di Benedetto Coccia, Karolina Peric e Franco Pittau [*]
Da sempre si è cercato di dare un nome alle cose, di esprimerne il significato con una parola, con peculiarità diverse in ciascuna lingua e con tonalità differenziate a seconda degli ambiti in cui si interviene. Ogni lingua merita interesse e rispetto, essendo l’espressione di una comunità umana più o meno ampia o di un intero popolo. Su questa realtà sostanziale si innestano differenze, che nel corso del tempo hanno favorito la maggiore o minore diffusione (e spesso anche l’estinzione) di una lingua.
Nel panorama linguistico internazionale l’italiano eccelle non tanto per il numero dei parlanti (peraltro non trascurabile) ma per il fatto di essere stato segnato da eventi storici, culturali, artistici, economici, religiosi e ambientali che inducono ad attribuirgli una connotazione di eccellenza e ne hanno favorito la diffusione oltre la penisola. A tale diffusione è dedicata questa ricerca, che indubbiamente è animata anche da un sincero compiacimento, giustificato dagli aspetti di pregio prima accennati, ma, ancor di più dal desiderio di mettere a disposizione di molti altri un bene di alta qualità culturale che si possiede.
La presente ricerca, da una parte, si aggiunge alle innumerevoli pubblicazioni dedicate alla riflessione su una materia così suggestiva e, dall’altra, ha voluto distinguersi per diverse sue specifiche caratteristiche, sulle quali ci soffermiamo.
Una forte motivazione ereditata da una precedente esperienza di volontariato
Il nostro lavoro di ricerca ha trovato, innanzi tutto, la sua ispirazione in un progetto linguistico-culturale svoltosi a Roma per due decenni, di cui uno nel presente secolo. Ci riferiamo al “Forum per l’intercultura”, una impegnativa realizzazione voluta dall’allora direttore della Caritas diocesana di Roma mons. Luigi Di Liegro, il quale riuscì a coinvolgere le più significative organizzazioni (ecclesiali e laiche) che nella Capitale si occupavano degli aspetti socioculturali della presenza immigrata [1]. Nello svolgimento di queste attività interculturali, e in parte linguistiche, i curatori della presente pubblicazione ebbero l’opportunità di svolgere mansioni di rilievo, acquisendo così conoscenze, competenze e sensibilità risultate funzionali a questo nuovo impegno, aperto alle più ampie prospettive internazionali.
Infatti, sotto un certo aspetto il fenomeno dell’immigrazione straniera, che in quel periodo andava diventando di massa, ad una più approfondita analisi già iniziava a configurarsi come un confronto della nostra cultura con quelle dei nuovi arrivati provenienti da numerosi altri Paesi, incentivanti a un confronto da avviare attraverso la conoscenza della lingua italiana per passare, quindi, agli aspetti lavorativi, sociali, religiosi e così via.
Ai mediatori interculturali, impegnati nelle molteplici attività del citato Forum, non sfuggì affatto che la presenza straniera rivestiva non solo implicazioni giuridiche, demografiche, economiche, occupazionali e politiche. Per essi, sotto l’aspetto umano, erano di grande rilievo anche gli aspetti linguistico-culturali, per giunta in larga misura funzionali alla soluzione dei problemi che si presentavano negli altri ambiti [2]. Come vedremo questa eccezionale esperienza più di recente ha avuto un seguito molto ampio nel settore dell’insegnamento linguistico, conferendo una finalità specifica all’impegno di volontariato.
Una motivazione socio-linguistica unita a un’apertura internazionale
Un secondo fattore di peso, che parimenti si colloca all’origine di questa pubblicazione, è stata l’esperienza maturata in Italia da circa un decennio nell’insegnamento dell’italiano agli stranieri, che tra l’altro esplica effetti giuridici sostanziali sia sull’acquisizione del diritto al soggiorno a tempo indeterminato, sia sull’acquisizione della cittadinanza italiana. La previsione dell’obbligo di apprendere l’italiano, seppure introdotta in un contesto politico restrittivo nei confronti degli immigrati (ci riferiamo al “Pacchetto sicurezza” del Ministro dell’interno Roberto Maroni del 2008), nel corso della sua applicazione ha mutato orientamento e ne ha acquisito uno più rispondente alle esigenze degli immigrati, presentandosi ormai come un’opportunità. Abbiamo avuto modo di sperimentare tale cambiamento, prima operando sul campo e poi conducendo, con un gruppo di ricercatori, un approfondimento su questo primo periodo di applicazione [3].
