di Zenab Ataalla
L’esodo di massa degli italiani, che iniziò poco dopo poco dopo l’Unità d’Italia, non riguardò solo le Americhe e i Paesi europei, ma anche quelli africani bagnati dal Mediterraneo, in questo caso per la vicinanza geografica, per la facilità nei collegamenti e nelle relazioni commerciali. Presenterò una breve sintesi dei flussi indirizzatisi verso l’Egitto, prima riassumendo alcune caratteristiche dei contatti italo-egiziani dal Basso Medioevo fino all’Ottocento, per poi soffermarmi sul secolo successivo ed arrivare così alla fase attuale, ed individuare alcuni spunti atti a illustrare l’influsso culturale e linguistico esercitato dalla presenza italiana in quel Paese.
Il mio intento non è stato quello di ripresentare l’evolversi dei flussi migratori verso l’Egitto e le caratteristiche che nel corso del tempo hanno contraddistinto la comunità italiana sul posto. Diversamente, attingendo a questi aspetti, che parimenti costituiscono oggetto dei miei studi, ho individuato alcuni elementi particolari che consentono di porre in evidenza come gli italiani abbiano presentato in Egitto la loro lingua e la loro cultura e quale eredità abbiano lasciato, non trascurando la risposta all’interrogativo se questa eredità potrà continuare ora che la presenza italiana sul posto è ridotta a poche migliaia di persone. Alcuni di questi punti di riflessione aiutano a meglio comprendere la storia passata e sono la base per ipotizzare un futuro in cui l’Italia, con la sua lingua e la sua cultura, potrà svolgere un ruolo importante in Egitto.
Il tema trattato è di rilievo, riporta a un passato in cui il ruolo di protagonismo dell’Italia era più vistoso ed è anche di una certa consolazione perché mostra come oltre un secolo di emigrazione non è finito nel nulla, ma abbia invece lasciato una preziosa eredità. Comunque, per acquisire una visione complessiva su questo tema, servono gli approfondimenti sull’evoluzione della nostra storia migratoria e della nostra diplomazia culturale, temi sui quali si trovano solo alcuni elementi nel testo dell’articolo.
Mi piace sottolineare che mi sono avvalsa nella mia ricerca di dati e informazioni desunte, oltre che da una documentazione recente, anche da un’apprezzata bibliografia del passato, consultando le fonti statistiche ufficiali italiane ed egiziane, come risulta anche da qualche nota bibliografica che all’occorrenza ho inserito. Si potrà così constatare che alcune prese di posizione, dove necessario riportate testualmente, hanno quel carattere di franchezza, che ci permette di collocarci direttamente nel contesto storico dell’epoca. Sono solo spunti di riflessione quelli che presento, ma spero portino, con legittima soddisfazione, a concludere che l’Italia, attraverso la sua lingua, la sua cultura e i suoi emigrati, è stata in grado di dialogare a livello alto con l’Egitto, come con altri Paesi nel mondo, e che questo lavoro possa predisporre a continuare allo stesso livello, questo obiettivo possibile, ma non sempre adeguatamente condiviso. Le mie riflessioni sono dettate da queste motivazioni e indirizzate a questo fine.
I rapporti tra l’Italia e l’Egitto dal Medioevo al periodo tra le due guerre
La prima fase, che ad onore del vero abbraccia un lungo periodo storico, va dal Medioevo all’Epoca Moderna. Questo è il momento nel quale con l’intensificarsi degli scambi commerciali nel bacino del Mediterraneo, grazie anche alle attività portate avanti dalle quattro Repubbliche marinare, i rapporti degli italiani con la comunità autoctona portano ad un sodalizio duraturo, dove l’italiano acquista un ruolo sempre più importante, tanto da diventare la lingua franca per il commercio.
