di Francesca Morando
Questo contributo è il frutto di alcune elaborazioni, ispirate dalla frequenza della XX Scuola Estiva di Astronomia della Società Astronomica Italiana e del MIUR, tenutasi a Stilo (RC), la quale, a seguito della proclamazione del 2015 come Anno Internazionale della Luce (IYL), da parte dell’UNESCO, ha sviluppato, come filo conduttore, il percorso educativo dal titolo “A cavallo di un raggio di luce tra scienza, letteratura, arte”, per auspicati fini didattici.
L’articolo si propone quindi come spunto per qualche suggerimento trasversale, di cui servirsi per esempio in classe, sui numerosi temi a cui la luce e la sua negazione, ovvero l’ombra, si prestano ad essere utilizzate, in particolare in ambito pedagogico e in chiave interdisciplinare e interculturale, invitando anche a ulteriori ricerche più approfondite.
Fra le più antiche attestazioni del fenomeno luminoso si riscontrano quelle nei testi sacri e giusto per citare qualche esempio, si riportano solamente tre brevi frammenti di diversi testi di tre tradizioni filosofico-religiose: la buddhista – il cui scopo ultimo è quello di raggiungere significativamente l’Illuminazione (della mente) – dalla quale proviene il brano scelto del Sutra della Luce Dorata (capitolo III):
«Una notte in cui tutto era tranquillo ebbi un sogno. Vidi un grande e bel tamburo che inondava tutto di luce dorata; radioso come il sole. […]. Vidi qualcuno, che pareva un bramino, suonare con forza il tamburo, e dal suono udii questi versi: “Possa il suono del maestoso tamburo della Sacra Luce Dorata lenire tutte le sofferenze delle cattive migrazioni, il dolore della morte e i patimenti della miseria degli esseri nelle sfere del grande migliaio di un miliardo di sistemi di mondi”[…]»;
la giudaico-cristiana, attraverso la Genesi della Bibbia:
1 In principio Dio creò il cielo e la terra.
2 Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
3 Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu.
4 Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre.
5 e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno (Genesi 1, 1-5);
e quella islamica, con la sūra XXIV, del Corano, chiamata appunto “al-Nūr” (la Luce)»:
«Allah è la luce dei cieli e della terra. La Sua luce è come quella di una nicchia in cui si trova una lampada, la lampada è in un cristallo, il cristallo è come un astro brillante; il suo combustibile viene da un albero benedetto, un olivo né orientale, né occidentale, il cui olio sembra illuminare, senza neppure essere toccato dal fuoco. Luce su luce. Allah guida verso la Sua luce chi vuole Lui e propone agli uomini metafore. Allah è onnisciente» (Corano, XXIV, 35).
La luce, condizione solare e quotidiana, fondamentale per i cicli vitali di tutti i viventi, ha influenzato vigorosamente, oltre ai ritmi biologici, anche le varie produzioni umane, come le scienze e le arti, comprese anche le lingue e di riflesso le varie letterature. Anche l’italiano, come gli altri idiomi, presenta delle locuzioni sulle immagini, fortemente poetiche ed espressive riguardo alla luce e all’ombra (e alle loro sfere semantiche), sia in senso stretto che in senso figurato. Qua di seguito se ne riporta una minuscola parte in senso allegorico, a titolo esemplificativo. “Dare alla luce”; “venire alla luce”; “vedere la luce”; “mettere in luce”; “fare (o gettare) luce su qualcosa”; “alla luce dei fatti”; “mettere in buona (o in cattiva) luce”; “fare qualcosa alla luce del sole”; nonché l’epoca storica, nota come “l’età dei Lumi o Illuminismo”; “senza ombra di dubbio”; “mettere in ombra”; “l’ombra di Banco” [1]; “dar noia all’ombra”; “essere l’ombra di se stesso”; “seguire qualcuno come un’ombra”; “diventare l’ombra di qualcuno”; “avere paura della propria ombra”; “vivere all’ombra del campanile” [2] e infine i verbi danteschi come “adombrare”; “sgombrare”; “disgombrare” (Sisto, 2002).
