzini, Bozzetto per la Resurrezione, 1970-1975

di Pietro Piro [*] 

The best men of our time are animated by the impulse to withdraw from all the exteriority of a world deprived of the divine by industrialism, mammonism, democracy, to immerse themselves in the depths of the soul and listen carefully to the mysterious voices that reporting the ‘echo of a better world. It is the poignant desire for mystery. But this anxiety, legitimate today more than ever, easily pushes us to take false paths. Whoever wants to cross the immense sea of mystery must have a safe guide with him. 

Odo Casel, Die Liturgie als Mysterienfeier.  Continua a leggere

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Il basilico e le teste di moro siciliane

  (Opera di Antonio Navanzino).


Opera di Antonio Navanzino (ph. Stefano Puglisi)

di Stefano Puglisi

Giuseppe Pitrè in Fiabe e Novelle e racconti popolari siciliani ci racconta di una leggenda ambientata nel quartiere della Kalsa a Palermo. La storia è legata secondo le credenze popolari siciliane alle “teste di moro”, ovvero i vasi tradizionali in terracotta antropomorfi in cui vengono generalmente coltivati gli aromi. La leggenda presenta due versioni, la prima ci racconta di una giovane donna che affacciandosi dal suo balcone, per prendersi cura delle piante, conosce un soldato saraceno del quale si innamora. I due iniziano una relazione sino a quando il moro gli comunica alla ragazza che sarebbe tornato in Oriente da sua moglie e i suoi figli. In preda alla disperazione la ragazza medita una vendetta, nel mezzo della notte decapita il moro e conserva la sua testa per trasformarla in un vaso dove coltivare il basilico, innaffiando la piantina con le sue lacrime. La pianta diventa così rigogliosa tanto che nel quartiere in molti decidono di farsi fare dai vasai teste simili a quella della giovane donna. Continua a leggere

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Per una semantica del mare. Canti, segnali e comunicazioni nel lavoro dei pescatori di tonni

La tonnara del Secco a San Vito nel 2002 (foto ninni ravazza)

La tonnara del Secco a San Vito nel 2002 (ph. Ninni Ravazza)

di Ninni Ravazza  [*] 

Fra le attività alieutiche la pesca del tonno con impianti fissi di rete (tonnara) è quella che storicamente ha sempre impiegato il maggior numero di addetti (tonnaroti o anche tonnarotti): fino a 100 persone nelle tonnare più grandi (Favignana, Bonagia, Capo Passero e Marzamemi in Sicilia, Saline in Sardegna, Pizzo Calabro). Continua a leggere

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Social media: altri luoghi, nonluoghi, utopie

Sospesi (ph. Leandro Salvia)

Sospesi (ph. Leandro Salvia)

di Leandro Salvia

I Social media rappresentano un mondo virtuale dove le esperienze condivise consentono alla gente di sentirsi comunità. Sono caratterizzati da un processo simbolico significante. Creano quella che John Thompson, a proposito dei mezzi di comunicazione di massa, definiva “comunanza despazializzata”. Rendono possibili – infatti – relazioni e solidarietà tra individui a prescindere dallo spazio fisico in cui si trovano. Continua a leggere

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La bellezza non sia un belletto. Dialogo con Guido Oldani, poeta dell’ironia filosofica

Guido Oldani

Guido Oldani

di Fabio Sebastiani 

Guido Oldani, è il fondatore del Realismo Terminale, uno dei percorsi della poesia contemporanea capace di ragionare in termini generali sulla fase che stiamo attraversando. Noto per avere ideato nel 2010 la poetica di questo movimento di pensiero critico, è stato candidato al premio Nobel per la letteratura nel 2021. Autore di diverse raccolte, ha pubblicato nel 2021 Dopo l’Occidente. Lettera al realismo terminale, una “lettera aperta” destinata a coloro che hanno accolto il suo appello per fare un bilancio del progetto culturale e prospettare nuove  linee di sviluppo. Continua a leggere

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“Gli” ‘a lui, a lei’: un uso maschilista e sessista?

