Che Calvino sia stato un uomo di vaste letture, si evince sia dalla sua produzione narrativa che da quella saggistica. Sono letture caratterizzate dalla varietà e dalla molteplicità degli autori, dei temi e degli indirizzi letterari. L’esperienza che egli ha prima come responsabile della stampa e poi come membro del comitato dei lettori nonché come dirigente della casa editrice Einaudi, oltre al suo interesse per la ricerca di quel libro che un giorno avrebbe dovuto leggere, tutto ciò gli ha permesso di avere un maggior contatto con le opere di tanti altri scrittori italiani e stranieri, siano classici che contemporanei, tramite la lettura, la critica, la stampa e a volte la traduzione.
Nel suo percorso letterario, Calvino consacra molto tempo alla lettura di I libri degli altri, come li chiama, mettendosi così in una posizione di archilecteur [1]. La lettura è quindi per Calvino la chiave che gli apre la via della sfida perché nel leggere un autore che percepisce come diverso cerca di misurarsi con le cose che gli sembrano difficili da raggiungere, tenendo poi di sperimentarle o di superarle nei propri scritti.
Il sogno del libro non scritto è un’ossessione che spinge Calvino a dedicare molto spazio alla lettura degli altri, favorendo così la creazione da parte sua di un’opera varia che va da Il sentiero dei nidi di ragno (1947) a Palomar (1984). Ciò significa che c’è un continuo mutamento nella scrittura calviniana, sia nella creazione dei temi, sia nel modo di rappresentare la realtà: così troviamo il realismo, il fantastico, fino ad arrivare all’arte combinatoria. Per questa condizione di continuo mutamento, Calvino è stato paragonato ad un personaggio da lui creato, il barone rampante, per quel suo saltare da un posto all’altro. Bisogna però notare che risulta difficile sottoporre l’opera di Calvino ad una classificazione secondo periodi o indirizzi letterari. Certo, ci sono racconti che definiamo fantastici o realistici già ad una prima lettura, ma talvolta la classificazione non è così evidente perché si nota la presenza simultanea del tono fiabesco o fantastico e di quello realistico. Si potrebbe anche dire che questi sono elementi fissi nella sua opera, che appaiono con maggior o minor evidenza nei vari scritti.
Lo stesso problema si pone quando si vuol determinare da quale autore Calvino sia stato influenzato in un certo periodo della sua vita. La presenza di un altro scrittore nella produzione di Calvino, a volte, è piuttosto esplicita, altre volte è implicita e richiede uno studio minuzioso e una conoscenza vasta da parte del ricercatore, per poter individuare quei luoghi o aspetti in cui c’è un atto di intertestualità.
Su questo tema degli scrittori di Calvino, egli stesso più di una volta, ne cita i nomi; sia rispondendo a domande relative a questo soggetto in modo diretto, sia in contesti in cui espone aspetti della propria narrativa. Comunque, quelli che egli riconosce come i suoi maestri sono Ariosto, Galilei. Leopardi, Nievo, Collodi, Conrad, Stevenson e Poe. Ci sono anche altri che vengono considerati come i suoi autori preferiti perché suscitano in lui un interesse per certi aspetti della loro scrittura. La molteplicità di cui parla nelle Lezioni americane é applicabile anche ai suoi autori, tanto per la loro quantità, quanto per il loro orientamento culturale: nelle lezioni cita circa centotrenta nomi fra poeti, romanzieri, artisti, scienziati, ecc
Il saggio di Calvino intitolato Perché leggere i classici, testimonia dell’importanza che questi hanno per lui. In esso, lo scrittore cerca di definire per primo che cosa voglia dire un classico, per rispondere poi alla domanda sul perché lo si legga. A questo proposito, Calvino formula una serie di definizioni in cui sottolinea piuttosto un elemento importante, cioè la differenza tra il leggere un classico in età giovanile e il leggerlo o rileggerlo in età matura. Egli ritiene che leggerlo in età matura dia alla lettura un altro significato, un’altra dimensione e usa a tale proposito il termine apprezzamento, cioè valorizzazione degli elementi ai quali in gioventù non si è fatto troppo caso: «Le letture di gioventù possono essere poco proficue per impazienza, distrazione, inesperienza delle istruzioni per l’uso, inesperienza della vita» [2].