Da quanto detto si deduce che il campo terminologico della “luminosità” risulta essere sostanzialmente positivo, mentre quello dell’ombra, in certi casi, può anche cessare di ricoprire una valenza tendenzialmente negativa. Un risvolto “costruttivo” dell’ombra si può infatti riscontrare nell’antica arte del Teatro delle ombre (Patrimonio culturale immateriale dell’umanità dal 2009, nella versione turca), ovvero nella riproduzione di sagome di figure con bastoncini, proiettate su un telo bianco semi-trasparente nonché le ombre cinesi, ricavate dalle sagome scure delle mani sul muro, riproducenti animali; nella necessità dell’architettura islamica di creare volumi che, ombreggiando, continuano a riparare dal caldo torrido, come i numerosissimi esempi di ṣaḥn (cortile interno della moschea o della madrasa) e nella lunga rappresentazione iconica e pittorica, che ha impiegato l’utilizzo della luce con vari scopi e tecniche: per esempio nei mosaici bizantini l’impiego di tessere dorate serviva a evocare la presenza divina; nei quadri di Caravaggio le figure risultano platealmente delineate dal drammatico contrasto luce e ombra, perché caricate di significati psicologici e allegorici, e infine nelle pitture degli impressionisti, che esaltano proprio la resa cromatica della luce del giorno all’aria aperta.
Una diversa accezione semantica della parola “ombra” si riscontra presso i greci, i latini e nell’antico Egitto dove i defunti venivano indicati appunto come “ombre”, mentre Dante stesso porta sgomento tra le anime dell’Antipurgatorio, per via del fatto che egli risulta l’unico dei presenti a interporsi alla luce del sole, proiettando a terra la propria sagoma scura. Tale arcaica credenza, immortalata nella Divina Commedia, trova riscontro presso diverse tradizioni culturali, dove gli esseri non (più) terreni come i trapassati o le creature demoniache sono ritenuti privati di ombra. Tra queste ultime, la letteratura e il cinema, tratti dal folklore rumeno, dei Balcani e dell’Europa dell’est, hanno reso celeberrima, al di sopra delle altre creature leggendarie, la figura vampiresca del conte Dracula, il quale, agendo esclusivamente di notte, rifuggirebbe la luce del sole, come mortale. In altre mitologie i vampiri invece non proietterebbero la propria ombra. In ambito (pre-)islamico esiste parimenti una creatura demoniaca (vampiresca), assimilata ai ǧinn, chiamata ġūl, la quale, a sua volta, ha dato il proprio nome arabo alla stella Algol (β Persei), definita per antonomasia la “stella del diavolo” perché di luminosità cangiante (classificata in termini astronomici come stella variabile).
Gli antichi, senza l’ausilio dei telescopi, non potevano sapere che l’abbassamento e l’innalzamento della luminosità di questo sistema stellare ternario dipendeva dal fatto che una delle stelle compagne eclissa parzialmente la luce della stella più luminosa, quasi ogni tre giorni completi [3], per un periodo di dieci ore. Pertanto, relativamente all’astronomia culturale, nella tradizione greca, Perseo, incastonato fra le stelle, tiene nella mano, per la capigliatura, la testa mozzata del mostro Medusa, mentre nella leggenda islamica l’eroe [4] afferra per i capelli il capo reciso del diavolo barbuto, ovvero al-ġūl (Algol). Inoltre nella tradizione ebraica la stella è nota con il nome di Rōsh ha Sāṭān (testa di Satana), nonché Lilith (nome della mitica prima moglie demoniaca di Adamo, secondo la versione ebraica, elaborata durante la cattività babilonese).
In generale, quindi, questa stella veniva considerata, dai popoli che la osservarono a occhio nudo, nefasta e portatrice di sventure, specialmente nel momento di minore emanazione luminosa, al contrario del pianeta Venere, assiduamente studiato e venerato in quanto terzo astro più brillante nel cielo dopo il sole e la luna. Fra l’altro, in arabo, il nome del pianeta risulta kawkab al-zuhara e forse non a caso, dal momento che la radice rimanda al candore [5] e alla brillantezza (essendo “fosforo” [6] o “lucifero”[7] ). Lucifero, però, evoca probabilmente in maniera più immediata il nome dell’angelo più bello, che per sua volontà si sarebbe ribellato a Dio e da questo scaraventato con gli altri insorti negli Inferi.