La seconda fase coincide, invece, con l’inizio dell’Ottocento ed il governo in Egitto di Mohamed Alì (Kevala/Albania 1805 – Alessandria d’Egitto 1849) che, nominato governatore dall’Impero Ottomano, dopo che i francesi lasciarono il Paese, è considerato de facto il riformatore e modernizzatore del Paese, e il cui genio ha aperto la strada alla nascita di una società cosmopolita
Nel solco di Mohamed Alì, i suoi successori continuano ad amministrare il Paese con uno sguardo rivolto oltre i confini nazionali. Si ricorda che sono gli anni nei quali prosegue la costruzione della grande opera del Canale di Suez, dove la presenza della manodopera italiana è rappresentata in grandi percentuali ed è altamente considerata per la sua qualificazione, per non parlare che un numero importante di italiani viene assunto nella pubblica amministrazione egiziana, tanto che l’italiano diventa la lingua ufficiale negli atti burocratici, fino a quando non arrivano gli inglesi.
Il rapporto tra Italia ed Egitto è visibile sotto diversi aspetti: dall’architettura all’arte, dalla stampa alla musica. Nel 1869 il Khedivè (Viceré) d’Egitto, Ismail Pascià, nipote di Mohammed Alì, incarica Giuseppe Verdi di comporre un’opera in occasione dell’inaugurazione del Teatro dell’Opera de Il Cairo e parallelamente dell’apertura del Canale di Suez. Da un primo rifiuto, l’interesse del maestro diviene reale, quando Camille du Locle, direttore dell’Opéra-Comique di Parigi, gli sottopone il soggetto dell’Aida, scritto dall’egittologo Auguste Mariette. Ma i tempi stretti impediscono la preparazione dell’opera per l’inaugurazione. Al suo posto, viene rappresentata il suo già famoso Rigoletto. Solo nel 1871, con due anni di ritardo, Aida viene finalmente messa in scena, rispondendo esattamente alle esigenze del Khedivè d’Egitto: celebrare l’antica storia egizia, attraverso cui riflettere l’identità culturale del Paese.
La prima metà del secolo XIX e il periodo fascista
All’inizio del XIX secolo la presenza italiana in Egitto fu costituita da impiegati, professionisti, studiosi e anche da figure più umili, ma non meno utili e apprezzate, come quelle dei commercianti, degli artigiani e delle balie (che anticiparono il ruolo di colf e badanti, oggi così numerose in Italia). Dal secolo XIX ad oggi, si sono avvicendate diverse fasi con relativi cambiamenti, fino ad arrivare alle attuali relazioni politiche, economiche e culturali. I flussi degli immigrati italiani verso l’Egitto si inserirono senz’altro tra quelli di più lunga data e questo è comprensibile, tenuto conto dello storico protagonismo italiano nel Mediterraneo.
Come avviene tutt’ora, due grandi centri urbani dove la comunità italiana maggiormente si concentrò, furono Alessandria d’Egitto e Il Cairo, città caratterizzate dall’identità internazionale e da una grande vivacità culturale. Il maggiore numero dei residenti italiani venne raggiunto nel periodo tra le due guerre (poco sopra le 50 mila unità).
La crescita della comunità italiana che andò verificandosi nel corso negli anni, si accompagnò di pari passo con la sua integrazione all’interno della società egiziana: si costruirono scuole italiane, si fondarono giornali e riviste in italiano, si inserirono impiegati italiani nella pubblica amministrazione egiziana e molto apprezzati furono i professionisti italiani. Ad Alessandria nacquero Filippo Tommaso Marinetti e Giuseppe Ungaretti e vi vissero Fausta Cialente ed Enrico Pea, nomi importanti della cultura italiana dell’epoca.
Uno degli indicatori più significativi, che rimanda direttamente alla vitalità della comunità italo-egiziana, fu sicuramente la realizzazione di un sistema scolastico capillare sul territorio egiziano, nonostante la modesta incidenza percentuale dei nostri connazionali, assolutamente al di sotto di quelle registrate in altre parti del mondo: la prima scuola degli italiani all’estero nacque, infatti, ad Alessandria d’Egitto nel 1862, a cui seguirono quella di Tunisi e Costantinopoli nel 1863, passando per Smirne e di Atene, rispettivamente nel 1864 e 1865.
