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“La Voce del Muratore”, tra informazione e organizzazione sindacale

Prima pagina de La Voce del Muratore, n.66, 13/12/1910, Biblioteca Nazionale di Tunisia

Prima pagina de La Voce del Muratore, n.66, 13/12/1910, Biblioteca Nazionale di Tunisia

di Emanuele Venezia 

Introduzione 

In Tunisia durante il Protettorato francese vi era, com’è noto, una folta colonia italiana che alla vigilia della Prima Guerra Mondiale contava circa 90 mila persone (considerando anche i naturalizzati francesi) [1], in un Paese la cui popolazione ammontava a circa due milioni e mezzo di abitanti. Il movimento migratorio, all’origine di tale presenza di massa, si sviluppò a cavallo tra il 1861 e il 1911, la stragrande maggioranza di questi emigranti era di estrazione proletaria e contadina e proveniva dal Meridione (dalla Sicilia, dalla Calabria e dalla Sardegna in particolare).

La comunità italiana ebbe un forte impatto sulla società tunisina da un punto di vista economico e culturale; in particolare la sua élite, costituita da una borghesia mercantile che vantava un insediamento plurisecolare, essendo sostenuta politicamente ed economicamente dal governo italiano, contribuì alla formazione di una sorta di “Stato dentro lo Stato” con proprie istituzioni scolastiche, sanitarie, filantropiche, ricreative, culturali.

All’inizio del XX sec. le autorità francesi, nello sviluppo delle istituzioni e del potere coloniale, provarono a “contenere” se non a contrastare, questo “sistema-colonia” italiano concorrente: tramite, ad esempio, le politiche di naturalizzazione si provò in maniera artificiosa di far decrescere ufficialmente la popolazione italiana di Tunisia, accrescendo specularmente quella francese, oppure tramite nuove misure legislative si tentò di limitare l’esercizio di alcune professioni liberali, precedentemente praticate esclusivamente da membri della comunità italiana (in particolare per quanto riguarda avvocati, medici e farmacisti).

Queste problematiche che in passato sono state trattate e continuano ad essere oggetto di analisi dettagliate [2] non saranno da noi qui approfondite, essendo l’obiettivo di questo articolo principalmente l’analisi di una delle numerose pubblicazioni in lingua italiana ovvero La Voce del Muratore (LVM), una testata quindicinale proletaria o “redatta interamente da operai” come recitava il sottotitolo di ogni numero.

LVM ebbe una discreta longevità, infatti fu pubblicata a Tunisi dal 1907 al 1911, si inserisce nel filone di stampa italofona proletaria e sindacale che insieme a quella rivoluzionaria di taglio anarchico e comunista, ebbe un periodo prolifico in Tunisia tra la fine del XIX sec. e gli anni ‘40 del XX sec.

L’apripista di questo tipo di stampa fu il comunista-anarchico calabrese Niccolò Converti, che in Tunisia si dedicò all’agitazione e alla propaganda sia sindacale che politica per mezzo di alcune testate da lui fondate, una su tutte l’Operaio, sia intervenendo su testate italiane borghesi quali l’Unione o ugualmente proletarie e rivoluzionarie francofone quali l’Avenir Social. LVM era invece redatto da Giuseppe Natoli, ex compagno di Converti con cui entrerà in rotta di collisione, e di cui criticherà le teorie evidenziando le differenze politico-sindacali sopraggiunte tra i due proprio utilizzando le colonne del giornale.

In questo articolo procederemo ad un’analisi storico-politica dei numeri attualmente consultabili al fine di contribuire agli studi che hanno come oggetto la presenza italiana in Tunisia durante il periodo coloniale. 

img_20240205_124447Un giornale “sepolto” negli archivi 

La Voce del Muratore (LVM), quindicinale di quattro pagine fondato nell’aprile del 1907, è stato citato in alcune opere relative alla stampa italofona in Tunisia già a partire dagli anni ’80 [3] e nel decennio successivo [4]. Eccetto la pubblicazione di Rainero del 1982, non siamo riusciti a riscontrare tracce di consultazioni dirette dei suoi numeri sino al 2023. Probabilmente per quasi quattro decenni le copie del giornale conservate presso gli Archivi Nazionali di Tunisia e la Biblioteca Nazionale a Tunisi non sono state fruibili a causa delle loro pessime condizioni sicuramente sino al 2016 [5]. Solo recentemente è terminata l’opera di restauro di un piccolo campione di 17 numeri [6] sui circa 130 totali, rendendo finalmente possibili spoglio e preliminare scrutinio di questa testata.

Nonostante questo campione sia circoscritto, esso contribuisce ad arricchire la conoscenza su diverse questioni, quali ad esempio: la dimensione di tale settore specifico del proletariato italiano in Tunisia (muratori e manovali che secondo il giornale in quel periodo ammontavano a 2.000 unità) che ricoprì un ruolo fondamentale nella costruzione delle infrastrutture del Protettorato; le condizioni di lavoro e di sfruttamento dei muratori italiani ma anche di altre categorie lavorative; la composizione etnica del patronato, i metodi di lotta e il livello organizzativo dei muratori; oltre che a fornire alcune informazioni specifiche sulle istituzioni italiane in Tunisia, sulla distribuzione geografica sia dei proletari italiani che delle imprese costruttrici nel Protettorato e così via.

