di Settimio Adriani
Lo scorso 6 agosto, nell’ambito della 51a Sagra della Lenticchia di Rascino [1], nella sede della Pro Loco è finalmente avvenuta la presentazione degli Atti del convegno Riabitare Fiamignano [2], tenutosi il 29 agosto 2020, con la supervisione scientifica del prof. Pietro Clemente. In verità, come da programma, il volume era già pronto per la pubblica restituzione nell’agosto del 2021, ma le restrizioni dovute alla pandemia da Covid-19 non lo hanno consentito; cosicché l’evento è stato forzosamente posticipato a quest’anno.
L’incontro, preceduto dal benvenuto ai relatori e al pubblico da parte di Bruno Creazzo [3], presidente dell’Associazione, si è dipanato in otto interventi. Ecco di seguito la sequenza degli abstract dei diversi contributi, riportati nelle forme testuali proposte dagli autori e nell’ordine di presentazione al convegno.
Pietro Clemente – Riabitare l’Italia. Un Manifesto visto da Fiamignano [4].
«Nell’occasione della presentazione a Fiamignano del libro Manifesto per Riabitare l’Italia, questo intervento segnala l’esigenza che le piccole comunità resistenti e capaci di buone pratiche siano luoghi fondamentali per pensare strategicamente al futuro. E che possano accogliere un libro per quel che è, ovvero qualcosa di inutile alle cose pratiche di domani, ma di fondamentale importanza per maturare le idee e i processi per costruire non tanto una bella esperienza isolata, quanto un cambio di passo di tutti. Il che significa, non solo ridurre la marginalità, ma affermare una nuova centralità delle periferie dentro un disegno di nuova civiltà comune che si basi sulla riscoperta del territorio e dei saperi locali secolari, sul rispetto del pianeta, sulla critica dell’urbanesimo e dell’industrialismo. Fiamignano è un paese significativo per le buone pratiche e la intensa socialità che lo caratterizzano ed è importante vederlo come parte di una costellazione di piccoli centri che guidano, in rete, facendo una forza della loro debolezza, un nuovo modo di vivere».
Alessandra Broccolini – Riabitare Fiamignano. Sulla centralità dei margini [5].
«Nel ripercorrere il rapporto e l’amicizia che l’autrice del contributo ha sviluppato con Fiamignano, il contributo vuole proporre una riflessione sull’Italia delle aree interne a partire dalla lettura critica di due testi di recente pubblicati da Donzelli e dedicati alle aree interne della penisola (Riabitare l’Italia. Le aree interne tra abbandoni e riconquiste, curato da Antonio de Rossi, 2018 e il Manifesto per riabitare l’Italia, curato da Domenico Cersosimo e Carmine Donzelli, 2020). Fiamignano, piccolo paese del Cicolano, rappresenta un esempio virtuoso di risignificazione dei luoghi che ci permette di rivedere le risorse offerte dai piccoli paesi delle aree interne».
Alessandra De Renzis – Fiamignano, un piccolo paese e le sue pratiche virtuose [6].
«L’evento “Riabitare Fiamignano – un piccolo paese e le sue pratiche virtuose” è stata l’occasione per iniziare a presentare il Manifesto per riabitare l’Italia sul territorio, uscendo da contesti formali ed andando invece proprio nel cuore di quei luoghi a cui l’opera si riferisce e a cui insegna a guardare con uno sguardo nuovo. Nel testo […], l’autrice accompagna il lettore ripercorrendo del saggio alcune delle parole usate per dimostrare come questi luoghi, spesso lasciati indietro e apparentemente dimenticati, siano invece il cuore dell’attenzione di un sempre più nutrito gruppo di studiosi, politici e giovani che fermamente credono che essi siano luoghi di opportunità, se capaci di cogliere le sfide che li aspettano facendo leva su quei punti di forza che ne hanno fortificato la scorza dura e li hanno resi resilienti».
Marco Leonetti – Dalla Strategia per l’Area Interna “Monti Reatini” al laboratorio territoriale per la lavorazione delle lenticchie [7].
«Il contributo ha inteso presentare la Strategia per l’Area Interna “Monti Reatini”. Dopo aver fornito un preliminare inquadramento territoriale, si accenna al processo di selezione dell’area nell’ambito della Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI) e al percorso di elaborazione della Strategia. Si illustra poi l’articolazione dei principali interventi previsti nell’ambito della Strategia e in attesa di definitiva approvazione, con particolare riguardo al laboratorio territoriale per la lavorazione delle lenticchie da realizzarsi presso l’ex mattatoio comunale di Borgo San Pietro (Petrella Salto)».
Romano Cerro – Il convento dei Cappuccini di Fiamignano: un difficile percorso da silenzio a monumento [8].