Strettamente connessa è un’altra motivazione, derivante dalla constatazione della diversa piega che sta assumendo, sia in Italia che in Europa, il rapporto tra l’attaccamento alla propria nazione e l’adesione alle strutture sovrannazionali, tra il patriottismo per l’Italia e il supporto all’Unione Europea, tra la concezione degli interessi nazionali come un obiettivo assoluto e la loro promozione in collaborazione con gli altri Paesi. Non si tratta di negare o di subordinare l’uno all’altro, bensì di conciliarli, come peraltro delineato nella nostra Costituzione. Questa armoniosa composizione, più chiaramente percepita dopo il Secondo conflitto mondiale e i danni causati dai regimi totalitari, negli anni ‘2000 è andata attenuandosi e talvolta sfaldandosi. Nelle letture, fatte per dare consistenza a questo progetto con una adeguata conoscenza della materia, abbiamo potuto constatare che molto spesso, quando si parla della diffusione della lingua dell’italiana all’estero, si riscontrano toni di trionfalismo, di autocompiacimento nazionalistico e di supremazia, che sarebbe bene evitare, non per sminuire l’attaccamento alla nostra lingua, bensì per temperarli con le carenze che un confronto internazionale ci porta a riscontrare anche a casa nostra, come anche per il rispetto alla lingua degli altri e la riconoscenza ad essi dovuta per il fatto che si aprono alla lingua e alla cultura italiana.
L’interesse a una pubblicazione di ampia diffusione
Non è mancato l’interesse a rimediare in qualche modo alla mancanza di un libro concepito come una via di mezzo tra le ricerche scientifiche sulla diffusione dell’italiano nel mondo (tra cui si inserisce Italiano 2020 realizzato dall’Istituto S. Pio V con l’università per stranieri di Siena) e gli articoli di divulgazione, alcuni di media estensione molto utili per favorire una corretta seppure iniziale conoscenza della materia, e altri brevi, spesso imprecisi nella loro sommarietà e non esenti dai toni enfatici. Abbiamo constatato che su Google circolano luoghi comuni e informazioni inesatte, anche quando sono stati fatti molti e calibrati interventi per mostrarne l’infondatezza. Anziché fare riferimento a questi rilievi critici, i più tendono a recepire una interpretazione della realtà consolatoria, ritenendo così disfattiste le altre letture. Purtroppo, quando si aderisce acriticamente a quanto viene maggiormente divulgato sui social, non si coglie il vero nocciolo della questione e, invece, una mentalità relazionale aperta, è indispensabile in un mondo diventato sempre più globalizzato.
Le caratteristiche della pubblicazione
Nei nostri propositi, condivisi dalle numerose persone che hanno collaborato (tra le quali, ci piace sottolinearlo, i giovani sono ben rappresentati), abbiamo pensato a un libro corretto nella metodologia di ricerca e, nello stesso tempo, agile nello stile espositivo. Mossi da questa preoccupazione abbiamo ridotto al minimo le note e i riferimenti bibliografici e cercato di semplificare i passi che a una prima lettura avrebbero rischiato di essere problematici nel loro esatto significato, naturalmente riducendo al minimo i vocaboli tecnici. In questa direzione “coinvolgente” quindi, sono stati indirizzati gli sforzi, sulla cui riuscita il giudizio spetterà ai lettori.
Il forte interesse alla progettualità e all’impegno operativo
Tra le altre forti motivazioni che hanno ispirato il nostro progetto vi è stata la convinzione che si debba effettuare il passaggio dal dover essere all’essere, dal campo delle analisi critiche e delle ipotesi teoriche alla sperimentazione e all’impegno operativo. Anche chi opera nel settore è cosciente di dovere fare i conti con diversi condizionamenti ma, anziché limitarsi a lamentarne l’aggravio e quasi ritirarsi in un mondo astratto, si sente obbligato a individuare i possibili spazi d’intervento e, all’occorrenza, anche a crearli, cercando sinergie e muovendosi in modo più aperto e costruttivo.
