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Le rinnovabili in Sardegna, ai confini della realtà

sardegnamaindi  Mariagrazia Midulla 

Quando le compagnie del petrolio e del gas, ben prima di tutti gli  altri [1], realizzarono che l’uso dei combustibili fossili stava provocando un danno enorme a tutti gli abitanti del Pianeta Terra, cercarono quasi subito di correre ai ripari: non per ovviare al problema, si badi bene, ma per nasconderlo e posporre le soluzioni, finanziando una campagna di disinformazione e diversi gradi di negazionismo o “inazionismo”.

Bruciando combustibili fossili, in particolare dalla rivoluzione industriale, cioè alla fine del 1700 in poi, si stavano concentrando gas serra – in particolare la CO2, ma anche  il metano, potentissimo gas serra che però permane meno in atmosfera – e questo interferiva con il sistema climatico e stava provocando un progressivo riscaldamento globale e quindi il cambiamento del clima. Risultato: il clima relativamente stabile, che aveva assicurato per qualche migliaio di anni una certa sicurezza all’umanità, poteva essere compromesso, con il profilarsi di eventi inattesi ed estremi e conseguenze anche catastrofiche per la civilizzazione umana.

C’è un filo rosso tra il tentativo costante di sottostimare il problema e di rinviarne la soluzione e quanto vediamo oggi. Spesso pensiamo che sia responsabilità dei social media se vengono diffuse e promosse teorie bislacche o addirittura una vera e propria negazione delle evidenze scientifiche: non è così, i social media aiutano una strategia molto più complessa che agisce sui media tradizionali, sui decisori politici, su chi fa opinione, sulla popolazione generale, cercando di alterarne convinzioni e valori condivisi. Insomma, una strategia di Pubbliche Relazioni classica, ma su scala planetaria, che però costruisce sulle convinzioni e i sentimenti locali: perché  i social e i media tradizionali usati in modo sinergico hanno raffinato enormemente la strategia e l’hanno resa capace di penetrare in ambiti dove un tempo conoscenze scientifiche (scolastiche) e valori condivisi impedivano di andare. Oggi il dramma è il rapporto con il reale: i media classici e i social media insieme concorrono a creare una specie di “realtà parallela”, basata su concetti e “fatti” a volte incredibilmente falsi che pure appaiono come l’unica verità possibile.

71fmfdfgiel-_uf10001000_ql80_Mi viene da sorridere quando penso ai primi anni ’90, quando c’era chi era convinto che Internet avrebbe creato una grande democrazia dal basso. Del resto, lo si pensava anche delle prime radio libere che, peraltro, hanno di fatto creato il rapporto diretto con il pubblico, oggi per lo più sostituito da squadre organizzate di o dai lobbisti. E oggi, Gabriella Taddeo, nell’introduzione al suo interessante libro Social, l’industria delle relazioni afferma che anche sui social «è ormai tramontato il mito del passionate work, ovvero l’idea, vagamente romantica, che gli utenti potessero produrre solo per piacere autoespressivo»: insomma siamo in un mercato dell’attenzione molto competitivo, sostiene l’autrice.

Di fronte al moltiplicarsi di fenomeni meteorologici estremi e anche nuovi, è diventato quasi impossibile negare la crisi climatica – non che non continuino a provarci, anzi – oggi la battaglia si è scatenata sul piano delle soluzioni e dell’urgenza. Costantemente politici e addirittura persone direttamente interessate mettono in discussione la necessità di smettere il prima possibile di usare carbone, gas e petrolio. Lo fanno sull’auto elettrica, lo fanno sulle rinnovabili, persino sull’efficienza domestica: cioè su tutti quei cambiamenti che possono sottrarre quote di mercato alle aziende oil and gas.

Prendiamo il caso Sardegna e il percepito “assalto delle rinnovabili”: un assalto che non c’è e non ci sarà, perché si confondono (ad arte) le domande di allaccio con i progetti effettivamente esecutivi. La Sardegna è un paradiso che nel corso dei decenni in molti hanno cercato di distruggere: dai grandi speculatori edilizi e turistici, alle servitù militari con uso di tecnologie e combustibili pericolosi, alla produzione di energia con il carbone, una produzione che continua tuttora, quando nel resto d’Italia si è praticamente fermata. Carbone che non viene dalla Sardegna, visto l’alto tenore di zolfo di quello del Sulcis, quindi carbone che si importa. Come si importano il gas e il petrolio delle raffinerie e delle pompe di benzina. Secondo voi importare vuol dire essere indipendenti?? O non dà maggior autonomia il poter usufruire di “combustibili” per sempre gratuiti come il sole e il vento? 

Ebbene, oggi si è creato un movimento di cittadini che invece di ribellarsi ai danni alla salute e al clima dei combustibili fossili – documentati scientificamente – se la prendono con le rinnovabili. La manipolazione è quella di far vedere nelle rinnovabili tutti i difetti e i danni che si sono subiti da parte di altri, anche se non è affatto vero: per esempio, i danni delle turbine eoliche e dei pannelli fotovoltaico sulla biodiversità e la natura, posto che ogni minima azione umana ha un impatto, sono infinitamente inferiori a quelli dei combustibili fossili. Ovviamente, bisogna comunque fare in modo di ridurre il più possibile tale impatto, per inciso. Eppure… i cittadini sardi sono stati chiamati alla mobilitazione contro le rinnovabili da un grande gruppo editoriale il cui rappresentante ha interessi diretti nel gas ed è sceso direttamente in campo – vi ricorda qualcosa? Ebbene sì, l’imprenditore in questione ha anche mire politiche –  aiutato addirittura da un ex presidente regionale, oggi giornalista, che ha attaccato finanche i progetti da lui stesso approvati come presidente. Spesso sui social media sono stati nutriti a fotomontaggi e proclami, alcune volte sono stati portati a vedere come uno scempio lavori molto più modesti di quelli per qualsiasi costruzione, anche privata. Io davvero mi interrogo su cosa abbia alterato così profondamente la percezione della realtà.

