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Artigianato democratico e transizione energetica. Il dibattito sulle fonti rinnovabili in Sardegna

358102258_145095438618059_5092185041429177858_ndi Maura Piras

Introduzione

La transizione energetica è un processo complesso e multidimensionale che ha come obbiettivo la trasformazione del sistema energetico globale con la progressiva sostituzione delle fonti fossili. I grossi cambiamenti infrastrutturali previsti da un’implementazione dell’utilizzo delle fonti rinnovabili hanno delle importanti conseguenze sui territori interessati e le comunità che li abitano (Draklé e Krauss 2011). La progettazione, il finanziamento e la costruzione di parchi eolici o fotovoltaici implica una necessaria transizione di potere politico; da qui la legittimità di un’antropologia dell’energia, che tenga conto delle modalità con cui interventi di questa portata cambino «il modo in cui abitiamo, plasmiamo e amministriamo lo spazio» (Draklé e Krauss 2011).

Nella letteratura in merito, il cambio di fonte energetica in un’ottica di rinnovabilità perde il suo valore spesso mitizzato di soluzione equa e definitiva, mostrando come il solo progresso tecnologico non comporti da sé l’interruzione di modelli di sfruttamento capitalistico delle risorse, fondati sul perpetuarsi di dinamiche centro-periferia a scapito di alcuni territori, costruiti secondo il concetto di wasteland (Franquesa, 2018; Corona, 2024).

In Sardegna come altrove si sta verificando un’ondata di proteste in merito alle modalità di introduzione di questo cambiamento. Luigi Pisci, fondatore e coordinatore della rete dei comitati regionali, in occasione di un sit-in al Palazzo della Regione a Cagliari in data otto agosto 2023, denuncia il silenzio sull’argomento da parte della giunta regionale in carica. Nel descrivere il lavoro dei comitati parla di un «artigianato della democrazia», evidenziando il grande sforzo partecipativo da parte dei cittadini.

626f1e9cab044b85d064ee634da5c6bcPropongo qui una riflessione sul movimento a partire dai discorsi pubblici intrapresi nei primi mesi di attività. Considerando l’ambito giuridico e istituzionale come luogo di produzione di conoscenza, di negoziazione di categorie e spazi di potere (Ravenda, 2018),

ci si concentrerà sul caso di Villanovaforru e le misure introdotte dalla giunta in carica. La ricerca si è basata sull’osservazione e ascolto dei materiali audiovisivi condivisi sui social network dei comitati, l’intervista non strutturata di alcuni partecipanti e attori istituzionali, integrata con l’analisi delle osservazioni presentate presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. 

L’esperienza del Comitato regionale Su Entu Nostu

In data 3 giugno 2023, in occasione della prima assemblea pubblica a Sanluri, «Torri eoliche il grande imbroglio», il comitato Su Entu Nostu viene ufficialmente fondato dai numerosi volontari locali. Il numero di progetti proposti in Sardegna al 30 giugno dello stesso anno risaliva a più di settecento. Si denuncia una forma di occupazione del territorio e devastazione ambientale ingiustificabile e riconducibile a obiettivi di guadagno privato e speculazione energetica. Così recita la comunicazione diffusa tramite i canali social:

«Il comitato ritiene che i progetti presentati (eolico e fotovoltaico) siano in netto contrasto con gli interessi delle nostre comunità, dei nostri paesi, così belli e così disperatamente soli. Il comitato ritiene necessario e urgente fermare questa corsa forsennata per accaparrarsi grandi pezzi di territorio sardo».

347246166_124141294046807_6057194621232205861_nRiconoscendo il valore delle risorse a disposizione dell’isola, il comitato richiede alla regione un provvedimento legislativo volto a rallentare i lavori di implementazione dei parchi eolici. L’assenza di un’adeguata pianificazione è percepita come un rischio per il patrimonio ambientale e culturale. Tra comunicazioni pubbliche del comitato e stampa locale si costituisce un immaginario che rimanda all’idea del «far west», con atteggiamenti di frettoloso e disastroso intervento sui territori.