Questo potrebbe non essere del tutto vero. Talvolta si preferisce infatti conservare l‘impressione lasciata dalla prima lettura di un libro, nel timore che rileggendolo si possa rimanere delusi o annoiati, ovviamente a condizione che quella prima lettura sia stata frutto di una scelta libera e non imposta. Per Calvino un classico significa continuità anche nel presente: nato in un certo periodo storico e culturale, pur essendo stato ampiamente studiato dai critici, continua ad imporsi come opera che suscita ancora curiosità sia nei lettori che nei critici. Spiegando perché si legga un classico, o che cosa se ne possa trarre da questa lettura, Calvino precisa che non è così scontato che dalla lettura di un classico si debba necessariamente imparare qualcosa di nuovo. A volte può bastare che grazie ad essa si confermino certe conoscenze pregresse o si tolgano ambiguità a cose note.
Giunto a questo punto, Calvino introduce un elemento di notevole importanza ai fini della lettura di un classico, capace di renderla soddisfacente per il lettore. Lo si chiama, ma si potrebbe anche parlare di armonia e consonanza fra lettore e classico. Ma quest’ armonia è difficile averla o sentirla quando si legge per obbligo, come nel caso dei libri a scuola, o di quelli che servono a uno scopo preciso e qui egli parla del leggere per amore, dice: «Se la scintilla non scocca, niente da fare. Non si leggono i classici per dovere o per rispetto, ma solo per amore» [3]. Lo scrittore analizza poi la sua propria esperienza di lettore di un classico come Jean Jacques Rousseau, esperienza che lo porta a dedurre che si leggono i classici anche quando si è in disaccordo con le loro idee: «Il tuo classico è quello che non può esserti indifferente e chi ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui» [4]. In tale contrasto, per il lettore si evidenziano altri concetti che prima gli erano ignoti, oppure si convalida il valore di idee che possedeva in precedenza.
Calvino lettore universale non è attratto da scrittori di un unico genere, tanto che nella sua opera troviamo traccia del suo interesse per poeti, romanzieri ed anche artisti e scienziati, il che testimonia la grande passione che lo spingeva a leggere libri di ogni genere.
La forma a cui nostro autore fa ricorso per presentarci i suoi autori, compresi quelli che sono completamente diversi da lui, è il saggio. Questa forma di scrittura viene sfruttata al massimo per esprimere ed esporre molteplici aspetti della sua poetica, nonché la sua visione del romanzo e della letteratura in generale, come nelle raccolte di saggi rispettivamente intitolati Una pietra sopra, Collezione di sabbia e Le lezioni Americane. Da quest’ultima raccolta emergono i nomi di diversi scrittori. Calvino li cita per rendergli omaggio, come nel caso di Ariosto, Poe, Collodi, o per criticare certi aspetti di un loro romanzo particolare; oppure, più frequentemente, li cita per confermare aspetti della propria poetica.
Partiremo dalle Lezioni americane per rintracciare gli elementi che accomunano gli autori di Italo Calvino, secondo i valori che rappresentavano per lo scrittore ligure e per ciò che avevano in comune con lui. Trattando il concetto di leggerezza, egli ricorre alle metamorfosi di Ovidio e alla mitologia come ad uno strumento che gli consente di sfuggire alla pesantezza del mondo che vuole rappresentare: «Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio»[5]. Le Metamorfosi, per il loro ritmo quasi volante, riescono ad attrarre l’attenzione di Calvino, amatore fervente e sostenitore della leggerezza, ed egli accosta le figure di Ovidio e di Lucrezio come quelle di due autori che hanno in comune la capacità di fare della leggerezza un modo per rappresentare il mondo mediante la scrittura, anche se le premesse da cui partono sono diverse, poiché uno muove dalla filosofia, invece l’altro dalla scienza .