Provate a confrontare un supposto “scempio” sparato in apertura di prima pagina dal quotidiano l’Unione Sarda: 

immagine1

E invece questa “normale” centrale a carbone, la Grazia Deledda di Portoscuso

immagine2 Non vi pare che il confronto dimostri che non c’è più connessione con la realtà?

Ma vediamo a chi fa comodo la campagna contro le rinnovabili, chi l’ha co-promossa. Non ci crederete – o forse vi ho già convinti? – ma il 22 ottobre del 2022 l’amministratore delegato dell’ENI, Claudio Descalzi, ha parlato al Senato in un’iniziativa organizzata dalla Fondazione Benedetto Croce [2], davanti alle maggiori cariche dello Stato. Tema: il paesaggio e la questione energetica. Descalzi colse l’occasione per attaccare le rinnovabili, ovviamente dimenticando gli scempi al paesaggio, oltre che alla salute e all’ambiente, perpetrati dagli impianti Eni, raffinerie, piattaforme petrolifere, industrie chimiche, in tutta Italia. Per non parlare degli sconvolgimenti al paesaggio che la crisi climatica provoca, non solo con la fusione dei ghiacciai alpini e con le piogge estreme, ma anche con la siccità, come ben sanno proprio in Sardegna e non solo. Insomma, l’amministratore delegato di un’azienda killer, diretta e indiretta, del paesaggio che dà lezioni a impianti il cui impatto, anche sul paesaggio, non è in alcun modo comparabile, anche nei casi peggiori.

popoloIl caso Sardegna è però molto interessante anche per altri versi: è ovvio che la richiesta di avere dei vantaggi trasparenti per la presenza degli impianti su scala industriale va considerato attentamente, anche dagli operatori. A questo, però,  si accompagnano narrative assurde del tipo “ci sfruttano perché noi dovremmo produrre energia per l’Italia”: la realtà è che le interconnessioni non sono solo dalla Sardegna al continente, ma anche viceversa, garantendo l’intero sistema. E poi, se la collocazione geografica fornisce finalmente alle regioni del Sud un vantaggio energetico ed economico, occorrerebbe pensare a come avere la giusta retribuzione, non rifiutare il vantaggio! Parte delle varie componenti dei comitati non negano l’importanza delle fonti rinnovabili, in teoria, ma pongono condizioni controproducenti, tipo “il solare solo sui tetti e alt all’eolico”: come dire continuiamo con i fossili, perché per ragioni economiche e di produzione energetica così non si potrebbe soddisfare la domanda, nemmeno quella dell’isola. Altri, poi, adottano una narrativa tipicamente di sinistra, i vantaggi al popolo e non alle multinazionali: strano che questa sensibilità si manifesti proprio per le rinnovabili e non per le altre migliaia di occasioni in cui qualcuno guadagna illecitamente da attività economiche. Anche qui, queste persone sono vittime di due meccanismi: il primo, il più rilevante, è il meccanismo di aggancio, tipico dei social media ma non solo, quello cioè che parte facendo leva sulle convinzioni profonde delle persone per traghettarle verso lidi molto lontani, direi antitetici; il secondo, è la tentazione di vincere facile, contro gli avversari della lobby più potente del Pianeta. Mi rendo conto di aver messo tanta carne al fuoco, e tanto è rimasto fuori. Il fatto è che sul caso Sardegna, ma su tutti gli aspetti “umanistici” della transizione, occorre cominciare a studiare in modo ben più approfondito.

Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre 2024 
Note
[1] Secondo diverse ricerche, le compagnie del petrolio e del gas conoscevano sin dal 1959 le informazioni che divennero note al grande pubblico negli anni ’80. Qui ne riportiamo una: https://commonhome.georgetown.edu/topics/climateenergy/defense-denial-and-disinformation-uncovering-the-oil-industrys-early-knowledge-of-climate-change/ Ma c’è chi pensa che la consapevolezza risalga al 1954: https://www.theguardian.com/us-news/2024/jan/30/fossil-fuel-industry-air-pollution-fund-research-caltech-climate-change-denial 
[2] La legge sul paesaggio di Benedetto Croce a cento anni dalla sua approvazione (27.10.2022) (radioradicale.it) inizio min 55:30 .

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Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia. Dopo una prima esperienza presso alcuni gruppi parlamentari come comunicatrice, nel 1991 ha accolto l’offerta del WWF di diventare capo ufficio stampa. Dopo anni di impegno sulla comunicazione ambientale, è diventata responsabile delle campagne internazionali del WWF Italia, occupandosi in particolare di cambiamento climatico/energia e di sostanze chimiche tossiche. Successivamente si è focalizzata sulla grande sfida del clima e della svolta energetica possibile. Fa anche parte dei team internazionali del WWF su Clima ed Energia, sul G8 e G20 e sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

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