4303-0-828367887_mdi Salvatore Claudio Sgroi 

1. Evento giornalistico

Giuseppe Antonelli nella sua rubrica settimanale “Lezioni di italiano” nel magazine 7 del “Corriere della sera” ha dedicato il pezzo del 3 maggio 2024 al pronome personale “LE”, sottotitolato “Torniamo ad usare il pronome nella forma femminile” anziché gli nel parlato colloquiale, per es. ho incontrato mia sorella e gli ho detto che l’avrei chiamata, ma anche nello scritto letterario otto-novecentesco e del 2000, es. “E che gli dici, alla luna?” (Sciascia 1960).  Continua a leggere

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I Campi Flegrei e la città di Pozzuoli in età moderna: dalla pesca al turismo di massa

1 Campi Flegrei Cassiano da Silva, inizi Settecento (Amirante, Pessolano, 2005)

Campi Flegrei, Cassiano da Silva, inizi Settecento (Amirante, Pessolano, 2005)

di Maria Sirago 

Il territorio dei Campi Flegrei e l’isola di Nisida

I Campi Flegrei, visitati da numerosi “eruditi” che seguivano le orme del poema virgiliano, furono descritti in modo dettagliato nel 1580 da Benedetto di Falco e da Ferrante Loffredo. De Falco dava notizie tratte dai classici latini e da Petrarca degli antichi luoghi di Miseno e Cuma, del lago di Lucrino, del Mar Morto, dei resti antichi del molo di Pozzuoli e dei bagni termali. Loffredo, che era andato a curarsi a Pozzuoli “con le acque”, aveva descritto il territorio usando i classici ma anche i suoi appunti raccolti nelle “visite” sui templi antichi, sull’anfiteatro, sul molo e sulle fonti e i bagni di Pozzuoli, poi sui resti di tutto il territorio, compilando una vera e propria “guida” per i “forestieri”. Continua a leggere

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La traduzione come migrazione, come rivelazione

11di Orietta Sorgi 

In che modo una traduzione può definirsi “pura” e riuscire a garantire la piena fedeltà al testo di partenza? O non finisce piuttosto nel cadere, inevitabilmente, nella rielaborazione contestuale e soggettiva del traduttore? È un problema complesso che risale all’antichità. Tanto che Cicerone aveva già teorizzato la differenza fra una traduzione alla lettera, verbum pro verbo, e una traduzione di senso che avrebbe dovuto tener conto in modo più libero dello spirito e delle intenzioni dell’autore. Così anche il poeta Orazio quando osservava che una buona traduzione dovrebbe da un lato riflettere il modello originario ma nello stesso tempo guardare al nuovo clima culturale cui quell’opera è destinata (in Bertazzoli 2015). Continua a leggere

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Cosa fanno gli intellettuali oggi?

9791281250086_0_536_0_75di Francesco Virga 

Sicuramente il nostro tempo non è quello di Gobetti e Gramsci che, all’indomani della Prima guerra mondiale, con riviste ed iniziative coraggiose animarono un dibattito culturale e politico che ha segnato un’epoca. Non meno lontani appaiono oggi ai nostri occhi figure come Bobbio, Capitini, Dolci, Calamandrei, Vittorini e tanti altri che, nell’ultimo dopoguerra, diedero un contributo decisivo alla crescita culturale e civile dell’Italia. Oggi non si vedono più in giro intellettuali di questo tipo e a nessuno viene in mente di fare una rivista come Il Politecnico. Quindici anni fa Alberto Asor Rosa provò a rompere il silenzio. Ma il suo appello cadde nel vuoto [1].  Italo Calvino aveva già messo una pietra tombale sopra la stagione dell’impegno politico degli intellettuali [2].  Continua a leggere

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Figli e figlie della polvere di stelle

Andy Warhol, Così tante stelle, 1958

Andy Warhol, Così tante stelle, 1958

di Flavia Schiavo 

Le cose, nella vita, non sono mai troppo precise; ed è mentire dipingerle nude, poiché non le vediamo mai se non in una nube di desiderio. 

