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Il potere dell’arte e l’arte del potere

copertina di  Giuseppe Modica

Roberto Gramiccia, medico, appassionato ed attento collezionista, studioso di formazione marxista, con uno sguardo ampio a 360 gradi, curatore di importanti mostre, è stato critico d’arte del quotidiano Liberazione ed è autore di diversi libri sull’arte contemporanea. Ricordiamo fra gli altri i recenti Fragili eroi e Slot art machine.

Il nuovo, ultimissimo, volume, Arte e potere. Il mondo salverà la bellezza? (Ediesse editore, 2014), con prefazione del filosofo Alberto Burgio e postfazione dello storico dell’arte Claudio Strinati, è stato  di recente presentato, con grande successo, al Museo di Arte Contemporanea di Roma MACRO ed all’Accademia di Belle Arti.

Vi si  indaga il rapporto che da sempre intercorre tra arte e potere. Sostiene Gramiccia che nonostante le regole e i condizionamenti imposti dal potere, l’arte nei secoli è riuscita a salvaguardare la sua autonomia ed il suo valore poetico espressivo. Oggi, però, sembra che il potere, nella odierna fisionomia di capitalismo finanziario globalizzato, metta a rischio il concetto di valore e qualità dell’arte che abbiamo conosciuto attraverso i secoli.

«Il saggio – ha scritto Claudio Strinati – ha l’ambizione di tracciare un panorama ampio ed esaustivo della situazione attuale dell’arte. Il proposito è ambiziosissimo ma l’autore ha alle spalle una solida attività di critico militante che gli permette di spostarsi adesso sul piano dell’estetica generale e della sociologia, per tentare di definire un quadro organico di un universo culturale immenso e variegato, senza venir meno alla coerenza della sua parabola ricca di contributi veramente significativi e validi».

Parafrasando la celebre asserzione di Dostoevskij  “la  bellezza salverà il mondo” sappiamo che, purtroppo, la bellezza non è riuscita a salvare il mondo, Gramiccia si chiede se oggi, alla luce delle contraddizioni contemporanee dell’ultracapitalismo finanziario, il mondo riuscirà a salvare la bellezza. La ipermercificazione, la spettacolarizzazione senza precedenti associata alla ipercomunicazione non rischiano di stravolgere e snaturare il senso profondo dell’arte, la cui verità espressiva richiede invece misura, ritmo, qualità formale, silenzio e contemplazione e  tempo lungo di meditazione?

foto1In verità, sembra, che in una certa parte dell’arte contemporanea, escluso come sempre le eccezioni, venga sospeso ed eluso ogni giudizio di qualità artistica in quanto la cosa che più interessa in maniera esclusiva è il suo valore di titolo finanziario. L’artisticità è qualcosa di opzionale ed un elemento aggiunto, non una qualità primaria ed intrinseca e viene attribuito e conclamato dal valore economico, confermato ed ufficializzato nelle battute d’asta. Paradossalmente l’oggetto d’arte diventa opera d’arte per il valore finanziario che assume. Si sono mescolate le carte e si è rotto quel sistema che in linea di massima aveva una precisa corrispondenza tra il valore in sé dell’opera ed il suo conseguente valore economico. Ciò accade da circa trent’anni a questa parte e coincide con il venir meno del dibattito culturale, la progressiva scomparsa della critica militante, delle gallerie d’arte intese nella loro autonoma funzione editoriale di proposta e scelta artistica.

Sembra che questa assenza, il vuoto di pensiero e di esercizio critico, accompagnato dalla mutazione dell’informazione televisiva e dal trionfo della cosiddetta audience, hanno consolidato questa soglia amorfa di indifferenza con l’acquiescenza di  un potere cinico e spregiudicato, che con le sue collusioni si allontana sempre più dalle ragioni fondanti della società civile. Oggi siamo all’epilogo di trent’anni di lenta devastazione, che ha contribuito alla formazione della mostruosa crisi economica alimentata da indifferenza ed insipienza civile e culturale. L’assenza di valore culturale e di pensiero critico può generare solo mera speculazione finanziaria, che ha lo scopo di usare l’arte in funzione strumentale. Solo il valore etico e civile della bellezza, della cultura e dell’arte può darci l’energia e la ragione per una ripresa, rinascita e progettazione del futuro. Come non essere d’accordo?

Dialoghi Mediterranei, n.11, gennaio 2015

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Giuseppe Modica, nato a Mazara del Vallo nel 1953, studia all’Accademia di Belle Arti di Firenze, nel 1986-87 si trasferisce a Roma, dove attualmente vive e lavora ed è titolare della cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti. Autore “metafisicamente nuovo” occupa un posto ben preciso e di primo piano nella cultura pittorica contemporanea. Ha esposto in Italia e all’estero in prestigiose retrospettive e rassegne museali, apprezzato da critici come M. Fagiolo, C.Strinati, Janus, G.Giuffrè, V. Sgarbi, M.T. Benedetti, M.di Capua, G.Simongini, S.Grasso, F. Gallo, F.Gualdoni, S.Troisi, A.Gerbino, R.Gramiccia, e da letterati come L. Sciascia, A.Tabucchi, G. Soavi, M. Onofri, R.Calasso. Attualmente si può visitare una mostra personale dal titolo La Luce di Roma, a cura di Roberto Gramiccia, presso la Galleria La Nuova Pesa di Roma, aperta fino al 10 Gennaio 2015.

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