Sintesi di diversità, ecco cosa sono: sono una sintesi di diversità. Due è il numero minimo delle diversità, uno e l’altro diversi, due vite insieme, non parallele ma convergenti in una sola unità. Tutto ciò che ho fatto nella mia vita l’ho fatto guardando alle mie origini: quella palermitana e quella tunisina. Le mie diversità, Tunisi e Palermo, vivono in tutte le mie scelte. Madre tunisina e padre palermitano. Le due culture, queste sono il “mio due”.
La sintesi perfetta nella mia vita si esprime nella musica, fedele compagna anche dei miei studi, ed è curioso pensare che proprio mia nonna, quella tunisina, scelse per me, quando io ero poco più di una bambina – avrò avuto circa due anni – il nome arabo di Najmah. Che significa melodia. Proprio tramite questa mia nonna ho conosciuto la musica araba.
Ciò che unisce sempre di più queste due mie culture è la curiosità, fin da piccola sono stata curiosa di scoprire cose nuove, e questo mi ha condotta a studiare per imparare, ma ancor di più a conoscere gente nuova. Ho affrontato con piacere un viaggio dentro alcune storie di vita. Ho scoperto tanto e ho conosciuto molti tunisini che vivono nella mia città, Palermo e che hanno realmente vissuto la Tunisia come fecero i miei nonni, mia madre e i miei zii.
Il filo conduttore della mia ricerca/viaggio è stata la musica, in tutte le sue forme e in tutti i suoi stili. Dalla musica tradizionale araba a quella più commerciale che si ascolta tutti i giorni, magari la sera per rilassarsi o durante la pausa dal lavoro o dallo studio.
Nel mondo arabo e per mondo arabo, nella mia ricerca, intendo il Maghreb, non si può, o meglio, è difficilissimo distinguere musica tradizionale e musica religiosa. L’Islam è religione di Stato, dunque la presenza della tradizione musulmana è forte e pervasiva in ogni ambito. Come musica tradizionale si intende quella trasmessa oralmente e tipica di un luogo, in questo caso il Maghreb. Il genere più importante, che anche a Palermo trova larga espressione, è il madhi di stampo religioso in cui si elogia il Profeta e la sua famiglia. Lo schema è sempre lo stesso: un cantante accompagnato dal coro che prevede un minimo di 8 a un massimo di 16 coristi, tutti uomini. Il coro canta all’unisono, cioè tutti insieme nello stesso momento. Coro e corista sono accompagnati solo dalla batteria. Il coro canta il ritornello e il solista improvvisa le risposte al coro, attraverso variazioni o rielaborazioni del ritornello. L’improvvisazione è tipica della musica dei Paesi arabo-musulmani. Si ha modo di ascoltarla durante tutte le feste religiose, delle volte nelle famiglie c’è qualcuno che si improvvisa cantore e magari senza accompagnamento musicale oppure con una chitarra, strumento più facile da avere in casa.
Altra musica importante nel mondo islamico è il tartil, che in realtà non è un genere musicale ma un modo melodioso e recitato di leggere il Corano, con eguale lenta cadenza e una chiusura delle frasi con un ornamento vocale, come un vocalizzo appunto.La lettura si sviluppa per gradi congiunti entro un ambito di quattro unità, articolate secondo precisi movimenti del corpo. Un modo funzionale a memorizzare meglio i versetti. Questo modo, quasi parlar/cantando, è tipico della religione, infatti molto simile è il richiamo alla preghiera sul minareto del muezzin L’adhān è un altro modo molto cantilenato di richiamare i fedeli alla preghiera.
Tornando alla musica vera e propria, quella popolare utilizza un linguaggio dialettale. La parte della orchestra più ricca è quella ritmica perché è prevalente la danza. Della musica popolare fanno parte non solo i madhi, ma anche i canti per i matrimoni: taʿlīla, e i canti che accompagnano le danze: zindālī. Qui si mescola sacro e profano. Gli strumenti impiegati per la musica popolare sono: ghayta zukra (oboe), mizwid (cornamusa), tbal (tamburo), darbūka (tamburo), bindīr (grande tamburo), qaṣba (flauto obliquo), fḥal (piffero), ṭabla (tamburo piccolo), Gnbrī (liuto a due corde).
La musica religiosa è presente in tutte le occasioni della vita e i canti sono assai popolari perché il Profeta è sempre presente nella vita di un musulmano. Il repertorio assume gli stessi modelli ritmici e melodici di quello profano e gli strumenti utilizzati sono gli stessi della musica popolare. Dunque questi generi, popolare e religioso, scandiscono la vita quotidiana di un musulmano fin dalla nascita tra preghiere, cerimonie e tempo libero. Quando viene alla luce un bambino si usa sussurrare al suo orecchio nato l’annuncio o invito alla preghiera الأذانal-aḍān. È il richiamo che il muezzin recita dal minareto della moschea.