Marguerite Yourcenar, Alexis o il trattato della lotta vana 

Sguardi sul cinema

“Sguardi sul cinema”, dedicato a Segnali di vita di Leandro Picarella si avvale della significativa presenza del regista, che ha accolto l’invito a leggere gli otto saggi sul suo film e a restituire le sue impressioni su essi, arricchendo il corpus con una intensa e ponderata riflessione, in cui racconta la genesi e l’esperienza trasformativa connessa alla scrittura e realizzazione della sua pregevole opera. Continua a leggere

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Dal “campo di battaglia” al “campo antropologico”. Il cinema del reale di Leandro Picarella

locandinadi Annamaria Clemente 

L’antropologo Antonino Buttitta in uno dei suoi saggi dedicati al rapporto tra antropologia e letteratura rifletteva su come «lo scrittore cercando l’uomo trova gli uomini, l’antropologo, ma anche il sociologo, lo storico etc., osservando gli uomini troppo spesso perdono l’uomo» (Buttitta 2004: 492). Penso alle sue osservazioni dopo aver visto Segnali di vita, un lungometraggio firmato da Leandro Picarella, cineasta di origini agrigentine i cui lavori scrutano nel limen tra realtà e finzione, verità e apparenza, in una ricerca tesa alla creazione di un “Cinema del reale”, una sperimentazione creativa sostanziata da una composita e interessante tecnica narrativa che alterna riprese di tipo documentaristico e scene di simulazione. Una marca distintiva impressa sulle sue pellicole e che in questo ultimo lavoro si declina nella polarizzazione tra scienza e ciò che scienza apparentemente non è, tra la presunta mistificazione della realtà attuata da teorie gnoseologiche altre e il “vero” incarnato nella scienza.  Continua a leggere

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Rumori che fanno sottofondo per le stelle

da "segnali di vita"

da “segnali di vita”

di Cinzia Costa

Il tardigrado è un organismo vivente, somigliante nelle fattezze ad una larva o ad un bozzolo, riconosciuto e studiato nel panorama scientifico per una capacità unica tra tutte le specie animali esistenti: quella di sopravvivere per lunghi periodi a condizioni estreme, a cui nessun altro organismo sopravviverebbe. Questi minuscoli invertebrati riescono dunque a “congelare” le proprie funzioni organiche, entrando in una condizione di letargo, al termine della quale si risvegliano assumendo le condizioni vitali precedenti. Continua a leggere

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Corpi celesti, tra scienza e immaginario popolare

"Segnali di vita", backstage, di Marta Innocenti

“Segnali di vita”, backstage, di Marta Innocenti

di Chiara Dallavalle

Quante volte nell’arco della vita abbiamo alzato lo sguardo verso il cielo notturno, durante una sera d’estate nella speranza di vedere una stella cadente oppure nelle fredde notti d’inverno, quando tutto è silenzioso e immobile. La volta celeste ha da sempre esercitato un fascino irresistibile sull’essere umano. Agli albori dell’umanità e per la maggior parte della propria storia, l’uomo vi si è accostato con reverenziale timore, ma al tempo stesso anche con curiosità, mosso dal desiderio di penetrare i meccanismi di funzionamento dei corpi celesti, comprendere le relazioni tra gli astri e coglierne il nesso con l’esperienza umana. Continua a leggere

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“Per aspera ad astra”, andata e ritorno

csm_logo-segnali-vita_b0ad62a3f6di Chiara Lanini

Il lavoro di Leandro Picarella è un bellissimo documento etnografico che ci racconta la quotidianità e l’ethos di una piccola comunità di montagna, attraverso un’intelligente operazione narrativa che utilizza il potere reagente dello sguardo esterno e conflittuale di un astrofisico da poco giunto in Valle d’Aosta per motivi di ricerca.

