di Anna Maria Francioni
Assieme agli esseri in movimento di questo secolo globalizzato e surriscaldato si spostano anche moltissimi bambini che, in questo articolo, cercando di restringere lo sguardo il più possibile, cercherò di accogliere con una prospettiva ampia, che possa osservare il loro spostamento non solo nella banale interpretazione d’uso comune. Questo per superare la visione stereotipata, da un lato capace di rivestirli del solito, compassionevole, sguardo rivolto a tutti i bambini che non rispecchiano la rappresentazione occidentale, sommersi di giocattoli, attivi a livello sportivo e ingolfati di merendine, e, dall’altro lato, spaventata da queste “ondate di nuove generazioni”, come vengono definite, che filtrano tra le rigide mura di questa civiltà sempre più chiusa e restrittiva in completo paradosso con quanto costruito, o distrutto, dal sistema mondo, fino ad ora.
Il mondo dell’infanzia si è separato dal mondo degli adulti molto lentamente. Dalla visione del Medioevo che considerava il bambino una sorta di uomo in miniatura, si è passati ad un nuovo sentimento nei confronti dei bambini fin dal XVIII secolo [1]. Si parla troppo e troppo male delle persone che arrivano nel nostro Paese, si presume (non sempre a ragione), in cerca di una vita migliore, ma altrettanto poco si affronta il tema dei tanti bambini, se non per animare la spinosa questione dei minori non accompagnati. Questa definizione viene calata quasi a voler, con certezza, stabilire un criterio fisso capace di indicare quali siano i bambini considerati minori e non, stabilendo anche quando sia da evidenziare la loro necessità di essere o meno accompagnati.
Con l’espressione “minore non accompagnato”, in ambito europeo e nazionale, si fa riferimento allo straniero (cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea o apolide), di età inferiore a diciotto anni, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale (art.2, D.Lgs. n. 142/2015 e art. 2, L. n. 47/2017) [2]. Indubbiamente, nel naturale processo di crescita, da piccoli si ha bisogno del supporto di persone adulte per i più svariati motivi, ma il criterio standard che stabilisce che sia il compimento del diciottesimo anno di età a rendere una persona autosufficiente non è detto che sia valido in tutto il mondo. In molti Paesi si raggiunge l’autonomia molto prima, come per esempio in molti luoghi dell’Africa.
Resta la certezza che, sradicati non solo da guerre e ingiustizie, ma anche divisi da quelle radici profonde che sono amici, parenti, odori, linguaggi e tutto quello che possiamo comprendere nel termine cultura, ricostruire, ricominciare non è facile per le persone adulte e non lo è assolutamente nemmeno per i bambini. Il loro Paese raccontato spesso per fare un confronto con quello di arrivo riemerge come luogo dove presto torneranno. La confusione sul futuro è quasi sempre presente.
Il percorso scolastico, in Italia contrassegnato da tappe ben definite che coincidono con il susseguirsi degli anni e quindi con l’età, proietta la mente in un futuro abbastanza lontano. Ci sono bambini che già immaginano un “dopo la scuola, farò il maestro, sarò un barista ecc.” che contrasta con il sicuro ritorno al paese di origine in tempi brevi, molte volte ostentato con altri bambini quasi a rafforzare la propria immagine. Il più delle volte catapultati in un ambiente totalmente differente da quello conosciuto si adattano, apparentemente, molto velocemente al contesto italiano. La frenesia del nostro modo di vivere è a mio avviso il primo impatto da incorporare. Fin da bambini, e particolarmente con l’inizio dell’esperienza scolastica, ci si immerge nel mare frenetico che ci caratterizza. Anche gli impegni più piacevoli sono vissuti velocemente perché c’è qualcosa da fare subito dopo e, se non c’è, sicuramente i compiti obbligatori s’impongono come nuova abitudine.
Il tempo di molti piccoli che sono accolti in strutture di accoglienza si alterna tra due spazi: quello colmo d’impegni, a stretto contatto con bambini che sono nati e cresciuti in Italia, e quello vissuto nel centro. Uno spazio quasi di confine, perché all’interno si struttura una forma di famiglia nuova, con molte persone e altri bambini provenienti da luoghi diversi, con le proprie abitudini, ma tutti accomunati dal vivere assieme e dall’essere da poco arrivati in una realtà nuova. Si costruiscono rapporti, anche molto intimi, tra gli utenti e si ricrea uno spazio sociale diversificato, ma quasi sempre ben amalgamato. Le figure genitoriali statiche e indiscutibili possono essere messe in discussione se osserviamo attentamente la fluidità dei ruoli all’interno degli istituti, dove si vive il più delle volte anche per anni.
