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Casa Lussu e Armungia. Memoria e progetto di rete

Armungia

Armungia (ph. Clemente)

 di Tommaso Lussu 

Nell’ultimo trentennio, i piccoli comuni delle aree interne sono stati investiti da processi di spopolamento e crisi del tessuto economico-sociale, con la perdita di parte del patrimonio culturale che li caratterizzava. Per contrastare questi fenomeni si sono avviate politiche comunitarie  che valorizzano la diversità dei territori nei percorsi di a partire dal concetto di “cultural heritage” (Convenzione europea Faro 2005), secondo il quale l’eredità culturale riguarda non solo lo sviluppo umano e la qualità della vita, ma è anche un fattore di crescita economica sostenibile.

Le aree interne, in  molti casi, si sono  rivelate più resistenti e resilienti dei territori urbanizzati e hanno conservato maggiormente i propri caratteri culturali. Siamo certamente di fronte a una lunga storia di abbandoni, ma anche di processi di recupero e salvaguardia. E siamo di fronte a diverse esperienze e strategie di “riassetto” che tendono a preservare i territori, gli insediamenti, i saper fare tradizionali, le risorse naturalistiche.

«L’eredità culturale è un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione. Essa comprende tutti gli aspetti dell’ambiente che sono il risultato dell’interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi; Una comunità di eredità è costituita da un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici dell’eredità culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future» (art. 2  della Convenzione quadro dell’Unione Europea, Faro, 2005). 

La rete dei piccoli paesi

«Non è un recupero di cose o mondi perduti, o il sacrificio di qualche eroe che difende il paese. È un fenomeno nuovo. Ed è una nuova strategia» ( Pietro Clemente).

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Armungia (ph. Clemente)

Era l’estate del 2011 quando Vito Teti (Università della Calabria) ed un gruppo di studiosi dell’abbandono e di asso- ciazioni, presero l’iniziativa di dar vita al primo “Festival nazionale del Ritorno ai luoghi abbandonati”. Il luogo d’incontro fu Paraloup (CN). La Fondazione Nuto Revelli ha recuperato la borgata Paraloup fra la Val Stura e la Val Grana (CN), sede della prima banda di Giustizia e Libertà del cuneese, in cui militarono durante la Resistenza importanti capi partigiani fra cui Dante Livio Bianco, Duccio Galimberti e Nuto Revelli. Il “progetto Paraloup” punta a preservare la memoria storica del luogo, ma anche la cultura montana e contadina che ne ha caratterizzato la vita nei secoli, nel pieno rispetto della realtà territoriale locale.

In Calabria solo pochi comuni nel tempo hanno condiviso l’ottica di Paralup. È noto il caso del comune di Riace il cui sindaco Domenico Lucano ha pensato di accogliere i migranti nel centro storico di questo piccolo paese della costa jonica calabrese, ormai abbandonato dagli autoctoni, nel tentativo di rivitalizzarne cosi anche l’economia. Un’esperienza parallela che ha come obiettivo la ripresa dell’economia e del turismo di un paese di 3 mila abitanti interessato dal fenomeno dello spopolamento, è stata messa in atto, con il sostegno di Vito Teti, dal Comune di Soriano Calabro (VV) che ha in corso il progetto di recupero del centro cittadino e che punta sulla valorizzazione dei luoghi di interesse culturale.

Per piccoli paesi non intendiamo piccoli comuni in senso amministrativo, ma luoghi della azione culturale di comunità di pratiche, attivata da Cooperative, Associazioni, soggetti locali plurali. I paesi promotori della rete sono caratterizzati non solo e non tanto dalla crisi demografica, ma soprattutto perchè individuano  nella cultura lo strumento  di  rinascita: i saperi pratici, la memoria storica, i musei, il teatro, l’artigianato, la valorizzazione del territorio, la biodiversità.