A venir contrastata in questa sede non è il ricorso all’eolico, ma le modalità politico-legislative con cui questo processo viene portato avanti. In occasione di un dibattito online, patrocinato dalla rivista Il Manifesto Sardo e dal titolo «Paura e urgenza del futuro», Luigi Pisci chiarisce la posizione in merito al concetto di transizione energetica:

«La transizione energetica è sempre stata un sogno invocato, possibile, un grande evento di innovazione democratica e tecnologica (…). Invece un giorno ci accorgiamo, noi che viviamo nella Sardegna rurale, che questa transizione possibile che abbiamo invocato, sognato e richiesto per decenni, in realtà si sta trasformando in un incubo».

Allo scenario del sogno, Pisci contrappone l’incubo di una realtà che infrange l’illusione di una transizione equa e rivoluzionaria sia da un punto di vista tecnologico, che economico e politico. Rievocando il suo passato da militante No Global, continua:

«Però voglio che la transizione energetica sia davvero una rivoluzione onnicomprensiva, che vada di pari passo con una trasformazione sociale importante, non voglio che sia nelle mani dei grandi gruppi privati, non voglio che la Sardegna venga utilizzata ancora una volta come cavia da laboratorio per installare l’ennesima servitù».

img_2478Emerge qui il topos dell’isola come territorio sacrificabile (Franquesa, 2018), processo che la interessa non solo nel campo dell’implementazione eolica, ma anche in quello dell’industria fossile e della sperimentazione militare (Codonesu, 2013).

Villanovaforru: strategie locali tra pubblico e privato

Spostando lo sguardo verso la politica amministrativa, vediamo come la giunta comunale di Villanovaforru, piccolo paese di 680 abitanti in Marmilla, ha pensato di contrastare il fenomeno. L’agro del comune è coinvolto in tre progetti, per un totale di sette pale eoliche previste. Matteo Mandis, vicesindaco, ripercorre così l’inizio della lotta:

«In paese siamo stati tra i primi in Sardegna a far presente la questione e sollevarla a livello pubblico. La premessa è che questi progetti sono comparsi dal niente, senza nessuna comunicazione ufficiale dal comune, son comparsi sul sito del Ministero e quindi già in fase di valutazione, con tutta la documentazione presentata».

Le istituzioni pubbliche locali lamentano un’assenza di consultazione ufficiale. Dalle parole del sindaco Maurizio Onnis, riportate in un’intervista per un’emittente televisiva locale, si evince una situazione di impossibilità di intervento per via istituzionale da parte del comune:

«Non ho nessuno strumento normativo per oppormi. Posso agitarmi quanto voglio, ma la legge non mi agevola in nessuna maniera. Devo ricorrere ad altre vie, che è appunto quello che cercheremo di fare costruendo delle reti di resistenza tra le persone che vogliano opporsi agli espropri».

Le trattative per la compravendita dei terreni interessati vengono svolte in maniera privata, coinvolgendo unicamente l’azienda promotrice e il proprietario, senza passare per le istituzioni locali. Racconta ancora Mandis:

«Noi in paese ci siamo mossi da subito per informare la popolazione, sensibilizzare sull’argomento e soprattutto cercare di impedire che i proprietari dei terreni vendessero. (…) Anche perché tra le aziende che hanno presentato questi progetti e i proprietari non c’è un filtro. Quello, secondo me, è il problema maggiore». 

358080469_730439649086843_8279766885584303443_nVisto il valore di bene comune riconosciuto al paesaggio e all’agro comunale (Cossu, 2022), la giunta decide di muoversi strategicamente nell’identificazione delle proprietà e nella sensibilizzazione della popolazione, rendendosi «filtro o cuscinetto» tra azienda e proprietari tramite l’organizzazione di assemblee pubbliche.

Ripercorrendo il clima di totale incertezza che ha caratterizzato quei mesi, Mandis sottolinea la situazione di squilibrio economico che contraddistingue un’eventuale compravendita di questo tipo. Essendo opere soggette alla pubblica utilità, il comune, le associazioni o chi interessato dispone di 30 giorni per presentare eventuali osservazioni oppositive al progetto. Qualora fosse approvato, la società avrebbe diritto a procedere tramite espropriazione dei terreni (Maxia, 2015). Secondo il vicesindaco è proprio questo strumento ad aver stimolato la partecipazione della popolazione, spaventata dalla possibilità di trovarsi privata di intere aree di territorio, e di non poter sostenere il costo di un eventuale ricorso al Tar.