«Il convento dei Cappuccini di Fiamignano fu fondato nel 1568. In seguito alla sua soppressione ottocentesca, esso fu dapprima convertito in differenti usi pubblici e infine, gravemente danneggiato dal terremoto di Avezzano del 1915, fu definitivamente abbandonato nel 1919. Da allora iniziò un lungo periodo di spoliazione e depredamento che lo ha consegnato a un pressoché totale disinteresse e oblio. Oggi, dopo circa un secolo, il convento beneficia di un rinnovato interesse, rivolto anche alla sua consistenza materiale oltre che alle sue vicende storiche e umane. Proprio le vestigia architettoniche della fabbrica si vogliono ora salvare dalla rovina, per quanto possibile, e riconsegnare nella loro essenza materiale e in sicurezza alla fruizione pubblica, nell’intento di restituire finalmente unità e coerenza a un bene culturale organico e inscindibilmente costituito da opere d’arte, memoria storica e architettura. Il saggio illustra il difficile percorso progettuale condotto fino a oggi, che si pone come la prima tappa di un più lungo cammino orientato alla riscoperta, al recupero e alla valorizzazione del monumento».
Michele Asciutti – Il palazzo municipale di Fiamignano dalla conoscenza alla conservazione integrata [9].
«Il palazzo municipale di Fiamignano, elemento notevole nel contesto urbano del paese, suggerisce già dalla semplice osservazione diretta una stratificazione architettonica degna di nota e testimone di vicende storiche legate a un contesto più considerevole e ampio di quanto possa apparire. Fulcro delle dinamiche di vita del borgo storico, è stato sede del Comune fino al sisma del 24 agosto 2016 e, come ogni edificio antico, può essere considerato il risultato dei diversi momenti che ne hanno costituito la vita, rappresentando l’esito di trasformazioni che, per comprenderne compiutamente l’architettura, occorre riconoscere nelle singole fasi costruttive. Qui si restituiscono i primi risultati di una ricerca volta verso la ricostruzione del suo passato, attraverso lo studio delle fonti dirette e indirette e degli avvenimenti storici che ne possono aver condizionato le vicende, dal medioevo a oggi. Ciò è funzionale alla formulazione di un auspicabile progetto di restauro consapevole dei valori riconosciuti e finalizzato alla restituzione del bene alla comunità».
Vincenzo Padiglione, Alessandra Broccolini, Marcello Mari, Daniele Quadraccia, Maurizio Rossi, Settimio Adriani – “Alle fonti del meraviglioso”. Il MIC, Museo Interpretativo del Cicolano. La nascita di un percorso progettuale [10].
«Il testo che si propone riporta integralmente un progetto di museo etnografico, il MIC – Museo Interpretativo del Cicolano – Alle fonti del meraviglioso, che è stato proposto dal Comune di Fiamignano alla Regione Lazio in risposta ad un bando regionale, grazie al lavoro di un gruppo di studiosi sia locali che di provenienza universitaria. Il progetto è stato immaginato per essere ospitato nella struttura di Palazzo Martelli e vuole ripercorrere in chiave interpretativa, grazie a ricerche storiche, etnografiche e naturalistiche condotte nel territorio del Cicolano, la storia culturale del territorio partendo dalle forme, dai saperi e dalle pratiche della sua cultura popolare».
Settimio Adriani – Il lungo processo di patrimonializzazione a Fiamignano [11].
«Il processo di patrimonializzazione delle componenti materiale e immateriale della cultura fiamignanese è stato faticosamente avviato da quasi mezzo secolo. L’Associazione Turistica Pro Loco rappresenta il cardine intorno al quale ha ruotato il lavoro di messa in valore delle parti che compongono il patrimonio comunitario, oggi ampiamente riconosciuto e condiviso a livello locale. Istituita nel 1971 per soddisfare l’esigenza di intrattenimento dei villeggianti, che a quell’epoca trascorrevano lunghi periodi estivi nel paese, la prima attività della Pro Loco fu il recupero e la valorizzazione della Lenticchia di Rascino, ecotipo che ha progressivamente rinvigorito le piccole coltivazioni di montagna e creato i presupposti per l’istituzione di un’Associazione e un Consorzio di produttori. La messa in valore delle componenti patrimoniali, caparbiamente condotta nel tempo, ha riguardato elementi materiali come le opere d’arte custodite nelle chiese del paese, gli spazi ricreativi per i giovani e l’arredo urbano. Tra gli elementi immateriali sono stati particolarmente curati l’attitudine a rimeggiare, gli eventi singolari e le usanze della vita paesana. Gran parte del materiale prodotto è stato pubblicato in appositi volumi, disponibili presso l’Associazione, e su riviste specialistiche anche di rilevante caratura. Particolare attenzione è costantemente rivolta alla cosa pubblica, al fattivo coinvolgimento dei giovani, alla beneficenza e all’inclusione».