Al centro delle iniziative viene posta la ‘coscienza di luogo’ cercando di superare il pregiudizio antituristico, la critica a priori della gentrification, gli eccessi di difesa conservativa del paesaggio ed altre retoriche all’interno del dibattito sullo sviluppo delle zone rurali. Significa anche superare certi atteggiamenti delle culture locali: la priorità degli interessi privati dei nativi, l’ostilità ai processi migratori… E nella comunicazione delle iniziative bisogna tenere conto della esigenza di ‘decolonizzare’ le periferie rispetto al modello urbano. Spesso la città vince sul paese già nella cultura dei giovani che vi crescono pensando che l’emigrazione sia l’unica prospettiva e l’unico modo di acquisire una vera cittadinanza moderna. Nonostante la globalizzazione la coscienza del luogo, il valore del luogo, non sono scontati ma vanno conquistati lavorando controcorrente sulle retoriche del successo e del valore urbano.

Questi sono alcuni dei temi che la Rete dei piccoli paesi sta condividendo. Solo la comunità locale, sostenuta e incoraggiata dagli antropologi delle “nuove comunità”, può declinare e trasformare prima in strategia d’area e poi in progetto, la varietà e la complessità di patrimonio culturale collettivo che la caratterizza, facendo leva sui soggetti innovatori che già operano nelle zone interne e  favorendo l’apertura e l’inclusione di “nuovi cittadini”, superando l’idea che il processo di rinascita debba prodursi solo “nella” comunità, attraverso un meccanismo intergenerazionale. Questi nuovi soggetti sono spesso in isolamento dalla società e dall’economia locale, ma collegati a reti commerciali, di valori e di competenze, sovra-territoriali.

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Un caffè ad Armungia, 24 giugno 2017 (ph. Lussu)

Casa Lussu, Armungia

L’idea del Festival dei piccoli paesi “Un caffè ad Armungia” nasce con il riconoscimento nazionale, promosso da Pietro Clemente, dell’attività culturale di Casa Lussu. L’Associazione “Bianchi Bandinelli”, che dalla sua fondazione nel 1991, si occupa di valorizzazione dei Beni culturali, conferisce il premio 2016 per l’attività di tutela come impegno civile a Casa Lussu, riconoscendo nell’attività di ripresa della tessitura a mano tradizionale e nell’impegno sulla diversità culturale e la cultura immateriale una importante modalità di fare della cultura lo strumento dello sviluppo locale e della rinascita dei piccoli paesi in tracollo demografico.

L’esperienza sulla tessitura a mano di Casa Lussu nasce con Tommaso e Barbara, entrambi con radici nel piccolo villaggio fra gli altopiani del Gerrei (Sardegna sud-est, bassa valle del Flumendosa), dove vivono nella casa di pietra appartenuta al nonno di Tommaso, Emilio Lussu (leader antifascista, politico e scrittore).

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Giovanna Serri (ph. Mizzotti)

Nel 2009 Giovanna Serri, memoria storica della casa e custode del saper fare tradizionale, manifesta il desiderio di riportare il suo telaio a Casa Lussu, dove aveva vissuto per 50 anni. Si inizia da subito a maturare l’idea di realizzare un progetto più ampio. Un anno più tardi nasce l’Associazione Casa Lussu, con l’obiettivo di promuovere il territorio e il suo patrimonio culturale, partendo proprio dalla tessitura a mano. Si avviano varie collaborazioni con professionisti, sardi e non, per progetti comuni, tutti rivolti a richiamare l’attenzione sulla piccola comunità del Gerrei.
Oggi il loro atelier di tessitura si trova all’interno del Museo Etnografico di Armungia, dove Barbara e Tommaso lavorano sia su telai tradizionali che più moderni con un processo produttivo esclusivamente a mano: i loro manufatti (tappeti, runner, copriletti, guide, …) sono realizzati utilizzando le tecniche tradizionali del villaggio: un tessuto lanciato con liccio supplementare (nome tradizionale armungese “a priali”), cintura di monaco (“a pappus”). Il design geometrico e la combinazione di colori e materiali rivivono il passato con un’influenza più contemporanea e una visione innovativa. Si tratta quindi di “innestare” un’innovazione sulla tradizione. Da un punto di vista produttivo questo si risolve con l’adeguamento dei formati dei manufatti, l’uso dei colori, lo “stravolgimento” dei disegni (che può essere fatto semplicemente variando il movimento dei pedali durante la tessitura, ma mantenendo fissa la matrice del disegno), affiancando allo stesso tempo una riscoperta e un’enfasi nel riutilizzo di filati grezzi tradizionali (lino, canapa). L’obiettivo è quello di valorizzare l’intera filiera della tessitura: tintura naturale dei filati e coltivazione di piante tintorie.