Patrizia Salvetti, nel suo saggio dal titolo Le scuole italiane all’estero, così spiega la funzione attribuita a queste nuove strutture. Fu una decisione che con tale norma
«[si] inaugurò una politica dell’emigrazione per molti versi innovativa rispetto ai precedenti provvedimenti adottati dai governi post-unitari. La nuova concezione nazionalistica crispina vedeva l’emigrazione come potenziale fattore di forza della nazione, ed elemento in grado di contribuire allo sviluppo del commercio estero e quindi delle esportazioni italiane, in primo luogo nelle Americhe. Nell’ambito di questi propositi espansionistici e nazionalistici, la funzione delle scuole italiane all’estero, poste sotto la direzione e il controllo dello Stato italiano, travalicava l’obiettivo primario della semplice istruzione di base degli emigranti e dei loro figli per assumere un significato marcatamente politico: la salvaguardia della lingua italiana come mezzo per mantenere forte il legame tra i sudditi emigrati e la madrepatria e l’istruzione degli emigrati italiani come strumento di influenza culturale, politica e di penetrazione commerciale» [1].
La presenza dei connazionali si rese visibile in ogni ambito della società egiziana e suscitò una particolare attenzione in Italia, tanto che il Fascismo, al potere ufficialmente dal 1922 (seppure in un primo governo di coalizione), vide in questi italiani un importante strumento di politica estera. La propaganda di regime pose su di essi una particolare enfasi e li considerò rappresentanti dell’italianità oltre i confini nazionali, rafforzandone così il loro legame con la Madre patria, e l’adesione alle decisioni del regime.
Il dinamismo di questa collettività ci è stato proposto così da Giuseppe Moricola:
«La rilevanza della comunità italiana nel contesto egiziano trova conferma nella presenza pervasiva nel campo dell’istruzione, dei mass-media, della letteratura, dell’assistenza e delle più rilevanti espressioni artistiche (…) Va tuttavia rilevato come esse non descrivano un modello di comunità chiusa, tipico delle little italies americane o delle colonie mercantili inglesi ottocentesche di stanza nei principali porti del Mezzogiorno. Al contrario, l’attivismo sociale degli italiani in Egitto riflette il loro grado di integrazione nella società locale come conseguenza di una posizione di rilevanza suffragata dalla diffusione della nostra lingua come idioma ufficiale, in ragione del ruolo di primo piano svolto dagli italiani nel Nation building egiziano» [2].
Andando oltre gli aspetti linguistici, si trattò anche di una vera e propria rilevanza culturale, il cui prestigio è perdurato fino ai nostri giorni.
[*] Amicucci, 1947; [**] Vacca 2020
Il periodo dopo la Seconda Guerra Mondiale
Va premesso che il periodo della Seconda Guerra mondiale è ricordato per il triste fenomeno, conosciuto qui come in altri Paesi come quello degli “enemy aliens”, i residenti considerati nemici (fu così anche in Tunisia, Marocco e nei Paesi degli Alleati e nei loro possedimenti) in quanto considerati possibili fiancheggiatori dei fascisti e dei nazisti. I maschi in età di leva tra i 15 e i 65 anni (secondo stime essi furono 6.000) furono internati nei campi di concentramento anglo-egiziani. Le famiglie si videro espropriare terre e altri beni posseduti, perdendo quasi tutto, mentre quelli che erano stati assunti nella pubblica amministrazione egiziana, di colpo vengono licenziati. Fortunatamente nel dopoguerra, avendo l’Italia repubblicana rotto col passato fascista, quanto avvenuto non fu d’intralcio ai buoni rapporti italo-egiziani.
Venendo al periodo successivo postbellico, va detto che la Rivoluzione degli Ufficiali Liberi nel 1952, la dichiarazione d’Indipendenza da Londra sempre nel 1952, la nascita della Repubblica nel 1953, a seguito dell’abdicazione di Re Faruk e il successivo periodo di transizione, si inseriscono in una cornice di riferimento ancora più ampia, segnata dalla fine del colonialismo europeo in Africa, che determinò il delinearsi di un contesto completamente diverso, caratterizzato a livello economico dalla nazionalizzazione dell’economia (tra l’altro con il controllo diretto del Canale di Suez), il ridimensionamento della presenza straniera e dei flussi in entrata, l’avvio di un forte esodo all’estero dei lavoratori egiziani, nonché l’apertura crescente ai turisti stranieri.