Noi non siamo esperti nelle diverse discipline che hanno a che fare con la diffusione dell’italiano: la linguistica, la didattica, gli accordi bilaterali, la progettazione a livello internazionale e così via. Tuttavia, l’esperienza nella progettazione sociale, congiunta con l’impegno per realizzarla, ci porta ad affermare che nel settore che trattiamo (e lo stesso si può dire per altri settori) una rilevante carenza consiste nel mancato coinvolgimento dell’ampia base rappresentata dal piccolo e medio associazionismo, come anche del volontariato, dei circoli, dei gruppi parrocchiali e di altri gruppi. Ne consegue che i fondi progettuali (per giunta non così rilevanti) stanno diventando sempre più un monopolio di pochi e quella che chiamiamo base ne rimane di fatto esclusa. Ora è risaputo che senza il supporto della base i progetti culturali non vanno avanti, o pur nascendo hanno una vita breve, o ancora riescono anche a durare nel tempo ma con un andamento stentato e scarsi frutti.
Questo progetto, che fa riferimento all’esperienza di piccole realtà impegnate nell’insegnamento dell’italiano con la partecipazione sia di italiani che di immigrati, vuole sottolineare che è possibile sviluppare azioni di straordinaria efficacia per la diffusione dell’italiano sia in Italia che all’estero: oltre tutto si vedrà, nei casi di volontariato che vengono citati, che le sovvenzioni pubbliche non sono il punto chiave della loro efficace operatività (lo sono invece le loro motivazioni e la loro disponibilità) e però, se intervenisse anche un certo sostegno finanziario, i risultati sarebbero ben più cospicui.
L’Istituto S. Pio V catalizzatore dell’incrocio tra esperienza e approfondimento
È stato determinante che l’Istituto di Studi Politici S. Pio V abbia voluto inserire anche questa nell’ampia gamma delle sue ricerche, accompagnandone man mano lo sviluppo con un suo rappresentante. Ciò ha consentito di unire i pregi dei due ambiti, temperando i limiti di ciascuno di essi e accrescendone le virtualità. I benefici di questa collaborazione continueranno anche nella fase dedicata alla diffusione dei risultati conoscitivi, riguardanti l’Italia e tanti Paesi del mondo, sia tramite il ricorso ai mezzi di comunicazione, sia tramite gli interventi diretti in determinati ambiti per coinvolgere i protagonisti della sensibilizzazione.
La ricerca su L’Italia nel mondo attraverso la sua lingua si è tradotta in un volume cartaceo, funzionale alla sua presentazione ufficiale con il coinvolgimento delle istituzioni pubbliche e delle realtà sociali interessate all’argomento. Si è pensato anche a una versione digitale da utilizzare in rete al fine di garantire una diffusione più ampia in Italia e all’estero, precisando che già la redazione dei testi è avvenuto grazie a un impegno dispiegato su questi due versanti.
I contatti stabiliti nella fase della ricerca lasciano intendere che l’uscita del libro sarà l’occasione per organizzare incontri di riflessione anche in qualche Paese estero, concorrendo così a incrementare i collegamenti con i Paesi dove vivono i nostri emigrati e altre persone italofone.
Il piano della ricerca articolato a livello globale e territoriale
Inizialmente abbiamo tracciato il quadro mondiale delle lingue più parlate nel mondo e di quelle più studiate, tra le quali l’italiano, pur non essendo all’apice, si trova comunque in una posizione ragguardevole. In questo campo ci siamo mossi con cautela, citando le diverse posizioni, soffermandoci sulle caratteristiche e auspicando che si facciano ulteriori progressi nella statistica, da considerare una base fondamentale per l’analisi della situazione corrente e la futura progettazione.
Non poteva mancare una brevissima storia dell’affermazione dell’italiano. La sua diffusione in Italia dopo l’unificazione è risultata legata all’introduzione e all’ampiamento dell’obbligo scolastico e, dopo la Seconda guerra mondiale all’influsso unificante dei programmi televisivi e ad altri fattori tra i quali spiccano la straordinaria simbiosi tra lingua italiana e l’impiego operativo che ne ha fatto la Chiesa cattolica e, paradossalmente, quanto avvenuto tra i milioni di emigrati italiani all’estero, prima solo dialettofoni ma poi costretti a comunicare tra di loro in italiano per capirsi. Per quanto riguarda, invece, l’apprendimento dell’italiano da parte degli stranieri residenti all’estero abbiamo fatto riferimento agli aspetti di pregio culturale, artistico, musicale, produttivo e culinario del nostro Paese e al rilevante peso che ha esercitato e continua ad esercitare il turismo.
Alle statistiche è dedicato un ampio spazio, per analizzare i dati del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, quelli delle fonti locali, e anche le proiezioni basate su metodologie innovative. All’occorrenza abbiamo invitato i lettori a non farsi ripetitori di affermazioni lusinghiere per la nostra lingua se non adeguatamente fondate, come anche a non lasciarsi catturare da previsioni catastrofiche che vedono l’italiano in va di estinzione. Questo quadro d’insieme, reso credibile da un ricorso ragionato alle fonti disponibili, aiuta a pensare e a muoversi all’interno dell’effettivo quadro storico.
