È ancora buio, fa fresco, l’estate è davvero finita ma anche se stanchi nessuno ha rinunciato ad essere presente; alcuni sono già partiti da qualche giorno per riuscire ad organizzare la manifestazione prevedendo che ci siano anche musica, opere d’arte, allegria e tanta bellezza. Siamo carichi di entusiasmo, di soddisfazione e anche di boccioni di acqua potabile da portare a chi vive da tempo nel presidio permanente di Selargius e di nuovi alberi da piantumare a difesa dei terreni sottoposti ad esproprio. Saremo ancora una volta tutti insieme.
Ci sentiamo euforici perché siamo i portavoce di 210.729 elettori sardi che hanno sottoscritto il testo di legge di iniziativa popolare denominato “Pratobello 24” da presentare al Consiglio Regionale perché venga approvato con immediata urgenza. Si tratta di una norma che rende possibile la transizione energetica attraverso un progetto organico di produzione di energia da fonti rinnovabili, che prevede la cessazione dell’uso di combustibili fossili in Sardegna e che nel contempo blocca quella che noi riteniamo essere una speculazione e non una risposta etica alla necessità di cambiamento.
La proposta di legge è uno dei frutti di un intenso anno di lavoro che ha visto un sempre maggior numero di persone riunirsi innanzitutto per capire quello che stava succedendo e poi per auto-governare la transizione energetica richiesta dai programmi europei e veder riconosciuta la propria capacità di scelta, autonoma e indipendente, in totale opposizione al fenomeno che si sta verificando.
In un contesto privo di un quadro normativo e di sviluppo strategico regionale, complice una classe politica genericamente ignorante e inconcludente, se non addirittura connivente, hanno trovato spazio e gioco facile grandi gruppi finanziari che, spinti dall’aberrante sistema incentivante, propongono progetti privi di qualsiasi riferimento al contesto locale in termini di reali necessità energetiche, senza alcuna valutazione sulla effettiva raggiungibilità degli obiettivi, ma calati dall’alto in una contesto di particolare bellezza e complessità. Nell’ultimo anno presso il Ministero dell’Ambiente sono stati presentati Studi di Impatto Ambientale di una innumerevole serie di progetti (a picchi di anche 30 a settimana) per la costruzione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili fotovoltaico, agrivoltaico, eolico onshore e offshore.
L’illogicità delle proposte progettuali sta innanzitutto nei numeri perché si ipotizza una produzione per un numero equivalente di circa 50 milioni di abitanti quando in Sardegna ne risiedono poco più di un milione e mezzo, ma anche nelle dimensioni e nella loro collocazione. Sintomo della assenza di una visione globale e strategica di un piano energetico è che spesso nello stesso ambito e nello stesso spazio si sovrappongono più progetti e più società senza alcun criterio predefinito.
In attesa di approvazione ci sono circa 800 progetti che prevedono il possibile montaggio di oltre 4000 aerogeneratori alti dai 180 ai 320 metri e distese di impianti fotovoltaici per una superficie di circa 40.000 ettari. Opere che per dimensione e natura vengono definite di taglio industriale che di fatto rischiano di generare una sostanziale conversione del contesto naturale originario tipico dei nostri territori a bassa densità in uno di carattere industriale talmente vasto da non poter essere sostenibile.
Oltre alle torri e ai pannelli devono infatti essere prese in considerazione anche tutte le opere cosiddette accessorie connesse alla loro costruzione: sbancamenti, scavi, apporto di materiale al fine di creare livellamenti e ancora asportazione di suolo, canalizzazioni e tanto, tanto cemento (circa 1300 mc per ogni fondazione) e poi linee elettriche, sottostazioni e basi di accumulo che rimarranno per sempre impresse sul suolo per oggettiva impossibilità del totale ripristino dello stato dei luoghi a fine vita dell’impianto, in media stimato in 25/30 anni.
Peraltro la capacità della rete elettrica attuale risulta inadeguata e non è in grado di trasportare l’energia prodotta. Già al momento parte degli aerogeneratori del cd minieolico (altezza delle torri di 40/50 metri quindi 1/5 di quelle future), installati negli ultimi dieci anni, rimangono in parte inattivi per la saturazione della linea con gravi rischi di sovraccarichi, vanificando quindi il sacrificio già in atto.
La massimizzazione del profitto e l’uso a proprio piacimento di un intero territorio, vengono mascherati millantando il raggiungimento di obiettivi fissati per pubblica utilità, sbandierando un illusorio “sviluppo” peraltro definito “sostenibile”.