Per esemplificare il concetto di leggerezza, Calvino cita anche Montale, Kundera, Cavalcanti, Shakespeare e il Kafka del racconto Il cavaliere del secchio e la commedia /tragedia di Edmond Rostand Cyrano di Bergerac a proposito del quale dice: «Nella mia trattazione sulla leggerezza, Cyrano figura soprattutto per il modo in cui, prima di Newton, egli ha sentito il problema della gravitazione universale; o meglio è il problema di sottrarsi alla forza di gravità che stimola talmente la sua fantasia da fargli inventare tutta una serie di sistemi per salire sulla luna» [6]. Ricorda inoltre Leopardi a proposito del quale sostiene che, nel suo ininterrotto ragionamento sull’insostenibile peso del vivere, dà alla felicità irraggiungibile immagini di leggerezza; gli uccelli, una voce femminile che canta da una finestra, la trasparenza dell’aria e soprattutto la luna [7]. L’etichetta che hanno in comune gli autori sopracitati è quella di autori della leggerezza; certo ognuno di loro la esprime a modo suo, anche perché fra di loro c’è sia il letterato che lo scienziato.
Nel suo discorso sulla rapidità, questa appare come uno dei valori che egli sostiene e predilige per le possibilità che fornisce alla successione degli eventi e all’elaborazione del racconto breve, le Mille e una notte ne è un esempio, per la capacità che ha Sheherazade di concatenare le storie salvando così la sua vita. Qui non mancherà nemmeno il nome di Galileo Galilei che, a conferma di questa sua predilezione per la rapidità, sostiene che: «il discorrere è come il correre». Anche Leopardi, in una nota del suo Zibaldone, tratterà della rapidità manifesta nella velocità dei cavalli: «È piacevolissima per sé sola, cioè per la vivacità, l’energia, la forza, la vita di tale sensazione. Essa desta realmente una quasi idea dell’infinito, sublima l’anima, la fortifica» [8].In questi autori, egli cerca e trova un sostegno alla sua predilezione per la rapidità, che nella sua scrittura si manifesta come successione degli avvenimenti, come in Marcovaldo, o come mezzo che gli consente di ricorrere al racconto breve che caratterizza gran parte della sua produzione.
Calvino appassionato dello scrivere breve, torna ad affermare di avere come maestro Leopardi delle Operette morali, ma non solo; anche la letteratura americana gli presenterà modelli di autori di brevi racconti quali Walt Whitman, Williams Carlos Williams ed altri due scrittori latinoamericani: Jorge Luis Borges e Augusto Monterosso. Lo scrittore guatemalteco è considerato dallo scrittore ligure come un modello d’autore dello scrivere breve soprattutto per il suo racconto Cuando dispertò, el dinosaurio estaba alli [9]. Quanto a Borges, viene definito il maestro per eccellenza dello scrivere breve ed è legato a Calvino anche come scrittore di letteratura potenziale. Di Borges interessano la precisione e l’esattezza, a quest’ultima viene dedicata una conferenza nelle Lezioni americani definendola nel modo seguente: «Esattezza vuol dire per me soprattutto tre cose:
1) Un disegno dell’opera ben definito e ben calcolato;
2) L’evocazione di immagini visuali nitide, incisive, memorabili;
3) Un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione» [10].
L’esattezza è un concetto che caratterizza non solo la lingua, ma anche i temi. Secondo lui la gente ha più tendenza, mentre parla, all’astrattezza e alle forme più generiche. Egli parla di epidemia pestilenziale dalla quale l’unica risorsa di salvezza sarebbe la letteratura, che è in grado di lottare contro questa vaghezza; per confermare questa sua predilezione per l’esattezza, Calvino cita di nuovo Leopardi che in un passo dello Zibaldone sostiene la bellezza del vago, tuttavia giunge alla fine a notare che, per godere la bellezza dell’indeterminato, nella composizione d’ogni immagine, occorre una grande precisione, cioè l ‘esattezza che Calvino collega al molteplice: «la ricerca dell’indeterminato diventa l’osservazione del molteplice, del formicolante, del pulviscolare»[11], elemento che troviamo in Le cosmicomiche e anche in racconti come La formica argentina, La nuvola di smog e Palomar.