Casa Lussu non si limita poi esclusivamente alla creazione di prodotti tessili: la loro associazione culturale organizza corsi di tintura e lana organica, laboratori creativi con designer e altri artigiani, ospita eventi culturali, tirocini e residenze.

Il Festival dei piccoli paesi

Il nucleo promotore dell’edizione 2016  “Andiamo ad Armungia a prendere il caffè” è costituito da Pietro Clemente, Gabriella Da Re, Felice Tiragallo, Claudia Guendalina Sias, che con Tommaso Lussu e Barbara Cardia decidono per l’edizione 2017 di organizzare un festival, con l’idea di lasciare una modalità esclusivamente seminariale o convegnistica.

Il progetto “Festival dei Piccoli Comuni: beni immateriali e musei locali per la rinascita delle aree interne” viene finanziato attraverso il contributo della Fondazione di Sardegna e il co-finanziamento  del  Comune di Armungia e del Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni dell’Università degli studi di Cagliari. Il progetto è stato ideato e realizzato dall’Associazione di Promozione Sociale “Casa Lussu” in partenariato con il Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni dell’Università di Cagliari,  il Comune di Armungia,  SIMBDEA (Società Italiana per la Museografia e i Beni Demoetnoantropologici) e la Cooperativa Agorà. Ha contribuito anche il Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio, che vanta una decennale collaborazione con il territorio di Armungia.

L’edizione 2017 di “Un caffè ad Armungia”, Festival dei piccoli paesi, si è svolto dal 23 al 25 Giugno ad Armungia. Comunità locali, associazioni, operatori territoriali e mondo della ricerca hanno discusso sui percorsi di rinascita dei piccoli paesi che possono contrastare lo spopolamento, valorizzando i beni materiali e immateriali presenti nei territori locali e l’elevata biodiversità ambientale, sociale e culturale che li caratterizza. Numerosi ospiti provenienti da realtà sarde ed italiane, attraverso le loro testimonianze, hanno fornito esempi di buone pratiche sul tema della salvaguardia e rivitalizzazione delle piccole comunità. La discussione teorica è stata solo la base per capire come mettere in pratica la rivitalizzazione dei piccoli paesi. Il Festival stesso è stato concepito come un’azione pratica e la gran parte della programmazione si è incentrata su attività culturali, di animazione, pratiche collettive e momenti di convivialità.

In dettaglio il Festival si è aperto venerdì 23 giugno 2017 con la riunione della Rete dei piccoli paesi di cui Armungia fa parte insieme a Paraloup (CN), Monticchiello (SI) , Soriano Calabro (VV), Padru (OT) e Cocullo (AQ). La serata del venerdì si è conclusa con un aperitivo-cena durante il quale si è svolto il reading-concerto “Nella notte del solstizio” con Giacomo Casti, Arrogalla e Chiara Effe. La giornata di sabato 24 si è aperta con l’incontro-dibattito “Nuove comunità, paesi e memoria”. Coordinato da Pietro Clemente, dell’Università di Firenze, ha visto la partecipazione di Beatrice Verri e Giulia Serale della Fondazione Nuto Revelli; Matteo Enia e Maria Teresa Iannelli del Polo museale di Soriano Calabro, Corradino Seddaiu dell’Associazione Realtà Virtuose di Padru; Giuseppe Caboni dell’Istituto sardo Storia della resistenza e autonomia e Felice Tiragallo dell’Università di Cagliari.  Alla presentazione delle buone pratiche delle differenti realtà presenti e delle elaborazioni teoriche sul tema delle nuove comunità è seguita una ricca fase di dibattito a cui ha preso parte anche la Presidente di SIMBDEA Alessandra Broccolini. Tale dibattito ha inoltre stimolato l’allargamento della rete.