Dal momento che i Maya elaborarono dei riti sullo “agguantamento” del sole è intuibile che, segnatamente ma non esclusivamente per costoro:
«nei tempi più remoti la notte fosse veramente qualcosa di assoluto: il buio era totale, gli uomini non potevano far nulla, era il tempo della paura e del pericolo e non a caso le prime divinità furono associate proprio alla luce del sole che antiteticamente al buio della notte è colei che risveglia il mondo e che dona la vita» [8].
A questo punto sarebbe anche lecito capire meglio di cosa si parla quando si intende per “luce”, dal momento che il quesito è stato affrontato da grandi pensatori nel corso dei millenni. Senza la pretesa di spiegare in termini fisici un argomento tanto complesso, si può riassumere dicendo che l’emanazione luminosa (ovvero la radiazione elettromagnetica), rientrando nel campo della controintuitiva meccanica quantistica, possiede duplice natura, particellare e ondulatoria.
Lo scienziato che riformulò i postulati sui principi dell’ottica, demolendo secoli di teorie consolidate, fu il geniale ed eclettico medico, astronomo, fisico e matematico Ibn Ḥaytam (conosciuto anche con il nome latinizzato di Alhazen), che nel 1015 scrisse il suo Kitāb al-Manāẓir (Libro di Ottica), sperimentando per primo la camera oscura. Non sembra azzardato paragonare tale personaggio a Galileo Galilei per le scoperte e la sensibilità scientifica, dal momento che l’Unesco ha voluto celebrare entrambi gli scienziati, dichiarando il 2009 “International Year of Astronomy” (alla ricorrenza dei quattro secoli dalle prime osservazioni al cannocchiale di Galileo) e il 2015 “International Year of Light (and light-based Technologies)” nell’anno del compimento del millennio dalla scrittura del trattato dello scienziato di origini irachene, relativo all’ottica. Inoltre nei paesi arabo-islamici Ibn Ḥaytam è considerato talmente importante che esiste un sito [9] dedicato a lui e alle sue innovazioni. Oggi il suo nome è legato anche a un cratere lunare e a un asteroide, entrambi chiamati Alhazen.
Avendo accennato alle tematiche astronomiche, questo breve contributo non può esimersi dal delineare concisamente i principali fenomeni relativi alla luce cosmica. Anche in questo caso non si tratterà diffusamente di tale argomento ma verranno almeno schematizzati e semplificati alcuni fenomeni celesti, rappresentativi della luce e della sua negazione nell’Universo. Il più importante avvenimento energetico nel nostro Universo è stato il Big Bang, ovvero la nascita dello spazio-tempo, nonché della materia e posteriormente anche della luce, che si è diversificata dal “mare” di plasma particellare tra i 300 mila e i 400 mila anni successivi. Poiché l’Universo è un ambiente estremamente dinamico, la nascita, l’evoluzione metamorfica e la morte di diversi oggetti come le stelle e le galassie avvengono in continuazione, sebbene in tempi cosmici; tali avvenimenti generano tuttavia imponenti fenomeni radioattivi e luminescenti come per esempio i quasar e i lampi gamma, rilevabili attraverso distanze “astronomiche”, misurate in anni luce [10] e parsec [11]. La luce, però, quando oltrepassa l’orizzonte degli eventi dei buchi neri (limite oltre al quale non è più osservabile alcun fenomeno), seguendo la curvatura dello spazio-tempo, non riesce più a sfuggire dal buco nero, poiché la velocità di fuga al di sotto dell’orizzonte degli eventi supera la velocità della luce stessa. Questa, non essendo un corpo materiale ordinario, intrappolata in un buco nero, subisce particolari processi come l’effetto Doppler. Gli altri oggetti cosmici, invece, vengono irrimediabilmente risucchiati, spaghettificati e dunque fagocitati da queste voragini pantagrueliche.