La comunità, dislocata in diversi agglomerati abitativi, è composta da persone giovani e meno giovani, nate e vissute lì, custodi di tradizioni, imprese e saperi trasmessi dalla famiglia oppure approdate più di recente a quello stile di vita grazie ad incontri, legami, motivi diversi. C’è chi parla italiano, francese o addirittura solo patois, chi ha studiato e chi invece è depositario di una cultura che parla di questa terra, del lavoro, della natura che la circonda, degli animali che danno da vivere ma fanno anche parte della comunità. Continua a leggere

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Osservazione, dialogo e spazialità. Una prospettiva geografico culturale sul film di Picarella

da "Segnali di vita" di Leandro Picarella

da “Segnali di vita” di Leandro Picarella

di Gaetano Sabato 

Spostare lo sguardo dalle stelle lontane alle persone vicine. Provare a embricare il proprio vissuto solitario, riflessivo, a quello della comunità, pulsante, forse a tratti piccolo, ma vero. È il movimento essenziale compiuto da Paolo, protagonista di Segnali di vita, film dell’agrigentino Leandro Picarella uscito nel 2023, che ha ricevuto il Premio del pubblico come Miglior Lungometraggio al Trento Film Festival. La narrazione è avviata a partire da questo gioco di prospettive che trova il suo punto focale nella vicenda del protagonista.

Astrofisico milanese, almeno in parte nei panni di se stesso, Paolo (nella realtà, Paolo Calcidese, ricercatore e responsabile della didattica e divulgazione presso l’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta) è in fuga dai ritmi e dalle aspettative di un mondo lavorativo e da vicende sentimentali e familiari da cui si sente schiacciato. Continua a leggere

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Per una reciprocità degli sguardi

Osservatorio Astronomico della Valle d'Aosta

Osservatorio Astronomico della Valle d’Aosta

di Valeria Salanitro 

Le meccaniche celesti in quei cieli tersi valdostani sono il collante del documentario girato all’Osserva­torio Astronomico della Valle d’Aosta (OAVdA) e al villaggio di Lignan nel vallone di Saint-Barthélemy. Il racconto filmico “Segnali di vita” segue la storia dell’astrofisico Paolo Calcidese [1], che durante l’autunno si trasferisce nella struttura come unico custode e abitante, per portare avanti le proprie ricerche scientifiche e speri­mentare nuove tecnologie. A causa di un incidente tecnico, però, è costretto a mettere da parte gli astri e la solitudine per dedicarsi ad altre forme di vita finora non considerate: gli esseri umani. Continua a leggere

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Uno scorcio di territà

s_52841709abdi Giuseppe Sorce 

Le persone non si fanno domande. Provano emozioni, hanno reazioni. E basta. Questo mi disse una volta un maestro. Le persone non sono abituate a farsi domande. Ed è vero. In linea di massima. In generale. Le persone, banalmente, non si chiedono perché il cielo sia blu o l’erba verde. E io, altrettanto banalmente, mi sono sempre chiesto perché invece non se lo chiedessero. La fiera delle banalità insomma. Continua a leggere

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Tra ricerca ed esperienza: un anno tra i segnali di vita

"Segnali di vita", backstage (Marta Innocenti)

“Segnali di vita”, backstage di Marta Innocenti

di Leandro Picarella 

Segnali di vita è certamente il progetto al quale mi sento, ad oggi, intimamente e artisticamente più legato. E pensare che ho rimandato per anni la sua realizzazione. A differenza dei miei precedenti lavori ho cercato di realizzare questo film come opportunità ed esperienza, cambiando aria e lavorando sull’empatia. In questo laboratorio umano, ho potuto portare avanti la mia ricerca sul cinema del reale, partendo da una profonda connessione con il luogo. Ho sempre sostenuto l’importanza dei luoghi nella fase di ideazione di un film, perché seppur invisibili, al loro interno esistono già delle storie, che cambiano e si trasformano in continuazione. Connettersi a un luogo significa connettersi alle sue storie, e dunque alla sua essenza. Continua a leggere

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Vite parallele. Tra Mahdia e Mazara

Mahdia (ph. Amani Alaya)

Mahdia (ph. Amani Alaya)

di Amani Alaya 

“Vite Parallele” è un viaggio esistenziale, sentimentale e artistico tra le sponde del Mediterraneo. Abbiamo lo stesso mare, tra Mahdia in Tunisia, dove sono nata, e Mazara Del Vallo in Sicilia, dove sono cresciuta. Le due città si sono unite in un gemellaggio nel 1973.

