di Veronica Merlo
Sorvoliamo il mare fino a intravedere un lembo di terra, con colline brulle e abitazioni sparse, punteggiate qua e là da pochi arbusti che interrompono il giallo predominante. “La roccia”, come i locali amano chiamare affettuosamente la loro isola, emerge tra le acque del Mediterraneo.
“Merħba f’Malta”, ci dà il benvenuto la scritta in maltese ripetutamente esposta su diversi lati dell’aeroporto. Sorrido, sorpresa di poter capire perfettamente il significato grazie ai miei anni di studio della lingua araba: “benvenuti a Malta”. Ritiro il bagaglio tra un misto di spaesamento, essendo la prima volta che visito Malta, e una sensazione di familiarità, che accresce man mano che procedo fuori dall’aeroporto e mi ritrovo a ordinare un taxi, tra una folla di macchine, turisti, locali, autisti e accompagnatori. Durante il tragitto, inizio a conversare con l’autista del mio taxi, curiosa di ascoltare informazioni e storie su questo posto dove trascorrerò l’estate.
Dal finestrino scorrono immagini di vita quotidiana: paesaggi mediterranei che si fondono con le vivaci interazioni tra le persone, creando quell’atmosfera calorosa e accogliente che caratterizza i paesi affacciati sul Mediterraneo.
“Sono originario della Libia,” mi dice l’autista “e vivo a Malta da dieci anni”. Rispondo in arabo, contenta di poter fare pratica della lingua che tanto amo anche qua a Malta. “Oh, se parli arabo potrai imparare facilmente il maltese: io dopo poche settimane potevo già conversare fluentemente grazie alla somiglianza tra le due lingue”, mi spiega, rallegrandosi per me. Immersa nella conversazione ed entusiasta di queste nuove informazioni ricevute, non mi accorgo che siamo giunti a destinazione e, accostata la macchina, l’autista mi fa un cenno: “wasalna” (siamo arrivati, in maltese, stesso verbo usato anche in arabo).
La lingua maltese rappresenta senza dubbio una testimonianza vivente dell’influenza araba nel Mediterraneo, una traccia profonda e indelebile lasciata dalla dominazione araba sull’isola tra il IX e l’XI secolo. Fin dai primi momenti a Malta, questa somiglianza tra il maltese e l’arabo si è manifestata chiaramente, portandomi ad approfondire le peculiarità di una lingua che riflette strati di storia che intrecciano incontri e scontri tra popoli e contribuisce a raccontare il Mediterraneo.
Una delle principali peculiarità della lingua maltese consiste nel fatto che è l’unica lingua semitica ufficiale dell’Unione Europea, scritta però con lettere latine, e il suo cuore è profondamente radicato nell’arabo, essendo considerata una derivazione del dialetto siculo-arabo. Questa eredità linguistica si riflette soprattutto nella grammatica e nel vocabolario maltese, che condividono molte affinità con i dialetti arabi del Maghreb, in particolare con il tunisino e l’algerino.
Tuttavia, il maltese non è solo arabo. È una lingua che ha integrato, nel corso dei secoli, elementi di altre lingue, tra cui l’italiano, il siciliano e l’inglese, creando una miscela unica che può lasciare perplessi quanto affascinati. Come sottolinea Antoinette Borg nel suo libro Mela, che ripercorre il processo storico che ha portato alla costruzione della lingua maltese, il riconoscimento del maltese come lingua ufficiale del Paese a fianco dell’inglese è un fatto cruciale, poiché testimonia la resilienza dell’identità del popolo maltese, mettendo anche in luce la ricchezza della diversità culturale che ha plasmato il Mediterraneo nel corso dei secoli e che lo definisce ancora oggi.
Le connessioni linguistiche tra il maltese e l’arabo sono evidenti in molti aspetti della vita quotidiana. Basta ascoltare una conversazione tra i locali per cogliere parole che rimandano all’arabo fin dai saluti iniziali, come “kif int” (come stai?), oppure notare alcuni cognomi diffusi nelle famiglie maltesi, come “Zahra”, “Borg”, o “Zamit”, che rivelano chiare radici arabe. Anche i nomi di città come “Mdina”, “Rabat” e “Zejtun” testimoniano questa eredità. Lo stesso vale per i numeri, quasi identici a quelli usati in arabo.
Perfino le insegne lungo le strade dell’isola, con parole come “triq” (strada), “bieb” (porta) o “dar” (casa), fino alle segnaletiche ai semafori come “stenna” (fermati), richiamano costantemente la lingua araba e i suoi dialetti.