Diversi capitoli a carattere generale, che si limitano a riassumere quanto messo in evidenza da importanti ricercatori del settore, mostrano come il dialetto toscano sia andato imponendosi fino a diventare l’italiano di tutti, da ultimo, anche l’italiano degli immigrati venuti in Italia. Quest’ultimo tema è stato analizzato, sia prima nella imperfetta formulazione degli obiettivi linguistici da conseguire, sia dopo, quando sono risultate deficitarie le opportunità di apprendimento offerte dalla rete pubblica, che il volontariato si adopera per rinforzare nella misura del possibile. Resta assodato che gli immigrati sono uno dei fattori più importanti della diffusione dell’italiano, come nel passato lo sono stati gli emigrati italiani all’estero, continuando peraltro a esserlo tuttora.
L’ampio panorama della diffusione della nostra lingua nel mondo viene aperta con un capitolo dedicato alla raccolta e all’interpretazione dei dati statistici ai quali va attribuita un’importanza fondamentale per riuscire a comprendere la situazione attuale e favorirne un miglioramento. Nel 2014 sembrava avviato su un binario rassicurante questo adempimento quando, alla sessione degli Stati generali della diffusione dell’italiano nel mondo, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale presentò la sua nuova metodologia di ricerca e, perfezionandone a più riprese gli aspetti, fece conoscere i risultati ulteriori anche alle sessioni del 2016 e del 2019 dei predetti Stati Generali.
Questo percorso virtuoso sembra essersi interrotto perché dopo il 2019 non sono stati più diffusi i dati disaggregati per singolo Paese, eccezion fatta solo per gli iscritti ai corsi d’italiano organizzati dagli Istituti Italiani di cultura: tra l’altro questi nuovi dati, seppure parziali, sono fonte di preoccupazione perché attestano un andamento non soddisfacente in diverse importanti aree.
Dopo questi capitoli a carattere generale il testo si divide in tre parti. La prima è dedicata alla presentazione di un quadro generale della diplomazia culturale italiana, che mostra l’intreccio tra le varie componenti e, per ciascuna di esse fornisce le precisazioni e i numeri desunti dall’ultima relazione annuale presentata dalla Farnesina al Parlamento. Questo quadro istituzionale è completato da diversi capitoli, dedicati rispettivamente ai fattori che influiscono sulla diffusione all’estero, tra i quali spicca il ruolo esercitato dalle comunità italiane all’estero e quello della Chiesa cattolica.
La seconda parte, quella più impegnativa e consistente, si occupa di una puntuale analisi della diffusione dell’italiano in quei Paesi
ritenuti più importanti nel panorama mondiale: Canada e Stati Uniti per l’America del Nord; Argentina, Brasile è un capitolo dedicato ad altri Paesi per l’America Latina; Egitto, Tunisia, Libia, Marocco e Sudafrica per l’Africa; India, Giappone, Corea del Sud e Cina per l’Asia, Australia per l’Oceania; Francia, Germania, Polonia, Russia, Svizzera, Regno Unito, Romania e Ungheria per l’Europa. Su diverse altre aree notizie particolari sono state inserite nell’introduzione a questi “casi-paese”.
Per ciascuno di essi si è cercato di comprendere il contesto, di riflettere sull’evoluzione intervenuta, di raccogliere ogni possibile dato e tirare un bilancio sulla base degli elementi a nostra disposizione.
I “casi paese” si rivelano utili non solo per interpretare il singolo quadro nazionale ma anche per leggere in maniera più particolareggiata il quadro mondiale. Naturalmente la ricerca effettuata su un numero così ampio di Paesi è stata possibile grazie a concorso di molti e diversificate figure di ricercatori, una molteplicità da noi considerata preziosa.
La terza parte, alla quale si è fatto cenno, riguarda oltre trenta interviste, appositamente curate per raccogliere le testimonianze in Italia e in diversi Paesi del mondo: le hanno rilasciate studiosi e operatori, insegnanti e studenti, italiani e stranieri, emigrati e immigrati. In queste interviste si trovano diversi spunti che consentono di scandagliare gli aspetti trattati nei precedenti capitoli.