Calvino include fra i poeti che l’hanno influenzato Marian Moore e Carlos Williams, quest’ultimo con le sue minuziose descrizioni di oggetti: «Penso a Carlos Williams che descrive così minuziosamente le foglie del ciclamen» [12]; accanto ai due poeti stranieri inserisce pure il poeta italiano Eugenio Montale. Ma una delle influenze più forti subite dal nostro autore è quella del francese Francis Ponge a cui viene dedicato tutto un saggio, in cui riporta una serie di esempi, di modelli d oggetti descritti da Ponge, individuando così il segreto dei suoi soggetti che è quello di «fissare d’ogni oggetto o elemento l’aspetto decisivo, che è quasi sempre quello che meno si considera abitualmente, e di costruire intorno a esso il discorso»[13]. Il fascino per questo poeta lo spingeva ad esortare i lettori ad approfondirne la conoscenza leggendone le opere, di cui sceglie come esempio Le parti pris des choses del 1962, a proposito del quale nota: «un libriccino che sembra fatto apposta per infilarsi in tasca e per posarsi al capezzale accanto all’orologio» [14].
La poesia di Ponge si basa sulla descrizione delle cose che attirano di meno la nostra attenzione; facendole rivelare poi ricche di significato e ce le rende a volte più vicine. Tracce di questa tecnica basata sulla descrizione le troviamo in Palomar, opera uscita nel 1983, ove racconta l’esperienza di un personaggio che cerca di concentrare di volta in volta la sua attenzione su un diverso soggetto della vita quotidiana. Quest’opera simboleggia, nella traiettoria letteraria di Calvino, l’arrivo ad un punto in cui la coscienza umana è annichilita o immobilizzata dalla propria incapacità di esprimere o di dare un senso all’esistenza, ed è forse qui che si potrebbe intravedere il punto di contatto più profondo con Ponge. Entrambi individuano, infatti, nella descrizione il mezzo per salvarsi dal vuoto e dal nulla.
Nel saggio sulla molteplicità, Calvino ha radunato una serie di autori che erano non solo scrittori ma anche grandi pensatori; l’elemento che li accumuna è il loro spirito enciclopedico, che hanno cercato di concretizzare nelle loro opere. Il romanzo come Rete dei possibili in cui si combinano diversi elementi è stato al centro di questo saggio; questa teoria è stata praticata da scrittori che tendevano a moltiplicare gli intrecci per riuscire a creare un enciclopedia. Sono autori che hanno una formazione intellettuale varia, in cui coincidono scienza, filosofia e letteratura. Il primo scrittore citato da Calvino è C. E. Gadda, apparso in diversi suoi saggi come scrittore enciclopedico, discepolo di maestri come Leibniz e Spinoza. Era di temperamento rivoluzionario, con uno stile che era il risultato di vari registri linguistici compreso anche il dialetto. Calvino lo definisce “nevrotico” affermando: «Gadda getta se stesso nella pagina che scrive, con tutte le sue angosce e ossessioni; cosicché il disegno si perde, i dettagli crescono fino a coprire tutto il quadro» [15]. È risultato molto significativo il libro Quel pasticciaccio brutto di via Merulana al quale Calvino ha dedicato un intero saggio, che mostra come può funzionare la rete dei possibili, tramite la concentrazione su un oggetto preciso, considerato come entità appartenente ad una lunga catena dalla quale dipende, e descrivendolo l’autore accumula una serie di dettagli così: «il discorso s’allarga a comprendere orizzonti sempre più vasti, e se potesse continuare a svilupparsi in ogni direzione arriverebbe ad abbracciare l’intero universo» [16].
Esempio di questa tecnica è il nono capitolo del romanzo di Gadda, nel quale a partire dal recupero di un oggetto rubato (i gioielli), il discorso si è esteso a tutta la storia delle pietre preziose a livello chimico, storico e artistico. A questo risultato si arriva mediante «lo sfruttamento del potenziale semantico delle parole, di tutta la varietà di forme verbali e sintattiche» [17]; procedimento che possiamo individuare in alcune opere di Calvino, soprattutto in Le città invisibili. In questo quadro Calvino ha inserito anche R. Musil, anch’egli ingegnere, filosofo e scrittore. Il suo enciclopedismo gira intorno all’incontro tra matematica, sinonimo dell’esattezza, l’ordine, la purezza e l’umano legato all’anima, all’impurità e al caos.
