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Mar Nero, dalla Protostoria alla colonizzazione greca e agli Sciti nelle pianure dell’Ucraina di l’altro ieri

Mar Nero, da Google Earth elaborata dall’autore

Mar Nero, da Google Earth elaborata dall’autore

di Bruno Genito

 Introduzione

Come è noto, si parla, oggi, molto di Ucraina e della guerra iniziata dalla Federazione della Repubblica Russa lo scorso 24 febbraio 2022. Se ne parla, a livello di comunicazione giornalistica e radio-televisiva, però, spesso, a sproposito, e su una linea interpretativa per la quale ci si deve schierare o da una parte o dall’altra. Sembrano tornati, purtroppo i tempi della cosiddetta cortina di ferro, o per dire meglio, di quell’immobilismo ideologico di una Italia, già medievale, dal quale non sembra proprio che ci siamo mai veramente liberati. Allora c’erano i Comuni, i Guelfi e i Ghibellini, una conflittualità socio-politica per la quale l’affermazione assoluta di una verità di parte, non si rassegnava a concedere alcuna legittimità all’affermazione di un’altra verità contraria. Su questa base ideologicamente già fortemente distorta, ma, storicamente ben consolidata nel nostro Paese, si è sovrapposta, a partire soprattutto dagli ultimi decenni del secolo scorso, la combinazione altrettanto dannosa di due tradizioni culturali “universalistiche”, come quella “cattolica” da un lato, o quella ancora più esclusiva ed ecumenica “comunista”, dall’altro, che sembrano di nuovo, oggi, prendere il sopravvento. Sebbene le due Chiese versino oggi in profonda crisi, la polarizzazione politica non è affatto cessata, tanto più che la logica militare della Guerra Fredda è tornata a fare irruzione nel disordine mondiale contemporaneo.

Non è mio compito discutere qui le ragioni di questa inaspettata guerra dei nostri giorni e in piena Europa e quelle di una rinnovata esasperazione del dibattito politico in Italia; le mie competenze professionali mi portano molto lontano dall’oggi e lascio volentieri ad altri, certamente più competenti del sottoscritto, di storia contemporanea e di geopolitica internazionale, l’arduo compito di districarsi in questo difficile conflitto.

La guerra in corso diventa, tuttavia, come spesso è accaduto, anche un’occasione, benché tragica, per approfondire e provare a conoscere meglio realtà geografico-culturali delle quali la maggior parte di noi occidentali non aveva mai sentito parlare, ahimè, prima. Accadde negli anni ‘50 con la Corea del nord, negli anni ‘70 con il Vietnam, negli anni ‘80 con l’Iran e l’Afghanistan, negli anni ‘90 con l’Iraq, negli anni 2000 con la Cecenia, ancora l’Iraq, la Georgia, la Crimea e lo Xinijang cinese musulmano. Ora tocca all’Ucraina, un caso questo ancora più complicato di quelli prima su menzionati perché fino al 1991, il Paese faceva parte dell’Unione Sovietica e che proprio in quell’anno, a seguito del disfacimento di quell’enorme sistema politico, proclamò la sua indipendenza, con una più o meno dissimulata approvazione della comunità internazionale dell’epoca.

Che la parola Ucraina voglia, poi, significare “bordo”, “periferia”, “limite”, e che pertanto il nome stesso Ukraina significherebbe “al margine”, o “sul confine”, oppure “in periferia”, può essere più o meno noto ai più. Come sempre accade in questi casi, però, la storia etimologica ci fornisce delle reali, ma, a volte, anche superficiali spiegazioni; essa, tuttavia, non può sfuggire al radicato convincimento geo-politico per il quale un centro o una periferia di un’area o di un territorio si misurano solo sulla base di chi si è considerato o si considera al centro e definisce gli altri, in maniera a volte sprezzante, periferici. É già capitato molte volte nella storia dell’umanità, con i Romani, con il loro concetto di “caput Mundi”, con i Greci con quello di “barbari”, con i Persiani con quelli di “nomadi” “an-iranici”, con i Cinesi per i quali il significato stesso del nome del loro Paese, vuole dire “Paese di mezzo” [1], etc.

Allargando, però, un po’ di più l’orizzonte temporale, richiamare qualcosa della storia più antica di un territorio, in questo caso, quello ucraino, può aiutare a riflettere sulle “identità”, e su come le ragioni ultime di esse non sono una variabile fissa e immutabile, ma costituiscono la cifra dinamica di contatti, scontri, soluzioni geo-politiche succedutesi nel tempo e nei secoli, e l’effetto, a volte accettabile, a volte meno, di complessi e diversificati rapporti di forza.

I quattro concetti presenti nel titolo di questo breve saggio Mar Nero, Protostoria, Colonizzazione Greca, Sciti e pianure dell’Ucraina, sono tutti relativi ad ambiti geografico-tematici e cronologici, sinteticamente utilizzati dal sottoscritto, qui, per provare a guardare ciò che è stato il territorio dell’Ucraina dell’altro ieri, cioè di un tempo lontanissimo dai nostri giorni, dal 4000 a.C. fino all’era cristiana. Tralascerò volutamente gli avvenimenti del primo Medioevo, perché con quelli si scivolerebbe facilmente nell’attualità geo-politica dell’oggi. 