Questi eventi astronomici di proporzioni immani non sono visibili ad occhio nudo, mentre sulla Terra sono ben note altre manifestazioni di condizioni particolari di luce, come per esempio le aurore boreali e le eclissi, che al contrario delle spaventose angosce che queste ultime suscitarono in passato, sono di fatto “innocue”, nonostante gli avvenimenti che gli esseri umani attribuirono a tali fenomeni cosmici, nel corso della storia, come per esempio la presa turca di Costantinopoli del 1453, quando i cristiani interpretarono l’eclisse come il segno dell’abbandono di Dio e di conseguenza della vittoria dell’Islam. La cosa più sorprendente è che tutta quella che riteniamo energia luminosa (e termica) colossale presente nell’Universo, in realtà, secondo la NASA, rappresenta una piccolissima percentuale dell’emissione elettromagnetica presente nel Cosmo (<5%), dal momento che quello che riteniamo vuoto, silente e buio è pervaso dalla cosiddetta “energia oscura” (68%), così come le varie forme di materia risultano anch’esse una ridotta parte dello Spazio, rispetto alla “materia oscura” (27%). Pertanto energia e materia oscure rappresentano entrambe la stragrande maggioranza quantitativa dell’Universo. Sulla Terra, nei luoghi densamente popolati, ogni notte viene prodotta una grande quantità di inquinamento luminoso artificiale, che ci priva del godimento dell’incanto del cielo stellato, di cui i nonni hanno ancora memoria (prima dell’introduzione dell’energia elettrica nei centri abitati). Di conseguenza, in tutela specialmente della ricerca scientifica, degli esseri viventi e delle future generazioni l’Unesco ha firmato la raccomandazione intitolata Starlight Declaration in Defence of the Night Sky and the Right to Starlight (2007) che auspica nel rispetto dei Diritti Umani:
«An unpolluted night sky that allows the enjoyment and contemplation of the firmament should be considered an inalienable right equivalent to all other socio-cultural and environmental rights. Hence the progressive degradation of the night sky must be regarded as a fundamental loss».
In conclusione a questa breve rassegna sui risvolti scientifici e culturali insiti nella dualità luce e ombra [12], si riportano le poche righe seguenti, perché possano ispirare la cooperazione umana e il dialogo, dal momento che tutti gli uomini, credenti o meno, condividono la stessa condizione, sotto lo stesso cielo:
«Se Dio non ha un’immagine e non ha un corpo cosa significa essere creati a immagine e somiglianza di Dio? Nella Genesi si legge: “E Dio creò l’uomo a Sua immagine: lo creò a immagine di Dio, maschio e femmina li creò”. A Sua immagine, in ebraico betzalmò, rimanda al concetto di ombra, tzel. […] Il fatto che ogni uomo sia a immagine e somiglianza di Dio costituisce la base di un’etica interpersonale e universale. Anche quando ci troviamo in situazioni conflittuali con i nostri simili dobbiamo ricordarci che ogni uomo è stato creato a immagine di Dio, e questo ci induce a un’etica di rispetto per tutte le creature. Questo richiamo si riferisce al rispetto dei diritti e delle necessità fondamentali di ogni essere umano. Un’offesa recata a un uomo è un’offesa recata a Dio stesso» (Lantos, 2008: 62).
Dialoghi Mediterranei, n.15, settembre 2015
Note
1 L’ombra di Banco è il ricordo ossessivo di una colpa o di un errore. «Trae origine dal nome di Banco (ingl. Banquo), personaggio della tragedia Macbeth di W. Shakespeare, la cui ombra riappare a Macbeth che lo aveva ucciso: ma il fondaco, le balle, il libro, il braccio, gli comparivan sempre nella memoria, come l’o. di Banco a Macbeth (Manzoni)». http://www.treccani.it/vocabolario/ombra1/
2 Vivere all’ombra del campanile: essere legati al proprio luogo di nascita tanto da desiderare di non lasciarlo mai. In senso lato, mancare di curiosità, di interessi più vasti, che vadano al di là del proprio ambiente. Anche rifiutare qualsiasi novità o cambiamento. http://dizionari.corriere.it/dizionario-modi-di-dire/C/campanile.shtml
3 Per la precisione la magnitudine apparente di Algol varia da un massimo di 2,1 a un minimo di 3,4 per 2.867315 giorni. http://www.aavso.org/vsots_betaper
4 In arabo la costellazione di Perseo viene chiamata Ḥāmil rāˀs al-ġūl (Colui che porta la testa del demone).
5 Zahara/zuhara: “bianchezza; candore; candidezza; lucentezza; splendore; bellezza (così anche Cor[ano] XX: 131). Vocabolario arabo-italiano Renato Traini, IPO, Roma, 1966: 527 e Carboni, S., (1997), Following the Stars: Images of the Zodiac in Islamic Art. New York: The Metropolitan Museum of Art: 15.
6 [Astro] “portatore di luce”, dal greco “phos” (luce) e “phorein” (portare).