Il tema della rete dei possibili era presente anche in Proust che lo esprime a livello spazio- temporale, creando così una molteplicità che porta all’inafferrabilità di questi spazi. Dello scrittore francese, Calvino ha citato come esempio un estratto da uno dei suoi libri La prisonière, tramite cui ha messo in evidenza la concezione che ha Proust del mondo la cui conoscenza passa attraverso la sofferenza di questa inafferrabilità.
Un altro scrittore che parte dall’uno per creare il molteplice è sicuramente Borges, capace di raggiungere l’esattezza nell’immaginazione e nel linguaggio. Borges riesce sempre a condensare tante idee in brevi racconti, nei quali la rappresentazione del mondo è modellata su una rete dei possibili, dove le situazioni si moltiplicano, con descrizioni in cui risulta difficile segnare il confine fra il reale e il fantastico.
In questa ricerca sugli autori letti da Calvino, figura il gruppo denominato Oulipo, con i due maestri più rappresentativi: R. Queneau e G. Perec; innanzitutto perché Calvino nutre tanta ammirazione per le sperimentazioni matematiche letterarie di questo gruppo e poi perché ha preso parte ai loro lavori a Parigi. Ouvroir de litterature potentielle è il nome di un gruppo formato da letterati e matematici molto distinti per le loro creazioni di testi letterari a base di regole matematiche, in grado di trasformare l’attività dello scrittore in un gioco ossia una risorsa di divertimento. L’obiettivo che si sono posti è quello di ricreare la letteratura partendo dalla letteratura stessa, negando ogni concetto d’ispirazione in cui vedono un’ostinazione ad accontentarsi di ricette già preparate senza pensare di dover creare altri modi per una nuova letteratura. Al posto dell’ispirazione reclamano il lavoro sistematico e scientifico.
Con questo gruppo, Calvino condivide alcuni aspetti perché ammira la loro cospicua tendenza a sperimentare nuove forme avvalendosi della matematica e dello spirito geometrico. Bisogna ricordare che Calvino non nasconde le sue riserve riguardo il loro modo di comporre opere letterarie mettendole in rapporto con la scienza. Egli ha partecipato ai lavori dell’Oulipo, in quanto membro, e ha elaborato alcuni lavori seguendo le loro tecniche acrobatiche e servendosi dell’arte combinatoria, così figura fra la sua opera un insieme di testi sotto il titolo di Poesie e invenzioni Oulipiennes. Le ricerche dell’Oulipo intraprendono due direzioni fondamentali: una analitica e l’altra sintetica. La prima denominata anaoulipisme, si concentra sulle opere del passato, traendone tutte le novità possibili: in questo quadro si possono includere la lettura fatta da Calvino dell’Orlando Furioso e la riscrittura de Il milione di Marco Polo ne Le Città invisibili. La tendenza sintetica, invece denominata synthoulipisme è considerata come la più azzardata, in quanto le creazioni letterarie sono fatte attraverso l’uso di regole matematiche. Una peculiarità del loro lavoro è il divertimento e il gioco che secondo loro li differenzia dai linguisti, ed è un gioco che non esclude la serietà dei lavori compiuti.
Le due figure più rappresentative dell’Oulipo sono i due scrittori francesi G. Perec e R. Queneau. Di quest’ultimo Calvino è stato traduttore Des fleurs bleus. Un’esperienza che conta molto nella sua traiettoria letteraria; egli, sostenitore del ruolo della traduzione come mezzo per leggere meglio un testo, vedeva in Queneau non solo il filosofo, il matematico o il letterato ma anche l’enciclopedista; ha scritto alcuni saggi nei quali ha commentato le sue opere, presentandoci uno scrittore filosofo, in cui possiamo intravedere un alter ego di Calvino: «Queneau è un eccezionale esempio di scrittore sapiente e saggio, sempre contro corrente rispetto alle tendenze dominanti dell’epoca e della cultura francese in particolare, con un bisogno inesauribile di inventare e di sondare possibilità»[18].