Mare Paratetide, da Google Earth elaborata dall’autore

Mare Paratetide, da Google Earth elaborata dall’autore

Mar Nero. Cenni geomorfologici e ambientali

Andiamo, tuttavia, con ordine e cerchiamo di capire innanzitutto il ruolo che il Mar Nero, quell’enorme distesa di acque, prevalentemente salate, ha giocato nella storia e nella determinazione fisica e culturale dei territori di cui stiamo parlando. La particolare formazione e conformazione geologica, la centralità ambientale e paesaggistica di questo mare ha contribuito a creare le premesse per una storia umana storicamente e culturalmente molto diversificata. Anche grazie a quel mare e ai suoi immissari rivieraschi da nord (Ucraina), da est (Russia e Georgia) e da sud (Turchia) sono nati i primi insediamenti umani a partire dal Calcolitico [2]. Grazie alla sua particolare navigabilità, quel Mare ha fatto da sfondo alla colonizzazione greca sulle sue coste settentrionali, e grazie, infine, ancora alle enormi distese steppiche delle pianure settentrionali a nord del Mar Nero, ha facilitato l’arrivo delle popolazioni nomadiche scitiche di origine iranica e quell’incredibile fenomeno di commistione etnico-culturale, unico del suo genere per l’epoca, che ne conseguì. Tutti questi aspetti ambientali, umani e storico-sociali hanno caratterizzato in modo irreversibile, questo lembo importantissimo di territorio collocato tra l’Asia e l’Europa.

Stretto del Bosforo, da Google Earth elaborata dall’autore

Stretto del Bosforo, da Google Earth elaborata dall’autore

Il Mar Nero geologicamente si è formato dal cosiddetto mare “Sarmatico”, detto anche Paratetide [3], anticamente situato a est del Mediterraneo. Una volta creatasi una separazione tra questi due enormi specchi d’acqua, la Paratetide restò senza sbocco verso gli oceani e cominciò a regredire fino al punto di dividersi in tre mari minori separati tra di loro: il Mar Nero, il Mar Caspio e il lago d’Aral. Tutti e tre questi mari/laghi sono stati sempre caratterizzati da un’inevitabile tendenza ad essiccarsi e, quindi, a rimpicciolirsi, seppure a fasi alterne, a causa dell’alto tasso di evaporazione. Il livello del Mar Nero risalì circa ottomila anni fa a partire dall’apertura naturale formatasi presso il Bosforo [4] e i Dardanelli [5] poiché cominciò a ricevere parte delle sue acque proprio dal Mediterraneo.

Mar Caspio, da Google Earth elaborata dall’autore

Mar Caspio, da Google Earth elaborata dall’autore

Il Mar Caspio, invece, rimase un mare chiuso e continuò la tendenza ad un inevitabile declino, con il suo livello notevolmente inferiore a quello del Mar Nero. La riapertura del varco di connessione col Mediterraneo determinò nel Mar Nero un flusso superficiale di acqua salata che, unita a quella dolce afferente dai fiumi, creò, a sua volta, uno strato idrico superficiale meno salato di quello già presente nel bacino. Ad effetto della relativamente bassa velocità di innalzamento del livello, della modesta profondità dello stretto del Bosforo e del fatto che il livello inferiore delle acque fosse più denso, i due strati non si sono mai mescolati, e, quindi, la condizione di diversa densità si è, ad oggi, conservata. Come condizione aggiuntiva ed orientato in direzione est-ovest, il Mar Nero, inoltre, presenta modeste correnti marine, che riguardano solo gli strati superficiali, e il mancato rimescolamento delle acque si evidenzia dalla permanenza di diverse densità saline dell’acqua che, a sua volta, ha prodotto una quasi immobilità degli strati profondi, un mancato contatto di questi con l’atmosfera, e, quindi, una condizione di insufficiente ossidazione di tali strati.

Mar d’Azov, da Google Earth elaborata dall’autore

Mar d’Azov, da Google Earth elaborata dall’autore

Il Mar Nero era chiamato dai Greci Ponto Eusino, ossia “mare ospitale”; il termine più antico, tuttavia, era “mare inospitale”, ed in tempi precedenti all’epoca classica, il nome originario fu modificato in senso positivo per motivi apotropaici. Sulle rive settentrionali, nella seconda metà del V sec., si costituì il potente regno degli Spartocidi [6], mentre sulle rive meridionali, in seguito alla conquista dell’Asia da parte di Alessandro Magno, le città greche furono coinvolte nelle lotte tra i Diadochi sino a che vi si affermarono i regni di Bitinia e del Ponto, l’uno e l’altro caduti sotto Roma nel I sec. a.C. Mentre nella tradizione toponomastica italiana il Mar Nero veniva denominato, in epoca medievale e rinascimentale, Mare Maggiore, venne chiamato Svartahaf (“mare nero”) già nell’opera cosmografica Heimskringla dell’islandese Snorri Sturluson nel XIII secolo [7], il che depone evidentemente a favore di un uso anche medievale di questa denominazione.

I Fiumi del Mare Nero

I Fiumi del Mare Nero, da Google Earth elaborata dall’autore

La denominazione moderna, tuttavia, è arrivata in Europa tramite la lingua turca: in turco il Mar Nero si chiama Kara Deniz (“mare nero”), mentre il mar Mediterraneo si chiama Ak Deniz (“mare bianco”). Tramite la sua traduzione in francese (Mer Noire), il nome si è diffuso in tutta Europa nel corso del XVII e del XVIII secolo e si è imposto, nelle rispettive traduzioni, in quasi tutte le lingue moderne. La superficie del Mar Nero è pari a circa 436.400 km² (escludendo il Mar d’Azov [8] con una salinità pari a circa il 17% (poco meno della metà della salinità media del Mare Mediterraneo): in profondità, oltre i 150 metri, questo valore aumenta drasticamente. Il punto più profondo si trova a 2212 metri, mentre nel centro la profondità è di circa 1830 metri. I flussi di acqua in ingresso, attraverso il Bosforo, sono di circa 200 km³ (200 miliardi di metri cubi) all’anno. Il suo bacino imbrifero è molto ampio (2 milioni di km²); dalle aree circostanti riceve acque dolci per un totale di circa 320 km³ all’anno. I fiumi più importanti che sfociano nel Mar Nero sono: il Danubio che si riversa vicino alla città di Sulima in Romania; il Dniester che defluisce ad Odessa in Ucraina; il Dnepr che si riversa vicino a Cherson, sempre in Ucraina; il Buh meridionale e/o orientale che si getta all’altezza del Dnepr in Ukraina; il Don che sfocia a Taganrog nel mar d’Azov, in Russia; il Donec che nasce da Belgorod in Russia, e confluisce nel Don sempre in Russia; il Rioni che si riversa a est vicino alla città di Poti in Georgia; il Kizilirmark (l’antico Halys) che si riversa dalla Turchia.