L’evidente somiglianza con l’arabo non si limita soltanto a parole del vocabolario o a strutture morfologiche e sintattiche, ma si manifesta in modo ancora più curioso e profondo nei detti popolari maltesi. Durante il mio soggiorno a Malta, mi sono immersa nella ricerca di proverbi locali, scoprendo espressioni che non hanno sorpreso solo me, ma hanno suscitato positivo stupore anche tra amiche e amici madrelingua arabi.
I detti popolari, infatti, rivestono un’importanza fondamentale, poiché non solo trasmettono messaggi di saggezza, ma danno voce all’identità e allo spirito culturale di un popolo. L’esplorazione dei detti maltesi ne è un esempio straordinario, ritrovando proverbi che rivelano una somiglianza con i detti arabi per alcuni vocaboli e strutture sintattiche, ma anche e, soprattutto, per i temi ricorrenti che li caratterizzano. Frasi come “min jistenna jithenna” (chi aspetta pazientemente sarà ricompensato) ricordano temi centrali nella saggezza popolare araba come la pazienza, espressa nella famosa espressione “as-sabr muftah al-farag” (“la pazienza è la chiave del sollievo”), segnalando una sensibilità comune che unisce diversi popoli del Mediterraneo e che supera il semplice aspetto linguistico.
Questa idea non poté che rafforzarsi quando, un caldo pomeriggio di luglio, mentre passeggiavo nella splendida area delle Tre Città, scorsi una serie di panchine colorate poste in successione lungo la passeggiata a fianco del porto. Avvicinandomi, potei notare l’originalità di queste panchine, ognuna decorata con un proverbio o un detto maltese legato al mare, accompagnato dalla traduzione in inglese. Scorrendo i numerosi aforismi che si susseguivano, potei sentire una profonda risonanza con le molte espressioni legate al mare e ad elementi a esso correlato espresse in altre città portuali del Mediterraneo, da Alessandria d’Egitto a Beirut, così come a Marsiglia e Palermo. Ancora una volta, questi detti riflettono un immaginario comune che lega le popolazioni del Mediterraneo, evidenziando quanto sia profonda e condivisa l’eredità culturale di questa vasta regione.
Mentre le tracce della presenza araba sono palesi nella lingua maltese, esse appaiono più sfumate in altri aspetti culturali e architettonici di Malta. Per esempio, ad oggi l’unica moschea presente nell’intero paese è quella di Mariam Al-Batool a Paola, nonostante ci siano segni che indicano l’antica presenza di altre moschee, tra cui una strada a Mdina chiamata Triq Mesquita (la strada della moschea). L’elemento della gallarija, il tipico balcone coperto che adorna le facciate delle case e che ricorda la tradizionale mashrabiya diffusa ampiamente nell’architettura araba e islamica, è uno dei pochi esempi architettonici che richiama l’eredità araba, ma altre tracce urbane e architettoniche sono scarse.
Sul fronte culinario, si notano alcune somiglianze, come l’uso di datteri e miele in dolci che ricordano quelli arabi, ad esempio il qagħaq tal-għasel maltese, che trova delle affinità con il k’ab al-ghazal arabo, o in piatti salati con uso di ingredienti, tra cui erbe e spezie, diffusi in molti paesi arabi, come la bigilla, una salsa di fagioli schiacciati che ricorda il foul egiziano e levantino. Questi dettagli, seppur sottili, arricchiscono il mosaico culturale maltese e raccontano una storia di influenze intrecciate nel tempo.
Ma viene spontaneo chiedersi: la popolazione locale è pienamente consapevole e, soprattutto, apprezza, questa eredità araba, così profondamente intrecciata nella loro identità agli occhi di una straniera che visita l’isola per la prima volta?
“Non ho nessuno studente di arabo maltese,” mi spiega un giorno Ibrahim Sharafuddin, insegnante di arabo online di origine yemenita che vive a Malta. Colpita da questa affermazione, inizio a interrogarmi sul rapporto che i locali hanno con le origini storiche e culturali della loro lingua. Ritrovo un articolo di una ragazza maltese sul media outlet online “Lovin Malta”, in cui, in occasione della “Giornata Mondiale della Lingua Araba”, celebra la connessione che la lingua maltese ha con l’arabo, criticando, però la tendenza di molti locali a ignorare fino a disprezzare la loro storia connessa al mondo arabo, per ragioni principalmente religiose, politiche o culturali [1].