Mio padre è arrivato in Italia nel 1984 con un passaporto in tasca per cercare lavoro come marinaio. Io e mia madre ci siamo trasferite a Mazara solo nel 2008 per stare con la famiglia.

Ormai Mazara è diventata la mia casa; in città c’è una presenza notevole della comunità tunisina, radicata e rispettata. Qua mi sono trovata bene. Continua a leggere

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La poetica dello spazio, la fotografia e la rigenerazione urbana

La poetica dello spazio, Scalo Farini (ph. Anna Nosari)

La poetica dello spazio, Milano, Scalo Farini (ph. Anna Nosari)

di Anna Nosari

L’idea di abitare un luogo è profondamente radicata nell’esperienza umana. L’ambiente in cui ci muoviamo, in particolare la casa ma non solo, alimenta una visione del mondo e diventa una proiezione delle nostre emozioni, dei nostri ricordi e delle nostre identità, uno spazio dove si intrecciano storie personali e collettive, dove la dimensione più intima si incontra con la realtà esterna.

Il modo in cui l’ambiente, urbano o domestico, pubblico o privato, influenza l’immaginazione viene approfondito ne La poetica dello spazio, saggio di Bachelard. In quest’analisi fenomenologica dell’immagine poetica, il filosofo francese studia le emozioni evocate dai vari ambienti, dalla struttura della casa ai suoi interni, fino agli arredi e agli oggetti di cui si compone. In dialogo tra realtà, sentimenti e ricordi, ci si muove tra soggettività e sentire condiviso, con echi e richiami suscitati proprio dallo spazio che si abita. Continua a leggere

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Il treno bianco

Il treno bianco (ph. Portuese)

Il treno bianco (ph. Ferdinando Portuese)

di Ferdinando Portuese 

Sono salito sul treno bianco quasi in punta di piedi, timoroso per le ore di viaggio necessarie per raggiungere Lourdes partendo da Villa San Giovanni. Mi aspettavano almeno 18 ore da vivere a stretto contatto con la sofferenza di fratelli ammalati.

In verità, già durante l’attesa del treno alla stazione di partenza qualcosa non mi tornava, i visi dei volontari UNITALSI non erano i volti di coloro che si apprestano a svolgere un servizio logorante; piuttosto, osservavo sguardi sorridenti, come hanno coloro che stanno per vivere un periodo lieto.  Continua a leggere

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Anánkē

Anánkē ( ph. Nella Tarantino)

Anánkē (ph. Nella Tarantino)

di Nella Tarantino

Una fotografia non dice solo ciò che è stato, ma anche quel che ancora dovrà essere, non è solo una profezia alla rovescia, come Cassandra, ma con gli occhi fissi al passato, bensì ha in sé i tratti del proprio stesso mutamento, come i segni di una mano allo sguardo inquietante di una zingara.

La dimostrazione di quel che è effettivamente stato diventa premonizione, la realtà incontrovertibile un’emulsione del tempo, una magia che oltrepassa il dato storico, la realtà, e preannuncia quello che poi sarebbe stato, o ancora dovrà essere, non solo la risurrezione di quel che è scomparso, bensì la trama impercettibile di un destino. Continua a leggere

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Appunti sulla Turchia

Karakoy (ph. Fabrizia Vazzana)

Istanbul, Karakoy (ph. Fabrizia Vazzana)

di Fabrizia Vazzana 

Istanbul era una favola, come recita il titolo del lungo romanzo (2007, Baldini+Castoldi Editori) di Mario Levi,  scrittore turco di origine ebraica, scomparso lo scorso gennaio.

Era, come quella sera d’estate in cui dal terrazzo di un bar nel quartiere di Galata, Levi seguiva il calare di un sole infuocato che spargeva i suoi nastri di luce vermiglia su Haliç, il Corno d’Oro.
Era, quando sentì le sue memorie riaffiorare attraverso ognuno dei sensi: le risate dei suoi amici d’infanzia, le canzoni che suonavano e cantavano gli adulti riuniti a bere acquavite, le tinte vivide dei frutti maturi sugli alberi, delle pietanze che la madre distribuiva nei giorni speciali. Continua a leggere

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