di Alessandro Curatolo
12 aprile 2017
Vivo a Londra da cinque anni e non partecipo alla processione dei Misteri di Trapani da cinque anni di fila. Finalmente quest’anno potrò rivivere le celebrazioni pasquali anche se in terra straniera, spagnola per l’appunto.
Ore 18:00, Malaga
Il mio volo mi conduce da Londra a Malaga, e dopo tre ore di volo e venti gradi di sbalzo termico mi ritrovo nelle vie strette del centro città non lontano dal porto e dal mare dove qualche turista azzarda già un primo bagno nelle acque della Costa del Sol. Il centro storico è in fermento: palchi con drappeggi rossi sono stati posizionati per le vie della città, centinaia di sedie di legno sono state allineate creando l’itinerario delle procesiones. I balconi sono stati adornati da stoffe rosse dove spesso ritroviamo i sigilli e gli stemmi delle cofradias (le confraternite delle processioni). Venditori ambulanti di mandorle tostate sono presenti ad ogni angolo del centro storico insieme a rivenditori di cocco, palloncini, caramelle.
Si respira un clima di profonda religiosità ma anche di festa. I pasticceri hanno preparato i dolci tipici della settimana pasquale e in particolare sfoggiano nelle loro vetrine delle meringhe a forma di nazarenos: i nazarenos sono i membri delle cofradias che sfilano incappucciati durante le processioni, noti anche come i penitenti. Essi vestono con delle lunghe tuniche colorate e dei cappelli a cono che coprono anche il volto, e in corteo portano i ceri sacri. I nazarenos precedono il carro che è poi seguito dalla banda musicale e da un piccolo corpo di religiosi.
Un profondo silenzio è rotto da un lungo applauso quando si palesa il carro con la Madonna che imbocca la via brulicante di persone. Il volto della Madonna si intravede con difficoltà in quanto ricoperto da decine di candele e addobbi floreali. Le Madonne andaluse sono tipiche per il lungo manto che sfoggiano, quasi come un velo lunghissimo che straborda dal carro in processione. Fissato con una struttura in legno che ne sorregge il peso, è ornato da stemmi e ricami d’oro.
Donne vestite di nero con mantello e velo di pizzo, rigorosamente nero anche quello (fatta eccezione per la domenica di Pasqua in cui il velo diventa bianco per alcune confraternite) sono accompagnate dai loro uomini. Fanno il giro della città, visitano le chiese dove ritroviamo i carri delle processioni. Inizia così la questua delle spillette o degli adesivi, che all’ingresso di ogni chiesa, con una piccola offerta, è possibile ricevere col colore identificativo della confraternita, da attaccare sulla giacca o sui vestiti in genere. In giro per la città infatti si è soliti incontrare gruppi di religiosi, o di turisti, che collezionano le spillette o gli adesivi. All’interno delle chiese si ritrovano solitamente i carri con la Madonna e altri che rappresentano i momenti della Passione, morte e resurrezione di Gesù.
I volti della Madonna e degli altri santi mi ricordano molto i Misteri di Trapani con i classici visi sofferti e le lacrime disegnate sulle superfici di legno. Di norma un banchetto viene allestito all’ingresso della chiesa, su cui sono posti immagini dei santi o della Madonna, libri, DVD, un piatto d’argento con delle offerte in denaro, e un’icona del Cristo bambino con cappello a cono e croce d’argento. In altre chiese ho ritrovato lo stesso banchetto con, in aggiunta, l’esposizione degli oggetti rituali utilizzati per le sfilate: gli abiti sacri delle processioni, gli incensieri d’argento, gli stendardi, le croci e le candele (di diverso colore a seconda della confraternita), benedetti dal parroco della città prima della processione.
Una delle differenze più tangibili tra le processioni di Malaga e quelle di Siviglia risultano essere di sicuro i portatori: a Malaga essi sono visibili e in tanti sorreggono il carro della Madonna, mentre a Siviglia sono nascosti sotto il carro (solo quattro di essi agli angoli risultano essere visibili da tutti). La struttura della processione di Siviglia non è tuttavia diversa da quella di Malaga: per primi i nazarenos, con i classici cappelli a cono, seguono un carro o due con la rappresentazione della Passione, morte e resurrezione di Cristo, la banda musicale, un piccolo corteo di religiosi e a seguire il carro della Madonna. A differenza dei Misteri di Trapani in cui i venti carri sfilano tutti insieme per le vie della città il Venerdì santo, qui in Andalusia le procesiones si svolgono ogni giorno per tutta la durata della Semana santa, da domenica a domenica: ogni giorno diverse confraternite a diversi orari sfilano per le vie della città.
