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Memorie ferroviarie siciliane

Salemi, Bambini nel carro merci, gennaio 1968 (ph. Nino Giaramidaro)

Salemi, Bambini nel carro merci, gennaio 1968 (ph. Nino Giaramidaro)

di Nino Giaramidaro

Correvo alla finestra richiamato dall’angosciato fischio e lo vedevo subito sotto l’aureola di fumo: il treno, con i vagoni che potevo contarli ad uno ad uno. Passeggeri e merci, marroncini e rossicci che camminavano lungo l’orizzonte scandito da regolari fischi per avvisare ai passaggi a livello del sopraggiungere. Poi il “locomotore” e il suo seguito si nascondevano dietro il campanile di Santa Maria di Gesù e riaffacciavano brevemente per scomparire dietro le case della via Marsala, dove c’erano le fornaci dei cretai. Definitivamente. Dalla mia finestra il treno non si vedeva più. Mi rimaneva uno skyline deserto, senza nulla che valesse la pena di essere guardato.                                        

Lavoro a maglia in seconda classe (ph. Nino Giaramidaro)

Lavoro a maglia in seconda classe (ph. Nino Giaramidaro)

Ricordi vecchi per la vita di un uomo. Che ne sollecitano altri, anche di altre persone. «Caro Nino – mi scrive lo scorso 5 novembre Mario Genco, giornalista e scrittore di storia, nella pagina “L’Ora edizione straordinaria” – quel trenino una volta lo presi anch’io, era il 1956 e c’era già la littorina. Lo prendemmo da AG a Castelvetrano, per tornare a TP alla fine di un periplo ferroviario della Sicilia, io Ciccio Cardella e il mio compagno di banco. Si fermò due o tre volte in aperta campagna per raccattare quasi al volo contadini con pollame regolamentare incorporato».

Poi, il giorno 14, un’e-mail mi avvertiva: «Ti mando il frammento superstite del memorabile fotoreportage sull’immemorato periplo ferroviario dell’Isola». Ed erano fotografie 10×15 cm coi bordi frastagliati come li facevano le taglierine degli studi fotografici di allora. Erano immagini che non riguardavano il “trenino” bensì tappe del periplo, altri ricordi: il castello di Lombardia di Enna, quello di Eurialo a Siracusa, l’Isolabella nello Jonio di Taormina e il duomo di Cefalù con una vecchia porta che nelle mie suggestioni dei viaggi dall’altro lato del Mediterraneo e nei film visti da ragazzo mi consegnano ai misteri dell’Oriente.                            

Sfollati del terremo nel Belice, gennaio 1968 (ph. Nino Giaramidaro)

Sfollati del terremoto nel Belice, gennaio 1968 (ph. Nino Giaramidaro)

Non credo che nei riecheggiamenti della memoria ce ne siano senza treni. Unicuique suum, sì ognuno ha i propri. Il convoglio tirato a stento da una locomotiva, francese e sbuffante, zeppo di capolavori d’arte da deportare e di tedeschi, che attraversava città false con nomi pitturati dai ferrovieri maquisards su lunghe strisce di stoffa e Burt Lancaster alla guida con il volto maculato di carbone. Raffaela Carrà che muore tentando la fuga dal Von Ryan’s express, uccisa sotto gli occhi innamorati di Frank Sinatra: lei amante di un tedesco, lui valoroso alleato con non pochi vagoni da portare in Svizzera.

Uno dei treni di Agatha Christie che viaggia nella fantasia con suspense e veloci strangolamenti: quando i passeggeri dicono di non aver visto nulla, miss Marple non getta la spugna, figuratevi noi spettatori. Assassinio sull’Orient Express. Locomotiva e vagoni infossati nelle nevi balcaniche: un ricordo congelato, viene il freddo. Nel cast formidabile Ingrid Bergman recita da Oscar la sua parte di donna ostacolata nel rendere l’idea: venti e più minuti a vederla fingere benissimo questa difficoltà.

Sciopero, viaggio a Roma, 1972 (ph. Nino Giaramidaro)

Sciopero, viaggio a Roma, 1972 (ph. Nino Giaramidaro)

Uno dei dispiaceri che ancora oggi mi si accendono guardando le rare repliche del film in Tv riguarda Richard Widmark, grande con la Colt 45 e il Winchester 73 nella desolata prateria del West. Su quel treno, nonostante 11 candidature all’Oscar, la bottiglia di whisky e il cognome Ratchett – una parola non nobile nello slang americano – e gira gira, il nome italiano dell’ucciso (Cassetti), non bilanciano le dodici pugnalate.         

Si materializzano i treni del terremoto (1968). Vagoni provvidenziali, in una stanca attesa su binari morti di numerose stazioni che diventano ricoveri degli scappati di casa inseguiti dai rabbiosi sussulti e scossoni della terra. Rotabili – dicono i ferrovieri – diventate per mesi e anni le pareti domestiche di molta gente. Ora tutto questo non è più possibile: la maggior parte di “carrozze” e locomotive dismesse sono state alienate o demolite; c’è molto poco dove andarsene a dormire o impiantare un Primus per riscaldare e cuocere.                        

Vita nel vagone merci, 1968 (ph. Nino Giaramidaro)

Vita nel vagone merci, 1968 (ph. Nino Giaramidaro)

Incredibile il numero delle “tratte” ferroviarie soppresse per fare spazio ai “rotabili su gomma”, cioè a camion e pullman.  Scomparvero: la linea Motta-Regalbuto; la Alcantara-Randazzo; la Caltagirone-Gela; la Noto-Pachino e le linee a scartamento ridotto Vizzini-Bivio Giarratana-Ragusa-Siracusa; la linea Castelvetrano – Porto Empedocle; la Dittaino-Piazza Armerina-Caltagirone; e la Dittaino-Leonforte-Nicosia; la linea Agrigento-Naro-Licata; la Canicattì-Caltagirone; la Castelvetrano-San Carlo-Burgio;  la Santa Ninfa-Salemi; la Lercara-Folaga-Magazolo; la Palermo-Corleone-San Carlo Burgio; e la linea mineraria Sikelia.                                            

Si è salvata solamente la Circumetnea di Catania, che lentamente va trasformandosi in Metropolitana dell’area catanese e che collega varie cittadine con il capoluogo. Tutti rami secchi, ma viene da pensare a quella mammana che nella fretta gettò il neonato insieme all’acqua sporca.

Dialoghi Mediterranei, n. 59, gennaio 2023

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Nino Giaramidaro, giornalista prima a L’Ora poi al Giornale di Sicilia – nel quale, per oltre dieci anni, ha fatto il capocronista, ha scritto i corsivi e curato le terze pagine – è anche un attento fotografo documentarista. Ha pubblicato diversi libri fotografici ed è responsabile della Galleria visuale della Libreria del Mare di Palermo. In occasione dell’anniversario del terremoto del 1968 nel Belice, ha esposto una selezione delle sue fotografie scattate allora nei paesi distrutti.

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