Mar di Marmara, da Google Earth elaborata dall’autore

Mar di Marmara, da Google Earth elaborata dall’autore

La grande quantità di acque dolci che riversano l’anno dai grandi fiumi europei sopra citati e quella per le precipitazioni, contro circa 350 km³ di evaporazione, determina un attivo di 300 km³ di acqua dolce, che in parte si riversa nel mar Mediterraneo attraverso il Bosforo. Misurazioni eseguite attraverso satelliti geostazionari descrivono un sovra-slivellamento del Mar Nero rispetto al Mar di Marmara [9] dai 30 ai 50 cm., intervallo dato non dalle maree ma dalle variazioni stagionali della portata dei fiumi.

Dal Bosforo entra nel Mar Nero l’acqua salata del Mediterraneo, che essendo più densa e pesante, non si mescola con lo strato superficiale di 100-130 metri di acqua salmastra. Al di sotto di tale interfaccia, vi è un ambiente sostanzialmente deserto, il più grande sistema marino anossico: in assenza di una corrente diretta dalla superficie in profondità e viceversa, non vi è ricambio di ossigeno. Tramite canali è assicurato l’accesso ai fiumi Don e Volga, al mar Caspio, al mar Baltico e al mar Bianco, e, tramite il Danubio e il Canale Reno-Meno-Danubio al mare del Nord. Nonostante le rispettabili dimensioni, il bacino è particolarmente povero di isole. Ricordiamo l’isola di Sant’Anastasia, l’isola di San Cirillo, l’isola di Sant’Ivan, l’isola di San Tommaso (appartenenti alla Bulgaria), l’isola di Peuce, l’isola di Sacalinu Mare, l’isola di Sacalinu Mic (appartenenti alla Romania) e l’isola dei Serpenti (appartenente all’Ucraina, ma rivendicata anche dalla Romania). In territorio turco si trovano l’isola di Keften, l’isola di Oreke e l’isola di Giresun, a differenza delle prime citate, che sono europee, queste ultime si trovano in Asia. Il mare ha però una grande penisola, la Crimea. 

Area di diffusione della Cultura Srednyi Stog, da wikipedia, basata su una carta di Mallory dall’ Encyclopedia of Indo-European Culture, a cura di J.P. Mallory;

Area di diffusione della Cultura Srednyi Stog, da wikipedia, basata su una carta di Mallory dall’ Encyclopedia of Indo-European Culture, a cura di J.P. Mallory;

Evidenze archeologiche di epoca Protostorica 

Tra le culture archeologiche di periodo protostorico documentate nel territorio dell’Ucraina quella più significativa è certamente la cosiddetta Sredny Stog [10], databile al V millennio a.C. Questa cultura ha avuto contatti con quella detta di Çucuteni-Trypol’e a ovest, prevalentemente collocata in Romania e quella a Khvalynsk, a nord-est, in Russia. Uno dei siti più noti associabili a questa cultura è sicuramente quello di Dereivka, situato sulla riva destra dell’Omelnik, un affluente del Dnepr, con una superficie di circa 2000 metri quadrati. La fase II (ca. 4000-3500 a.C.) utilizzava ceramiche e asce da battaglia in pietra di un tipo successivamente associato all’espansione delle culture, probabilmente, indoeuropee in Occidente.

Area di diffusione della cultura Çucuteni-Trypol’ye, da Wikipedia

Area di diffusione della cultura Çucuteni-Trypol’ye, da Wikipedia

In particolare, a Dereivka ci sarebbero le prime importanti testimonianze dell’ addomesticamento del cavallo, anche se non ci sono prove definitive che i resti dei cavalli rinvenuti fossero usati per essere cavalcati. Nei più grandi agglomerati cimiteriali, ad Olexandria che presenta 39 inumati, a Igren che ne presenta 17, e a Dereivka 14, sono state rinvenute esempi di inumazione in tombe piatte, fosse, cioè, a livello del suolo.

Nel contesto delle ipotesi sull’origine e lo sviluppo della cosiddetta “cultura dei Kurgan” (tumuli funerari di tradizione nomadica) avanzate da Marija Gimbutas, questa cultura archeologica potrebbe essere stata in relazione all’area originaria delle culture che parlavano un linguaggio proto-indoeuropeo. La cultura materiale era molto simile a quella della cultura di Afanas’evo (Siberia meridionale) e le popolazioni di entrambe vivevano, come nomadi, con un sistema politico a chiefdoms (prime élites politiche), usavano carri e carri con ruote che consentivano di gestire grandi mandrie. La cultura di Khvalynsk (4700-3800 a.C.) (medio Volga) e la cultura Repin con sede nel bacino del Don (ca.3950-3300 a.C.) nella steppa orientale dell’area ponto-caspica e la cultura di Sredny Stog strettamente correlata (ca. 4500-3500 a.C.) nella steppa occidentale, hanno preceduto la cultura Pit/Grave e/o Yamna (3300-2500 a.C.) che ebbe origine nell’area Dono-Volgica nel 3400 a.C. circa.