I bambini sono inondati di informazioni e simboli, al giorno d’oggi, in modo quasi incontrollato. Può essere significativo prendere a titolo d’esempio il social TikTok, ormai facilmente accessibile con smartphone, proprio, o di amici e parenti. Un susseguirsi d’immagini video fluisce in modo, spesso, fuori controllo, accompagnate da musica accattivante, scene d’impatto e abbigliamento ricercato, invadendo le speranze di una buona parte di giovani. La semplicità con la quale si può ricreare un video il più simile possibile alla fantasia che più ci appaga in termini di affermazione è diventato un obbiettivo da raggiungere. Già a dieci anni, ma anche prima, diventa un’attività che, in forma quasi ossessiva, caratterizza molti giovani. A scuola, durante le attività dal gioco o quelle sportive, viene poi riprodotto, in forma più simile possibile, lo stesso copione. Per bambini che hanno un accesso complicato a questi “simboli”, perché privi di mezzi economici per esibire abbigliamento o oggetti specifici, è facile si crei un doppio binario: il mondo vissuto e il mondo desiderato. Un desiderio che per qualcuno viene ricercato in modo quasi ossessivo e per altri riesce ad essere placato solo da un senso interiore di riconoscenza verso la propria origine.
Si costruiscono legami molto diversi tra loro verso il Paese di provenienza messi in atto in un modo che definirei quale ‘forma di sopravvivenza convergente’. Con questo termine voglio intendere due diverse strade intraprese per raggiungere un punto comune: l’adattamento alla nuova società. La strada percorsa da molti giovani è quella di ricreare sul proprio corpo, con i comportamenti e la gestualità, il territorio d’origine. Così capi d’abbigliamento che lo rappresentano, musica, capigliatura, ecc. diventano simboli forti di rappresentanza e riconoscimento tra i coetanei con la stessa origine. Questi diversi atteggiamenti dimostrano non solo diversi modi d’incorporare la società in questo caso italiana ma possono significare, anche, che molti non si piegano al sistema capitalistico occidentale.
La scuola ha un ruolo non secondario per i bambini e i ragazzi migranti. La prima causa che rende difficile per i minori integrarsi e anche solo accedere al sistema scolastico è, innanzitutto, da ricercarsi in quella serie di fattori burocratici e pratici che complicano l’effettiva attuazione del diritto all’istruzione. Tra questi fattori vi sono, in primo luogo, le procedure di identificazione e registrazione, che possono essere complesse e lunghe, specialmente per i minori non accompagnati, i quali, non di rado, si trovano in condizioni di grande vulnerabilità, derivata dalla mancanza di figure di riferimento, che si va a sommare alla difficoltà linguistica, al disagio culturale e all’esclusione sociale che ne conseguono. Essi rischiano così di essere esclusi dal sistema educativo a causa della mancanza di documenti, innescando un processo che li pone ai margini della società, senza fornire loro gli strumenti necessari per una possibile integrazione presente o futura.
Il diritto all’istruzione è garantito da un obbligo, per tutti i genitori o i tutori, di iscrivere e inserire nel sistema scolastico nazionale tutti i bambini residenti nel Paese, indipendentemente sia dal loro status di immigrazione, sia da quello dei genitori. Tale direttiva, però, copre specificamente gli alunni stranieri provenienti da Paesi membri dell’UE e non tutela gli immigrati provenienti da altre zone del mondo. Si applica allo stesso modo anche ciò che concerne il diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione Europea e dei loro familiari. Nello specifico, l’articolo 24 della Direttiva stabilisce che i familiari di cittadini dell’UE hanno il diritto di accedere all’istruzione pubblica nei Paesi membri in cui risiedono [3]. Già da queste ristrette informazioni emerge in modo evidente come, a livello internazionale, il diritto all’istruzione, inclusa quella dei bambini immigrati, poiché rappresenta un elemento cruciale per favorire l’integrazione sociale e il benessere dei più giovani, sia da considerarsi un diritto indiscutibile.
Ciò che ne consegue logicamente è, allora, una seconda riflessione critica volta a comprendere come mai, se tale dimensione è così fondamentale, non è possibile snellire i procedimenti burocratici che ne regolano l’accesso. Le normative che regolano l’arrivo e l’accoglienza dei minori stranieri in Italia sono principalmente contenute nella Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, nota come Disposizioni in materia di protezione internazionale e protezione temporanea [4]. Molte norme stabiliscono i principi fondamentali della protezione dei minori stranieri e delle procedure da seguire per garantire loro assistenza e tutela legale; ciononostante, le prassi per registrare i minori stranieri possono variare a seconda delle autorità competenti e delle specifiche circostanze del caso. Già questo primo elemento è da considerarsi un potenziale ostacolo alla chiarezza della situazione burocratica dei minori stranieri in Italia, perché concorre a rendere la percezione del destino di ciascuno come dipendente da fattori di casualità che esulano dalla possibilità di controllo. Ad ogni modo, nonostante le possibili divergenze, anche le prassi di registrazione dei minori stranieri di solito coinvolgono l’ufficio dell’immigrazione, i servizi sociali locali, e altre agenzie o organizzazioni che si occupano di protezione dei minori attive sul territorio. La registrazione può includere la raccolta di informazioni personali, l’assegnazione di un codice identificativo, e la valutazione delle esigenze del minore per garantire un adeguato sostegno a livello sociale e tutta l’assistenza specifica di cui può necessitare durante il suo soggiorno in Italia. Tale attenzione coinvolge anche le necessità di salute e il diritto all’istruzione.