In Italia, invece, sulle macerie della guerra è stato avviato un processo di profonda ricostruzione che ha portato al cosiddetto “Miracolo economico italiano” e la sua collocazione tra i Paesi più industrializzati del mondo.
Questo radicale cambiamento si è avuto anche nello scenario migratorio. La comunità italiana in Egitto, che nel periodo tra le due guerre mondiale raggiunse le 50 mila unità, si è ridotta a poco più di un decimo [3]. Al contrariò, l’immigrazione egiziana in Italia, prima non presente, è diventata ragguardevole. Secondo il Rapporto 2023 sulle Comunità straniere, si contano in Italia oltre 155 mila residenti egiziani regolari, con un incremento del 3% rispetto al 2022, posizionandosi tra le collettività straniere più numerose, superata solo da quelle marocchina, albanese, cinese, ucraina, indiana, filippina e bangladese. Inoltre la comunità egiziana in Italia è da tempo la più grande d’Europa, come si rileva dai dati Eurostat (che comparano le statistiche migratorie di tutti i paesi dell’UE) [4].
Questo movimento migratorio è strettamente connesso agli intensi rapporti commerciali tra Italia ed Egitto. Molti egiziani, raggiunta l’età della pensione, scelgono di restare in Italia, ma coloro che rientrano portano con sé un legame forte con la cultura e la lingua del nostro Paese, favorendo così una sensibilità e un interesse crescente verso l’italiano, costruendo essi stessi un ponte linguistico e culturale tra i due Paesi, un aspetto sul quale ritorneremo.
La promozione della lingua e della cultura: una costante nella presenza degli italiani
Abbiamo visto prima l’importanza, giustamente enfatizzata, della prima scuola italiana istituita in Egitto già verso la metà dell’Ottocento, la prima in tutto il mondo. Ma la scuola di Alessandria d’Egitto non fu la sola nel promuovere la nostra lingua e la nostra cultura. Operarono in tal senso le associazioni degli immigrati italiani. Nel 1927, il Censimento indicava la presenza di 64 associazioni italiane che si impegnavano a vario titolo nella diffusione della lingua e cultura italiana, da quelle di beneficenza a quelle culturali, da quelle sportive a quelle economiche, ma attualmente nessuna di queste è sopravvissuta. Accanto a loro, ieri come oggi, seppur con attività ridotte, troviamo però anche l’operosità della Società Dante Alighieri, la cui storia di promozione e di insegnamento della lingua italiana in Egitto è ultracentenaria. Nel 1896 infatti nacquero i due comitati di Alessandria d’Egitto del Cairo, attraverso i quali si iniziarono ad organizzare corsi di insegnamento di lingua. Negli anni Trenta le attività della “Dante” al Cairo, vennero poi arricchite con il suo coinvolgimento nella gestione diretta della scuola “Leonardo Da Vinci”, che fondata nel 1890 dalla Società Operaia di Mutuo Soccorso, già promuoveva le classi serali di italiano, pittura, scultura e disegno [5].
In questo contesto poi non si deve dimenticare il ruolo dei missionari, presenti in Egitto ancor prima della costituzione delle scuole italiane e che nella comunità, oltre a svolgere la funzione religiosa, svolsero anche quella culturale, non solo nell’aggregare i connazionali, ma anche nell’insegnare la lingua a quelli che parlavano solo il dialetto.
Nel dopoguerra, in uno scenario profondamente modificato, il perno della politica culturale italiana ruota invece intorno agli Istituti italiani di Cultura, che sono stati assoggettati a una nuova normativa dopo l’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana. Queste strutture hanno il dovere di promuovere il patrimonio linguistico e culturale italiano attraverso molteplici iniziative, avendo anche cura delle comunità italiane insediate in loco.
In Egitto l’unico Istituto di Cultura Italiano si trova a il Cairo. La sua inaugurazione avvenne nella storica ed attuale sede di Zamalek nel 1959, alla presenza di Amintore Fanfani, Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri. Il palazzo, acquistato dallo Stato italiano negli anni Cinquanta, mostra un’architettura elegante e dal chiaro gusto europeo, e si sviluppa su tre piani, accessibili dalla bellissima scala in legno. L’edificio comprende, oltre alla sala per i corsi d’italiano (circa 1.450 iscritti solo nel 2022), una grande biblioteca e una sala per le esposizioni. Nell’opera di promozione e sviluppo del campo linguistico culturale in Egitto, l’IIC cairota si è reso benemerito.