Come si è appena avuto modo di riscontrare, il volume degli atti si chiude con il resoconto delle attività cinquantennali della Pro Loco, nell’abstract grossolanamente accennate. Non avendolo mai fatto prima, l’Associazione ha colto l’occasione per mettere un po’ d’ordine nella documentazione delle attività realizzate nel tempo. Tutto ciò con il preciso obiettivo di lasciarne una traccia a beneficio dei soci, degli attori, di ogni altro soggetto eventualmente interessato e, non ultimi per importanza, anche di quei cittadini che essendo in aperto o celato dissenso con le strategie associative, non partecipano o addirittura osteggiano ogni azione in essere e in programma. Grazie a tale resoconto disporranno di dati certi, cosicché avranno la possibilità di effettuare valutazioni ponderate e non basate su generiche congetture.
Ripercorrere la non più breve storia associativa attraverso il vaglio delle attività che hanno avuto esito positivo ha però tratteggiato un percorso paragonabile a una sorta di involontaria saga dei misteri gloriosi. Questo breve contributo non vuole essere la stucchevole riproposizione di quel “quanto siamo stati bravi!”, ma punta piuttosto a contrapporgli l’elenco dei misteri dolorosi, ovverosia la ricapitolazione per quanto possibile fedele delle principali azioni per le quali si è molto lavorato, profondamente sperato e per diversi motivi non realizzato. Vuole essere, quindi, una breve parata dei fallimenti.
Tralasciando l’ordine cronologico degli eventi, quello che più duole in assoluto, perché avrebbe potuto dare realmente una svolta decisiva alla rivitalizzazione del paese, è il fallimento collezionato nel bando della Regione Lazio sul PNRR dei piccoli comuni. La graduatoria, recentemente pubblicata, vede Fiamignano come primo tra i comuni esclusi dal finanziamento. Sarebbe stata sufficiente un’inezia in più nel punteggio totalizzato per rientrare tra i progetti finanziati.
Abbiamo così perso l’irripetibile occasione di creare ricettività (oggi inesistente) e di concrete occasioni occupazionali per alcuni giovani volenterosi che non vogliono andare via, ma che molto probabilmente saranno costretti a farlo! L’esito negativo ci condanna a non avere forse più l’occasione di recuperare, valorizzare e mettere a sistema le emergenze artistiche e ambientali disperse nel nostro vasto territorio. Non si presenterà forse più l’occasione di creare una prima rete di collaborazione fattiva tra i comuni della vallata, a fare inizio da Varco Sabino, ricadente in un’area protetta e nostro partner nella proposta progettuale.
Sulle motivazioni dell’esito infausto del nostro progetto per il PNRR, molti sostengono che non avendo santi nel paradiso delle segrete stanze in cui sono state valutate le proposte non potevamo aspettarci più di quanto abbiamo faticosamente ottenuto. Non voglio credere che ciò sia vero, perché se lo fosse sarebbe altrettanto plausibile quello che stanno probabilmente sostenendo coloro che nella graduatoria si sono posizionati dietro di noi: “Chissà come e perché il progetto fiamignanese è arrivato così in alto in graduatoria!”.
L’insuccesso del progetto per il PNRR è quello più scottante ma non l’unico collezionato nel tempo. Infatti, aderendo via via ad appositi bandi pubblici, abbiamo sistematicamente fallito in molte occasioni, e quelle di seguito elencate sono soltanto le più rilevanti:
- Non siamo riusciti a vincere il bando di finanziamento per il rifacimento della piazza Gabriele d’Annunzio, cuore pulsante della piccola comunità fiamignanese. Luogo in cui da sempre si svolgono tutte le manifestazioni folkloristiche e culturali, ma, soprattutto, posto in cui si incontrano giornalmente e fanno comunità gli abitanti del paese. Attualmente, sostituendosi completamente alle amministrazioni locali, è la Pro Loco che sta faticosamente agendo con proprie risorse nel sostenere piccoli ma significativi interventi di manutenzione, decoro e arredo.
- Abbiamo fallito nella richiesta dei fondi per la ristrutturazione dello storico lavatoio, localmente detto “fonte dei panni”, muto testimone degli infiniti sacrifici delle nostre donne; ma nello stesso tempo luogo di incontro, confronto, scontro e pettegolezzo. La struttura, già da alcuni anni dichiarata pericolante dal comune, è stata transennata e giace in totale abbandono. Soltanto i periodici interventi di pulizia delle adiacenze, programmati dalla Pro Loco nelle ricorrenti “Giornate del decoro”, rendono meno insopportabile lo scempio.
- Abbiamo fallito anche nel bando per i fondi da destinare all’ormai inderogabile restauro delle opere d’arte custodite nell’antico piccolo santuario della Madonna del Poggio, meta di ininterrotto pellegrinaggio, dal 1518, il 2 luglio di ogni anno. La gravosissima opera di restauro è comunque in corso, e procede per piccoli stralci a totale carico della popolazione residua.
