di Fulvio Cozza
Introduzione
Componente italiana della rete internazionale A22 che da qualche anno organizza delle campagne di disobbedienza civile per la lotta al collasso ecoclimatico, Ultima Generazione ha organizzato numerose azioni che hanno riguardato varie località italiane e ovviamente il territorio capitolino. Proprio a Roma, l’imbrattamento con vernice lavabile dell’ingresso del Palazzo del Senato è spiccato per le reazioni dell’opinione pubblica e per l’invocazione di pene esemplari (Il Manifesto, 01/06/2023).
Partendo dall’analisi delle azioni non violente che hanno coinvolto i monumenti nella città di Roma, in questo articolo tenterò di descrivere i modi di usare il patrimonio culturale emergenti delle pratiche di Ultima Generazione, i rischi di cristallizzazione culturale posti dalle politiche di estrema tutela promosse dalle istituzioni italiane nonché dall’adozioni di provvedimenti che più o meno ufficialmente mirano a recintare e a separare il patrimonio culturale dagli usi delle collettività. Anche facendo tesoro di una recente caso giudiziario fiorentino che ha riguardato il David di Michelangelo, discuterò poi dei processi di nazionalizzazione che si verificano in un momento in cui, paradossalmente, si assiste ad una rinnovata sensibilità per il sociale da parte di istituzioni culturali globali come l’UNESCO.
In un contesto urbano già da tempo segnato dall’adozione di controversi provvedimenti volti a scoraggiare la libera fruizione degli spazi e dei monumenti pubblici – come nel caso del divieto di sostare lungo la scalinata di Trinità dei Monti in Piazza di Spagna o l’installazione delle transenne in Piazza Colonna che da almeno due anni impediscono la completa visione della Colonna di Marco Aurelio – la sensazione è che tali tendenze iper-conservative corrano il rischio di allontanare le persone dalla possibilità di familiarizzare con gli oggetti del patrimonio culturale e dunque con i valori di inclusione e libero confronto che questi possono veicolare.
Abitare il patrimonio
Domenica 21 maggio 2023, nella stessa settimana che ha registrato una serie di disastrosi eventi alluvionali in Emilia-Romagna con 17 morti e drammatici costi ecologici, abitativi e sociali, a Roma una decina di attiviste ed attivisti di Ultima Generazione gettano un liquido nero a base di carbone vegetale nella Fontana di Trevi e entrano in acqua mostrando il cartello “Non paghiamo il fossile”. Si tratta di un’azione che fa parte della campagna contro il collasso ecoclimatico indirizzata ad ottenere il tanto promesso stop dei sussidi pubblici ai combustibili fossili (Ultima-Generazione, 30/05/23).
Come tante altre iniziative di disobbedienza civile intraprese dal gruppo, il clamore dell’azione non solo getta il riflettore sulle politiche ecoclimatiche italiane ma sembra volontariamente indirizzata a superare quella caratteristica pigrizia che pubblico e media mostrano quando si trovano a trattare temi così centrali quanto poco spettacolari o spettacolarizzabili.
Nonostante le critiche di ecoterrorismo e le accuse di vandalismo, cioè che colpisce delle azioni svoltesi usando i monumenti della Capitale è che questi sono certamente coinvolti nell’azione ma allo stesso tempo vengono protetti da eventuali danni permanenti con una sensibilità ambientalistica. Si tratta di un modus operandi che mentre agisce sull’oggetto ne riafferma il prestigio storico, artistico e simbolico aggiungendovi tuttavia un valore sociale, cioè assecondando le medesime prospettive delle discipline storico-artistiche e sublimando la funzione pubblica del patrimonio culturale ed ecologico. È proprio quest’ultimo atteggiamento che certamente distingue le azioni di Ultima Generazione da quelle di singoli individui che si immergono nella fontana con intenti più o meno contestatori o da quelle realizzate dal neofuturista Graziano Cecchini. L’artista, in un’intervista in cui significativamente vengono tacciate di “gretta militanza” le azioni di Ultima Generazione, pone al centro delle sue performance il crudo intervento sul monumento mentre l’individuazione di una missione di pubblica utilità, oltretutto piuttosto vaga, è collocata sullo sfondo (Open, 01/04/2023).