- Area di diffusione della cultura Yamma, da Wikipedia, basata su una carta dell’Encyclopedia of Indo-European Culture, a cura di J. P. Mallory

– Area di diffusione della cultura Yamma, da Wikipedia, basata su una carta dell’Encyclopedia of Indo-European Culture, a cura di J. P. Mallory

Secondo Dolukhanov l’emergere della cultura Pit-Grave e/o Yamna (fossa) rappresenta lo sviluppo sociale di varie culture locali dell’età del bronzo, che costituiscono l’espressione della stratificazione sociale e l’emergere di strutture sociali nomadiche del tipo a chiefdom. Sono evidenti la continuità con la cultura eneolitica, ma in gran parte pertinente a cacciatori-raccoglitori e influenze della più piccola cultura agricolo del Dnepr-Donets II. In alternativa, qualcuno ha messo in relazione sia la cultura della ceramica a corda [11] che la cultura Yamna alla tarda cultura di Tripol’e. E si è ipotizzato che quest’ultima cultura sia stata portata da parlanti linguaggi Proto-Indoeuropei intorno al 4000 a.C. e che essa, nella sua fase finale, si sia potuta espandere nelle steppe, trasformandosi in varie culture regionali, successivamente, fuse con le culture pastorali di Sredny Stog.

Secondo Anthony, il primo orizzonte di Yamna si diffuse rapidamente attraverso le steppe Ponto-Caspiche tra il 3400 e il 3200 a.C., alla quale successe nella sua fascia occidentale la cultura detta delle Catacombe (2800-2200 a.C.), caratterizzata dall’estensione della tomba a pozzo della cultura Yamna con una nicchia funeraria alla sua base. La prima era semi-nomade, con un po’ di agricoltura praticata vicino ai fiumi e alcuni siti fortificati, il più grande dei quali è Mikhaylovka. Caratteristici sono le sepolture a fosse all’interno dei Kurgans (tumuli), spesso accompagnate da offerte di animali. Nelle steppe del Ponto settentrionale sono state rinvenute le ruote più antiche del mondo, che potrebbero, anche esse, essere associate a popolazioni indoeuropee. La cultura Yamna aveva e utilizzava carri a due ruote e carri a quattro ruote, che si pensa fossero stati trainati da buoi, anche se non mancano evidenze che la popolazione cavalcasse cavalli. Anthony ipotizza che le popolazioni della cultura Yamna avessero una dieta composta da carne, latte, yogurt, formaggio e zuppe a base di semi e verdure selvatiche. Mallory e Adams suggeriscono che quella società potesse aver avuto, al suo interno, una struttura tripartita di tre classi sociali differenziate, sebbene le testimonianze archeologiche disponibili non dimostrino l’esistenza di classi specifiche, come immaginato, di sacerdoti, guerrieri e contadini. La steppa Ponto-Caspica è sicuramente l’area più attendibile per l’esistenza della cosiddetta ‘Urheimat (patria originale) delle popolazioni parlanti lingue proto-indoeuropee. 

Carta di diffusione delle colonie greche dalla Spagna al Mar Nero, da Wikipedia

Carta di diffusione delle colonie greche dalla Spagna al Mar Nero, da Wikipedia

Prima Colonizzazione greca 

Secondo aspetto sul quale vogliamo porre la nostra attenzione in questo breve excursus è la colonizzazione greca, termine con cui si definiscono due ondate migratorie diverse da parte dei popoli greci, la prima nel XII secolo a.C. e la seconda tra l’VIII e il V secolo a.C. Secondo la tradizione, la prima fu causata dall’invasione dei Dori, di cui non si hanno testimonianze dirette, a causa della scomparsa delle fonti scritte nella cosiddetta età pre-arcaica o medioevo ellenico. In seguito alla prima colonizzazione (terminata a metà del IX secolo a.C.), nelle zone antistanti il Mar Egeo (coste della Penisola ellenica e della Penisola Anatolica), si possono distinguere tre distinte aree di occupazione territoriale: la prima dove si stabilirono i Dori [12]; la seconda gli Ioni [13], la terza gli Eolici [14]. Questa seconda colonizzazione avvenne per motivi diversi, e interessò vaste aree della Sicilia e dell’Italia meridionale, che da quel momento fu detta perciò Magna Grecia. Furono molto importanti le colonie di Reghion (Reggio Calabria), Lokroi Epizephyrioi (Locri), Metapontion (Metaponto), Naxos (Giardini Naxos), Tauromenion (Taormina), Zancle (Messina), Kroton (Crotone), Katane (Catania), Syrakousai (Siracusa), Ghelas (Gela), Akragas (Agrigento), Taras (Taranto), Kýmē (odierna Cuma), Parthènope (poi rifondata come Neapolis, Napoli), Pithekoussai (Ischia), Dikaiarcheia (Pozzuoli), Posidonia (Paestum). In Francia sorse Massalia (Marsiglia), ad opera di cittadini focesi e molte furono anche le colonie fondate sul Mar Nero, circa 150, tra le quali possiamo segnalare alcune delle più importanti: Apollonia Pontica, Bosforo Cimmerico, Fanagoria, Fasi, Histria, Nýmphaion, Olbia Pontica, Orgamè, Panticapeo, Sinope, Tanais, Tmutarakan’ e Tyras.

Apollonia Pontica, fondata verso il 610 a.C., si trova sotto la città attuale di Sozopol in Bulgaria. È a Erodoto che si devono le prime indicazioni su Apollonia Pontica; secondo Strabone, il primo insediamento fu stabilito su un’isola, dove si trovava un tempio dedicato ad Apollo da cui Marco Terenzio Varrone Lucullo prelevò la statua che avrebbe, poi, posto in Campidoglio. Le prime spedizioni archeologiche regolari risalgono al periodo 1946-1949 ad opera di un team dell’Istituto Archeologico di Sofia guidato da I. Venedikov.