Alle mie domande su eventuali facilitazioni d’accesso all’energia prodotta, guadagni o incentivi economici per il paese qualora ospitasse un parco eolico, Mandis mi riferisce una situazione ancora confusa. Nell’interazione con le aziende, non appare chiaro quali potrebbero essere i termini di contrattazione e guadagno per le parti coinvolte. Qualcuno propone investimenti nelle infrastrutture locali, strade, piazze; qualcuno promette il finanziamento di una comunità energetica, peraltro già presente a Villanovaforru. In ogni caso, le ricadute positive per il territorio e le proposte avanzate non sono ritenute congrue a fronte invece dell’enorme guadagno per le aziende, riconducibile a un milione per pala.

immagine-1Maurizio Onnis esplicita, in sintonia col Comitato Su Entu Nostu, una differenza fondamentale tra eolico buono e cattivo, che riprende la distinzione in letteratura tra hard and soft path proposta da Franquesa (Franquesa, 2018). Per eolico buono si intende quello di medie dimensioni, progettato e implementato in collaborazione con le comunità locali, che lasci sul territorio parte dell’energia prodotta e un ritorno economico. Per eolico cattivo quello che genera grandi introiti per pochissime persone, escludendo i cittadini da qualsiasi forma di partecipazione e compensazione atta a risarcire il danno ambientale e culturale che comporterebbe. 

Oltre la protesta: la via della comunità energetica

Nelle parole del vicesindaco Mandis, viene riportato l’esempio di alternative più sostenibili quali la comunità energetica, già attiva nel paese dal 2021. Racconta Mandis:

«In questa situazione, secondo me, ci si deve muovere su due fronti: un conto è la protesta, che è sacrosanta in questo caso, però se poi si riesce anche a proporre delle alternative tanto meglio. La Sardegna ha il vantaggio di avere comunità piccole dove certe idee, certi modelli possono attecchire più facilmente rispetto alla grande città».

La categoria di isola laboratorio, cavia di sperimentazioni esterne, proposta con accezione negativa da Pisci trova qua un ribaltamento. Nelle parole di Mandis, emerge una prospettiva che vede nello spopolamento dei luoghi un vantaggio per una sperimentazione dal basso. Raccontando l’esperienza della comunità energetica, sottolinea più volte il valore comunitario delle assemblee dei cittadini partecipanti: 

«Per noi è un modello positivo perché ha permesso innanzitutto di riunire un’assemblea di cittadini attorno al tema dell’energia. (…) È un esempio di democrazia partecipata».  

Attualmente, la comunità coinvolge solo metà del paese e si serve di impianti fotovoltaici installati sulle strutture comunali, quali la scuola e la palestra. Guardando al futuro, l’intenzione è quella di lavorare per poterla estendere a tutti i cittadini, per poi pensare a una comunità intercomunale:

«Uno dei progetti futuri è quello di costruirne una anche a livello intercomunale, paradossalmente pensando anche di costruire un impianto eolico, però deciso e di proprietà della comunità stessa». 

91t3wztjmtl-_ac_uf10001000_ql80_Emerge qua la messa in discussione del modello di proprietà della risorsa (McDermott Hughes, 2021). L’autore si interroga proprio sulla possibilità di riprendere dal modello fossile lo statuto di proprietà pubblica delle risorse del sottosuolo, estendendolo anche a quelle al di sopra, quali vento e sole, così da poter garantire alle comunità locali un incentivo di tipo economico che non sia diretto solo agli interessi dei privati coinvolti. Nel caso esposto da Mandis, si parla di un pubblico che non è statale, ma riguarda la popolazione direttamente coinvolta nell’istituzione e gestione di eventuali impianti.

