di Mariano Fresta
«Non intendo, qui, fare un elogio del brigantaggio, come pare che sia diventato di moda, da qualche tempo, da parte di letterati estetizzanti, o di politici in malafede. Giudicato da un punto di vista storico, nel complesso del Risorgimento italiano, il brigantaggio non può essere difeso. Da un punto di vista liberale e “progressista”, quello appare l’ultimo sussulto del passato, che andava spietatamente stroncato, un movimento funesto e feroce, nemico dell’unità, della libertà e della vita civile. E lo fu realmente, nella sua realtà di guerra fomentata e alimentata dai Borboni, dalla Spagna, e dal Papa, per i loro particolari motivi. Ma il brigantaggio dei contadini è un altro: a guardarlo da quel punto di vista non solo non si può giustificarlo, ma non si riesce nemmeno a intenderlo. Del resto, quando i contadini lo giudicano e lo difendono, e quando ne parlano con tanta passione, non se ne gloriano. I suoi motivi storici, e gli interessi dei Borboni e del papa e dei feudatari, essi non li conoscono. Anche per loro, quella è una storia triste, desolata e raccapricciante. Soltanto, sta ad essi nel cuore; fa parte della loro vita, è il fondo poetico della loro fantasia, è la loro cupa, disperata, nera epopea» [1]. Continua a leggere→