di Silvia Pierantoni Giua
L’amore è un tema d’interesse universale, al di fuori del tempo. C’è chi all’amore consacra la propria esistenza. È il caso di Abû Nuwās (756-810 d.C.), poeta che spicca non solo per l’originalità e l’innovazione letteraria ma anche per la sincerità della sua ricerca. Vita e poesia coincidono, in una verità che mette a nudo la sua complessità.
Conosciuto con il soprannome da lui stesso scelto Abū Nuwās che significa “il ricciutello”, Al-Hasan Ibn Hani’ nacque in Iran da madre persiana e padre arabo e crebbe a Basra (l’attuale Bassora, Iraq) dove iniziò la propria formazione poetica. Successivamente si stabilì a Baghdad. La sua fama nel mondo arabo è testimoniata nel popolare libro Le mille e una notte, dove compare accanto alla figura del califfo Hārūn al-Rashīd (763-809 circa). Fu inoltre modello e maestro per moltissimi poeti a lui successivi e tuttora rimane pietra miliare della letteratura araba.
Lo scrittore si inserisce nel contesto del Modernismo, movimento che utilizza numerose metafore e antitesi, abbandona il lessico beduino arcaico della qasīda (componimento nato in epoca pre-islamica) in favore di un linguaggio “urbano”, più adattato alla realtà cittadina. L’amore assume le più diverse sfaccettature: eterosessuale – in cui spesso trionfa l’amore illecito verso “l’altra” – omosessuale, androgino e osceno – in cui prendono spazio relazioni amorose multiple, illecite e scabrose per canzonare la religione e sacralizzare i piaceri –; e infine l’amore/perdizione, che conduce al crimine o alla morte.
Il linguaggio poetico non è semplice e lineare poichè si avvale di locuzioni criptiche per far sì che il pensiero voli, vada al di là dell’apparenza e dei limiti dell’espressione. Gli scritti di Abū Nuwās hanno in sè il fascino che risiede nella lingua araba: ogni vocabolo ha un significato in sè e per sè e ne acquisisce un altro quando gli viene accostata un’altra parola; ogni verso è indipendente, ma esprime il suo senso globale e profondo solo inserendolo e leggendolo nell’intero poema; esso è formato da parole autonome che come calamite si attraggono in una disposizione armonica. Un vocabolo non può essere considerato isolato, poichè la melodia dell’intero componimento è come una corrente che passa nel circuito delle parole per accendere il senso nel complesso; queste così si inseguono, creando un piacevole gioco di passaggi di senso.
La poesia di Abū Nuwās è trasgressiva nei contenuti come nella forma ma raffinata nelle immagini e nella scelta delle parole. Sembra dispiegarsi davanti ai nostri occhi uno spettacolo giocoso e frivolo mentre dietro i costumi degli attori si nasconde la danza del potere dell’innamoramento.
Alla purezza della lingua oppone uno strategico ricorso alla contaminazione lessicale, specchio di una nuova città cosmopolita dove si mescolano etnie e culture di vario genere. Abū Nuwās si distanzia dall’arabo classico pur essendone fine conoscitore; utilizza la lingua in maniera fluida e versatile ma nello stesso tempo in modo ricercato, ed arricchisce il testo di espressioni parlate e volgari. Tra le parole vengono intarsiati termini alieni come, ad esempio, vocaboli popolari persiani o siriani. La corrispondenza tra significante e significato non è garantita e le proprietà dell’equivoco della lingua araba vengono esasperate. Passando dalla descrizione alla rappresentazione, il poeta svela l’intimità di quest’ultima e la presenza dell’amato, sempre portatore di un’alterazione della percezione del reale, diventa apparizione costante nei suoi poemi.
L’autore si avvale principalmente della metafora che non è per lui un semplice espediente del linguaggio poetico bensì espressione della sua ricerca di trascendere il reale, di scavare nell’apparenza e nel profondo dell’intimità delle cose; il mondo risulta così aperto nella sue potenzialità infinite e il significato si libera dai confini dell’inchiostro.
Le poesie di Abū Nuwās sono un’esperienza jazz: componimenti in cui ci si muove liberi e leggeri e si lascia spazio alla bellezza dell’imperfezione. L’immagine assume forza grazie all’accostamento di elementi contrastanti, di due opposti che poeticamente risultano attrarsi; la sua è una poesia dal gusto dolce e amaro.
(…) Sottile il cuore a lamina somiglia,
così robusto è il palmo della mano
che delicato sa tenerlo in pugno,
taglienti come lame son le dita.
Se in cuore il mio pensiero lo figura,
pensarlo si fa arma da ferita.
Scivola come zucchero il suo dolce sembiante
e come zucchero sfregato sulla pelle graffia [2]
Il segreto della bellezza si associa dunque all’ambiguità; la poesia è una sorta di matrioska di sensi, di significati, di allusioni; il testo rimane aperto, tiene in sospensione il lettore, lo rende protagonista, attivo nell’interpretazione: ora lascia incompleto un verso per far sì che s’insinui il pensiero del lettore, ora sposta la punteggiatura per ribaltare il senso della frase. Il poeta ama scomporre costruzioni grammaticali, provo- cando volutamente e suscitando nello spettatore quell’effetto di estraniamento proprio dello stato di ebbrezza. È la poesia stessa il vizio, essa stessa ubriaca e ubriacante, inebriante e impregnata dei profumi che racconta, delle atmosfere lussuriose che si dispiegano tra le sue righe. Ogni vizio è decantato, tutto si ribalta in un mondo dove l’illecito regna sovrano. Così la poesia si svecchia e si scrosta dagli schemi, si discosta dalle rigidità del passato e il flusso di pensieri crepa le regole e trasborda, sgorga senza pudore.