In questo senso è emblematico che il comunicato di Ultima Generazione riguardante il riversamento di carbone vegetale nella Fontana della Barcaccia si richiami all’episodio che sarebbe stato all’origine della costruzione della fontana e dunque al suo valore di testimonianza storico-artistica:
«A Roma alle 11:30 tre persone hanno versato del liquido a base di carbone vegetale nelle vasche della fontana della Barcaccia. La tradizione popolare vuole che la forma dell’opera del Bernini, posta ai piedi di Trinità dei Monti, fosse stata ispirata dalla presenza sulla piazza di una barca in secca, portata fin lì dalla piena del Tevere del 1598. Un richiamo fortissimo, che prefigura oggi lo scenario della “fine del Mondo” a cui stiamo andando incontro, pigiando sempre di più il piede sull’acceleratore: siccità alternata a devastanti alluvioni, che metteranno fine alla vita sulla Terra, insieme alle ondate di calore. Dopo una ventina di minuti le tre persone sono state portate via dalla polizia municipale» (Ultima-Generazione, 01/04/23).
Stesso discorso vale per l’azione dei due attivisti che nell’agosto del 2022 si sono incollati alla base della statua del Laocoonte ai Musei Vaticani. Ancora una volta l’opera d’arte diviene co-partecipe della protesta poiché, come è noto, nell’Eneide il personaggio di Laocoonte denuncia l’arrivo della catastrofe ma, dal momento che nessuno lo ascolta, le porte della città vengono aperte al Cavallo che segnerà la distruzione di Troia. Nell’istante in cui l’azione ha avuto luogo, la biografia del gruppo statuario del Laocoonte si arricchisce di questa nuova attribuzione di senso.
Come nel caso delle azioni con fontana della Barcaccia, quella dei Quattro Fiumi in Piazza Navona e quella di Fontana di Trevi, l’azione con l’opera raffigurante il Laocoonte fa emergere un uso tattico, inaspettato e innovativo dei monumenti (De Certeau, 2001); un uso che mostra anche una peculiare abilità artistica nell’instaurare un dialogo con i significati dei monumenti e con la cosiddetta agency degli oggetti d’arte, cioè la loro capacità di catturare lo spettatore e meravigliarlo mediante una sapiente commistione di quelle tecnologie dell’incanto di cui parla Alfred Gell (2020, 2021; Pinney e Thomas 2001).
In sostanza, di concerto alla complessa simbologia artistica che veicola il tema marino attraverso il peculiare e stratificato immaginario della romanità classicheggiante, guardando Fontana di Trevi tutti restano catturati dall’enigma simbolico-tecnologico sotteso da quella enorme massa d’acqua che scroscia letteralmente dal retro di un palazzo che sta nel bel mezzo dei vicoli della città, proprio ai piedi del colle Quirinale.
Vista da questa prospettiva, e in accordo con l’antico binomio tra potere e l’edificazione di sistemi idrici per l’Urbe che traccia una linea di continuità tra la Roma imperiale, quella papalina e la Roma attuale, Fontana di Trevi mette in scena la bontà del potere che commissiona o che tutela l’opera, lo splendore dell’acqua e la sua potenza vivificatrice (Thomassen e Clough Marinaro, 2014). In fondo è la densità di tali storie e tecnologie a rendere magico lo scatto di una foto ricordo o il fatidico lancio della monetina nella vasca della fontana. Si tratta di uno “scattare” e di uno “scagliare” che attestano la volontà di partecipare a quella secolare storia romana di durabilità nonché il desiderio di intercettare quella energia propiziatoria attraverso una rete di contatti tra soggetti e oggetti che sembrano rimandare alle teorie frazeriane della magia contagiosa (Frazer, 2016; Gell, 2021).
Ecco allora che le azioni ecologiche e non violente che anneriscono per pochi minuti l’acqua di fontane che celebrano Roma come capitale dell’Italia, la potenza benefica dell’acqua e la purezza di tale elemento essenziale, in primo luogo costringono le istituzioni locali e nazionali ad assumere una posizione in merito al tema del rischio ecoclimatico spesso insabbiato nel dibattito pubblico; in secondo luogo, creano un’esperienza che fa riflettere su quanto la presenza dell’acqua non vada mai data per scontata; in terzo luogo, trasformano gli statici oggetti del patrimonio in elementi socialmente utili, attualizzabili, che parlano dei rischi del presente e del futuro.
Il funzionamento di quella stessa tecnologia dell’incanto che ammalia il pubblico e che cattura la sua partecipazione da circa quattrocento anni, viene creativamente manipolata per spingere quello stesso pubblico ad avvertire nuove emozioni e a porsi nuove domande: come si può evitare che l’acqua si trasformi in veicolo di minaccia? Cosa si può fare per scongiurare la catastrofe ecoclimatica? Quali sono le nostre responsabilità di umani? Quali sono le prospettive dei nostri rappresentanti politici?