La città di Cimmerico viene collocata da Strabone nella penisola che racchiudeva il lago Meotis (l’attuale Mar d’Azov), dove esisteva un pozzo e una diga. Fanagoria, fondata attorno al 543 a.C. dai coloni di Teo, che partirono dall’Asia minore a causa dell’arrivo di Ciro il Grande, prese il nome da uno dei coloni. Fu la più grande colonia greca sulla penisola di Taman’, estesa su due pianori lungo la sponda orientale del Bosforo Cimmerio, 25 chilometri a nord-est di Ermonassa. Scavi condotti nel XIX secolo furono, per la maggior parte, eseguiti da archeologi dilettanti, e diversi tumuli furono completamente spianati nelle varie campagne. Alcuni dei ritrovamenti più interessanti furono fatti a Bolšaja Bliznica negli anni ‘60 dell’800. Nel 1936 Vladimir Blavatsky riprese gli scavi di Fanagoria. Tra i recenti ritrovamenti si annovera un’iscrizione che indica la presenza di una sinagoga attorno alla metà del I secolo d.C.

Fasi era una città antica situata sulla costa orientale del Mar Nero, fondata nel VII-VI secolo a.C. come colonia dei greci milesi alle foci dell’eponimo fiume della Colchide, nei pressi dell’odierna città portuale di Poti, Georgia. Il primo insediamento greco deve essere stato fondato qui, non molto prima della fine del VII secolo a.C., e probabilmente all’inizio del VI secolo a.C., ricevendo il nome dal fiume.

L’antica Histria o Istros, fu una polis greca sulle coste del Mar Nero, nel territorio dell’odierna Istria. Fondata dai Milesi per stabilire traffici commerciali con i Geti autoctoni, divenne la più importante tra le città greche nel territorio dell’attuale Romania. Scimno di Chios, geografo e poeta greco fiorito circa nel 110 a.C., la datava al 630 a.C. Eusebio di Cesarea, qualche secolo più tardi, faceva risalire la sua fondazione al 657-656 a.C., nella trentesima Olimpiade. L’evidenza archeologica sembra confermare che tutti i commerci verso l’interno si ebbero soltanto dopo la fondazione della colonia.

Nýmphaion, nota anche come Nymphaion sul Ponto, era un centro significativo del Regno del Bosforo Cimmerio, situato sulla sponda della Crimea sullo stretto di Kerč’. Oggi si trova vicino alla località turistica Heroivske/ Geroevskoye. Si trova a una distanza di circa 14 chilometri a sud di Kerč’, che era il sito dell’antico Panticapeo. Le rovine di Nymphaion si trovano su un promontorio roccioso a circa 200 metri a ovest della costa.

Olbia Pontica, nota anche come Borysthenes e Ol’vija è stata una colonia greco-milesia sorta sulle rive del mar Nero alla foce del Bug Orientale, nell’Ucraina meridionale. Fondata da coloni milesi tra il 646 e il 645 a.C. divenne uno dei principali porti per gli scambi nel mar Nero e dopo la fondazione delle prime colonie in Crimea rimase il principale centro di scambio tra Greci e Sciti. Il suo porto era uno dei principali scali del mar Nero per l’esportazione di cereali, pesci e schiavi verso la Grecia e per l’importazione di manufatti prima dell’Asia minore e poi dell’Attica nella Scizia.

Orgamè è una città greca fondata da Mileto, dal VII secolo a.C., sul capo Dolojman, nel territorio dell’attuale comune di Jurilovca in Romania. Orgamè è la prima città nel territorio rumeno citata da un testo scritto, nelle opere di Ecateo di Mileto. Panticapeo o Panticapea, fu fondata da coloni greci di Mileto nella seconda metà del VI secolo a.C., edificata sul monte Mitridate nei pressi dell’attuale Kerč’. Fu un’importante città e porto del Regno del Bosforo Cimmerio. Nel 63 a.C. la città venne in parte distrutta da un terremoto. Nel I secolo d.C. la regione subì invasioni ostrogote, più tardi venne incorporata nell’Impero bizantino sotto Giustino I. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce importanti reperti in ceramica e metallo.

Sinope è una città della Turchia, capoluogo dell’omonima provincia. Si trova nella penisola di Boztepe, sulla costa del Mar Nero. Fu fondata da coloni greci nel 630 a.C. Vi nacque il filosofo cinico Diogene. La città è nominata da Senofonte nel V libro della sua Anabasi. Dopo un breve periodo di democrazia, nel 380 a.C. fu occupata dai Persiani, successivamente fu conquistata da Alessandro Magno. In epoca ellenistica divenne la capitale del Regno del Ponto. Nel 47 a.C. Giulio Cesare la conquistò e vi dedusse una colonia romana, in seguito la città prosperò durante gli anni dell’Impero romano.

Tanais è un’antica città situata alla foce del fiume Don nel mar d’Azov, chiamato dai Greci palude Meotica. Le vestigie di Tana si trovano a 30 chilometri dall’odierna Rostov sul Don, in Russia. Tanais fu fondata come colonia dai milesi di Panticapeo nel III secolo a.C. su un territorio in cui erano già presenti comunità di cimmerî e sciti. Strabone menziona Tanais nella sua Geografia (11.2.3).

Tmutarakan’ è il nome russo di un’antica città situata sulla penisola di Taman’, nell’attuale territorio di Krasnodar della Federazione russa, di fronte all’odierna Kerč, in una posizione che controllava il Bosforo Cimmerio. La città era originariamente la colonia greca di Ermonassa fondata a metà del VI secolo a.C. da coloni provenienti da Mitilene o Ioni, benché vi siano prove che anche altri popoli abbiano partecipato alla fondazione, compresi i Cretesi. Gli scavi hanno rivelato, infine, un’estesa riprogettazione e ricostruzione della città nel II secolo d.C.