- Abbiamo fallito nel bando della Regione Lazio per la realizzazione del Museo Interpretativo del Cicolano, già dettagliatamente ideato e progettato da esperti locali supervisionati dai professori Vincenzo Padiglione e Alessandra Broccolini, della Sapienza Università di Roma.
- Fino ad ora, con grande svantaggio dei più anziani, non siamo riusciti a riportare l’ambulatorio del medico di base al centro del paese. Cosicché, come accade ormai da almeno una quindicina di anni, resta ai margini del paese in un locale messo gratuitamente a disposizione dell’Associazione.
- Non siamo riusciti a convincere i produttori delle Lenticchie di Rascino sull’opportunità e la necessità di farsi parte attiva nell’omonima banca del seme. Ideata come struttura di garanzia, è stata istituita dalla Pro Loco una decina di anni fa, ma ad oggi è purtroppo sostenuta soltanto da semi autoprodotti e non, come auspicato, da quelli dell’intera comunità dei produttori.
- Il laboratorio per la cernita delle stesse lenticchie, formalmente presentato da Marco Leonetti al citato convegno del 2020, è stato definitivamente installato altrove, perché, grazie al totale disinteresse della politica, non si è trovato un locale idoneo nell’intera Valle del Salto.
- Per una serie di vicissitudini, in parte dovute all’avvento della pandemia da Covid-19, non siamo riusciti a portare a termine la stazione di decollo per parapendio, già sperimentata con successo sul crinale del Monte Serra, alle spalle del paese ad oltre 1600 metri di quota.
- Non riusciamo a concludere l’iter per la gestione della dismessa caserma del Corpo Forestale dello Stato (4 appartamenti quasi pronti per l’uso e in totale abbandono), che vorremmo destinare a finalità sociali e di integrazione dei migranti extracomunitari. -
- Sono almeno tre anni che non riusciamo a spuntarla con Poste Italiane per far installare un Postamat (si consideri che il luogo e il sistema di sicurezza sono pronti e inutilizzati da allora). Cosicché chiunque abbia bisogno di prelevare è costretto a muoversi, e non di poco, verso Borgorose, addirittura verso Rieti. Considerato che la maggior parte dei residenti è anziana, o molto anziana, gli spostamenti non sono facili come potrebbe pensare chi vive in città; senza contare, in aggiunta, che in inverno c’è spesso la neve. Ma, forse, per Poste Italiane siamo troppo pochi, e soltanto se si guardano esclusivamente i bilanci e non i servizi alla popolazione è possibile comprendere il perché di questa arrogante negazione. Inoltre, leggo testualmente dal sito dell’Ente: «L’attuale società per azioni risulta controllata per una quota pari al 29,26% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il 35% da Cassa Depositi e Prestiti e per la restante quota [soltanto il 35,8%] da investitori privati». C’è quindi qualcuno che ci può spiegare?
- Infine, nell’ambito di un recente bando regionale sull’amministrazione condivisa, siamo in (sfiduciata) attesa della valutazione di un progetto per il rifacimento della piazza dell’Ortecarlotto, luogo da sempre utilizzato dai bambini per i giochi di strada e che attualmente versa in condizioni di sostanziale impraticabilità.
Insomma, se è vero che dobbiamo migliorare le nostre capacità progettuali per ottenere appositi finanziamenti, è altrettanto vero che le ripetute sconfitte ci stanno progressivamente logorando, e la forza per proseguire comincia a difettare.
Dialoghi Mediterranei, n. 57, settembre 2022
Note
[1] Settimio Adriani, 2015, La Lenticchia di Rascino. Storia e tradizione di un ecotipo, Rieti, La Tipografica Artigiana.
[2] Settimio Adriani, Pietro Clemente (a cura di), 2021, Riabitare Fiamignano, un piccolo paese e le sue pratiche virtuose, Rieti, La Tipografica Artigiana.
[3] Idem: 1-3.
[4] Idem: 5-12
[5] Idem: 13-32.
[6] Idem: 33-39.
[7] Idem: 41-51.
[8] Idem: 53-86.
[9] Idem: 87-116.
[10] Idem: 117-145.
[11] Idem: 147-174.
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Settimio Adriani, laureato in Scienze Naturali e Scienze Forestali, si è specializzato in Ecologia e ha completato la formazione con un Dottorato di ricerca sulla Gestione delle risorse faunistiche, disciplina che ha insegnato a contratto presso le Università degli Studi della Tuscia di Viterbo (facoltà di Scienze della Montagna, sede di Rieti), di Roma “La Sapienza” (facoltà di Architettura Valle Giulia) e dell’Aquila (Dipartimento MESVA). Per passione studia la cultura del Cicolano, sulla quale ha pubblicato numerosi saggi.
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