immagini
di Lia Taddei
Un pezzo di legno si trasforma, grazie alla sapiente abilità di chi ancora dà vita a queste tradizioni, in uno strumento di antichissime origini: la zampogna.
C’è un paese nel Molise dove è sopravvissuta nel tempo una fiorente tradizione artigianale legata alla costruzione di questo affascinante strumento: Scapoli, suggestivo centro in provincia di Isernia, ai piedi del Monte Marrone, nella catena delle Mainarde. Di origine medievale con appena 600 abitanti, arroccato su un colle, appare come un luogo fuori dal tempo: un paese tranquillo con un’unica strada centrale dove si trovano un paio di bar, un ufficio postale, un piccolo market, ma per altri generi di prima necessità bisogna attendere l’arrivo di un camioncino che in alcuni giorni fa tappa in paese.
Alla sommità del centro abitato il Palazzo Marchesale dei Battiloro con le sue mura a strapiombo sulla roccia, che svelano l’originaria funzione di fortezza difensiva dell’edificio. Suggestivo è l’androne del palazzo detto Sporto, da cui parte il caratteristico cammino di ronda.
Scapoli è conosciuta in tutto il mondo come luogo di nascita della zampogna. È in questo paesino infatti che l’arte della fabbricazione della zampogna si è tramandata per secoli, attraverso il lavoro degli artigiani locali, che custodiscono nelle loro botteghe i segreti della sua costruzione, continuando a trasmetterli di generazione in generazione.
Le zampogne di Scapoli rappresentano uno degli elementi più forti dell’identità delle popolazioni di questo territorio. Dal 1975 sono diventate anche momento di divertimento, di aggregazione e scambio culturale grazie all’appuntamento estivo del Festival Internazionale della Zampogna di Scapoli, evento in occasione del quale arrivano zampognari da tutto il mondo e si suonano e si ballano ritmi popolari delle tradizioni più diverse.
Tra gli artigiani del luogo c’è il Maestro Franco Izzi, pastore e montanaro, che ha deciso di vivere costruendo zampogne come precisa scelta di vita. Entrare nella bottega del Maestro Izzi e assistere alla realizzazione di questo strumento è stato per me uno spettacolo unico. Con passione ci racconta la storia, il funzionamento, le modalità di costruzione della zampogna.
Ad un profano può sembrare uno strumento semplice ma ci si ricrede velocemente quando il Maestro inizia ad illustrare le varie parti che la compongono, come charter, bordoni, ance, campane, otri, e ci spiega come la diversa costruzione dello strumento produca suoni diversi.
Esistono vari tipi di zampogne che differiscono per il tipo di ancia, per la presenza e la lunghezza delle canne o per il tipo di materiale. La zampogna più diffusa nel molisano è quella a chiave che viene realizzata in diversi modelli in base alla tonalità.
A differenza della cornamusa, che possiede una sola canna del canto o chanter, è dotata di due chanter ad ancia doppia o singola. I legni maggiormente utilizzati per la costruzione delle zampogne molisane sono il ciliegio per le campane e l’ulivo, ma anche l’acero, il sorbo, il prugno o l’albicocco per i fusi dei chanter ed i bordoni. Il legno più pregiato, ma anche più costoso e difficile da reperire è quello di ebano.
Gli otri oggi vengono, generalmente, ricavati dalle camere d’aria per le auto rivestiti in vello sintetico. Solo su richiesta vengono realizzati anche otri in pelle di animale come la capra o la pecora.
Ma Izzo non è solo un costruttore e suonatore di zampogna, è anche un innovatore: infatti con orgoglio ci parla del suo “bordone modulabile”, una sua innovazione che ha reso lo strumento completo nelle sue tonalità. Opportunamente modificato ha permesso di ampliare la capacità armonica, permettendo un notevole arricchimento del repertorio musicale altrimenti precluso.
Sentire l’odore del legno stagionato, osservare le mani sapienti che trasformano e creano ance e canne sonore, ascoltare il Maestro mentre con amore condivide le sue conoscenze, mi ha fatto capire quanta cura viene messa nella sua creazione e quanto forte sia il desiderio di non disperdere questo patrimonio di tecniche e saperi.
Ma l’esperienza più straordinaria è stata quella di uscire dal buio della bottega per accompagnare il Maestro raggiungendo con lui il Monumento ai Caduti del Monte Marrone, una costruzione costituita da 20 grossi cubi di pietra a simboleggiare le 20 regioni italiane.
Durante la Seconda guerra mondiale Scapoli si trovò sulla famosa “Linea Gustav” creata dai Tedeschi per impedire l’avanzamento degli alleati. Il monumento fu voluto e realizzato dai reduci del battaglione Piemonte che ogni anno si recano in pellegrinaggio per ricordare l’eroica operazione di conquista della cima del Monte, nella primavera del 1944.
Vedere il Maestro arrampicarsi sui blocchi di cemento sovrapposti e da lassù intonare una dolce e malinconica melodia, una ninna nanna da lui appositamente composta per questo luogo, è stato un momento di vera emozione. Il suono che si liberava nell’aria diffondendosi nella vallata sembrava creare un sottile legame tra chi resta e chi non c’è più, quasi a ricordarci come la musica possa essere straordinario simbolo di pace e tolleranza.
Dialoghi Mediterranei, n. 57, settembre 2022
______________________________________________________________
Lia Taddei, nata e vissuta a Trieste, laureata in Psicologia, ha lavorato prima come operatrice psichiatrica, poi come responsabile di segreteria studenti presso l’Università di Trieste. Le sue grandi passioni sono la fotografia e i viaggi. Ama soprattutto fotografare le persone nel loro ambiente, entrare a contatto con culture diverse, vivendo questi momenti come crescita interiore e cercando di essere più viaggiatrice che turista. Quando non viaggia cerca di sperimentare modi di fotografare diversi, di scoprire nuovi punti di vista, perché in fondo la fotografia è già di per sé un viaggio, che si fotografi luoghi lontani oppure vicini. Ha partecipato a vari workshop, viaggi fotografici e concorsi; alcune sue foto sono state pubblicate in vari progetti editoriali collettivi.
_______________________________________________________________