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Il contributo di Luigi Maria Lombardi Satriani alla vita culturale napoletana

Luigi Lombardi Satriani

Luigi Lombardi Satriani

per Luigi

di Gianfranca Ranisio

Scrivere in memoria di Luigi dà una grande tristezza, perché avviene poco dopo la sua scomparsa, in sua assenza, quando non ci si può più confrontare direttamente con Lui, come avveniva di consuetudine. Ritornare ora su episodi, momenti, esperienze di ricerca e di vita, induce però a riflettere non solo sulla sua figura scientifica ma anche sulle sue straordinarie doti umane, sulla sua capacità di formare incutendo serenità nel lavoro ma al contempo educando a leggere la complessità del reale; per questo molti di noi hanno riconosciuto in Luigi un punto fermo, come solo i grandi Maestri sanno essere.

In questi giorni molto è stato scritto da allievi e amici, pagine di riflessioni intense, cariche di emozioni e pathos e molto ancora sarà scritto in occasione di pubblicazioni e convegni. In questo mio contributo vorrei limitarmi a parlare della presenza di Luigi nel contesto napoletano, presenza che è andata ben oltre gli anni di effettivo insegnamento.

Vorrei perciò partire da alcune riflessioni a caldo scritte da alcuni suoi ex-studenti, ora con i capelli grigi o bianchi, che seguirono le sue lezioni negli anni 1974-77, anni in cui Luigi tenne l’insegnamento di Antropologia Culturale nell’università di Napoli Federico II, presso il corso di laurea in Sociologia. Alcuni di loro in questi giorni, anche con dei post su fb, hanno sentito il dovere di sottolineare il legame che si era creato con Lui, a partire dalla frequentazione alle sue lezioni più di quarant’anni fa o dalla lettura dei suoi testi per l’esame. Essi hanno sentito l’esigenza di ricordarne la figura di “gigante”, di “grande” di “riferimento fermo” nella propria formazione, parlando di “perdita irreparabile”, di ricordi “incancellabili”.

Effettivamente con il suo arrivo in ateneo l’antropologia culturale ha acquisito un ruolo e un’importanza fondamentale nella formazione di quei giovani, che avrebbero poi intrapreso il lavoro di sociologi. Gli studenti erano desiderosi di confrontarsi criticamente con i problemi sociali, avvertivano l’esigenza di analisi approfondite che affrontassero le trasformazioni della società italiana e l’antropologia forniva loro gli strumenti per formulare domande.

A Napoli Luigi arrivava avendo all’attivo opere importanti, che avevano suscitato una vasta eco nel dibattito culturale degli anni Settanta: Il folklore come cultura di contestazione (1966), Antropologia culturale e analisi della cultura subalterna (1968), Folklore e profitto. Tecniche di distruzione di una cultura (1973), Menzogna e verità nella cultura contadina del Sud (1974) e che lo collocavano all’interno di un pensiero meridionalista di impegno e passione civile.

La seconda metà degli anni Settanta è stato un periodo importante per la giovane antropologia italiana seguita con molto interesse soprattutto dai più giovani, che volevano rapportarsi alla cultura popolare nelle sue varie forme. Questo sentimento di ammirazione profonda che aveva suscitato nei giovani trovava rispondenza in Luigi che ogni volta che si trovava a parlare in pubblico a Napoli, raccontava questo periodo della sua lunga carriera di docente e quelle aule stracolme non per una sorta di captatio benevolentiae ma perché anche per lui quegli anni di insegnamento avevano rappresentato una fase importante della vita.

Ricordo ancora le aule molto affollate, le domande e gli interventi degli studenti durante le lezioni e i seminari, nel corso dei quali spesso la lezione si apriva al confronto con gli esponenti del mondo culturale napoletano e non solo, intrecciando discipline e prospettive di ricerca differenti. Luigi amava il confronto, a questo si devono le numerose lezioni congiunte con de Masi, gli incontri con gli storici, tra cui D’Agostino, Galasso e Lepore. Egli credeva in un’università che dovesse aprirsi, uscire dall’accademia. Come un antesignano di quella che oggi è definita Terza missione, promuoveva l’esperienza di lezioni itineranti, condotte nei territori di provenienza degli studenti, favorendo il rapporto università-territorio.