Tyras infine era una colonia greca fondata dai Milesi probabilmente attorno al 600 a.C. e situata alla foce dell’omonimo fiume dell’antichità, il moderno Dnestr. Il sito corrisponde a quello in cui sorge la città di Bilhorod-Dnistrovs’kyj. Essa fu distrutta dalle genti trace dei Geti nel 50 a.C. circa. Nel 56 d.C. fu ricostruita e passò sotto la protezione del vicino impero romano e del governatore della vicina provincia di Mesia. 

Carta dei principali siti e kurgan scitici, da Rostovzeff 1922

Carta dei principali siti e kurgan scitici, da Rostovzeff 1922

Sciti 

Terzo orizzonte culturale particolarmente significativo per il territorio dell’Ucraina è la presenza dei nomadi sciti di origine iranica a partire dall’età del Bronzo finale, quando nella regione a nord del Mar Nero sembra che si fosse verificato un generale raffreddamento climatico e una marcata deumidificazione. Le difficili condizioni ambientali che ne derivarono costrinsero un’ingente parte della popolazione delle steppe, la parte del territorio più colpita, a trasferirsi in regioni dal clima più favorevole, quali quelle delle steppe-foreste dell’odierna Ucraina e l’area pedemontana del Caucaso settentrionale. I più antichi monumenti della cultura scitica (VII-VI sec. a.C.) si trovano, infatti, nel Caucaso settentrionale e nella fascia delle steppe-foreste dell’Ucraina, e appaiono strettamente correlati con le locali culture agricole; è invece assai più modesto, relativamente alla stessa epoca, il numero dei tumuli scitici rinvenuti nella regione steppica.

Tra i popoli che abitavano l’Europa orientale, i Cimmeri (Gimirrai nella tradizione biblica) sono i primi a essere menzionati nelle fonti scritte. Erodoto li localizza sul litorale settentrionale del Mar Nero, da dove, a causa dell’arrivo degli Sciti, sarebbero stati costretti a trasferirsi in Asia anteriore. Testimonianze archeologiche dell’antica presenza dei Cimmeri sono ritenute la cultura Černogorovskaja e i complessi tipologicamente assimilabili al “tesoro di Novočerkassk”. La cultura Černogorovskaja è attestata, tra la fine del IX e per tutto l’VIII sec. a.C., in tutta la fascia delle steppe a nord del Mar Nero, tra il Dnestr e il Volga. Essa è documentata da monumenti funerari, principalmente tombe a tumulo (kurgan) per inumazioni singole o multiple (effettuate in tempi successivi), all’interno delle quali i defunti erano deposti in posizione rannicchiata con la testa orientata a ovest o a est. Oltre a semplici fosse ovali o rettangolari, si incontrano anche sepolture di tipo più elaborato: strutture ipogee di tronchi, fosse con copertura di tronchi, fosse con nicchia laterale sul fondo. In una tomba a tumulo presso il villaggio di Vil’njansk (Sof’evka) (Ucraina) si sono conservati i resti di un sarcofago ligneo. Le sepolture di individui maschili di rango elevato erano accompagnate da corredi composti da finimenti di cavalli del tipo Černogorovsko-Kamyševačskaja, pugnali bimetallici, coti, punte di freccia di bronzo. Nelle tombe femminili è invece consueta la presenza di vasellame di ceramica e di legno, ciondoli d’oro e di bronzo ed elementi di collana. Il più noto e ricco complesso appartenente alla cultura Černogorovskaja è quello di Vysokaja Mogila, sul basso Dnepr [15]. Le più ricche sepolture del tipo Novočerkassk hanno restituito elementi di carri e i cavalli da tiro (per esempio, i tumuli di Chadžoh e Uašitu nel Caucaso nord-occidentale), Nosačevo, Butenki e Kvitki (steppe-foreste dell’Ucraina); nei complessi più tardi del medesimo tipo sono presenti manufatti di produzione vicino-orientale o lavorati a imitazione di modelli microasiatici.

Il periodo antico-scitico (VI-V secolo a.C.) è stato raggruppato in diversi gruppi areali come quello di Tiasmin’ [16], a limite tra la zona steppica e quella della silvosteppa. I siti principali sono Martonoša, Makjivka, Paštyskie, Zaščyta, Zabotin, Žurivka, Matronino, Hulay Horod, Smila, Sarpivka, Ryžanivka. Il gruppo degli Sciti “Reali”, quello più importante, come definito da Erodoto, ha i suoi più importanti ritrovamenti a nord del Mar Nero, databili dal VI secolo in poi e distribuiti, a distanza ravvicinata, lungo la riva occidentale del Don, da Taganrog alla congiunzione del fiume Medvediča con il Don. Otto kurgan si trovano a Alekšeyevka-Krivorošhe sul fiume Kalivta; a est del Dnepr si trovano il “gruppo del Donec”, che ha i suoi principali ritrovamenti a Bolšaja Gomolša, Hutor Prokrovskij, il “gruppo della Valle del Sula”, con circa 450 kurgan tra cui quelli principeschi di Starša Mogila e Sumeyko; il “gruppo” dei ritrovamenti di “Voronež”, vicino a Rostov, che si estende su un’area di 75 km2, con numerosi insediamenti e kurgan, i più antichi dei quali sono del VI o degli inizi del V secolo; tra i quali segnaliamo quelli di Častye e Mastjugino.