Da questo punto di vista, le azioni di Ultima Generazione che coinvolgono il patrimonio culturale di Roma possono aprire la strada a dei nuovi modi di “abitare i monumenti” (Fabre e Iuso, 2010). Mi riferisco a quell’ampio ventaglio di pratiche di intervento, innovazione e personalizzazione che tra l’ufficioso e l’ufficiale mirano a fare degli oggetti del patrimonio culturale la sede della propria dimora simbolica o lo strumento di un’appartenenza e di un’agency che, anche se a suo tempo non era stata considerata dai progettisti dell’opera, oggi si fa carico delle ansie e delle aspirazioni di una collettività.
Non si tratta di una privatizzazione del bene né tantomeno della loro cieca o autoreferenziale distruzione, abitare un monumento significa farne un uso sociale, pubblico, democratico ed inclusivo. Dal momento che molti modi di abitare i monumenti sono spesso fortemente legati all’attualità e ai bisogni del presente e del futuro, il concetto di abitare arricchisce quello di patrimonio culturale nella misura in cui viene chiamata in causa quella funzione di riscatto e di progresso che lo sviluppo dell’ingegno e della cultura umanistica dovrebbero promuovere e che una tutela fatta solo di conservazione cieca e sorda rischia di bloccare (Bortolotto, 2006; Lattanzi, 2021).
Ma è purtroppo in questo senso “disabitativo” che sembra andare il sistematico transennamento di fontane e palazzi storici romani. Pratiche che non solo condizionano negativamente la riproduzione delle foto ricordo, cioè l’elemento imprescindibile dell’esperienza turistica, ma impediscono l’avvicinamento del pubblico a quel “suo” tanto decantato patrimonio.
Un David nazionalista
Le questioni appena trattate fanno parte del tanto dibattuto tema dell’uso pubblico del patrimonio culturale, questioni che stanno al centro dello stesso art. 9 della Costituzione della Repubblica Italiana, la quale, va ricordato, nacque nell’emergenza dell’Italia devastata dalla guerra ed è probabilmente per tale ragione che vi si introduce il cruciale quanto ambiguo concetto di tutela (Montanari, 2022). Se infatti al termine tutela si attribuisce un’accezione rivolta all’attualizzazione e ad un uso sociale si sta nel campo dell’abitare il monumento; se invece si assegna una sfumatura esclusivamente conservativa si sta dalla parte dell’affermazione di una esclusiva e arbitraria interpretazione istituzionale del monumento o, peggio ancora, in un utilizzo alternativo a quello ufficiale concesso solo in cambio di un congruo compenso economico; un uso che, come si può facilmente immaginare, è riservato ad una clientela tutt’altro che ampia e rappresentativa (Herzfeld, 2004; Palumbo, 2004; Bortolotto, 2006; Guermandi, 2021).
Quest’ultima possibilità è quella emergente da una sentenza giudiziaria che ha riguardato la pubblicazione su una rivista di un fotomontaggio contenente un’immagine del David di Michelangelo. Una volta interpellato, il Tribunale di Firenze non solo ha segnalato il danno patrimoniale relativo al mancato pagamento del canone per l’uso del bene (e calcolato in 20.000 euro così come da tariffario del museo), ma soprattutto ha decretato l’esistenza di un danno di natura non patrimoniale, quantificato in 30.000 euro, poiché la società editoriale «ha insidiosamente e maliziosamente accostato l’immagine del David a quella di un modello, così svilendo, offuscando, mortificando, umiliando l’alto valore simbolico ed identitario dell’opera d’arte e asservendo la stessa a finalità pubblicitarie e di promozione editoriale» (IlSole24ore, 15/05/23; Avvenire, 15/05/23). Se nella prima parte la sentenza punisce la mancata richiesta di consenso all’utilizzo dell’immagine per fini commerciali, nella seconda parte viene punito il fatto che la campagna pubblicitaria ha interpretato il David in una maniera diversa da quella decretata dal discorso identitario prodotto dallo Stato e dai suoi saperi istituzionali (un discorso che nasce con il processo di unificazione nazionale ovvero almeno 350 anni dopo la realizzazione dell’opera).