Un disegno messo in atto quindi per la gente? Per noi? Come può essere possibile se è proprio la popolazione che non viene invitata a partecipare e che non conosce e non ha voce in capitolo sulle decisioni prese? Abbiamo constatato che gran parte dei proprietari ignorano che altri soggetti stanno presentando progetti sui fondi dei quali sono titolari.
Ogni progetto, rientrando in un più ampio programma di importanza strategica e di interesse pubblico, dovrebbe possedere le caratteristiche di completezza negli elaborati che consentano una congrua valutazione, priva di qualsiasi dubbio sulla opportunità di intervento in relazione ai rapporti generati tra assetto geometrico-spaziale dell’infrastruttura, componenti ambientali e matrice territoriale; ma è proprio così?
È per rispondere a questi quesiti che sono nati i Comitati, i coordinamenti, i gruppi spontanei e che le diverse associazioni già presenti sul territorio si sono fatte carico di questa ulteriore problematica. Persone che in questa ulteriore servitù sono in grado di rileggere le trame di storie già scritte e di ripercorrere i racconti dei diversi soprusi già subiti che passano dal disboscamento, alle servitù militari, alla millantata industrializzazione… che nulla hanno aggiunto a questi territori se non distruzione e smembramento sociale.
Il nostro intento non è sicuramente quello di bloccare e non attuare una conversione della produzione di energia verso le fonti rinnovabili ma di evitare l’uso indiscriminato del territorio con programmi del tutto avulsi dalle reali esigenze della popolazione che con grande orgoglio vive questi luoghi. La loro possibile distruzione andrebbe a violare la nostra cultura e la nostra identità senza alcun beneficio reale e concreto che non sia il solo profitto delle multinazionali.
Abbiamo alzato lo sguardo e la voce per denunciare gli abusi che si stanno perpetrando sulla popolazione e sul territorio, ad esclusivo vantaggio di potenti gruppi finanziari provenienti da ristrette parti di mondo dove già si concentrano i grandi interessi internazionali.
Ci sentiamo i promotori del vero cambiamento, ci stiamo riappropriando di una coscienza del bene comune, dell’essere popolazione attiva, consapevole e responsabile, di poter rappresentare le esigenze che rispondano al principio della utilità pubblica perché il pubblico siamo noi!
In questa riflessione personale che mi è stata chiesta in qualità di membro del Coordinamento Gallura contro la Speculazione Eolica e Fotovoltaica voglio ripercorrere i momenti salienti di questo ultimo anno di intensa attività. La nostra storia nasce in seguito ad una conferenza dibattito organizzata nell’ottobre scorso a Tempio Pausania a cura della Associazione Italia Nostra Sardegna e dei rappresentanti del Coordinamento Comitati Sardi contro la Speculazione Energetica nella quale si spiegava in maniera dettagliata il fenomeno diffuso già in altre parti dell’isola e che stava cominciando a invadere la provincia di Sassari e in maniera preponderante proprio la Gallura.
La Gallura è quel francobollo di terra che molti, nel mondo, conoscono solo per il glamour della Costa Smeralda, ma che in realtà è tanto, tanto altro. Per noi che ci viviamo è la nostra terra, la nostra dimensione, la nostra identità, la nostra vita. Siamo figli di quella affiliazione emotiva che la bellezza del territorio in cui viviamo suscita in noi che, quasi inconsapevolmente, ci dà la possibilità di rigenerarci dalla fatica, di ridurre lo stress, di vivere bene. Per altri invece è soltanto il supporto al loro investimento privo di qualunque significato simbolico, di valori ambientali e paesaggistici oltre che culturali e socioeconomici.
Le campagne, frammiste di boschi e pascoli, diffusamente abitate e gestite, costituiscono il quadro di riferimento storico-culturale molto specifico de “La Gallura degli Stazzi” che, se non si è profondamente calati nel contesto, non si può né conoscere, né comprendere né tantomeno tutelare.
Quel primo ufficiale incontro ha risvegliato la consapevolezza generale, ha stimolato la voglia di essere partecipi e non certo inermi e sottomessi alle volontà di altri. Spontaneamente infatti, un sempre più nutrito gruppo di persone ha cominciato a radunarsi settimanalmente per poter scambiare le informazioni e programmare azioni concrete.
Dallo studio del fenomeno è emerso un quadro sconfortante fatto di progetti che non sono ragionati in funzione dei consumi e delle esigenze delle comunità locali in una Sardegna che esporta già una quantità di energia verso altre regioni o all’estero per circa il 40% della produzione (fonte Terna spa).