Le musiche che accompagnano i carri sono trionfanti ed emergono chiaramente i tipici caratteri spagnoli con la tromba, a differenza di quelle trapanesi, delle vere e proprie marce funebri, solenni, malinconiche, lente e profondamente tragiche, che enfatizzano e rimarcano enormemente il dolore del credente per la morte di Gesù. I repertori musicali delle marce delle processioni andaluse sono stati ampliamente modificati nel corso degli anni ed è questo un grosso motivo di dibattito tra i cittadini che esprimono pareri discordanti: si dividono tra tra chi vorrebbe attenersi alla storia replicando soltanto le marce classiche e chi è favorevole all’inserimento di nuove composizioni.
Ore 11:00, Granada
È domenica mattina, sono in giro per il centro città quando scorgo da lontano una processione con un solo carro con una statua che rappresenta Gesù bambino: è la processione de los Facundillos (La Cofradìa del Dulce Nombre de Jesùs). Centinaia di credenti si sono raggruppati per accogliere questa processione in cui il carro viene trasportato da bambini e bambine dai 4-5 anni fino ai 12-13 anni. I genitori sfilano anch’essi a fianco dei propri figli, incitandoli e supportandoli. Tra gli spettatori sono presenti molti bambini che suonano delle campane di terracotta acquistate dai genitori presso un venditore ambulante davanti la cattedrale di Granada. La statua raffigura un Gesù in età fanciullesca: con una mano sorregge una croce di avorio e mogano e con l’altra benedice i credenti. A questa processione altre se ne aggiungono che portano in giro per la città i simulacri della Madonna e delle altre cofradias (così come abbiamo evidenziato per Siviglia e Malaga).
Nel corpo delle processioni si possono spesso incontrare dei bambini con dei cestini di vimini, all’interno dei quali sono presenti le immagini dei Santi e della Madonna e delle caramelle donate ai fedeli in cambio di una piccola offerta.
Altro carattere essenziale e peculiare delle processioni andaluse è sicuramente la questua di cera da parte dei più piccoli: i bambini e le bambine sono partecipanti attivi della festa. Essi si avvicinano ai nazarenos, che sfilano con i classici ceri devozionali, e con dei guanti bianchi raccolgono la cera calda che il nazareno fa colare sulle loro mani. La raccolta della cera continua e i bambini riescono a creare delle vere e proprie palle di cera colorate, derivanti dai diversi ceri di colori differenti a seconda della confraternita. I genitori incitano i loro bambini alla questua della cera: una vera e propria competizione tra bambini per raccogliere più cera possibile e avere la palla più grande da mostrare ad amici e parenti.
Un fenomeno di rivitalizzazione?
Lungi dall’essere delle celebrazioni con caratteristiche omogenee e uniformi, le processioni andaluse contengono un’enorme varietà di elementi socio-culturali che cambiano a seconda della città o del paese: «tantomeno è un fenomeno di uguale vitalità sia da un punto di vista storico che contemporaneo. Ci sono luoghi in Andalusia, in cui la Semana santa si è totalmente estinta, altri luoghi in cui è stata completamente sviscerata e riconfigurata, altri ancora in cui è in crescita ed ampliamento», come ci spiega Rafael Briones Gómez del Dipartimento di Antropologia Sociale dell’Univerità di Granada.
Emerge dunque una rivitalizzazione delle festività legate alla religiosità popolare e in particolare delle cerimonie pasquali: spesso, in alcune comunità religiose europee, i riti pasquali risultano ancor più importanti di quelli legati al Natale o ad altri momenti del calendario liturgico cattolico, come ad esempio nel caso delle processioni dei Misteri dei Trapani in cui il giorno della processione si trasforma nel giorno più importante dell’anno per la comunità trapanese, l’apice di una religiosità fortemente radicata. Negli ultimi cinque anni, con l’aumento esponenziale del turismo, le celebrazioni delle processioni delle cofradias si sono rafforzate e ampliate e le città principali come Siviglia, Granada e Malaga sono investite fortemente dal fenomeno di ripresa delle festività religiose non meno dei piccoli paesi circostanti che hanno tentato di replicarne le celebrazioni.
Come ben evidenziato da Alejandro Casado Alcalde, le processioni delle cofradias sono strettamente legate al territorio e alla conformazione spaziale delle città, ed è per questo che gli itinerari sono il frutto di un radicamento territoriale dei soggetti sociali, e in particolare delle confraternite, ai quartieri, come nel caso di Granada: «quando il corteo della processione di una determinata confraternita si ritrova nella via principale, fuori dal proprio quartiere di appartenenza, segue l’ufficialità procedurale e le regole del rito, quando invece ripercorre le strade del proprio borgo, prevaricano l’emozione e il sentimento più che l’ordine».
Lo spazio processionale della Semana Santa diviene l’espressione delle diverse tappe della storia delle città andaluse: nel caso di Granada per esempio, gli itinerari e le confraternite sono l’esemplificazione delle comunità che hanno abitato la città e che hanno attraversato tutti i momenti di una storia travagliata, dalla fine dell’impero romano alla conquista musulmana, dalla reconquista fino ad arrivare alla stratificazione socio-culturale dei nostri giorni con la turisticizzazione dei fenomeni religiosi.