Inoltre dalle pagine del giornale stesso si evince che in realtà LVM non era un semplice periodico ma una vera e propria organizzazione sindacale di massa, dotata di iscritti (se ne riportano oltre 800), di una struttura e una vita interna con almeno due riunioni mensili e sedi dislocate sul territorio oltre a quella della redazione di Tunisi (sicuramente a La Goulette, a Sfax e a Beja), vi era inoltre la figura del “presidente” ricoperta inizialmente da Giuseppe Natoli, l’ex compagno di Niccolò Converti con il quale aveva animato i grandi scioperi del 1904 in Tunisia.

foto-39In una recente pubblicazione, Gabriele Montalbano definisce LVM come organizzazione “ibrida”, a metà tra organizzazione sindacale e giornale, e indica tale forma quale la più conveniente pragmaticamente per aggirare il divieto alla formazione dei sindacati da parte del Protettorato [7]. L’organizzazione già dal primo anno di vita si allargherà anche ad altre categorie di lavoratori ed in particolare ai falegnami e ai pastai, formando organizzazioni sorelle e federate, inoltre i falegnami sotto la direzione de LVM daranno vita ad una cooperativa, mentre i pastai fonderanno l’organo La Voce del Pastaio il cui presidente sarà sempre Natoli. In alcuni numeri si informa anche della nascita di altri giornali “fratelli” come: L’Operaio Indipendente [8], Il Grido del Lavoratore e Democrito [9]. Tutto ciò lascia presupporre l’esistenza di una complessa rete organizzativa di tipo sindacale diretta dal Natoli.

Nei numeri del periodico da noi consultati si esprimeva solidarietà anche alle “sartine” [10] e alle vedove dei lavoratori «costrette a lavorare per le ricche signore per la misera paga di 1,30 franchi» [11]. In base ai numeri attualmente disponibili per la consultazione, sembra che si possa dividere l’organizzazione in tre periodi o fasi: il primo periodo sotto la presidenza diretta di Natoli (maggio 1907-ottobre 1908); il secondo sotto la presidenza di Giuseppe Sorrentino, in cui Natoli continuò a svolgere un ruolo di spicco, ed in cui la linea politico-editoriale rimase inalterata (novembre 1908 – ottobre 1910); il terzo periodo, sotto la presidenza di Paolo Mineo (23 ottobre 1910-1911), in cui la linea politico-editoriale sembra radicalizzarsi a partire dal dicembre 1910. 

img_20240205_124858Le attività principali de “La Voce del Muratore 

Il sindacato informale qual era la Voce del Muratore si occupava principalmente del miglioramento delle condizioni dei muratori italiani in Tunisia, i quali subivano uno sfruttamento intensivo sul posto di lavoro in particolare e conducevano una vita misera in generale. La principale battaglia condotta dall’organizzazione fu innanzitutto volta al pieno riconoscimento legale della propria struttura sindacale, non essendoci in quel periodo sul territorio del protettorato una piena libertà di associazione sindacale come avveniva invece nella “madrepatria”. Infatti alcuni deputati francesi e autorità coloniali accusarono apertamente LVM di essere uno «pseudo sindacato illegale di stranieri» [12]. Nonostante ciò la sua esistenza fu tollerata dalle autorità tant’è che i suoi membri potevano riunirsi regolarmente presso la sede della Borsa del Lavoro a Tunisi e Natoli e i successivi presidenti svolgevano incontri di contrattazione sindacale con rappresentanti del Protettorato.

Come qualsiasi sindacato una delle principali lotte portata avanti da LVM, era quella per l’aumento salariale, ma le pagine del giornale denunciavano anche alcuni espedienti di padroni e impresari di riabbassare di fatto il salario pattuito: da queste denunce si evince come la maggior parte di questi muratori o manovali risiedesse nella capitale con le proprie famiglie, ma, essendo il Protettorato in piena espansione da un punto di vista delle infrastrutture, molti cantieri e luoghi di lavoro si trovavano nelle più disparate regioni del Paese dove i lavoratori venivano inviati.

Diversi articoli riportano l’impiego di manodopera italiana per la costruzione della linea ferroviaria Tunisi-Beja [13] e quella Ain Moulares-Feriana [14], per la costruzione della strada Beja-Tabarqa [15], nelle cave e miniere a Kalaa Djerda, a Djbel Jelloud e Djbel Karrouba (dove il giornale informa di aver ottenuto aumenti salariali per i minori che vi lavoravano pubblicando lettere dei padroni che confermavano di aver accettato gli accordi proposti dal sindacato) [16], a Mateur e Sidi bel Hassene (dove si denunciano incidenti sul lavoro) [17], e ancora Gafsa, Sfax, Menzel ben Zolfa, Ferryville, Kairouan, Susa, Rades, Biserta, Metlaoui, Kalaa el Senam, Djerissa.

I lavoratori costretti a lavorare a centinaia di chilometri da casa per mesi, venivano spesso ingaggiati nella pressi di Bab Bhar a Tunisi, dai faccendieri dei padroni che promettevano alcune condizioni salariali e di lavoro che una volta arrivati in loco sovente non erano poi rispettate e si traducevano in un vero e proprio furto sul salario: al ribasso rispetto a quello pattuito inizialmente si aggiungevano le deduzioni delle varie spese dei trasporti quotidiano sul luogo di lavoro, del vitto e dell’alloggio (tutti servizi che inizialmente erano stati fatti intendere per garantiti) [18]. In un articolo si denuncia il caso di un lavoratore che non è stato mai pagato una volta rientrato a Tunisi [19]. Un’altra battaglia de LVM fu quella per la giornata lavorativa di 9 ore per tutti i mesi dell’anno a parità di salario; apprendiamo infatti dal giornale che nel 1908 si lavorava tra le 9 ore e mezza e le dieci ore in base alla stagione.