In buona sostanza, con l’attribuzione di un carattere nazionale e univoco al David di Michelangelo, la sentenza mette in pericolo il concetto di pubblico dominio e con esso la possibilità che proprio dal pubblico possano essere avanzate interpretazioni nuove, di pubblico interesse e di pubblica utilità (Finestre sull’arte, 25/05/2023). Proposte cioè che rendano giustizia del carattere tutt’altro che cristallizzato della dimensione culturale e materiale (Dei, 2018), proposte che mirino ad abitare i monumenti, a reinventarli, a renderli presidi di inclusione e di innovazione come caldeggiato da diverse correnti museologiche e addirittura da organizzazioni come l’UNESCO che negli anni ha introdotto termini come “partecipazione”, “rivitalizzazione” e “salvaguardia” da affiancare a quello più statico di “tutela” del patrimonio e a quello economicistico di “valorizzazione” (UNESCO, 2003; Bortolotto, 2006; Guermandi, 2021; Lattanzi, 2021; Montanari, 2022).
Conclusioni
Giovedì 25 maggio, alla presenza del sindaco di Roma e del Sovrintendente capitolino ai Beni Culturali, è stata presentata l’opera dell’artista Giangaetano Patanè collocata all’interno della Fontana della Barcaccia in Piazza di Spagna (la stessa fontana protagonista di una delle azioni di Ultima Generazione). L’opera è una rappresentazione scultorea di cinque pesci di terracotta dipinta, della grandezza di circa 85 cm, adagiati in maniera assolutamente non invasiva sul fondo della fontana come a simulare il nuoto libero nell’acqua. Titolata Gli ultimi cinque pesci del mare, l’installazione si pone l’obbiettivo di sensibilizzare i cittadini e le istituzioni sulle conseguenze dei cambiamenti climatici e sulla salvaguardia dell’ecosistema terrestre. La targa esplicativa spiega che l’opera «rappresenta il grido di allarme e di dolore dell’ecosistema ferito. I pesci nuotano liberi nei cinque oceani, ma davanti al pericolo si uniscono per affrontare le minacce. Allo stesso modo l’Umanità, con un impegno collettivo, deve proteggere e tutelare la propria Casa comune».
Stando a quanto riferito nel sito di informazione locale Roma Today:
«L’installazione artistica rimarrà all’interno della fontana per circa un mese. È stata scelta la Barcaccia, monumento di grande pregio e fama, non solo perché garantisce la piena visibilità dell’opera dal piano stradale, ma soprattutto poiché simboleggia una barca prossima all’affondamento, ma ancora a galla e in grado di navigare. Un messaggio di speranza per il futuro: adottando comportamenti sostenibili, siamo ancora in tempo per salvare il pianeta» (Roma Today, 26/05/23).
Leggendo l’appena citata notizia proprio nel momento in cui mi accingo a scrivere le conclusioni di questo articolo, non posso fare a meno che cimentarmi in un’attività comparativa tra l’azione di Ultima Generazione e quella di Giangaetano Patanè, poiché oltre ad aver trattato il medesimo monumento hanno avanzato delle rivendicazioni che presentano similitudini e differenze. Infatti, come ho qui mostrato, viste dal punto di vista dei modi di abitare i monumenti, le due azioni si fondano sull’esigenza di generare un interesse sociale e pubblico attraverso un uso del patrimonio culturale che è temporaneo, creativo e che mira a non danneggiare irrimediabilmente il monumento.
Eppure, un’importante differenza c’è e riguarda il non trascurabile fatto che l’azione artistica di Patanè è promossa e verosimilmente controllata dall’alto, mentre l’azione di Ultima Generazione è espressione di un progetto politico – fatto essenzialmente di giovani – che fa critica culturale mettendo a nudo le responsabilità del potere. Si tratta di una differenza bene espressa dal vago e assai generico “grido di allarme” riportato sulla targhetta apposta dal Comune di Roma che stride con la concretezza dei dati scientifici e delle fonti legislative citate dalle attiviste e dagli attivisti di Ultima Generazione nonché con le spropositate reazioni punitive che sono state invocate contro il gruppo da parte dei membri del Governo.
Al di là delle caratteristiche della lotta politica condotta secondo i criteri della disobbedienza civile (e che dunque fonda la sua ragione d’essere sulla nonviolenta violazione di leggi), le azioni di Ultima Generazione offrono utili spunti per tutte quelle pratiche che mirano ad incentivare l’uso pubblico del patrimonio culturale. Ancora una volta si tratterà di chiamare in causa il senso pubblico, rivitalizzante, diffuso e partecipato del patrimonio culturale nonché il fatto che la sua dimensione vitale non può essere costretta da criteri estetici, vincoli di potere e progetti di nazionalizzazione calati dall’alto.