La realtà dei suoi scritti è spesso oscena, decantata in versi sensuali e trasparenti; mette a tema, senza castrazioni o morali, senza patine e fronzoli e spesso con volontario tono provocatorio, le fantasie dell’uomo. La tematica dell’amore da lui proposta assume le più svariate forme e tipologie. L’erotismo viene messo a nudo ora con un tocco delicato, ora sensibile, ora tagliente ora ironico. Nei suoi versi si tratteggiano incontri all’insegna del piacere dipinti in scene di grande bellezza e raffinatezza estetica, mai con volgarità. Il suo modo di esprimersi è libero, sincero e disordinato come un sogno e la sua ricerca si maschera dietro una foresta di simboli. Leggendo i suoi versi ci si trova catapultati in una dimensione onirica dove le tensioni vengono allentate e i desideri inconsci prendono forma con più libertà. È tutto possibile in questo quadro dai colori intensi e accesi, un sottosopra, una capriola di sensi, un labirinto di esperienze in cui perdersi.
Riconosco nel buio una luna
se al buio ti bacio:
Bastasse baciarti a eclissare l’aurora.
se solo la veglia disvela una luna che dorme,
ch’io muoia d’insonnia,
e nel sonno ti bacio.
Luna di seta pungente
di morbida ruvida seta
intessuta a vestirti.
Invidio chi copri di baci,
chi scopre il segreto vestito
dei tuoi pantaloni di seta. [3]
Abū Nuwās fa una continua operazione di violazione di tabù, rovesciando il sistema morale in cui vive, proclamando una cultura senza freni e repressioni, cercando di vivere in armonia tra idea e azione. La sua grandezza risiede dunque nella ricerca di un suo pensiero, superando gli ordini imposti e pre-stabiliti da morali religiose e sociali, invitando il lettore a fare lo stesso, a insorgere contro i dogmi e le verità costituite a priori. A suo tempo, infatti, egli venne accusato d’essere uno zindiq, termine che attualmente potrebbe corrispondere a “libero pensatore”. Egli è originale, è se stesso.Celandosi dietro un’apparente frivolezza, il poeta non si accomoda su schemi o paradigmi, né su vuote teorie, ma conduce in realtà una ricerca personale profonda. Abū Nuwās esprime il disagio e l’angoscia di stare dentro alle regole dell’epoca in cui si va consolidando la priorità dell’aldilà sull’aldiqua, di Dio sull’uomo, del dovere sul piacere. Le costrizioni e morali del tempo stonano con la sua musica interiore, musica che vorrebbe coincidesse con una vita di piacere, invece che di repressione.
Nei suoi componimenti, il genere amoroso e quello bacchico si confondono, si compenetrano mescolandosi in un’unica danza, dove ora risalta di più l’aspetto erotico ora quello del vino.
(…) Il vino è un granato prezioso, la coppa una perla,
e giunge sul palmo di svelta e flessuosa fanciulla
che bere ti fa con la mano del vinto, e dell’altro
vin con la bocca, e sei condannato a due ebbrezze. (…) [4]
Ma dietro un’apparente superficialità di amori epidermici è celato un tentativo d’amore che, rimanendo inappagato, viene esorcizzato attraverso il linguaggio poetico. La ripetizione martellante di provocazioni e scenari edonistici suggerisce l’intenzione dell’autore di fuggire dalla vita reale, trovando nell’effetto del vino il porto dove naufragare. La sua è una ricerca costante dell’amore che, celata sotto la maschera del bagordo, nasconde e confonde piacere e distruzione, amore e perversione, un tormento che forse ha il nome di una donna, Ğanān, l’unica eccezione eterosessuale all’interno dei suoi versi, rapporto impossibile a realizzarsi. Il poeta ha continuato così a esorcizzare il dolore nelle sue poesie, traboccanti di giovanetti imberbi e coppe di vino, surrogati di quell’amore insoddisfatto.
Per te ho bandito dal mio vocabolario
parole che parlino del mio soffrire.
Invano esploro dicibile e indicibile,
ma tu non te ne curi, di me che frugo tra i concetti [5].
Dialoghi Mediterranei, n.30, Marzo 2018
Note
[1] Traduzione di Silvia Pierantoni Giua, poesia tratta dal Diwan Abi Nouas , dar al-Kitab al-’Arabi, Beirout, 1953.
[2] Abū Nuwās, a cura di Leonardo Capezzone, Così rossa è la rosa, scenari d’amore pre-cortese, a Baghdad, Roma, Carocci, 2007: 51.
[3] Abū Nuwās, a cura di Leonardo Capezzone, Così rossa è la rosa cit. : 85.
[4] Abū Nuwās, poesie scelte e tradotte da Michele Vallaro, La vergine nella coppa, Roma, Nallino, 1992: 11.
[5] Abū Nuwās, a cura di Leonardo Capezzone, Così rossa è la rosa cit.: 24.
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Silvia Pierantoni Giua, si specializza in arabo e cultura islamica durante il corso di Laurea Magistrale in Lingue e culture per la comunicazione e la cooperazione internazionale all’Università degli studi di Milano. Approfondisce poi la tematica della radicalizzazione islamista in occasione della stesura della sua tesi di laurea di Ricerca in Psicoanalisi diretta dallo psicoanalista F. Benslama, che ha discusso nel giugno 2016 all’Università Paris VII di Parigi. Attualmente si occupa della stesura di un progetto per la prevenzione del fenomeno del fanatismo.
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