Conclusione

Iniziano ad emergere una serie di categorie interessanti per futuri approfondimenti. L’idea di transizione energetica come transizione sociale, economica e politica si trova al centro di tutti i dibattiti intrapresi sia nel contesto dei comitati che nell’amministrazione locale presa in esame. Le frizioni tra una visione territorialmente e culturalmente localizzata e quelle inerenti a visioni politiche regionali e statali fan sì che il processo venga percepito dagli attori sociali come un’imposizione dall’alto.

448537869_343716792089255_8942933161046142250_nLa situazione si stratifica ulteriormente se diamo uno sguardo alla storia della Sardegna e alle sue attuali condizioni rispetto alla gestione del territorio. Lo stesso dispositivo dell’esproprio acquisisce in questo luogo una dimensione politica sfaccettata e radicata nella memoria storico-culturale dell’installazione delle servitù militari (Codonesu, 2013, Esu 2022). L’emergere nella stampa e nei discorsi pubblici di parole quali servitù e neo-colonialità va a confermare una coincidenza di registri lessicali con le associazioni da anni in campo contro l’occupazione militare. Questa potrebbe essere una via per ricerche future che guardino alle lotte cittadine per la tutela del territorio in un’ottica intersezionale, che possa restituirne complessità, stratificazioni e contraddizioni.

L’istituzione di comunità energetiche, l’assidua attività di riflessione e discussione pubblica potrebbero essere letti non solo come uno strumento di opposizione e lotta alle fonti rinnovabili; piuttosto, come una via di costruzione di desiderabilità verso un nuovo modello di produzione energetica. Muovendosi dentro spazi di partecipazione ampia e trasversale, trattando un tema finora rimasto in una dimensione di astrattezza e inafferrabilità, si potrebbe trasformare la questione energetica in un’opera inedita di quell’artigianato democratico di cui parlava Pisci. 

Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre 2024 
Riferimenti bibliografici
Codonesu, F. (2013). Servitù militari modello di sviluppo e sovranità in Sardegna (Vol. 23). Cagliari: CUEC editrice.
Corona, S. (2024). Signori del vento. La mobilitazione contro le pale eoliche in Sardegna come battaglia per l’identità sarda. In P. Cherchi, Logu e Logos, Questione sarda e discorso decoloniale: 259-284). Milano: Meltemi.
Cossu, T. (2022, Giugno ). Transizione ecologica vs Heritage? Beni comuni, transizione energetica e sviluppo sostenibile in Sardegna. ANUAC. Vol 11, n° 1:141-159.
Dracklé, D. &. (2011). Ethnographies of wind and power. Anthropology News, 52: 5, 9-9.
Esu, A. (2022). Isole, modernità e militarizzazione, una storia a margine (poco raccontata). AMMENTU-Bollettino Storico e Archivistico del Mediterraneo e delle Americhe, 1(20): 176-191.
Franquesa, J. (2018). Power Struggles: Dignity, Value, and the Renewable Energy Frontier in Spain. Bloomington: Indiana University Press.
Maxia, C. (2015). Espropriazione. Antropologia museale 34: 74-76.
McDermott Hughes, D. (2021). Who Owns the Wind? Climate Crisis and the Hope of Renewable Energy. London and New York: Verso Books.
Podda, E. (2020). Montagne in movimento: un progetto di ricerca-azione nelle aree interne italiane. Aosta: Università della Valle d’Aosta (tesi di laurea).
Ravenda, A. F. (2018). Carbone. Inquinamento industriale, salute e politica a Brindisi. Milano: Meltemi.
Sitografia
Intervista Maurizio Onnis, Telesardegna. https://www.youtube.com/watch?v=hSyemqCpY0o
Incontro Paura e urgenza del futuro, Il Manifesto Sardo https://www.manifestosardo.org/paura-e-urgenza-del-futuro/
Profilo Facebook Su Entu Nostu: https://www.facebook.com/comitato.suentunostu

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Maura Piras, laureanda in Antropologia culturale ed etnologia presso l’Università degli studi di Torino e studentessa del Laboratorio di Antropologia dei Cambiamenti Climatici tenuto dalla professoressa Elisabetta Dall’Ò. Il suo percorso di ricerca indaga con lo sguardo dell’antropologia politica conflitti territoriali e resistenze locali all’installazione di grandi opere infrastrutturali in Sardegna.

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