Merita un breve accenno anche il Centro Archeologico Italiano, che considerato parte integrante dell’Istituto italiano di Cultura de Il Cairo è stato trasferito nel 1993 presso la sede attuale di Via Champollion, situata in un quadrante di forte impronta architettonica italiana, la cui fondazione e trasformazione in una struttura di alto supporto alle spedizioni archeologiche italiane sono merito del lavoro svolto da Carla Maria Burri, famosa Egittologa, che ricoprì il ruolo di Addetto culturale dal 1964 al 1981 e quello del Direttrice dal 1991 al 1998.
Nel settore della diplomazia culturale, si è arrivati finalmente a poter disporre delle condizioni strutturali che possono consentire maggiormente lo studio approfondito della nostra lingua. Infatti nel passato, pur essendo stati istituiti presso diverse università egiziane dipartimenti di italianistica, l’italiano non poteva essere scelto dallo studente come lingua straniera da inserire nel programma curriculare delle scuole secondarie. A questa grave lacuna, che pregiudicava la presenza di studenti d’italiano nelle università, si è posto rimedio con un accordo bilaterale sottoscritto nel 2023 e diventato operativo nell’anno accademico 2024-2025. Tra l’altro, dalle evidenze che emergono dagli approfondimenti che sto conducendo al riguardo, vi sono due fenomeni sociali di grande portata in grado di alimentare l’interesse dello studio approfondito dell’italiano in considerazione dei risvolti occupazionali che si possono avere grazie ai consistenti flussi turistici degli italiani.
Attualmente l’inglese ha una posizione preponderante, seguito, e molto distanziato, dal francese e dal tedesco, e ancor di più dall’italiano, che finalmente è stato posto in condizioni di poter effettuare un recupero, come abbiamo visto. Rispetto a questa posizione linguistica, seppur non soddisfacente, è un motivo d’orgoglio il lascito culturale che la storica presenza italiana ha lasciato all’Egitto.
Il lascito linguistico degli italiani in Egitto
L’eredità che una comunità straniera lascia in un Paese dove si è insediata, è complessa e va esaminata nei suoi diversi aspetti che riguardano lo stile di vita, le maniere di intrattenere i rapporti umani, le abitudini culinarie, il modo di presentare la propria Patria con la sua lingua e la sua cultura: qui viene preso in esame solo l’aspetto linguistico.
Nel nostro caso la presenza italiana in Egitto non fu mai volta ad imporsi nella società ospitante, ma piuttosto a integrarsi al suo interno, lasciando segni indelebili, come si desume dall’utilizzo di alcune parole italiane nel linguaggio quotidiano, rimodellate sul suono della lingua araba-egiziana.
Non a caso, lo ricordava Angelo Sammarco già nel 1939, quando scriveva che:
«Fra tutte le lingue europee, l’italiana certamente ha prestato il maggior numero di parole all’arabo moderno in Egitto, parole che hanno conservato la loro pronunzia ed il loro significato originale con piccolo o nessun cambiamento. Il fatto che un sì grande numero di parole italiane esista ora nell’arabo, dimostra che gli italiani furono i primi ad introdurre la civiltà moderna europea in Egitto» [6].
Questo fenomeno, che testimonia la profondità dell’interazione culturale tra le due nazioni, trova un interessante riscontro nelle ricerche dell’OIM (Osservatorio degli Italianismi nel Mondo). L’OIM, infatti, si dedica allo studio e alla documentazione di come le parole italiane siano state adottate e adattate nelle diverse lingue del mondo, tra cui l’arabo egiziano, offrendo così un quadro più ampio e sistematico di questo fenomeno linguistico.
