Ascoltare “A vava inouva” vuol dire immergersi nella tradizione popolare algerina e cabila attraverso musica e parole dal sapore antico e saggio. I primi accordi di chitarra accompagnano l’ascoltatore in punta di piedi, in un viaggio sonoro e immaginifico che ha il potere di far visualizzare negli occhi di chi ascolta, la bellezza della montagna, la rigidità dell’aria d’altura, il silenzio dei luoghi dalla natura incontaminata.
Le prime parole invece, suonano così: “Ti prego mio piccolo padre, aprimi la porta”, sono pura poesia, specialmente se ascoltate in lingua originale, ovvero in lingua cabila. Il testo ha un’origine antichissima, affonda le sue radici, nei racconti favolistici orali della tradizione berbera. Dedicare qualche minuto ad ascoltare questa canzone, significa dedicare un po’ del proprio tempo alla storia e alla cultura millenaria di un popolo che, come il nostro, si affaccia sulle sponde del Mediterraneo.
“A vava inouva” (Il mio piccolo padre) [1] è stata la prima canzone del noto cantante algerino, di etnia berbera, Hamid Cheriet, in arte Idir, nato nel 1949 nel villaggio di Aït Lahcène, vicino a Tizi-Ouzou, capoluogo della Cabilia, regione berbera a nord est dell’Algeria, scomparso nel 2020 in Francia.
La canzone, diffusa per la prima volta negli studi di Radio Algeri nel 1973, è stata la prima canzone in lingua cabila a raggiungere un successo planetario, riprodotta in 77 Paesi e tradotta in ben 15 lingue. Ancora al giorno d’oggi A vava inouva ha mantenuto la sua connotazione libertaria ed identitaria [2].
La tradizione musicale della Cabilia
L’attenzione alla musica algerina e in particolare alla musica cabila è stata piuttosto frammentata nell’ambito degli studi antropologici ed etnografici, specialmente a causa degli eventi storici che hanno reso difficili le ricerche sul campo, così come è accaduto per le raccolte inerenti al patrimonio narrativo orale. Ciononostante, il recupero dei testi è stato reso possibile anche grazie agli stessi compositori autoctoni che si sono attivamente impegnati nella preservazione della musica cabila sia come simbolo di una delle realtà identitarie dell’Algeria che come strumento di rivendicazione delle proprie origine berbere.
Le prime registrazioni, a scopo etnografico, del repertorio musicale cabilo, risalgono all’Expo universale di Parigi del 1900, allorché la Società francese di antropologia realizzò 7 registrazioni: due racconti, timuchua, due canti mistico religiosi, adekker, tre canti d’amore, tutti in modalità a cappella.
Dal 1940 in poi, molti cantanti professionisti di lingua cabila, emigrano in Francia dove trovano terreno fertile per le proprie produzioni musicali. I loro dischi e le loro canzoni cominciano a diffondersi sia in Francia che nei villaggi cabili grazie alle emissioni radiofoniche.
La musica professionale cabila segue gli eventi storici del XX secolo che hanno caratterizzato il popolo algerino e cabilo: le prime ondate migratorie, il nazionalismo, la guerra d’indipendenza, la fase di rivendicazione culturale ed identitaria post-indipendenza, ecc… Accanto alla musica professionale, c’è un repertorio sconfinato di musica e canti tradizionali, intonati dagli abitanti dei villaggi nelle riunioni di famiglia: i canti profani di generi diversi; i canti mistico-religiosi, ecc..
Nel 1949 M.T. Amrouche, figlia di F. Aït-Mansour-Amrouche, intraprende un lavoro di raccolta dei canti tradizionali cabili tramandatigli da sua madre, famosa scrittrice berbera, simbolo di uno spaccato storico che va dalla fine dell’Ottocento ai primi del Novecento. É nella raccolta favolistica ad opera di T. Amrouche, intitolata, “Il grano magico” [3] che si trova il racconto dal quale il cantante Idir ha preso ispirazione per la canzone “A vava inouva”. Inoltre è a partire dagli stessi anni delle ricerche di M.T. Amrouche che, grazie a Radio Algeri, cominciano a farsi largo cantanti popolari in lingua araba e cabila, la stessa emittente da cui spiccherà il volo nel 1973, “A vava inouva” di Idir [4].