Parlando con conoscenti e amiche e amici locali, percepisco uno stesso sentimento di frustrazione per questo diffuso trascurare le origini arabe della lingua maltese. In particolare, sembra che lo studio della lingua araba non sia particolarmente popolare su quest’isola così vicina geograficamente – e non solo – a Paesi arabofoni e in cui fino ad oggi vivono numerose persone provenienti da Paesi arabofoni, in particolare Libia e Siria.
Sebbene l’apprendimento dell’arabo fosse obbligatorio nelle scuole secondarie statali e private durante gli anni ‘70 e ‘80, grazie a un accordo di cooperazione nel campo dell’educazione e della cultura firmato tra Malta e la Libia nel 1975, la situazione è cambiata nel 1987, quando la lingua è diventata opzionale. Da quel momento, si è registrato un significativo calo nel numero di studenti che scelgono di studiare l’arabo. Secondo i dati riportati dal giornale Malta Today, nel 2006 il numero di studenti registrati all’esame “Secondary Education Certificate” (SEC) in arabo erano 13, e solo 11 si sono presentati, mentre sono in leggero aumento negli ultimi anni, con numeri che raggiungono 68 studenti registrati all’esame in arabo nel 2023.
Al di fuori del contesto scolastico, le opportunità per apprendere l’arabo sono limitate. Tra le poche iniziative disponibili, spicca l’Arabic Culture Information Society (ACIS),[2] che dal 2010 si impegna a promuovere la cultura araba a Malta, offrendo anche corsi di lingua araba e dialetti nel loro centro. Conversando con la fondatrice e direttrice Sanaa El-Nahhal, scopro che la maggior parte degli studenti si limita a giovani provenienti da famiglie con origini arabe, desiderosi di preservare il loro patrimonio linguistico mentre vivono all’estero. Oltre all’insegnamento della lingua, il centro organizza eventi come il bazaar interculturale estivo e, attualmente, concentra gran parte delle sue attività nell’accrescere la consapevolezza pubblica sulla tragedia umanitaria a Gaza, mobilitandosi anche per fornire aiuti umanitari.
Salgo sull’aereo, con due libri tra le mani, regali preziosi ricevuti poco prima della partenza da uno dei membri del Graffiti Movement, un’associazione maltese impegnata a difendere i diritti umani, la giustizia ambientale e la libertà, opponendosi a ogni forma di sfruttamento. Sono entrambi raccolte di poesia scritte da Adrian Grima, professore e poeta che ha esplorato a lungo le rappresentazioni del Mediterraneo. Uno, tradotto in arabo, porta il titolo Masafat (distanze); l’altro, tradotto in italiano con testo originale maltese a lato, s’intitola: Che farai al termine della notte?
Sfoglio le pagine, immergendomi in versi in arabo, maltese e italiano, lingue che si intrecciano e si fondono in quello spirito mediterraneo che pervade Malta, e che la lingua maltese, sospesa e unita “tra un mare e un altro” [3] , ha potuto farmi apprezzare a fondo durante il mio soggiorno sull’isola.
Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre 2024
Note
[1] https://lovinmalta.com/lifestyle/history/world-arabic-language-day-the-arabs-influence-on-maltas-language-and-culture/
[2] https://www.facebook.com/acismalta/about_contact_and_basic_info
[3] Riferimento al titolo della raccolta di poesie Bejn baħar u baħar (tra un mare e l’altro) della scrittrice e poetessa Elizabeth Grech.
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Veronica Merlo, laureatasi a Sciences Po Parigi in Relazioni internazionali con specializzazione Medio Oriente, Veronica arriva in Egitto nel 2017 per un anno di studi di lingua araba e dialetto egiziano all’Università di Alessandria d’Egitto. Dopo il master presso The Paris School of International Affairs, il diploma al TAFL Center per insegnare l’arabo e varie esperienze nell’ambito di giornalismo, comunicazione e cooperazione internazionale, tra Parigi, Beirut, Cairo e sud del Sinai, Veronica ritorna al Cairo con una borsa di studio per il programma CASA@AUC all’Università Americana del Cairo, desiderosa di continuare a dedicarsi alla promozione della conoscenza reciproca tra i popoli a nord e sud del Mediterraneo attraverso la scrittura, l’insegnamento e la traduzione letteraria. “Sorprendersi in Egitto” è il suo romanzo d’esordio pubblicato con Bookabook il 25 maggio 2023. https://bookabook.it/libro/sorprendersi-in-egitto/
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