9788869165917_0_536_0_75La società napoletana era attraversata da profondi cambiamenti: erano gli anni della giunta Valenzi, il primo sindaco comunista nella storia della città e vi era un forte movimento di sinistra che era stato attivo in varie occasioni, tra cui il colera del 1973. In questo clima di vivacità culturale, Lombardi Satriani proponeva un percorso unitario che inglobasse folklore e antropologia culturale in un unico campo di studi, che fosse basato su analisi rigorose delle specificità del presente, ma che tenesse conto dei contributi degli studiosi che ci hanno preceduto.

Nel lungo percorso universitario e politico Luigi ha ridato dignità alla cultura popolare sottraendola alle ambiguità di un folklorismo ancora diffuso e con essa a quelle classi di cui era espressione, guardando ad essa nella sua totalità e quindi non solo al mondo contadino. Questo è un aspetto che mi preme sottolineare, se il paese era nel suo cuore, “il paese da cui partire, per poi ritornare” egli prestava attenzione anche alla realtà urbana. Sotto la sua guida furono avviati progetti e indagini sulla cultura popolare napoletana e sulle modalità che assumevano in Campania i rituali, sia i grandi riti cerimoniali, che le forme della devozione nel quotidiano.

La necessità di analisi rigorose e ben documentate è più volte ribadita anche nel saggio, scritto assieme a Mazzacane: Per un’analisi della cultura folkloristica campana (1976) nel quale sono esplicitati chiaramente l’intento di combattere gli stereotipi che circolavano su Napoli e la necessità di analizzare il materiale folklorico andando oltre la visione bozzettistica e pittoresca, tenendo conto delle profonde trasformazioni di questa realtà e del rapporto tra classe e cultura.  

In questo spirito, proprio per opporsi al bozzettismo e al pittoresco che contraddistingueva gli scritti sulla città, nella seconda metà degli anni Settanta dalla cattedra di Antropologia Culturale dell’università di Napoli Federico II, presso cui sia Lello che io svolgevamo la nostra attività di ricerca, furono avviate indagini su tematiche specifiche, tra le quali la religione popolare urbana, il teatro popolare, la camorra, confluite poi in tesi di laurea e in pubblicazioni, poiché una caratteristica di Luigi era quella di incoraggiare i suoi allievi ad aprire e a  seguire nuove piste di ricerca, mettendo con generosità a disposizione il suo patrimonio di conoscenze non solo antropologiche ma che spaziavano nei vari campi del sapere .

Riti di Sangui

Riti di penitenza  a Guardia Sanframondi

All’interno delle attività di cattedra, nel 1975 era stata impostata e progettata la ricerca CNR, da lui coordinata, sui Riti settennali di penitenza in onore della Madonna Assunta a Guardia Sanframondi, riti che si protraggono per tutta la settimana, dal lunedì successivo al 15 agosto sino alla domenica. Facevo parte dell’équipe di ricerca assieme a Lello Mazzacane e a una troupe della RAI, venuta lì per registrare il documentario. Nel periodo di soggiorno sul campo avevamo frequentemente riunioni di lavoro per comunicarci l’andamento della ricerca e discutere delle tematiche che stavano emergendo e dall’osservazione partecipante e dalle interviste. In queste occasioni Luigi ci sollecitava a cogliere il significato profondo della flagellazione e l’irrinunciabilità a essa, che accomunavano i componenti della comunità, in netta contrapposizione polemica con le valutazioni esterne prevalentemente di segno negativo, ponendo in evidenza come proprio queste valutazioni tendessero ad attivare il meccanismo di rafforzamento dell’identità  del noi, di riaffermazione della propria autonomia rispetto a chi è esterno alla comunità. Accanto al tema dell’identità, emergeva il tema del sangue, che già allora Luigi seguiva con interesse e che sarebbe stato al centro di altre sue rilevanti ricerche, tematica di cui non si può dare conto in questa sede e che richiede una trattazione ben più ampia e articolata. 

femminielli_eugenio_zito_paolo_valerioA Napoli, la città capitale del sud, nella quale aveva compiuto gli studi universitari e trascorso gli anni della gioventù, lo univa un legame particolare; per questo dopo gli anni di insegnamento alla Federico II,  vi era  tornato in più occasioni, per convegni, seminari e anche durante la sua attività parlamentare, in quanto relatore per la Commissione Antimafia della Relazione sulla Camorra nella XIII Legislatura, una relazione che non aveva avuto l’attenzione che meritava, per i forti contrasti politici che aveva suscitato.