Taos Amrouche, appartenente ad una famiglia cabila cattolica che ha dato vita a tre generazioni di scrittori ed artisti contemporanei, è figlia di Fadhma Ait Mansoure Amrouche, scrittrice cabila, autrice della propria biografia di successo Storia della mia vita [5] nella quale ammette la sua difficile condizione di esiliata e la complessa questione identitaria che la vede legata alle origini berbere, a quelle arabe e a quelle francesi.
Nata a Tunisi nel 1913, Taos è la sorella del poeta Jean Amrouche. Marie-Louise è il suo nome di battesimo, Taos il suo nome cabilo. Ha pubblicato il suo primo romanzo con il nome di Marie-Louise Amrouche, il secondo con quello di Marguerite-Taos, il terzo con il nome di Taos Amrouche. Marguerite era il nome di battesimo di sua madre Fadhma Aït Mansour Amrouche. La raccolta di racconti e proverbi è apparsa sotto il nome di Marguerite-Taos Amrouche.
Oltre al suo interesse per le canzoni e le poesie, Marguerite-Taos Amrouche ha dedicato particolare attenzione ad altri generi della tradizione orale, pubblicando una raccolta di leggende, racconti, poesie e proverbi dalla Cabilia, intitolata Il grano magico, siglata insieme alla madre.
L’importanza del ruolo di Marguerite-Taos Amrouche sta nella vastità della sua opera di salvaguardia della tradizione popolare cabila, ma anche nella creatività artistica che ella stessa ha espresso, non solo nei suoi romanzi ma anche nelle sue canzoni, talvolta distanti dalla tradizione orale berbera, ma di un elevato spessore artistico [6].
Il racconto: “La quercia dell’orco”
È dal racconto orale cabilo: La quercia dell’orco [7] che ha preso spunto il testo di “A vava inouva”, che qui riassumiamo.
C’era una volta un uomo anziano e molto malato che viveva da solo in una piccola casa fuori dal villaggio. L’anziano non potendo più camminare era costretto a trascorrere l’intera giornata a letto. Per questo motivo il suo letto era vicino alla porta e dal letto, grazie ad un filo legato alla maniglia, l’uomo riusciva comodamente e senza sforzo ad aprire la porta, ogni volta che sua nipote andava a fargli visita. Infatti, ogni giorno, sua nipote si recava dal nonno, portandogli una torta e un piatto di couscous. Una volta arrivata davanti all’uscio della casa, la fanciulla gridava: “Aprimi la porta papà Inoubba! Aprimi la porta papà Inoubba!” – e il nonno le rispondeva: -“Aicha, figlia mia, scuoti e suona i tuoi braccialetti” e la ragazza, per farsi riconoscere e per farsi aprire la porta, agitava i suoi braccialetti.
Un giorno la fanciulla fu seguita da un orco che, volendo mangiare l’anziano, escogitò innumerevoli peripezie per ingannarlo. L’orco si recò dall’anziano, fingendosi sua nipote, e lo mangiò, dopodiché aspettò l’arrivo della nipote per poter mangiare anche lei. La nipote, riconosciuto l’inganno, si recò di corsa al villaggio e chiese l’aiuto di tutti gli abitanti per vendicarsi della morte del nonno e uccidere l’orco. Gli abitanti del villaggio diedero fuoco alla casa dell’uomo anziano dove stava riposando l’orco e lo uccisero. Un anno dopo la morte dell’anziano, lì dove si ergeva la propria casa e dove fu consumata la propria morte ad opera dell’orco, crebbe una quercia che da quel momento fu chiamata “La quercia dell’orco” [8].
Alla luce del racconto tramandato da M.T. Amrouche è evidente che la canzone di Idir abbia inteso rimarcare l’identità Cabila riportando alla luce uno dei racconti più conosciuti dagli abitanti della regione. All’interno del testo è difatti possibile riscontrare una lista di simboli e di caratteristiche tipiche della cultura e della tradizione Cabila che hanno portato a consacrare questa canzone come simbolo identitario della cultura berbera. Tra le immagini simboliche della cultura cabila, utilizzate anche in chiave allegorica, compaiono: il burnous (il mantello di lana con cappuccio, solitamente bianco, che costituisce l’abbigliamento tipico maschile del Nord Africa); l’ihlulen (pietanza simile ad una purea); la tajmaat (intesa come assemblea del villaggio o come piazza pubblica), ecc.