Dopo la raccolta del maggior numero di dati ed elementi conoscitivi, indispensabili per offrire al lettore una visione quanto mai documentata, le conclusioni non risultano essere del tutto ottimistiche, perché, andando oltre i discorsi sull’importanza della nostra lingua, della nostra cultura, del nostro Paese, si riscontrano diverse lacune sia nella programmazione che a livello operativo. Come prima lamentato, è scarsa (o senz’altro meno efficace rispetto al passato) la capacità di coinvolgere la base, sia in Italia che in diversi Paesi esteri, per sostenere e ampliare la comunità linguistica italofona. L’attuale situazione, però, non esclude la possibilità di un miglioramento. nonostante l’aumentata concorrenza nel mercato globale delle lingue: questo è anche l’auspicio non velleitario della presente ricerca, che non ha mancato di indicare alcune piste concretamente percorribili.
Per raggiungere questo traguardo tutti quelli che parlano italiano possono concorrere seppure a modo loro, perché ciascuno di essi è in un certo senso un professionista della lingua, perché se ne serve per leggere, per scrivere, per operare, per curare i contatti, per pregare e per riflettere: insomma, la lingua si identifica con la sua esistenza e si ricollega con gli umili inizi dell’italiano quasi un millennio fa e con Dante e gli autori illustri che l’hanno perfezionata. Per riuscire a migliorare le situazioni servono convinzione ed entusiasmo: speriamo di aver contribuito in tal senso con questa ricerca.
Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre 2024
[*] Questa è l’introduzione alla ricerca che l’Associazione interculturale Suamox ha realizzato in partenariato con l’Associazione Kel’lam con il sostegno dell’Istituto di studi politici S. Pio V. Il volume sarà pubblicato nel mese di gennaio 2025.
Note
[1] Caritas di Roma, Forum per l’intercultura: 18 anni di esperienza, Edizioni Idos, Roma, 2008. Il Forum ancora oggi continua ad essere da tutti associato al nome di Lidia Pittau, che ne fu l’instancabile e straordinaria animatrice: Questa pubblicazione viene realizzata nel quinto anno dalla sua scomparsa e deve intendersi a lei dedicata, come anche ai numerosi operatori e mediatori interculturali che ne furono coprotagonisti.
[2] Rimandiamo al volume Caritas di Roma, a cura di F. Pittau, “Forum per l’Intercultura”: 18 anni di esperienza, Roma, Edizioni Idos, Roma, 2008.
[3] I migranti e l’apprendimento dell’italiano: aspetti storici, normativi e operativi, in Dialoghi Mediterranei, n. 62, 1° luglio 2023: per condurre questa ricerca hanno collaborato con noi Ginevra Demaio, Luca Di Sciullo e Anna Onorati.
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Benedetto Coccia, primo ricercatore dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” presso il quale è Coordinatore scientifico dell’Area Sociale, Umanistica e Linguistica, ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Storia Contemporanea presso l’Università “Sapienza” di Roma, è autore di numerosi saggi, articoli e recensioni. È presidente dell’Associazione di stuti umanistici Leusso e direttore responsabile della rivista Leussein.
Karolina Peric, dottoressa in Lettere, dopo la laurea inizia la collaborazione con il Forum per l’intercultura della Caritas di Roma dove ricopre diversi ruoli, da mediatore linguistico culturale a coordinatrice di percorsi didattici interculturali nelle scuole. Ha collaborato con diversi Enti pubblici e privati lavorando nei progetti socio-educativi con una forte impronta interculturale. Dal 2001 è vice presidente dell’associazione culturale SUAMOX, autrice di progetti artistici e culturali improntati sulla conoscenza delle diverse espressioni culturali del mondo. Attualmente coordina il Gruppo Welcome, uno spazio interculturale con la scuola di Italiano per stranieri presso la Parrocchia San Pio X alla Balduina a Roma.
Franco Pittau, dottorato in filosofia, è studioso del fenomeno migratorio fin dagli anni ‘70, quando condusse un’esperienza sul campo, in Belgio e in Germania, impegnandosi nella tutela giuridica degli emigrati italiani. È stato l’ideatore del Dossier Statistico Immigrazione, il primo annuario del genere realizzato in Italia. Già responsabile del Centro studi e ricerche IDOS (Immigrazione Dossier Statistico), continua la sua collaborazione come Presidente onorario. È membro del Comitato organizzatore del Master in Economia Diritto Interculture Migrazioni (MEDIM) presso l’università di Roma Tor Vergata e scrive su riviste specialistiche sui temi dell’emigrazione e dell’immigrazione.
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