Sin dai primi numeri il giornale denuncia l’aumento degli infortuni sul lavoro nell’articolo “Cronache delle disgrazie” del primo dicembre 1907 [20] consegnandoci un altro spaccato circa le condizioni di lavoro di questi proletari italiani nel protettorato. Inoltre LVM organizzò due grosse campagne di largo respiro: la prima prettamente sindacale, tramite denunce precise e pungenti, contro il lavoro a cottimo, esortando gli operai a boicottare gli impresari: per esempio in un articolo si afferma che «i lavoratori dopo anni di lavoro a cottimo sono da buttare, mentre i cottimisti mandano le famiglie in vacanza tre mesi a La Goulette» [21]. Nell’articolo Non ci possiamo intendere” [22] si accusano i cottimisti di prendere in giro i lavoratori e la redazione de LVM, non essendo leali e affidabili negli impegni di concertazione assunti e in alcuni articoli i cottimisti sono definiti in maniera sprezzante “sanguette” (sanguisughe) a partire dai titoli di alcuni articoli. 

La seconda fu una campagna più generale rivolta alle classi popolari e alla cittadinanza tutta, ovvero contro il caro vita. In questo caso si accusava principalmente il Municipio di Tunisi e i suoi consiglieri esortandoli a prendere misure adeguate per controllare i prezzi dei beni di prima necessità a partire dalla farina. Un articolo intitolato “il rincaro del pesce” prende in esame tale problema per mezzo della denuncia degli speculatori di Rue d’Italie i quali provocavano il rincaro del pesce tramite l’esportazione della maggiore quantità e di migliore qualità verso Francia e Italia, relegando al mercato locale il pesce meno fresco conservato con l’uso del ghiaccio. Il prezzo subiva pertanto un incremento sia per la rarefazione dell’offerta sul mercato (a causa dell’esportazione), sia per l’aggiunta del costo del ghiaccio. LVM proponeva quindi di riservare almeno il 50% del pescato al mercato locale, denunciando che un bene così abbondante nel Paese non dovesse costare così tanto [23].

La campagna, annunciata alla fine del 1907, sfociò nella formazione di un Comizio Popolare (comitato) nell’aprile del 1908 [24]. Nell’articolo “A quando?” a firma della Redazione, si parla di entrambe le campagne, si invitano i lavoratori, i cittadini e le redazioni di altri giornali a organizzare comizi, a scrivere lettere di protesta al Residente Generale, si avanzano infine due particolari richieste: «che il Municipio calmieri i prezzi» e che «a tutti i lavoratori sia permesso di costituirsi in sindacato» [25]. A queste due campagne principali se ne aggiunse una terza, quella contro “i gettoni” definita «la moneta degli sfruttatori», con cui alcuni padroni remuneravano gli operai al posto di vera cartamoneta in modo da obbligarli ad adoperarli presso le proprie botteghe per comprare beni di prima necessità così «riprendendosi circa il 40% del salario». LVM esortava gli operai a non lavorare presso gli impresari che usavano i gettoni, denunciando quest’ultimi alle autorità [26]. Dalle pagine del giornale si evince che i padroni e i capitalisti con cui si scontravano gli operai erano principalmente dei connazionali che fungevano da intermediari per la borghesia coloniale francese. Il periodico ospitava dei trafiletti con cui “metteva in guardia” da alcuni capetti o guardiani dei cantieri e delle miniere che vessavano i lavoratori, spesso facendo nome e cognome.

La comunità italiana nella Tunisia coloniale, lungi dall’essere omogenea e compatta era invece  attraversata da un perenne conflitto di classe che vedeva coinvolti il suo strato superiore borghese più prossimo alle autorità del Protettorato e quello inferiore proletario più vicino agli strati popolari tunisini, seppur “una spanna” al di sopra di essi, in tale contesto coloniale, a causa del proprio ruolo sociale derivante dalla propria origine europea.

Nella complessità della società coloniale tunisina (1881-1956), caratterizzata da una presenza europea eterogenea in cui vi erano i francesi politicamente dominanti ma quantitativamente minoritari e altre comunità etniche, gli italiani, quantitativamente maggioritari ma non egemoni politicamente, godevano tuttavia di ampi privilegi rispetto alla popolazione indigena e rispetto ad altre minoranze (maltesi, greci e altri).

Alla luce di ciò risulta quanto mai necessario affiancare un’analisi sull’appartenenza di classe a quella dell’appartenenza “nazionale”, in quanto l’intrecciarsi dialettico di entrambi gli elementi rivela una dinamica ben più frastagliata dei rapporti tra questi “italiani di Tunisia” con il potere politico (l’autorità coloniale) e i coloni francesi da un lato, e con i settori indigeni dall’altro [27]. 

img_20240205_125257L’ideologia e i riferimenti teorici de “La Voce del Muratore 

Il giornale/organizzazione in numerosi articoli richiama, seppur vagamente, la teoria politica dell’anarchia e rivendica ideologicamente l’autorganizzazione operaia a partire dalla dicitura presente in ogni numero “giornale redatto interamente da operai”, ma anche dichiarando in alcuni articoli la necessità degli operai di organizzarsi da sè e di non farsi guidare dagli intellettuali. Quest’ultimo principio viene enunciato criticando più o meno velatamente Niccolò Converti: «questa volta vi abbiamo messo tutti alla porta poiché gli operai non hanno bisogno di essere guidati  da nessuno, né da dottori anarchici per ambizione, né da anarchici che fanno battezzare i figli» [28]. Oppure: 

«le corporazioni le più importanti cioè i muratori ed i falegnami hanno dato in questo ultimo periodo, esempi di vera solidarietà l’una e l’altra, organizzati allo scopo di tutelare i propri interessi, hanno capito come la vera tattica sia quella di fare da sè; ed infatti i movimenti iniziati con a capo i cosiddetti intellettuali (o per meglio dire politicanti d’occasione) mai sono riusciti a lavare un ragno dal buco [...]» [29]. 