Di seguito, il testo della canzone in lingua francese:
Je t’en prie père Inouba ouvre-moi la porte
- O fille Ghriba fais tinter tes bracelets
- Je crains l’ogre de la forêt père Inouba
- O fille Ghriba je le crains aussi.
Le vieux enroulé dans son burnous
A l’écart se chauffe
Son fils soucieux de gagne pain
Passe en revue les jours du lendemain
La bru derrière le métier à tisser
Sans cesse remonte les tendeurs
Les enfants autour de la vieille
S’instruisent des choses d’antan
- Je t’en prie père Inouba ouvre-moi la porte
- O fille Ghriba fais tinter tes bracelets
- Je crains l’ogre de la forêt père Inouba
- O fille Ghriba je le crains aussi
La neige s’est entassée contre la porte
L’”ihlulen” bout dans la marmite
La tajmaât rêve déjà au printemps
La lune et les étoiles demeurent claustrées
La bûche de chêne remplace les claies
La famille rassemblée
Prête l’oreille au conte
- Je t’en prie père Inouba ouvre-moi la porte
- O fille Ghriba fais tinter tes bracelets
- Je crains l’ogre de la forêt père Inouba
- O fille Ghriba je le crains aussi.
Dialoghi Mediterranei, n. 53, gennaio 2022
[1] link della canzone: https://www.youtube.com/watch?v=8qcSdqc7QYo
[2] Tewfik Hakem, 3/05/2020, France Culture: Idir et “A Vava Inouva”, l’histoire de la berceuse kabyle qui a fait le tour du monde
[3] M.T. Amoruche; F. Aït-Mansour-Amrouche; 1966, Le grain magique, Francois Maspero
[4] M. Mahfoufi, «Musiques de Kabylie», Encyclopédie berbère, 32 |2010, 5114-5121
[5] Fadhma Ait Mansoure Amrouche, Histoire de ma vie, Parigi, Maspero, 1968
[6] J. Déjeux et S. Pantuček, «Amrouche», Encyclopédie berbère, 4|1986, 608-613
[7] M.T. Amoruche; F. Aït-Mansour-Amrouche; Le chene de l’ogre. Le grain magique, Francois Maspero, 1966: 111-113
[8] Link del racconto integrale ed originale:
https://gelambre.pagesperso-range.fr/Site_AKKA/pages_ex/akka_ex_amrouche-mt_chene.htm
Riferimenti bibliografici
M.T. Amoruche; F. Aït-Mansour-Amrouche; 1966, Le grain magique, Francois Maspero;
M.T. Amoruche; F. Aït-Mansour-Amrouche; Le chene de l’ogre, dans: Le grain magique, Francois Maspero, 1966:111-113;
J.Déjeux et S. Pantuček, «Amrouche», Encyclopédie berbère, 4|1986: 608-613;
Fadhma Ait Mansoure Amrouche, Histoire de ma vie, Parigi, Maspero, 1968
Tewfik Hakem, 3/05/2020, France Culture: Idir et “A Vava Inouva”, l’histoire de la berceuse kabyle qui a fait le tour du monde;
M. Mahfoufi, «Musiques de Kabylie», Encyclopédie berbère, 32 |2010: 5114-5121;
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Ada Boffa, attualmente animatrice socio-culturale ed esperta d’italiano L2 per adulti e minori con background migratorio, nel comune di Napoli. Esperta di Studi Berberi, ha conseguito il titolo di Laurea Magistrale in Scienze delle Lingue, Storie e Culture del Mediterraneo e dei Paesi islamici, presso l’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”, discutendo una tesi in Lingua e Letteratura Berbera: “Temi e motivi della letteratura orale berbera: racconti tuareg dell’Aïr”, svolta in collaborazione con tutor esterno presso l’Università di Parigi, INALCO. Ha partecipato al convegno ASAI, Africa in movimento (Macerata 2014), presentando un paper sulla favolistica tuareg.
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