In Italia, va inoltre sottolineato che il ruolo delle regioni nell’applicazione delle normative sull’istruzione per i minori immigrati riveste un’importanza cruciale, ma spesso si traduce in disparità di accesso e di trattamento. Le regioni, infatti, hanno competenze specifiche in materia educativa e possono adottare politiche e procedure diverse, creando un quadro contradditorio ed eterogeneo che influisce direttamente sul percorso di integrazione dei minori stranieri. Alcune regioni possono essere più attente e inclusive, mettendo in atto programmi mirati per favorire l’accoglienza e l’integrazione degli studenti immigrati, mentre altre possono mostrare una maggiore rigidità amministrativa o carenze nella gestione e nell’offerta di servizi dedicati. Queste discordanze regionali possono determinare l’effettiva fruizione del diritto all’istruzione per i minori immigrati, creando situazioni di disagio e discriminazione. Le differenze tra le regioni italiane nel trattamento dei minori immigrati possono essere attribuite a una serie di cause, incluse sia quelle di natura normativa che di carattere pratico [5].
Sul fronte normativo, le regioni hanno una certa autonomia nell’interpretazione e nell’applicazione delle leggi nazionali, il che può portare a variazioni notevoli nelle politiche e nelle procedure adottate per l’accoglienza e l’integrazione degli studenti stranieri. Per esempio, la Legge 286/1998 [6], che disciplina l’immigrazione e l’asilo in Italia, prevede l’accesso all’istruzione per tutti i minori stranieri presenti nel territorio nazionale, indipendentemente dal loro status giuridico. Tuttavia, l’effettiva attuazione di questo principio può essere soggetta a interpretazioni divergenti da parte delle autorità regionali, con possibili conseguenze sulla effettiva fruizione del diritto all’istruzione da parte dei minori immigrati. Queste interpretazioni variabili possono dipendere da vari fattori, tra cui le risorse disponibili a livello territoriale, le politiche locali, e le posture ideologiche e gli atteggiamenti messi in atto dagli attori sociali e dalla cittadinanza stessa nei confronti dell’immigrazione. Pertanto, sarebbe fondamentale promuovere un coordinamento e una standardizzazione delle politiche educative a livello nazionale, al fine di garantire a tutti i minori immigrati un accesso all’istruzione equo e pieno, indipendentemente dal luogo in cui risiedono [7].
In questa onda immensa e incontrollata di movimenti umani, di merci e di idee non possiamo che impegnarci tutti e tutte per una coesistenza a braccia larghe che sia di curiosità verso il prossimo e mai di chiusura e che possa vedere nei bambini che viaggiano in questo mondo dal cielo cupo e opaco le nuove stelle da ammirare. Sempre sotto la scia della loro indiscutibile luce.
Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre 2024
Note
[1] Storia sociale dell’Italia moderna, Giovanna Da Molin, Scholé
[2] Camera dei Deputati, documentazione parlamentare. Minori stranieri non accompagnati: quadro normativo https://temi.camera.it/leg19/post/msna-quadro-normativo.html
[3] Pertanto, quanto più forte è l’integrazione dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari nello Stato membro ospitante, tanto più elevata dovrebbe essere la protezione contro l’allontanamento. Soltanto in circostanze eccezionali, qualora vi siano motivi imperativi di pubblica sicurezza, dovrebbe essere presa una misura di allontanamento nei confronti di cittadini dell’Unione che hanno soggiornato per molti anni nel territorio dello Stato membro ospitante, in particolare qualora vi siano nati e vi abbiano soggiornato per tutta la vita. Inoltre, dette circostanze eccezionali dovrebbero valere anche per le misure di allontanamento prese nei confronti di minorenni, al fine di tutelare i loro legami con la famiglia, conformemente alla Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite, del 20 novembre 1989”. Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE. ([Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 158 del 30 aprile 2004), Art. 24.
[4] Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi. GU L 212 del 7.8.2001, p. 12–23 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
DECRETO LEGISLATIVO 18 agosto 2015, n. 142, Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU n.214 del 15-09-2015)
LEGGE 7 aprile 2017, n. 47 Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati. (GU n.93 del 21-04-2017)
[5] Report ISMU, a cura di Mariagrazia Santagati e Erica Colussi, Alunni con background migratorio in Italia. Famiglia, scuola, società Rapporto nazionale, Fondazione ISMU iniziative e studi sulla multietnicità, 4/2022
[6] DECRETO LEGISLATIVO 25 luglio 1998, n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. (GU n.191 del 18-08-1998 – Suppl. Ordinario n. 139)
[7] LEGGE 10 marzo 2000, n. 62, Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione. (GU n.67 del 21-03-2000).
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Anna Maria Francioni, laureata in antropologia culturale ed etnologia all’Università di Bologna con votazione 110/110L, il suo principale tema di ricerca è la burocrazia rivolta ai migranti. Si occupo di progetti all’interno di CAS e cooperative di accoglienza. Ha pubblicato un libro a novembre 2023 con la casa editrice Dialoghi dal titolo: Le parole degli altri per un approccio etnopragmatico alla relatività linguistica.
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