Non sono approfonditi i monitoraggi ambientali, né quelli di natura archeologica, né di salute, né di salvaguardia della flora e della fauna che vengono rimandati alle fasi successive alla realizzazione dei parchi. L’urgenza sembra essere la parola magica per la quale si aprono le porte all’accelerazione delle procedure, all’ingiustificabile superamento di vincoli storici e paesaggistici, alla mancata presa in esame di alcuni effetti negativi collaterali come il rumore o il disturbo da ombreggiamento che subiranno gli abitanti dei fondi coinvolti. Fretta effettiva solo se si prendono in considerazione i termini temporali delle istanze che riguardano gli incentivi previsti sia per la realizzazione degli impianti sia per l’eventuale mancato dispacciamento dell’energia prodotta.
Nell’ambito della nostra attività abbiamo allacciato rapporti con i rappresentanti delle istituzioni locali in particolare con i Sindaci e le Comunità montane, ma anche con la curia e con tutte le altre associazioni sensibili alla salvaguardia del territorio. Abbiamo organizzato assemblee pubbliche andando di comune in comune per spiegare a nostra volta alla popolazione quello che stavamo monitorando. Abbiamo stimolato le amministrazioni pubbliche affinché siano indetti Consigli Comunali aperti nei quali discutere pubblicamente della situazione. Abbiamo collaborato con i Sindaci e gli uffici per elaborare delibere di opposizione alle trasformazioni territoriali in assenza di una programmazione e pianificazione che coinvolga le comunità locali.
Continuiamo ad esprimere le nostre osservazioni negative sui progetti affinché il Ministero dell’Ambiente non rilasci il parere favorevole alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. Stiamo raccogliendo dati utili di esperienze già vissute anche in altri parti del mondo, stiamo ragionando sulla introduzione di tecniche innovative senza accettare di rigenerare vecchi impianti non considerati più funzionali in altri Paesi come è già avvenuto in passato.
Stiamo collaborando con tutti i comitati e associazioni sarde che hanno sposato l’iniziativa della legge di proposta popolare e abbiamo trascorso giornate e nottate impegnati nella raccolta delle firme da parte degli aventi diritto. Ci sentiamo in grado di pensare a creare Comunità energetiche intese davvero come una gestione collettiva della risorsa naturale rinnovabile che abbia al centro il progetto del territorio: i modi, i luoghi e le quantità devono essere studiati per dare risposte al territorio per rispondere alla gestione collettiva e non per sostituirci nel business alle multinazionali. Serve una visione anche etica del problema perché la nostra specificità non deve essere né svenduta nè sventrata al solo fine di produrre energia. Riteniamo che si possano raggiungere gli obiettivi bilanciando le diverse esigenze e valutando ogni alternativa possibile.
La nostra esistenza e la nostra memoria sono connessi a questi luoghi e non intendiamo che vengano compromessi senza una reale necessità. Quali delle attività esistenti da quelle agricole a quelle turistiche sarebbero ancora compatibili con la presenza delle pale, delle servitù conseguenti, della frammentazione dei fondi, della realizzazione di enormi superfici da spianare e livellare per la realizzazione dei campi fotovoltaici e delle aree di cantiere?
Siamo un insieme eterogeneo e andiamo fieri anche delle nostre diversità perché ci sentiamo di appartenere ad una comunità che si ribella alla sottrazione di territorio e con esso al sapere, alla storia, alla cultura, alla tradizione in nome di una transizione che ha più il sapore di una rivoluzione energetica piuttosto che di una transizione che comunque mai può definirsi green.
La nostra voce ha colpito, il dibattito sull’argomento è all’ordine del giorno sia nella sfera locale che nazionale, da altre regioni ci arrivano richieste di sostegno per contrastare il medesimo fenomeno, da troppi anni non si assisteva ad una mobilitazione pacifica e costruttiva come quella sarda attuale!
Abbiamo determinato un forte cambiamento di rotta anche nei programmi politici della Giunta Regionale. Il problema della speculazione energetica è di fatto uno degli argomenti quotidiani dell’agenda politica e questo non si sarebbe di certo verificato senza la nostra costante sollecitazione. Non mancheremo di perseverare.
Riteniamo che ancora troppo timidamente si invochi la titolarità della autonomia statutaria rispetto alle decisioni imposte senza criterio dal governo centrale e che quanto attuato fino ad ora, attraverso la moratoria e un disegno di legge per l’individuazione delle aree idonee o non idonee alla allocazione degli impianti, sia inadeguato.
La politica non è cosa facile, ma ascoltare e rispondere alle esigenze delle persone dovrebbe essere compito suo. Che ci ascoltino allora, che ci ascoltino!
Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre 2024
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Marta Tolar, laureata in urbanistica, dipendente pubblica amministrazione, originaria della Venezia Giulia vive con la sua famiglia in Gallura da più di vent’anni. È il referente del “gruppo tecnico” del Coordinamento Gallura contro la speculazione eolica e fotovoltaica.
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