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Il telaio del laboratorio di Armungia (ph. Clemente)

Durante l’intera giornata è stato possibile visitare il sistema museale (museo Emilio e Joyce Lussu, museo etnografico “Sa domu de is ainas”, Nuraghe Armungia e Bottega del Fabbro, aperti gratuitamente per l’occasione) e assistere alla realiz- zazione di un murale in Piazza Gramsci ad opera di Francesco del Casino e Massimo Congiu. Il pomeriggio, sotto la guida di Barbara Cardia (Associazione Casa Lussu, Armungia), Roberta Arcelloni, Caterina Maioli e Pedro Corona Chavez (Tessere Incontri, Milano) e Roberta Milia (Teladoiolatela, Cagliari), la collettività ha potuto contribuire a un esperimento di tessitura collettiva. “Un ordito per tutti. Esperienze collettive di tessitura” è stata una modalità per socializzare la tessitura a mano e allo stesso tempo utilizzarla come mezzo di allestimento degli spazi pubblici. Con la componente simbolica del tessere relazioni e proporre nuove idee per la rivitalizzazione di Armungia. Mario Congiu e Marco Peroni, della compagnia “Le Voci del tempo”, hanno poi presentato dei brani dallo spettacolo “Direction home. Storia di Adriano Olivetti. Musiche di Bob Dylan”. La loro partecipazione ha costituito un fuori programma del Festival nato dalla collaborazione con l’Associazione Culturale Malik che per l’ottavo anno porta avanti la manifestazione  “I libri aiutano a leggere il mondo”. Alla cena di sabato, è seguito il concerto “Rocksteady Ensemble” live tenutosi nella piazza del comune.  La scelta del gruppo non è stata casuale ma è stata dettata dalla vicinanza dei contenuti dello spettacolo con i temi del Festival. I brani presentati raccontano, in lingua sarda, le difficoltà che vivono i territori periferici e le persone che vi abitano; questi vivono situazioni di disagio dalle quali cercano di risorgere. La giornata di domenica 25 si è aperta con l’iniziativa “Abitare il bosco. Tintura naturale e installazioni”. Alessandro Nonnoi, Tiziana Melis e Mariano Corda hanno mostrato ai partecipanti l’arte della tintura naturale e “arredato” il bosco di Su Niu de S’Achili con installazioni di legno e tessuti. La compagnia “Le Voci del tempo”, poco prima del pranzo, ha presentato lo spettacolo “Get up, stand up. Storia di Antonio Gramsci. Musiche di Bob Marley”, uno spettacolo che ha accostato la musica e le parole di Bob Marley alla vicenda biografica del grande pensatore sardo. Nel pomeriggio si è svolto l’incontro-dibattito su “Agrobiodiversità, usi civici e gestione del territorio” coordinato da Gabriella Da Re dell’Università di Cagliari. Vi hanno preso parte in qualità di relatori Massimo Tanca dell’ARSIAL Lazio, Luigi Erriu della Cooperativa San Nicolò, Jose Moica della Cooperativa Agorà, Domenica Farinella dell’Università di Cagliari e Celeste Loi dell’Istituto agrario di Elmas. L’incontro ha permesso di avviare un ragionamento collettivo sulle modalità dell’uso del territorio che, nell’ottica dei partecipanti, deve essere improntato a concetti quali la sostenibilità con tutte le sue declinazioni e a un rapporto più etico tra uomo e natura.

Dialoghi Mediterranei, n.27, settembre 2017

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Tommaso Lussu, cresce a Roma dove frequenta il liceo classico e si laurea in Archeologia preistorica nel 1999 a La Sapienza. Lavora per i Beni Culturali nell’ambito del restauro di opere manufatti e artistici, progetti europei di ricerca e con società di indagini territoriali ed archeologiche.Dal 2008 risiede in Sardegna, ad Armungia, dove si dedica al recupero della tessitura tradizionale e al progetto del laboratorio di Casa Lussu. Prosegue la sua formazione in ambito tessile studiando con altre tessitrici e designer. Nel 2014 fonda, insieme a Barbara Cardia, l’Associazione Casa Lussu.

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