L’Osservatorio che include due importanti progetti dedicati al censimento degli italianismi nel mondo: il Dizionario di italianismi in inglese, francese e tedesco, diretto da Harro Stammerjohann e il progetto di un’opera sull’italiano nel mondo, commissionata nel 2004 dall’editore Utet a Luca Serianni, famoso linguista prematuramente scomparso nel 2022, dal 2014 viene inserito tra i progetti strategici dell’Accademia della Crusca all’interno del portale Vivit (una banca dati di materiali dedicati alla lingua e alla cultura italiana, soprattutto fuori d’Italia) con l’obiettivo di documentare le parole e le espressioni italiane che sono entrate a far parte di altri idiomi. Di facile ed intuitivo utilizzo, il sito è provvisto di una banca dati altrettanto chiara nell’accesso. Infatti, avvalendosi della funzione “Cerca una risorsa bibliografica nella banca dati”, ciascuno può scegliere la lingua straniera di proprio interesse, e ottenere una lista di libri e di ricerche specifiche sugli italianismi presenti nella lingua prescelta.
Nel caso dell’arabo classico e dell’egiziano, anche se l’unica fonte ottenuta fa riferimento al libro di Guido Cifoletti (Prestiti italiani nel dialetto del Cairo, stampato del 1986 e ristampato nel 2003), abbiamo tuttavia una importante matrice per indagare come l’italiano abbia lasciato un’impronta significativa nel linguaggio egiziano quotidiano.
Da precisare che l’Osservatorio non serve solo a documentare i processi intervenuti, ma è anche funzionale allo studio dell’influenza culturale italiana esercitata all’estero, sollecitando a tal fine le collaborazioni accademiche e organizzando appositi seminari [7].
Ed è forse, proprio richiamando all’ attenzione gli aspetti storici che illustrano il dinamismo esercitato all’estero dalla nostra lingua, che si può e si potrà contribuire a rinforzare le motivazioni per non far venire meno tale vitalità, ancora da stimolare oltre che da approfondire.
Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre 2024
Note
[1] Salvetti Patrizia, “Le scuole italiane all’estero” in Storia dell’emigrazione italiana, II, Arrivi, a cura di Bevilacqua Piero, De Clementi Andreina, Franzina Emilio, Donzelli Editore, Roma, 2001: 535.
[2] Moricola Giuseppe, “Tra politica e affari: la comunità italiana in Egitto tra ’800 e ’900” in Moricola, Giuseppe e Clemente Alida, Tra economia e politica: gli scambi tra il Nord e il Sud del Mediterraneo in una prospettiva storica, Storia Economica, n. 1, Ed.ni Scientifiche italiane, Napoli, 2018: 40.
[3] Secondo gli ultimi dati AIRE (2022), gli italiani residenti all’estero sono 5.933.418. In Egitto ci sono 5783, registrando una leggera crescita rispetto al 2017, dove si registravano 5086 connazionali.
https://ucs.interno.gov.it/ucs/contenuti/Anagrafe_degli_italiani_residenti_all_estero_a.i.r.e._int_00041-8067961.htm
[4] La crescita numerica degli egiziani in Italia può essere agevolmente seguita sul Dossier Statistico Immigrazione curato e edito dal Centro Studi e ricerche Idos, che dai primi anni ’90 del secolo scorso fino ad oggi riporta e commenta tutti i dati statistici sugli immigrati in Italia in un rapporto annuale, pubblicato per consuetudine alla fine del mese di ottobre.
[5] Facendo un riferimento agli anni Cinquanta del XUX secolo, va ricordato un ulteriore passo in avanti, perché il Comitato del Carro della Dante” aprì il Conservatorio di musica classica “Claudio Monteverdi”, che formò alcuni dei professionisti, entrati poi a far parte dell’Orchestra sinfonica dell’Opera del Cairo.
[6] Sammarco, Angelo, In Egitto, Tipografia Ed.ni Italia, Roma, 1939: 125.
[7] https://www.italianismi.org/fonti/179
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Zenab Ataalla, ricercatrice e giornalista freelance italo-egiziana da sempre interessata al tema dei diritti umani, questioni di genere, migrazioni e l’incontro tra culture diverse. Da ultimo ha perfezionato questa sua impostazione con la partecipazione al Master in economia, diritto intercultura e migrazioni (MEDIM) dell’Università di Roma Tor Vergata e ha iniziato a pubblicare alcune delle sue ricerche.
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