Kurgan di Solokha, pettine in oro con raffinati elementi decorativi, da Wikipedia

Kurgan di Solokha, pettine in oro con raffinati elementi decorativi, da Wikipedia

Le tombe di questo gruppo sono molto ricche, con oggetti di importazione greca, non molto diversi da quelli del gruppo del Donec. I ritrovamenti nelle steppe a ovest del Dnepr hanno evidenziato a Kut, a ovest di Nikopoli, 315 tombe in 32 kurgan, e vicino a Nikopoli 190 tombe in 53 kurgan. A Rožnivka, vicino a Kerson, sono stati rinvenuti specchi di bronzo di fattura ionica e a Boltynška, a 70 km a ovest di Dnepropetrovsk, un vaso dipinto greco dell’inizio del VI secolo. Nel periodo tardo-scitico (IV-III secolo a.C.) di grande interesse sono le steli in pietra, spesso alte anche più di 2 metri, su cui è rappresentata una figura umana, con armi e spada; questo uso, già noto in Ucraina dal III millennio, si protrae fino all’epoca scita e si può riconnettere a quella delle stele rinvenute nel Kazakhistan, generalmente interpretate come monumenti sepolcrali dedicati agli antenati, divenuti eroi, simboli divinizzati, del guerriero-progenitore.

Kurgan di Kul’Oba, Vaso in oro con rappresentazioni di Sciti, da Wikipedia

Kurgan di Kul’Oba, Vaso in oro con rappresentazioni di Sciti, da Wikipedia

Il centro più importante di questo periodo fu Kamjanka, sul lato meridionale del basso Dnepr, di fronte alla moderna città di Nikopoli, con un’area di 1200 ettari distinta in due parti principali: la più grande, un centro industriale metallurgico, con lavorazione del ferro; la seconda, l’acropoli, quello amministrativo, con molti oggetti provenienti dalle città del Bosforo. Altri kurgan si trovano a Ogiz, Solokha [17], Kul’Oba [18], con più di 20 tombe a tumulo, tra le quali quelle principesche di Melitopol’ e Akkermen (vicino al fiume Moloč na). Nel kurgan di Čertomlyk, non lontano da Nikopoli, nel bacino del Dnepr, databile tra il 350-325 a.C., è famoso il rivestimento in oro di un goryt (custodia per arco e frecce), decorato con scene della vita di Achille (Alekseev 1984; Alekseev, Murzin, Rolle 1991; Rolle, Murzin, Alekseev 1998), e la sepoltura di un capo, della moglie, dei servi e di un palafreniere, e tra gli oggetti 250 briglie decorate per cavalli, selle, finimenti e una spada del tipo akinax, con il fodero in oro decorato sul tipo di quelli di Kelermes e Melgunov, un’anfora d’argento con ricchi motivi decorati (Schwarz 2012).

- Kurgan di Kelermes, spada in oro e fodero in legno don decorazioni figurate; da Rostovzeff 1922

– Kurgan di Kelermes, spada in oro e fodero in legno don decorazioni figurate; da Rostovzeff 1922

Nell’elevato numero degli inumati e nella grandezza del cerimoniale, il rituale sacrificale riconosciuto a Čertomlyk, ricorda molto da vicino quello di uno dei kurgan di Ul’ski [19]. Nell’area del basso Dnepr altri kurgan sono stati rinvenuti a Gaimanova Mogila, a Balky; a sud di Žaporože un kurgan databile al 350 a.C. presenta corridoi e una larga camera sepolcrale, con dieci persone, il capo, la sua famiglia, guardie, donne, un solo cavallo e numerosi frammenti di briglie. A Tovstva Mogila [20, vicino a Oržonidze, a ovest di Nikopol’, un kurgan conteneva la sepoltura di sei cavalli e di numerose persone, mentre a Raskopana Mogila, vicino ad Apostolove, 17 crani di cavalli e un largo calderone in bronzo, forse fuso a Olbia alla fine del V secolo. A Ilinčy e a Elizavetovskaja sul Don sono presenti forti influenze greche nell’uso di costruzioni in pietra e nella planimetria di parecchie tombe reali. 

Kurgan di Čertomlyk, amphora, da Rostovzeff 1922; Kurgan di Tovstaja Mogila, pettorale in oro con decorazione figurativa; da Rostovzeff 1922.

Kurgan di Čertomlyk, amphora, da Rostovzeff 1922; Kurgan di Tovstaja Mogila, pettorale in oro con decorazione figurativa; da Rostovzeff 1922.

Kiev (Kanev) e gli altri ritrovamenti 

I siti principali sono Ažigoi, Marižin, Siniavka, Berešnyagi, Griščincy, Traktemirov, Mala Ofirna, Klevaka, Bobriča, che si distribuiscono in un’ampia zona di silvo steppa, larga circa 75 km, lungo il lato occidentale del medio Dnepr. L’area estremamente fertile, il černozem (“terra nera”, ricca di alkali), fu densamente popolata se si tiene presente l’alto numero di insediamenti, costruzioni in terra e kurgan (in qualche caso anche 300). I cimiteri, molto vicini agli insediamenti, furono in uso per diverse generazioni e presentano tombe di due tipi principali: larghe e semplici fosse scavate nel terreno per la gente comune e costruzioni sepolcrali più o meno elaborate per la classe più elevata. Un altro centro era Bels’k, appartenente all’area del gruppo di Vorskla, sull’altro lato del Dnepr, al di fuori della Scizia vera e propria, dove è stato rinvenuto il più grande sistema difensivo in terra cruda di 4400 ettari. Il kurgan di Litoi- Melgunov [21], databile al 575-500 a.C., rappresenta il più antico seppellimento scitico nel territorio della Scizia, nel quale sono state rinvenuti numerosi oggetti tra cui una spada del tipo akinakes, con fodero in oro decorato a rilievo, simile a quelli di Čertomlyk e Kelermes.