In tal senso, la sistematica installazione di barriere e recinti sui monumenti del patrimonio pubblico e tutte le forme di violenza simbolica che escludono ogni forma di interpretazione alternativa a quella proposta dal discorso istituzionale, mostrano tutti i rischi delle prospettive che impediscono quelle pratiche di sublimazione del valore storico-artistico del monumento che si realizza attraverso l’aggregazione di un valore sociale, inclusivo, creativo e di pubblica utilità. In fondo, se si dovesse portare agli estremi questo modo esclusivistico e nazionalistico di pensare il patrimonio culturale, si dovrebbero multare tutte le spiritose riproduzioni del David, tutte le carbonare con la cipolla (Il Post, 30/04/23), tutte le persone che “sorreggono” la Torre di Pisa e tutti i desideri espressi lanciando una monetina nella Fontana di Trevi.
Dialoghi Mediterranei, n. 62, luglio 2023
Riferimenti bibliografici
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Fabre, D., Iuso, A., (eds), 2010, Les monuments sont habités, Paris: MSH.
Frazer, J., 2016, Il Ramo d’Oro. Studio sulla Magia e la Religione, Torino: Bollati Boringhieri.
Gell, A., 2020, The Art of Anthropology. Essays and Diagrams, London, New York: Routledge.
Gell, A., 2021, Arte e Agency. Una teoria antropologica, Milano: Raffaello Cortina.
Guermandi, M.P., 2021, Decolonizzare il Patrimonio. L’Europa, l’Italia e un passato che non passa, Roma: Castelvecchi.
Herzfeld, M., 2004, The Body Impolitic. Artisan and Artifice in the Global Hierarchy of Value, Chicago: University of Chicago Press.
Lattanzi, V., 2021, Musei e antropologia. Storia, esperienze, prospettive. Roma: Carocci.
Montanari, T., 2022, Art. 9. Costituzione Italiana, Roma: Carocci.
Palumbo, B., 2004, L’Unesco e il campanile, Roma: Meltemi.
Pinney, C., Thomas, N., (eds), 2001, Beyond Aesthetics. Art and the Technologies of Enchantment, Oxford, New York: Berg.
Thomassen, B., Clough Marinaro, I. (eds), 2014, Global Rome: changing faces of the eternal city, Bloomington, Indianapolis: Indiana University Press.
Sitografia
Avvenire: https://www.avvenire.it/agora/pagine/david-michelangelo-tribunale-firenze-esiste-diritto-a-immagine-dei-beni-culturali (16/05/2023).
Finestre sull’arte: https://www.finestresullarte.info/opinioni/caccia-al-david-di-michelangelo-perche-posizioni-sulle-immagini-sono-anacronistiche (25/05/2023).
Il Post: https://www.ilpost.it/2023/04/29/grandi-carbonara/ (30/04/23).
IlSole24ore:https://www.ilsole24ore.com/art/la-testa-un-modello-david-michelangelo-svilito-valore-simbolico-AEqn6sTD (15/05/2023).
Open: https://www.open.online/2023/04/01/ultima-generazione-intervista-graziano-cecchini/ (01/04/2023).
Roma Today: https://www.romatoday.it/eventi/cultura/gli-ultimi-cinque-pesci-del-mare-nella-barcaccia-di-piazza-di-spagna.html (26/05/2023).
Il Manifesto: https://ilmanifesto.it/la-persistenza-di-ultima-generazione (02/06/2023).
Ultima-generazione: https://ultima-generazione.com/ (30/05/2023).
UNESCO, 2003, Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale: https://unescoblob.blob.core.windows.net/documenti/5934dd11-74de-483c-89d5-328a69157f10/Convenzione%20Patrimonio%20Immateriale_ITA%202.pdf
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Fulvio Cozza, ricercatore indipendente, PhD in Antropologia culturale ed Etnologia presso la Sapienza Università di Roma. I suoi studi riguardano il rapporto tra vita quotidiana, pratiche archeologiche e forme di intimità nello spazio urbano di Roma. Nel 2021 ha pubblicato una monografia frutto della sua ricerca sul campo in alcuni scavi archeologici universitari dal titolo: Fare Archeologia. Etnografia delle Pratiche Ricostruttive, Roma, Cisu.
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