Nell’articolo “Movimento Operaio in Tunisia” si afferma: 

«il movimento operaio in Tunisi è appena all’inizio; può dirsi che non ha storia poiché quel periodo in cui pochi volenterosi imbevuti più di dottrina che di conoscenza pratica dell’operaio, cominciavano di teorie più o meno paradossali, credendo parlare in nome dei lavoratori, non ha per noi alcuna importanza. Essi non hanno saputo prendere la parola e quasi diremo, la mentalità dell’operaio per portarlo gradatamente fino al punto di comprendere certe finalità, ma a bella posta studiavano frasi nuove e pescavano nel vocabolario i termini meno usuali per meravigliare, pour épater, il proletario [...] alcuni individui che vantavano di dirigere il movimento, quando furono persuasi che gli operai levavano gli scudi per far da soli, sdegnosamente si ritirarono predicendo la sconfitta» [30]. 

Viene rivendicata quindi una sorta di purezza ideologica connessa ad un’altrettanta purezza derivante dall’appartenenza di classe in polemica con l’anarco-comunismo [31] professato da Converti e con Converti stesso ritenuto un “dottore anarchico”. Effettivamente il giornale è venato da questo approccio classista proletario in cui si enfatizza l’interesse di classe dei lavoratori in senso anticapitalista e antiborghese e in particolare contro la classe sfruttatrice dei padroni, indicando esplicitamente: «il nostro scopo [...] l’emancipazione proletaria» [32].

I numeri del giornale afferenti al nostro campione presentano una maggioranza di articoli di denuncia sindacale e delle condizioni misere della classe operaia e in particolare dei propri affiliati. Ci siamo imbattuti solo in un paio di articoli prettamente teorici, ad esempio in uno intitolato In alto i cuori si afferma: «la società presente è basata sull’equivoco… Guardiamoci intorno… la proprietà individuale è sacra! Ma intanto il furto sotto tutte le forme è l’arma di cui i più si servono per farsi una posizione» [33].  Probabilmente il fatto che poco dopo aver menzionato la “proprietà” segua la parola “furto” evidenziata in corsivo non è un caso: infatti sembra un richiamo alla teoria di uno dei principali esponenti dell’anarchismo internazionale, ovvero Proudhon, che considerava la “proprietà” come un furto a prescindere, contrariamente al marxismo che invece accusava la particolare proprietà, quella privata borghese, quale frutto dello sfruttamento del lavoro salariato, e non la “proprietà” tout court come un “furto” o frutto di un’ingiustizia sociale [34].

Nell’articolo “le scuole serali”, consigliando ai lavoratori analfabeti di istruirsi, vi è una sorta di indicazione “morale proletaria” sullo stile di vita che un lavoratore dovrebbe assumere: «si esortano gli operai a parteciparvi per imparare a leggere e a scrivere invece di andare ad ubriacarsi nelle taverne o a giocare a carte al caffè, perché non sarà sicuro nelle taverne che gli operai potranno arrivare alla loro completa emancipazione» [35]. 

img_20240205_125327La critica alle istituzioni italiane 

Le istituzioni italiane in Tunisia a cavallo tra XIX e XX secolo sono nelle pagine del periodico sottoposte ad aspra critica. Nei numeri da noi consultati alcuni articoli attaccano a più riprese l’Ospedale Garibaldi, il Patronato degli Emigranti e la Società Italiana di Beneficenza. L’Ospedale Garibaldi viene descritto come una struttura in cui il personale medico è negligente verso alcuni ricoverati e in particolare i lavoratori. Si cita il caso di un operaio ricoverato per una ferita d’arma da fuoco alla mano: dopo una prima assistenza il paziente non venne mai più visitato da un medico nei successivi undici giorni provocandogli un principio di cancrena in seguito alla quale gli vennero amputate due dita e poi tutto il braccio rendendolo inabile al lavoro [36]. Nel 1910 LVM contribuirà ad una cospicua donazione rivendicando quindi il diritto ad un maggior controllo sull’operato di tale istituzione italiana [37].

Il Patronato degli Emigranti viene criticato invece per non fornire alcuna assistenza legale né economica gli italiani: il giornale pubblica lettere di operai che ne denunciano l’inerzia [38]. Anche la Società Italiana di Beneficenza viene aspramente attaccata a più riprese. In un articolo viene raccontata la vicenda di un operaio indigente che si rivolse inutilmente all’ente caritatevole perché lo aiutasse per l’acquisto dei medicinali. Istanza che fu invece accolta da un’istituzione francese similare che gli rimborsò l’ammontare totale del costo dei farmaci [39]. In  un altro articolo l’ente viene accusato di aver negato assistenza ad una vedova di un lavoratore di cui si era invece fatta carico l’organizzazione [40].

Le critiche a tali istituzioni italiane erano evidentemente ancora una volta delle critiche (indirette) ai rappresentanti della borghesia italiana in Tunisia, ma non al governo italiano del quale si dice in un articolo che, malgrado tutto, «sborsa quattrini!» a favore delle istituzioni italiane in Tunisia, con particolare riferimento al Patronato degli Emigranti [41]. LVM denuncia quindi la cattiva gestione ma non sviluppa una critica radicale alla borghesia italiana, o in altri termini una critica strategica inerente alle mire coloniali in Tunisia della borghesia italiana. 

img_20240205_125547Posizioni contradditorie del periodico e del suo anarchismo 

Nonostante la testata, organo sindacale, rivendichi delle posizioni classiste proletarie e anti-borghesi e si collochi ideologicamente nell’area politica dell’anarchia, l’organizzazione presenta delle posizioni incoerenti e contradditorie rispetto alla stessa ideologia anarchica. In polemica con Converti, LVM rivendica l’utilizzo di metodi di lotta pacifici e critica il primo perché avrebbe spinto i lavoratori a fare ricorso alla violenza nella lotta sindacale e politica, nello stesso articolo contemporaneamente si mette in dubbio l’aderenza all’anarchia del gruppo di Converti [42].