Molte sono le caratteristiche delle celebrazioni pasquali andaluse che ritroviamo nelle forme della spettacolarizzazione del sacro in Sicilia ed in particolare per la processione dei Misteri di Trapani o per l’entierro: un rito che nasce con l’avvento dei Gesuiti e che si consolida in Sicilia nei primi decenni della fondazione dell’Ordine. Come ci spiega Giovanni Isgrò:
«si tratta della raffigurazione statuaria del Cristo morto che, adagiato su un fercolo, viene portato processionalmente per le vie principali del centro abitato. Scortato da quattro uomini in arme “alla spagnola”, appunto, il Cristo viene deposto all’interno della chiesa e vegliato dagli stessi “soldati”. Questa sequenza importata dalla Spagna (ma diffusa anche in Portogallo) vive ancora oggi attraverso l’opera di congregazioni e confraternite, sorte numerose in Sicilia, come altrove, in buona parte per iniziativa dei padri gesuiti e destinate a diventare il braccio operativo dei progetti devoti ideati dai gesuiti stessi».
Molti altri punti meriterebbero un’analisi piu’ approfondita e dovrebbero essere corroborate da interviste volte alla popolazione locale: come mai i bambini indossano i pantaloncini e i calzettoni e le bambine la cuffietta di pizzo? È questo un elemento legato alla festa o si tratta soltanto dell’abito della domenica? Le corporazioni sono ancora legate alle chiese cittadine come nel caso trapanese o si tratta per lo più di reinterpretazioni della comunità contemporanea associate a gruppi autonomi sorti di recente? In che modo i gruppi politici locali sono correlati alle festività? Vi è una mescolanza tra gruppi politico-economici e gruppi religiosi? Come (inter)agiscono per la messa in scena della festa?
Ci ritroviamo di fronte a una commistione di stili, pratiche, scenografie e costumi, gruppi umani, concessioni religiose ed espressioni popolari che si sono stratificati nel corso della storia sociale spagnola e che hanno generato nuovi fenomeni di religiosità assimilabili alle celebrazioni pasquali sia in Sicilia che in Sardegna, le due isole della dominazione ispanica.
Che la festa abbia inizio, la banda termina il pezzo trionfante (nel caso della Spagna), malinconico (nel caso dei Misteri di Trapani). Assordanti e schioccanti applausi si levano da tutte le stradine del centro storico.
Dialoghi Mediterranei, n.28, novembre 2017
Riferimenti bibliografici
AA.VV.[J. L. A. Ponga, F. J. Álvarez, P. P. García], La Semana Santa: Antropología y Religión en Latinoamérica III Representaciones y ritos representados. Desenclavos, pasiones y vía crucis vivientes, Ayuntamiento de Valladolid, Urueña 2016.
M. Bosque Maurel, Geografía urbana de Granada. Universidad de Granada, Granada, 1988 (ediciónfacsímil): 51.
Rafael Briones Gómez, La Semana Santa Andaluza, Gazeta de Antropologia: http://www.ugr.es/~pwlac/G02_01Rafael_Briones_Gomez.html
S. Burgaretta, Pasos e Misteri, in La forza dei simboli. Studi sulla religiosità popolare, a cura di I. E. Buttitta e R. Perricone, Folkstudio Palermo 2000: 63-74.
A. Buttitta, M. Minnella, Pasqua in Sicilia, Promolibri, Palermo 2003.
I.E. Buttitta, Le fiamme dei santi: usi rituali del fuoco nelle feste siciliane, Meltemi Editore, Roma 1999.
A. Casado Alcalde, Elespacio y eltiempo en la semana santa de Granada. De lo patético a lo estético, Asociación Granadina de Antropología, Granada 1990.
G. Isgrò, Sacre rappresentazioni nella Pasqua in Sicilia, in “Dialoghi Mediterranei”, n.25, maggio 2017.
I. Moreno Navarro, La Semana Santa de Sevilla,Conformación, Mixtificación y Significaciones, 5ª Edición, Sevilla, 2006.
J. Sánchez Herrero, La semana santa de Sevilla, Editorial Silex, Madrid, 2003.
A. Simonicca, Antropologia del Turismo, strategie di ricerca e contesti etnografici, Carocci, Roma 2000.
Per un video sulla processione dei Facundillos: http://semanasanta.teleame.com/semana-santa-2017-procesion-de-los-facundillos-en-granada/
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Alessandro Curatolo, giovane laureato in Beni Demoetnoantropologici e in Antropologia culturale ed Etnologia presso l’Università degli Studi di Palermo con una tesi sull’origine rituale del matrimonio indiano e iraniano. Nel 2010 ha collaborato con Vittorio Sgarbi e la sua Fondazione alla realizzazione del Museo della Mafia “Leonardo Sciascia” a Salemi. Nel 2012 ha curato i cataloghi di Demetz e Notari per la mostra organizzata nell’ambito del “Festival dei Due Mondi di Spoleto”. Trasferitosi a Londra nel 2013, attualmente collabora con i Musei di Greenwich.
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