Nella mia ricerca ho scoperto che i tunisini che vivono a Palermo non hanno del tutto perduto le loro tradizioni, anche se a dir la verità è un po’ più difficile mantenerle. Non hanno la possibilità di festeggiare tutte le ricorrenze religiose. L’unica che ha avuto maggiore risonanza e che vive anche a Palermo è la festa di fine Ramadan (عيد الفطر ,ʿīd al-fiṭr, festa del mangiare), che sancisce la fine del digiuno. In questa occasione, anche in Sicilia si possono sentire le musiche religiose come appunto gli ormai famosi madhi. Viceversa, pochi continuano ad ascoltare la musica popolare e quando viene eseguita lo si fa con un accompagnamento strumentale degli amici siciliani con tastiere o chitarre. Si registra pertanto una sorta di contaminazione tra musica popolare araba e strumenti occidentali. Tra i giovani tunisini e palermitani si è creata una interessante e originale mescolanza fra culture musicali diverse appartenenti alle rispettive tradizioni.
Tra tutti i tunisini che ho incontrato, Leila è di certo quella che non ha abbandonato le sue tradizioni musicali. È un esperta di musica. In Tunisia studiava canto e a Palermo ha proseguito i suoi studi, ha iniziato a conoscere il genere jazz e in particolare l’esecuzione vocaledei canti. Mi ha raccontato le difficoltà incontrate, dal momento che stili e tecniche sono molto differenti. Importante nella musica araba è l’improvvisazione e un brano può durare anche più di due ore a seconda di quante variazioni decide di fare il cantante; la decisione spetta solo a lui o è dettata dalla reazione del pubblico, e l’orchestra deve essere in grado di sostenere chi improvvisa. Per quanto riguarda la musica che ascoltava in Tunisia, a Palermo non trova molto, nemmeno con l’aiuto di internet; si fa dunque spedire dei cd dalle amiche rimaste nel Paese d’origine.
Leila e la sua famiglia non hanno perso le loro tradizioni, le hanno solo arricchite con elementi di cultura occidentale, così come tanti altri tunisini, come per esempio Selim, un ragazzo che non vive a Palermo ma in Francia, da circa quindici anni viene in Italia per le vacanze dato che la sua compagna è palermitana. Anche lui è biculturale: padre tunisino e madre francese. Quando viveva in Tunisia non festeggiava nessuna ricorrenza religiosa né araba musulmana né francese cattolica, però per la fine del Ramadan andavano a casa dei nonni paterni a festeggiare.
A guardar bene, la musica scandisce il ritmo della vita non solo degli arabi ma di tutti noi in qualsiasi parte del mondo. Solo che nella cultura araba la stessa musica scandisce i ritmi della vita sacra e di quella profana, è presente in ogni momento come il loro profeta Maometto Muḥammad. La musica può alleggerire le giornate rendendole meno pesanti dalla fatica o magari accompagnarci, proprio, durante la fatica. È un linguaggio universale e con i nuovi mezzi di comunicazione non è difficile poter avvicinarsi a musiche diverse rispetto alla propria cultura. Quella araba merita, secondo me, un’attenzione particolare perché molto differente da quella a cui siamo abituati, quello a cui le nostre orecchie sono state educate.
Sappiamo ancora molto poco del mondo musicale arabo, degli strumenti musicali tradizionali, non sappiamo se esistono musiche da lavoro o brani particolari per determinati impegni giornalieri. Sappiamo poco del modo tartil di fare tecnicamente musica, sappiamo ancora meno del classico urlo berbero zalghouta che cambia nome a seconda delle città ed esprime la felicità delle donne per l’arrivo di un ospite gradito o per un momento particolare: per esempio in Tunisia lo si fa per il matrimonio della figlia, probabilmente anche in altre zone del Maghreb. Nei riti nuziali vengono suonati brani tradizionali, quasi tutti con tamburo, e si cantano brani popolari. Nel sud di Tunisi sono solo le donne a cantare, mentre a Sfax cantano tutti. In questa ricorrenza viene eseguito un genere musicale importato dall’Andalusia. chiamato Mālūf, con uso del liuto (ʿūd ), del tamburello (ṭār ), della viella (rebāb), del flauto obliquo (nāy).