Tutto ciò è alquanto bizzarro in quanto le ideologie rivoluzionarie quali il marxismo e il movimento anarchico, pur essendo molto diverse tra loro, muovono entrambe da un’analisi della società divisa in classi sociali, in cui le egemoni sfruttano le subalterne attraverso l’uso esercitato dallo Stato della violenza e della repressione; non disdegnano pertanto l’impiego della violenza come mezzo di emancipazione, anzi prendono le distanze da chi si illude ingenuamente di lottare contro il sistema politico e sociale utilizzando esclusivamente mezzi pacifici.

L’atteggiamento legalitario e pacifista de LVM si conferma anche nella considerazione che l’organizzazione sindacale aveva sia nei confronti delle autorità del Protettorato ovvero dello “Stato” che nei confronti delle autorità italiane. Le rappresentanze politiche del Protettorato vengono innanzitutto riconosciute come la legittima autorità, postura che va ben oltre il riconoscimento pragmatico che anche un sindacato di matrice anarchica “è costretto” ad assumere nei confronti della controparte. Ciò è ancor più bizzarro in un contesto coloniale dato che gli anarchici, non riconoscendo l’autorità di alcuno Stato, dovrebbero riconoscere ancor meno quella di uno Stato coloniale. Invece LVM, nel dare per esempio, notizia dell’istituzione di un “ufficio del lavoro” (fatto indubbiamente positivo), non risparmia elogi né al  Residente Generale né al redattore del giornale ultracolonialista e conservatore la Dépêche Tunisienne, Paul Lafitte, dichiarando senza mezzi termini: 

«noi che conosciamo personalmente il signor Lafitte per la sua bontà d’animo verso gli operai [...] ce ne congratuliamo con lui e nel medesimo tempo col signor Alapetite, Residente Generale, perché a nostro modesto parere non avrebbe potuto trovare un altro uomo che con sincerità e franchezza abbracciare tale incarico. Essendo egli un padre di famiglia, noi speriamo che come per il passato il signor Lafitte, si interesserà alla sorte di tante migliaia di lavoratori» [43] . 

L’istituzione di tale ufficio viene definito in maniera retorica, rasentando il ridicolo, «un primo passo verso l’avvenire». Nello stesso numero, in un altro articolo intitolato “Nostra corrispondenza” in cui si denuncia lo sfruttamento di alcuni lavoratori costretti al regime del cottimo per la costruzione della strada Beja-Tabarqa, si osserva in conclusione: «Tutti questi fatti avvengono nell’anno 1907-1908 in un Paese sotto il Protettorato della Repubblica francese», facendo intendere che in una terra colonizzata da una potenza coloniale “civile”, lo sfruttamento dei lavoratori non dovrebbe avere diritto di cittadinanza. In un trafiletto intitolato “Ringraziamenti”, per il fatto che il presidente Natoli aveva potuto tenere una riunione sindacale a Beja con degli affiliati locali, il giornale  è grato ai rappresentanti dell’autorità coloniale e aggiunge anche che essi «godono la fiducia e la simpatia degli operai di questo centro»[44]. Nello stesso numero, in un altro articolo si denunciano i padroni a Beja per aver stipulato tra di loro degli accordi sottobanco in funzione antioperaia e si conclude: «tutto questo deve forse continuare sotto un governo così liberale?» [45].

Infine on un articolo del primo febbraio 1908, “Movimento operaio in Tunisia” si scrive: «il governo del Protettorato non interviene nelle contese tra capitale e lavoro e quindi anche qui è possibile lavorare al miglioramento delle condizioni della classe operaia» [46] e si aggiunge:: «qualcuno potrebbe obiettare che il governo non ha legalizzato i sindacati, ma gli operai nel protettorato finora hanno potuto esercitare tutti i mezzi legali a loro disposizione, compreso lo sciopero» [47]. Molto esplicitamente nell’articolo “Aspettando le leggi” del 20 marzo 1908 si afferma: «Noi fiduciosi al Governo, che ci domina, che ci amministra e che ci protegge, aspettiamo con grande rassegnazione le leggi, che da molto tempo ci ha promesso» [48].

Tutte queste affermazioni che esprimono una fede negli strumenti legalitari e nell’autorità statale, sembrano alquanto inappropriate e in palese contraddizione con i principi anarchici. Così come risulta inappropriato che in seguito ai risultati della lotta che costrinsero alcuni padroni a rispettare alcuni accordi, essi siano stati ringraziati pubblicamente dalle colonne del giornale. Non meno singolare è stato anche il “culto del leader” Natoli [49] che, tra l’altro, veniva eletto presidente anche de La Voce del Pastaio, pur non essendo un pastaio, evidenziando un alto grado di centralizzazione dell’organizzazione che non si addice all’anarco-sindacalismo a cui fa intendere di ispirarsi il Natoli in contraddizione con l’anarco-comunismo del Converti.