Riguardo a Perec, era uno dei membri più attivi e dinamici dell’Oulipo, lettore dei libri di Calvino e a sua volta le sue opere sono state lette dallo scrittore ligure. Perec aveva uno spirito sistematico, era appassionato per la collezione e per il catalogo non di oggetti ma di sogni e ricordi umani, con tanta voglia di descrivere tutti gli elementi che sfuggono alla nostra attenzione. Questa concezione non è lontana dall’obiettivo di Calvino lettore di Perec, quando parlava di mondo scritto e mondo non scritto. Uno dei suoi libri che ha affascinato di più Calvino, è La vita istruzioni per l’uso, per la molteplicità dei temi inseriti dentro, per il tono ludico che c’è dietro quel cumulo di storie messe in una struttura di puzzle.
Si può affermare infine che le letture di Calvino sono la chiave per penetrare il suo mondo poetico, sono letture di autori che egli ammirava in gran parte e percepiva nel loro modo di scrivere o di concepire la letteratura strumenti che gli sono serviti per offrire ai suoi lettori un’opera varia, singolare sempre innovativa, segno di uno scrittore esploratore alla ricerca del libro non scritto e del mondo non scritto, scrittore impegnato della casa editrice, La nuvola di smog e appassionato del gusto di giocare con le lettere. Attraverso Calvino leggiamo i classici o meglio li rileggiamo e scopriamo autori con interessi vari dal romanziere al filosofo allo scienziato. Il merito di Calvino è di avvicinarci di più a tali autori, svelando aspetti a noi ignoti o trascurati, ripercorrendo la sua opera sinonimo di molteplicità, esattezza e leggerezza.
Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre 2024
Note
[1] Ph. Daros, I libri degli altri ou soi meme comme un autre, in Strumenti critici, 8, 1993:172
[2] I. Calvino, Perché leggere i classici, in Calvino saggi, a cura di M. Barenghi, Milano, Mondadori,1995:1817
[3]Ivi: 1820
[4]Ivi: 1821
[5] I. Calvino, Leggerezza, in Lezioni americane, a cura di M. Barenghi cit.:35
[6] Ivi:649
[7] Ivi:651
[8] I. Calvino, Rapidità, in Calvino saggi, a cura di M. Barenghi, cit.: 665
[9] Ivi:673
[10] I. Calvino, Esattezza, in Lezioni americane, in Calvino saggi a cura di M. Barenghi, cit.: 677
[11]Ivi: 681
[12] Ivi: 692
[13] I. Calvino, Francis Ponge, in Calvino saggi, a cura di M. Barenghi , cit.: 1401
[14] Ivi: 1402
[15] I. Calvino, Molteplicità, in Calvino saggi, a cura di M. Barenghi, cit.:713
[16] Ivi:718
[17] Ibidem
[18] I. Calvino, La filosofia di Raymond Queneau, in Calvino saggi, a cura di M, Barenghi, cit: 1412
Riferimenti bibliografici
G. Benussi, Introduzione alla lettura di I. Calvino, Roma-Bari, Laterza 1989
I. Calvino, Romanzi e racconti, a cura di M. Barenghi e B. Falcetti , Milano,Mondadori,1994, III volume
I. Calvino, Saggi 1945-1985, a cura di M. Barenghi e B. Falcetti, Milano, Mondadori, 1995, III volume
P. Daros, I libri degli altri ou soi meme comme un autre, in Strumenti critici, 8, 1993
G. De Robertis, Il punto su Calvino, in Altro Novecento, Firenze, Le Monnier, 1962
G. Vidal, I romanzi di Italo Calvino, in Riga 9 su Enciclopedia. Arte scienza e letteratura, Milano, Marcos y Marcos, 1991.
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Khadija Rochdi, professoressa di lingua e letteratura italiane presso l’università di Casablanca, ha studiato all’università di Bologna, dipartimento Italianistica, dal 1992 al 1995, specializzata in Letteratura comparata e Traduzione con particolare attenzione rivolta ai rapporti fra l’Italia e il Nord Africa (cultura del Gran Maghreb). Membro del laboratorio di ricerca Teatro Marocchino, dipartimento degli Studi Arabi.
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