7 «Stella rossa, stella vespa, grande astro, stella solitaria, signore dell’alba, casa della dea dell’amore, annunciatrice, compagna dell’ebbro reale, apportatrice di luce, perfino Satana: tutti questi appellativi furono attribuiti a Venere da popoli fantasiosi di varie epoche e di vari luoghi del mondo». Aveni, A. (1994), Conversando con i pianeti. Il Cosmo nel mito e nella scienza. Bari: Edizioni Dedalo: 67.
8 http://www.etimoitaliano.it/2014/11/notte.html
9 Il sito in questione è http://www.ibnalhaytham.net/.
10 The light-year is roughly equivalent to 0.3 parsecs, and is equal to the distance traveled by light in one Julian year in a vacuum, according to the IAU. […] While smaller than the parsec, it is still an incredibly large distance. http://www.iau.org/public/themes/measuring/
11 For studies of the structure of the Milky Way, our local galaxy, the parsec (pc) is the usual choice. This is equivalent to about 30.857×1012 km, or about 206,000 aus, and is itself defined in terms of the au – as the distance at which one Astronomical Unit subtends an angle of one arcsecond. http://www.iau.org/public/themes/measuring/
12 Desidero ringraziare il dott. Tiziano Zingales, dell’Università di Palermo, per la cortese consulenza relativamente alle conoscenze nell’ambito della fisica.
Riferimenti bibliografici
Aveni, A. (1994), Conversando con i pianeti. Il Cosmo nel mito e nella scienza, Bari: Edizioni Dedalo
Carboni, S., (1997), Following the Stars: Images of the Zodiac in Islamic Art, New York: The Metropolitan Museum of Art.
Declaration in defence of the night sky and the right to starlight, (La Palma Declaration (2007). http://www.starlight2007.net/pdf/proceedings/Declaration.pdf
Giorgi, R., (2003), Angeli e Demoni, Milano: Mondadori Electa.
Lantos, G. I., (2008), “La Creazione del tutto e la Rivelazione divina”, in I Misteri di Hera: Ma’aseh, storia e misteri dell’Ebraismo – numero 27, Settembre: 62-63.
Sisto, A., (2002), La questione dell’ombra nell’Inferno di Dante Alighieri, Hauptseminar: Dantes Göttliche Kömödie ISBN (eBook):978-3-638-57535-5 ISBN: 978-3-656-79907-8.
Stierlin, H., (1997), Islam. Da Baghdad a Cordova. Architettura delle origini dal VII al XIII secolo, Colonia: Taschen.
Traini, R. (a cura di) (1966), Vocabolario arabo-italiano, Roma: Istituto per l’Oriente.
Sitografia
http://dizionari.corriere.it/dizionario-modi-di-dire/C/campanile.shtml; http://science.nasa.gov/astrophysics/focus-areas/what-is-dark-energy/; http://vis.sns.it/il-satellite-planck-corregge-le-epoche-elluniverso/;http://www.aavso.org/vsots_betaper; http://www.astronomy2009.org/; http://www.cosediscienza.it/astro/MATERIA ED ENERGIA OSCURE.; ttp://www.cs.mcgill.ca/~rwest/link-suggestion/wpcd_2008-09_augmented/wp/a/Algol.htm; http://www.etimoitaliano.it/2014/11/notte.html;http://www.galileonet.it/2015/03/luce-onda-e-particella-in-una-sola-foto/; http://www.iau.org/public/themes/measuring/;http://www.ibnalhaytham.net/; http://www.sangye.it/altro/?p=623;http://www.skyscript.co.uk/algol.html#3;http://www.treccani.it/enciclopedia/ghul_(Enciclopedia-Italiana)/;http://www.treccani.it/vocabolario/ombra1/;http://www.unesco.org/culture/ich/index.php?lg=en&pg=00011&RL=00180;http://www.vatican.va/archive/bible/genesis/documents/bible_genesis_it.html;________________________________________________________________
Francesca Morando, laureata alla Sapienza con il massimo dei voti in Dialettologia araba (relatore O. Durand), insegna arabo presso varie strutture sia pubbliche che private; è traduttrice giurata di lingua araba presso il Tribunale di Palermo ed è specializzata in Didattica dell’Italiano L2/LS. È stata anche docente presso l’Università di Palermo e l’Università Gar Younis di Bengasi, oltre che in Egitto e nella Georgia caucasica.
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