Altro aspetto curioso è il nazionalismo de LVM, anche questo, sentimento alieno a qualsiasi anarchico, non a caso Converti, trovandosi nel contesto coloniale e conoscendo le mire espansionistiche e coloniali italiane, ha sempre combattuto tale concetto in contrapposizione invece a l’Unione, l’organo della borghesia mercantile italiana in Tunisia [50]. LVM invece non solo in molti numeri riprende articoli de l’Unione, ma rilancia il concetto di “italianità”, come ad esempio quando critica alcuni imprenditori italiani di sfruttare gli operai in Tunisia accusandoli di non essere dei “veri italiani”, o quando elogia i rappresentanti dello Stato italiano in Tunisia a partire dal console (oggi diremmo l’ambasciatore) «di cui noi in quanto italiani all’estero dobbiamo avere il massimo rispetto» [51], in un articolo in polemica con altri lavoratori che contestavano la partecipazione de LVM ad un Congresso Coloniale Italiano a Roma.

Tale fedeltà da parte di tali presunti anarchici verso il rappresentante del governo italiano in Tunisia, raggiunge l’apoteosi nell’articolo “Il console generale italiano a Sfax” apparso in prima pagina sul numero del 07-06-1909, in cui si descrive l’accoglienza del console da parte di Natoli in persona (anche se formalmente non più presidente de LVM) nella sezione locale dell’organizzazione, insieme a vari notabili della colonia italiana, al grido “Viva il Commendatore Battesini, viva l’Italia!”[52].

Improvvisamente alla fine del 1910 la linea politico-editoriale vira di 360 gradi: il 18 dicembre 1910, appare un articolo contro il console intitolato “Il console non è né può essere amico degli operai,” in cui si contraddice tutta la linea precedente e si afferma: «La nostra bandiera sarà rossa e sarà il segnale della nostra riscossa contro le ingiustizie della borghesia di cui voi siete il degno rappresentante!» [53]. Non sappiamo se tale linea combattiva sia stata mantenuta in quanto nel numero successivo del primo gennaio 1911 (che è l’ultimo attualmente consultabile nella cronologia delle uscite del periodico), si informa vagamente di una riunione tra il console e il presidente de LVM Paolo Mineo, presso la sede del consolato italiano. Il mese precedente inoltre un paio di articoli sembravano “correggere” la linea nazionalista da noi evidenziata, collocandosi invece su posizioni internazionaliste e prospettando un fronte dei lavoratori italiani, francesi e arabi [54]. 

img_20240205_130837Conclusioni 

LVM rappresenta una testimonianza interessante a partire da un fatto concreto: è stato l’organo che ha organizzato centinaia di lavoratori italiani in Tunisia ovvero circa il 40% dei muratori e dei manovali durante il suo quinquennio di attività. Questa associazione sindacale informale svolse un ruolo determinante per il miglioramento delle condizioni di vita di questi lavoratori e delle loro famiglie, organizzò importanti campagne di denuncia su temi quali il caro-vita e i problemi inerenti le condizioni del lavoro a partire dallo sfruttamento da parte del patronato attraverso il cottimo e i tentativi di contrarre il salario e di prolungare la giornata lavorativa.

Il giornale occupandosi anche dell’informazione sulle condizioni di lavoro di altre categorie (falegnami, pastai, sarte, ecc.) ci fornisce parzialmente anche delle notizie su questi altri settori del proletariato italiano nel Protettorato. Seppur in forme moderate, rappresentò una voce critica verso l’élite della comunità italiana in Tunisia, aiutandoci a delineare meglio le contraddizioni interne e in particolare il conflitto di classe e le debolezze teorico-ideologiche. L’atteggiamento sostanzialmente collaborativo nei confronti del potere politico coloniale probabilmente ha giocato un ruolo negativo nei rapporti di negoziazione contrattuale fino a rendere una tale organizzazione operaia di massa forte di oltre 800 iscritti un sostegno oggettivo al Protettorato francese in Tunisia, di cui non si è contestata la legittimità. Analogamente LVM si poneva nei confronti della borghesia italiana e dello Stato italiano che mirava a sostituirsi alla Francia come potenza coloniale in Tunisia, e che proprio in quel periodo invaderà la vicina Libia [55].

Tale posizione politica non solo era in contraddizione con l’anarchismo o il socialismo rivendicato, ma in ultima analisi rappresentò un ostacolo allo sviluppo della coscienza politica dei lavoratori organizzati nelle file della LVM, educati dall’organizzazione a rispettare sia le istituzioni coloniali (le quali erano causa diretta innanzitutto dello sfruttamento del popolo indigeno e di tutti i lavoratori nel Protettorato) che le istituzioni italiane (le quali strumentalizzavano la presenza italiana, ed i lavoratori italiani che tra l’altro in patria non avevano trovato uno sbocco lavorativo ed erano stati de facto costretti ad emigrare).

Ciò rappresenta a nostro avviso il “risvolto della medaglia” dell’azione de LVM: pur avendo contribuito a migliorare le condizioni di lavoro e di vita elementare di una fetta del proletariato in Tunisia, legittimando le autorità francesi ed italiane agli occhi dei lavoratori che organizzava, ha allo stesso tempo contribuito indirettamente a dividere la classe lavoratrice in Tunisia in base alla nazionalità: indigena da un lato ed europea dall’altro.

Negli ultimi due numeri cronologicamente consultabili (a cavallo cioè fra dicembre 1910 e inizio gennaio 1911) inerenti all’ultimo anno di attività sembra che LVM abbia infine cambiato radicalmente atteggiamento nei confronti delle istituzioni italiane assumendo posizioni più radicali e rivoluzionarie, ma non potendo consultare gli altri numeri del 1911 non possiamo trarre conclusioni precise.

Partendo da quest’ultima considerazione, il nostro studio limitato ad un campione ridotto dei numeri consultabili (circa il 13% del totale) non può non esitare in conclusioni necessariamente “provvisorie” in attesa dell’avanzamento dei lavori di restauro degli altri numeri disponibili presso la Biblioteca Nazionale di Tunisia. 