Ha mantenuto i rapporti con ex-allievi e amici accogliendone i testi nelle collane editoriali da lui dirette e coinvolgendoli in progetti di ricerca, come quello sui Pellegrinaggi che ha dato poi esito nel 2000 alla pubblicazione Santità e tradizione. Itinerari antropologici-religiosi nella Campania di fine millennio. Ha scritto con Domenico Scafoglio, Pulcinella. Il mito e la storia (1992, ripubblicato nel 2015), uno studio accurato sulla maschera simbolo della città, ripercorrendo la storia nel teatro e nelle tradizioni popolari. Ha scritto la prefazione ad alcuni lavori, riprendendo tematiche che continuavano a sollecitare la sua curiosità intellettuale, come nel caso dei femminielli napoletani, Genere: femminielli. Esplorazioni antropologiche e psicologiche (a cura di Eugenio Zito e Paolo Valerio) uscito nel 2013 e poi ripubblicato in versione aggiornata ed ampliata nel 2019 (presto disponibile anche in edizione spagnola e inglese) con il titolo Femminielli. Corpo, genere, cultura, che contiene tra l’altro un testo di Pino Simonelli, studioso prematuramente scomparso, che era stato suo collaboratore negli anni Settanta. 

51tiy2ffvvlHa continuato ad essere presente nel dibattito culturale napoletano ed è tornato a insegnare, dopo la parentesi parlamentare, dal 2000 al 2015, presso l’Università Suor Orsola Benincasa rivolgendo il suo insegnamento ad altre generazioni di studenti. A Napoli ha dedicato quello che è stato – credo – il suo ultimo lavoro di ricerca etnografica, dedicato al culto di San Gennaro, pubblicato nel volume con Maricla Boggio San Gennaro. Viaggio nell’identità napoletana (2014).

Dal 2020 Luigi ha fatto parte del Comitato Scientifico Promotore per l’iscrizione del “Culto e Devozione di San Gennaro a Napoli e nel Mondo” nella Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity, Unesco. Nella ricerca che voleva essere anche un suo tributo e un suo personale modo di esprimere la sua partecipazione alla vita della città, egli ha inteso fornire una chiave di lettura del culto di San Gennaro e dell’identità napoletana con un’esplorazione, che è un viaggio attraverso i riti e i simboli del culto. L’interesse per San Gennaro e per il suo miracolo è presente già negli anni napoletani del suo insegnamento; questo testo rappresenta perciò la continuazione ideale di un percorso importante e significativo, che intreccia il tema del sangue e delle sue valenze simboliche con quello dell’identità napoletana. 

Luigi è consapevole che l’identità è di per sé un tema complesso e ancor di più lo è l’individuazione di un’identità che accomuni una popolazione quale quella napoletana, per la quale non sono mancati stereotipi e caratterizzazioni semplificatrici. Scopo del lavoro è perciò porre in evidenza come, attraverso il culto di San Gennaro e l’organizzazione del cerimoniale, si venga a formare una communitas di cui il santo è simbolo e per la quale è produttore di omogeneità; per questo anche le forme di espressività popolari rilevabili nelle varie fasi dei riti, sono collocate all’interno di un contesto più ampio che coinvolge le gerarchie ecclesiastiche e politiche della città, ponendo in evidenza la coralità del culto.

413jzxeyj9l-_sx359_bo1204203200_Egli rileva come la mancanza di connotazioni storicamente fondate abbia consentito di inserire nella storia del santo elementi che potessero caratterizzarlo come aderente alla città, figura simbolo di protettore capace di intervenire nelle difficoltà dell’esistenza, proteggendo i napoletani e la città da eruzioni, peste, terremoti, guerra. In questo senso il culto e la devozione per S. Gennaro rappresentano la risposta a un bisogno di identità della città, che si costituisce in comunità. Attraverso la descrizione etnografica analitica e puntuale, che dà conto sia delle interviste realizzate a testimoni privilegiati e a devoti, sia dell’osservazione partecipante condotta nella Cattedrale e nelle strade di Napoli, emergono ruoli e funzioni specifiche distribuite tra laici e religiosi.