La musica moderna diffusa in Tunisia e tra i tunisini in Sicilia, seppure esemplata su modelli occidentali, affonda le sue radici nella tradizione araba. Una cantautrice molto famosa si chiamava Feirus, è forse anche la più grande artista araba di tutti i tempi, insieme ad un’altra egiziana, di nome Khaoltum, ma i loro generi di musica erano diversi. Feirus era cristiana e eseguiva delle canzoni molto impegnate sul tema dell’identità e del nazionalismo arabo mediorientale. Un altro cantautore popolare, impegnato come Leiera, è Marcel Khalife, anche lui libanese. Conosciuto per le sue idee di sinistra (era comunista), cantava della lotta tra arabi ed israeliani a sostegno dei palestinesi. Un altro cantautore di origini egiziana, Sayed Mekawy, straordinario interprete della musica araba tradizionale, suonava il liuto e uno strumento che si chiama qanun, in pratica un’arpa orizzontale, con una sonorità un po’ più stridente. Assai diffuse sono anche le canzoni a testo ovvero canzoni d’autore: “chanson a texte” è un’espressione francese che vuol sottolineare il primato del testo, con un semlice e dimesso accompagnamento di chitarra. In francese erano popolari anche moltissime ninna nanne. Purtroppo non si trova nulla in Sicilia, perché non esiste un mercato. L’unica ninna nanna tunisina che si riesce a trovare, è la stessa che mia nonna mi cantava Dodo Ninette:
Sainte Élisabeth
Endormez moi cette enfant
Jusqu’à l’âge de vingtans
Quand vingt ans seront passés
Il faudra la marier
Dans une chambre pleine d’amandes
Un marteau pour lescasser
Dupain blanc pour les manger.
Santa Elisabetta
Fai addormentare questa bambina
Fino all’età di vent’anni
Quando saranno passati vent’anni
Si potrà sposare
In una stanza piena di mandorle
Un martello per romperle
E pane bianco da mangiare.
Le versioni che trovo, tutte tunisine, sono per lo più uguali, con piccole vaianti determinnte dalla trasmissione e circolazione orale. La musica araba e in particolar modo quella tunisina, è un ensemble di passione, tecnica e tradizione, ti coinvolge, ti attira e si fa amare come la sua terra. Impossibile rimanere indifferenti ai suoi colori e ai suoi ritmi. Ad essa vale la pena attingere per conoscerla e per conservarne sonorità e e bellezza. Perché siamo tutti un po’ sintesi di qualcosa e noi siciliani e tunisini lo siamo sicuramente degli arabi.
Altro genere di musica moderna, di moda negli ultimi anni, di evidenti origini occidentali, è il rap. Il rapper più famoso, che ha aperto la strada ad altri è El General, noto per le vicende della rivoluzione tunisina tra il 2010 e il 2011. Durante quei mesi di tumultuosa mobilitazione popolare fu infatti possibile eseguire pubblicamente molti generi musicali, come il rap, che durante il periodo del governo Ben Ali erano vietati. Per anni il popolo tunisino ha vissuto sotto un regime che guardava con sospetto alla musica di protesta: i giovani per tantissimo tempo furono costretti a incontrarsi di nascosto per creare musica o per ascoltarla, perché molti testi venivano censurati.
La sua canzone Rais Lebled del dicembre del 2010 è diventata l’inno della rivoluzione tunisina (tutti i suoi brani scritti prima di questo furono censurati dal regime di Ben Ali): per questa canzone fu arrestato nei giorni della rivoluzione, tre giorni dopo il suo arresto fu rilasciato ma obbligato a firmare una dichiarazione che non avrebbe più cantato testi di protesta. Solo alla caduta definitiva del regime le sue canzoni ebbero ampia diffusione tra il popolo tunisino e si affermarono in tutto il mondo arabo. Proprio perché vietato questo genere adesso prende sempre più posto nella vita dei giovani, soprattutto tra i giovanissimi.
Tra i tunisini che vivono a Palermo la musica più diffusa è principalmente quella che ascoltavano in Tunisia. Tra gli artisti più famosi troviamo quelli citati prima, come la cantante libanese Fairuz, ريف
chiamata la “Nostra ambasciatrice presso le stelle” (سفيرتنا إلى النجوم , safīratnā ila al-nuǧūm). La particolarità di questa artista, è quella di cantare su musiche di Mozart o Beethoven con testi inediti in lingua araba; Umm Kulthum أمّ كلثوم , chiamata la Signora del canto. Queste due artiste rappresentano i nomi più importanti della musica araba del XXI secolo. Storia a parte è quella del cantante algerino Chab Khaled che è molto famoso in tutti i Paesi europei, dove si trovano tutti i suoi cd. Più difficile è invece disporre a Palermo dei brani delle due cantanti. Gli artisti italiani più ascoltati, anche perchè abbastanza famosi anche nel Maghreb sono Laura Pausini, Gigi D’Alessio, Zucchero, Tiziano Ferro, Luciano Pavarotti, Eros Ramazzotti. Il panorama musicale italiano è molto più vasto. Tra i miei intervistati Leila e Selim hanno conosciuto e amato De Andrè, Guccini, Rino Gaetano, Antonella Ruggero.
In conclusione si può ritenere che i Tunisini che vivono a Palermo, anche per quello che riguarda la dimensione sonora, nel loro privato, non hanno affatto perso le loro tradizioni musicali, ma le hanno ampliate con quelle incontrate in Sicilia, inserendole nel loro quotidiano e facendole convivere in un più ampio respiro. Anche i Tunisini a Palermo, infatti, sono sintesi, una perfetta sintesi di qualcosa che loro stessi hanno creato mescolando musiche occidentali nelle feste musulmane.
Dialoghi Mediterranei, n.26, luglio 2017
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