Dialoghi Mediterranei, n. 68, luglio 2024 
Note
[1] Cfr. Recherches nationales de Démographie (CICRED) – Paris, Tunis, Société Tunisienne des Artes Graphiques, 1974: 21.
[2] Tralasciando le fonti di estrazione fascista italiana e coloniale francesi che per motivi ideologici presentano dei dati inverosimilmente gonfiati circa l’ammontare della popolazione italiana in Tunisia da un lato e di quella francese dall’altro; vedi invece: Nullo Pasotti (1979); Daniela Melfa (2008); Gabriele Montalbano (2023), ed infine la nostra tesi di dottorato “Petite Sicile e ‘Mahdia del Vallo’ esempi di comunità sincretiche in assenza di legislazioni migratorie restrittive” sostenuta il 16 ottobre 2023, Università di Manouba, Facoltà di Lettere, delle Arti e delle Scienze Umane, dottorato in Lingua, Civiltà e Letteratura Italiana.
[3] R. Rainero, Une occasion manquée en Tunisie : la courte rencontre entre anti-fascistes italiens et néo-destouriens à la veille de la guerre, in Cahiers de la Méditerranée, hors série n.6, 1982, Solidarités, affinités et groupements sociaux dans les pays méditerranéens (XVIe-XXe siècles). Actes des journées d’études, Bendor, 8, 9 et 10 mai 1980: 117-123.
[4] Vedi Michele Brondino (1998) che menziona il titolo del giornale nella sua opera.
[5] Il ricercatore Ahmed Jaafar in un suo articolo afferma che gli era stato impossibile consultare il giornale in entrambe le istituzioni. Cfr., “Le prime organizzazioni operaie degli italiani e gli albori del sindacalismo tunisino” in Storie e testimonianze politiche degli italiani di Tunisia, S. Finzi (a cura di), Edizioni Finzi, Tunisi, 2016: 121-130.
[6] Ciò è quanto abbiamo constatato personalmente presso la Biblioteca Nazionale di Tunisia nel febbraio 2024.
[7] G. Montalbano, Les italiens de Tunisie. La construction d’une communauté entre migrations, colonisations et colonialismes (1896-1918), Publications de l’École française de Rome, Roma, 2023. Sino a prova contraria la prima pubblicazione da cui si evince una consultazione diretta de LVM, e in cui non ci si limita solo a citarne l’esistenza.
[8] Ad un confratello, in La Voce del Muratore, n. 41, 18/10/1908, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[9] Vedi La Voce del Muratore, n. 64, 06/11/1910, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[10] Per le sartine, in La Voce del Muratore, n. 11, 17/11/1907, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[11] I nostri figli, in La Voce del Muratore, n. 14, 15/12/1907, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[12] DallUnione. Nota della Redazione,  in La Voce del Muratore, n. 12, 01/12/1907, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[13] Uomo avvisato mezzo salvato, in La Voce del Muratore, n. 65, 27/11/1910, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[14] Evviva il patronato degli emigranti!, in La Voce del Muratore, n. 64, 06/11/1910, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[15] Nostra corrispondenza, in La Voce del Muratore, n. 2, 19/01/1908, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[16] Vedi La Voce del Muratore, n. 12, 01/12/1907, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[17] Ibidem.
[18] La promessa dei Krumiri, in La Voce del Muratore, n. 6, 12/04/1908, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[19] Evviva il patronato degli emigranti!, cit.
[20] Vedi La Voce del Muratore, n. 12, 01/12/1907, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[21] Le Sanguette nella mina di Kalaa Djerda, in La Voce del Muratore, n. 11, 17/11/1907,Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[22] Vedi La Voce del Muratore, n.12, 01/12/1907, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[23] Il rincaro del pesce, in La Voce del Muratore, n. 6, 12/04/1908, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[24] Il comizio popolare, ibid.
[25] A quando?, in La Voce del Muratore, n. 12, 9/12/1907, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[26] I gettoni nelle cantine. La moneta degli sfruttatori, in La Voce del Muratore, n. 5, 20/03/1908, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[27] Per approfondire tale questione vedi in particolare la prima opera di Albert Memmi Ritratto del colonizzato, preceduto dal ritratto del colonizzatore, per meglio comprendere l’interpretazione delle dinamiche più generali in un contesto coloniale, consideriamo come vera e propria bussola per orientarsi, l’opera di Frantz Fanon  I dannati della terra
[28] Cit., A certi anarchici all’acqua di rose di Tunisi, in La Voce del Muratore, n. 10, 15/09/1907, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[29] Cit., Esempi pratici, ibid.
[30] Cit., Movimento operaio in Tunisia, in La Voce del Muratore, n. 3, 01/02/1908, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[31] Un filone dell’anarchismo che come il marxismo non disdegna la necessità della forma organizzativa politica del partito a differenza di altri filoni anarchici che invece prospettano la “libera unione” (o federazione) di individui non legati da strutture organizzative formali.
[32] Cit., Ai nostri compagni corrispondenti, in La Voce del Muratore, n.11, 17/11/1907, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[33] Cit., In alto i cuori, ibid.
[34] Vedi “Miseria della filosofia”, l’opera nella quale Marx ed Engels criticano le concezioni di Proudhon.