Rispetto al prodigio della liquefazione, la posizione di Luigi è rispettosa: ha verificato di persona il prodigio, non intende schierarsi dalla parte di chi sostiene “miracoloso tale evento”, né all’opposto “un imbroglio”, ma piuttosto ritiene sia importante accettarlo come «constatazione della realizzazione di un evento inspiegabile, a partire dal quale un numero cospicuo di persone […] si accosta a una dimensione di fede». San Gennaro rappresenta per queste persone sicurezza, conforto, speranza (ivi:143).

Avevo già avuto modo di cogliere questo profondo rispetto dinanzi alla dimensione del sacro, nella ricerca condotta a Guardia Sanframondi, ma ho avuto modo di notarlo direttamente ancora una volta nella Cappella del Tesoro davanti alle reliquie di San Gennaro.  Il senso del sacro è perciò fortemente presente nel suo pensiero, la sacralità è per lui una dimensione della vita stessa, si inserisce nella dialettica vita-morte.  Pertanto, davanti al mistero, ritiene necessaria la sospensione del giudizio.

Questo ricordo rappresenta solo un modesto contributo allo sforzo di ricostruire la complessità della figura di Luigi, la vastità dei suoi interessi, la sua capacità di creare legami scientifici e amicali.  Luigi mi ha insegnato molto, a essere rigorosa nelle analisi, a produrre ricerche scientificamente fondate, ma mi ha anche insegnato che c’è uno “spazio sacro” da considerare nella sua dimensione più profonda, avvicinandosi ad esso con rispetto, tenendo conto del significato che assume per i devoti e per la comunità. 

Dialoghi Mediterranei, n. 56, luglio 2022
 Riferimenti bibliografici 
Lombardi Satriani L.M. (1967), Il folklore come cultura di contestazione, Palermo, Peloritana Editrice.
Lombardi Satriani L.M. (1973), Folklore e profitto. Tecniche di distruzione di una cultura, Rimini, Guaraldi  
Lombardi Satriani L.M. (1974), Antropologia culturale e analisi della cultura subalterna, Rimini, Guaraldi.
 Lombardi Satriani L.M. (1974), Menzogna e verità nella cultura contadina del Sud Napoli, Guida.
Lombardi Satriani L. M., Mazzacane L. (1976), Per un’analisi della cultura folkloristica campana, in M. Donzelli, a cura di, Storia, arte e cultura della Campania, Milano, Teti: 357-395.
Lombardi Satriani L. M., a cura di (2000), Santità e tradizione. Itinerari antropologici-religiosi nella Campania di fine millennio, Roma, Meltemi.
Lombardi Satriani L. M. (2013), I femminielli napoletani, tra realtà storica, immaginario e memoria. Prefazione, in Zito E., Valerio P., a cura di, Genere: femminielli. Esplorazioni antropologiche e psicologiche, Napoli, Dante & Descartes.
Lombardi Satriani L.M., Boggio M. (2014), San Gennaro. Viaggio nell’identità napoletana, Roma, Armando.
Scafoglio D., Lombardi Satriani L. M (2015), Pulcinella. Il mito e la storia, Napoli, Guida (I ediz. 1992).

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Gianfranca Ranisio, docente di Antropologia Culturale, vicepresidente della SIAM (Società Italiana di Antropologia Medica) e coordinatrice dei due master sociosanitari del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli Federico II, si occupa da anni di tematiche di antropologia medica, soffermandosi sia sui processi di medicalizzazione connessi alle tappe biologiche femminili, che sulle trasformazioni che stanno caratterizzando la medicina generale nell’ultimo decennio. Tra i vari saggi pubblicati: Venire al mondo. Pratiche, credenze e rituali del parto, 1998; Quando le donne hanno la luna. Credenze e tabù, 2006; e in curatela: Culture della nascita. Orizzonti della maternità tra saperi e servizi, 2012; Salute, formazione, territorio, 2014 e Rete, innovazione, cronicità, 2016.

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