[35] Cit., Le scuole serali, in La Voce del Muratore, n. 14, 15/12/1907, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[36] Il caso Uscieri, La Voce del Muratore, n. 10, 15/09/1907, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[37] La questione dell’Ospedale Garibaldi, in La Voce del Muratore, n. 66, 18/12/1910, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[38] La poltroneria del patronato degli emigranti, ibid.
[39] Evviva l’italianità di questi signori, in La Voce del Muratore, n. 59, 19/01/1910, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[40] I nostri figli, ibid.
[41] Evviva il patronato degli emigranti!, ibid.
[42] A certi anarchici allacqua di rose di Tunisi, ibid.
[43] Cit., Finalmente!, in La Voce del Muratore, n. 2, 19/01/1908, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[44] Cit., Ringraziamenti, in La Voce del Muratore, n. 5, 20/03/1908, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[45] Cit., Laccordo degli impresari di Beja, ibid.
[46] Cit., Movimento operaio in Tunisia, cit.
[47] Ibidem.
[48] Cit., Aspettando le leggi, in La Voce del Muratore, n. 5, 20/03/1908, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[49] Lo sciopero degli operai minatori, in La Voce del Muratore, n. 12, 01/12/1907; La venuta del nostro presidente a Beja, in La Voce del Muratore, n. 5, 20/03/1908; Il console generale italiano a Sfax, in La Voce del Muratore, n. 49, 07/06/1909, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[50] Cfr., M. Brondino, “Le opinioni politiche attraverso la stampa italiana in Tunisia”, in Storia e testimonianze politiche degli italiani di Tunisia, op. cit.: 65-86.
[51] Cit., Compagni, in La Voce del Muratore, n. 41, 18/10/1908, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[52] Cit., Il console generale italiano a Sfax, cit.
[53] Cit., Il console non è né puo’ essere amico degli operai, in La Voce del Muratore, n. 66, 18/12/1910, Biblioteca Nazionale di Tunisia.
[54] Vedi i numeri 64 e 65 rispettivamente del 06 novembre e del 27 novembre.
[55] Sarebbe interessante leggere in futuro i numeri usciti in concomitanza con l’invasione italiana della Libia e constatare se come le altre testate italiane, come il Simpaticuni o lUnione, anche LVM si unì al giubilo dell’impresa coloniale italiana.
Riferimenti bibliografici
La Voce del Muratore, quindicinale (1907-1911), numeri consultati presso la Biblioteca Nazionale di Tunisia:  Anno I (numero 10 del 15-9-1907; numero 11 del 17-11-1907; numero 12 del 1-12-1907; numero 14 del 15-12-1907);  Anno II (numero 2 del 19-01-1908; numero 3 del 01-02-1908; numero 5 del 20-03-1908; numero 6 del 12-04-1908; numero 41 del 18-10-1908; numero 42 15-11-1908); anno III ( numero 49 del 07-06-1909);  anno IV (numero 53 del 02-01-1910; numero 59 del 19-01-1910; numero 64 del 06-11-1910; numero 65 del 27-11-1910; numero 66 del 18-12-1910); anno V (numero 1 del 01-01-1911. 
Brondino Michele, La stampa italiana in Tunisia. Storia e società 1838-1956, Editoriale Jaca Book, Milano, 1998.
Brondino Michele, Le opinioni politiche attraverso la stampa italiana in Tunisia”, in Storia e testimonianze politiche degli italiani di Tunisia,  Silvia Finzi (a cura di), Edizioni Finzi, Tunisi, 2016.
Fanon Frantz, I dannati della terra, Einaudi Editore, Torino, 2007.
Jaafar Ahmed, Le prime organizzazioni operaie degli italiani e gli albori del sindacalismo tunisino in Storie e testimonianze politiche degli italiani di Tunisia, S. Finzi (a cura di), Edizioni Finzi, Tunisi, 2016.
Lenin Vladimir I., L’imperialismo, fase suprema del capitalismo, Editori Riuniti, Roma, 1964.
Marx Karl, Miseria della filosofia. Risposta alla “Filosofia della miseria” del signor Proudhon, Newton Compton Editori s.r.l., Roma, 2011.
Melfa Daniela, Migrando a Sud. Coloni italiani in Tunisia (1881-1939), Aracne Editrice, Roma, 2008.
Memmi Alberto, Ritratto del colonizzato preceduto dal ritratto del colonizzatore, Liguori Editore, Napoli, 1979.
Montalbano Gabriele, Les italiens de Tunisie. La construction d’une communauté entre migrations, colonisations et colonialismes (1896-1918), Publications de l’École française de Rome, Roma, 2023.
Pasotti Nullo, Italiani e Italia in Tunisia. Dalle origini al 1970, Finzi Editore, Roma, 1979.
Rainero Romain, Une occasion manquée en Tunisie : la courte rencontre entre anti-fascistes italiens et néo-destouriens à la veille de la guerre, in Cahiers de la Méditerranée, hors série n.6, 1982, Solidarités, affinités et groupements sociaux dans les pays méditerranéens (XVIe-XXe siècles), Actes des journées d’études, Bendor, 8, 9 et 10 mai 1980.
Recherches nationales de Démographie (CICRED) – Paris, Tunis, Société Tunisienne des Arts Graphiques, 1974.
Venezia Emanuele, “Petite Sicile e ‘Mahdia del Vallo’ esempi di comunità sincretiche in assenza di legislazioni migratorie restrittive” sostenuta il 16 ottobre 2023, Università di Manouba, Facoltà di Lettere, delle Arti e delle Scienze Umane, dottorato in Lingua, Civiltà e Letteratura Italiana. 

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Emanuele Venezia, laureato nel Corso di Laurea Magistrale in Cooperazione e Sviluppo presso l’Università di Palermo, ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Manouba (Tunisi) in Civiltà contemporanea con una ricerca comparativa diacronica inerente la comunità siciliana di Petite Sicile (La Goulette, Tunisi XIX e inizio XX sec.) e la comunità tunisina di Mazara del Vallo. Attualmente insegna italiano applicato all’economia in Tunisia.

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