In questa fase (VII-VI secolo a.C.) sono evidenti i grandi traffici commerciali con le isole dell’Egeo, quando la città di Olbia costituì la principale fornitrice delle popolazioni scitiche di ogni genere di beni di lusso (vasi in oro, argento, glittica, vino, olio e anche armi). Più tardi, nel V secolo, la presenza di ceramica corinzia e ateniese attesta il notevole ampliamento del volume dei traffici tra mondo ellenico e quello barbarico, collegati da un’importante strada commerciale, garantita da una sorta di Pax Scythica, che attraversava la Scizia, da Olbia lungo l’Ingul (probabilmente il Borysthene di Erodoto), attraverso il Dnepr e poi, verso est, attraverso il Don e il Volga, fino all’Ural e all’Asia interna.

Dal V secolo a.C. in avanti la produzione “artistica” scitica subisce profondamente l’influenza greca, sia ionica che attica. Durante il IV secolo a.C., il carattere delle importazioni greche si trasforma: vasellame in metallo prezioso, gioielli, e ceramica di diversa tipologia, arrivano sul Mar Nero e si rinvengono non soltanto nelle tombe del regno del Bosforo, ma anche nei kurgan dell’entroterra. Vasi e phialai in argento, orecchini, collane, bracciali, anelli di tipo squisitamente greco testimoniano la produzione di laboratori ellenici, che potevano essere tanto quelli della Macedonia, quanto quelli della Magna Grecia. Al fianco degli oggetti importati dalla Grecia, nei corredi funerari degli esponenti dell’aristocrazia scitica compaiono anche imitazioni “barbariche” dello stile artistico greco. 

Kurgan Litoi-Melgunov, spada e fodero; da Rostovzeff 1922

Kurgan Litoi-Melgunov, spada e fodero; da Rostovzeff 1922

Conclusioni 

Come si può facilmente intravedere da questa breve rassegna, la storia del Mar Nero e dell’Ucraina centro-meridionale è stata piuttosto ricca ed articolata, e questo è ampiamente evidenziato sia dalle fonti storiche che da quelle archeologiche. Al di là delle diverse presunte centralità culturali, a volte in epoca protostorica, o in epoca greca, o in quella del nomadismo iranico che si sono via via affacciate su quel territorio, quella storia ha potuto vivere e realizzare una sua propria unicità culturale. Ciò ha reso quelle aree diverse e irripetibili e qualunque strumentalizzazione che si possa fare di esse a posteriori, in un senso o nell’altro, rischia di non far comprendere quali sono state le sue profonde complessità. Non vogliamo per questo rivendicare una maggiore o minore importanza per questa o quella fase culturale; tutte sono state importanti e da tutte i territori moderni intorno al Mar Nero e dell’Ucraina hanno attinto per la costruzione della loro modernità.

Dialoghi Mediterranei, n. 57, settembre 2022
Note 
[1] Sarebbe estremamente interessante approfondire l’argomento, ma si tratta di una problematica molto ampia per potere essere affrontata in questa sede. Ci siamo limitati, come si è potuto vedere, ad elencare solo alcuni casi storicamente più significativi. 
[2] L’età del rame, indicata anche con i termini Eneolitico, Calcolitico o (più raramente) Cuprolitico, è un periodo della Preistoria protostoria considerato come una tappa di transizione tra le industrie litiche del Neolitico (età della pietra levigata) e la metallurgia dell’età del Bronzo. 
[3] La Paratetide, o Oceano Paratetide, era un ramo separato dell’oceano Tetide che si è sviluppato a partire dallo stadio Oxfordiano del Giurassico (circa 155 milioni di anni fa) interessando una vasta area dell’Europa centro-orientale e dell’Asia occidentale. Durante il Cretacico esso si estendeva dal bacino del fiume Rodano al lago d’Aral. 
[4] Il Bosforo è lo stretto che unisce il Mar Nero al Mar di Marmara e segna il confine meridionale tra il continente europeo e il continente asiatico. Ha una lunghezza di 31,7 km. per una larghezza che va dai 550 ai 3000 metri. Sulla sponda europea, attorno al Corno d’Oro, si è sviluppata la città di Istambul, l’antica Costantinopoli, la cui attuale area urbana si estende anche sulla sponda asiatica per circa 18 chilometri. 
[5] Lo stretto dei Dardanelli, anticamente chiamato Ellesponto, è uno stretto di mare turco che collega il mar di Marmara all’Egeo e che, assieme al Bosforo, fa da confine fra Europa e Asia. La larghezza minima dello stretto è pari a 1250 metri, mentre quella massima è di 8 km.; in tutto è lungo circa 62 km. La profondità media si attesta sui 60 metri, la massima 100. Il nome Dardanelli deriva da Dardania, l’antica terra sulla sponda asiatica dello stretto che, a sua volta, prende il nome da Dardano, il mitico figlio di Zeus e di Elettra. Il nome Ellesponto, che letteralmente significa “mare di Elle”, deriva invece da un altro mito. Lungo le coste dei Dardanelli si trovano varie antiche città: nella parte europea si trovano Eleunte, Maidos, Sesto, Gallipoli; nella parte asiatica si trovano Troia, Dardano (odierna Çanakkale), Abido, e altre. 
[6] Gli Spartocidi sono i membri di una dinastia che regnò sul Bosforo (in Tauride, l’attuale Crimea) dal 438 al 107 a.C. che succedono agli Archéanactides e tre secoli dopo soccombono agli attacchi degli Sciti. L’origine della dinastia è incerta: potrebbe essere tracia, scita, sindo-méote o greca. Nel V e IV secolo a.C., intrattengono rapporti commerciali con Atene che riforniscono di grano, cuoio, pesce essiccato e schiavi, e che, a sua volta, concede a molti di loro i maggiori onori e perfino la cittadinanza. 
[7] Snorri Sturluson è stato uno storico, poeta e politico islandese. 
[8] Il mar d’Azov è una sezione settentrionale del Mar Nero, collegata al corpo d’acqua principale attraverso lo stretto di Kerč’. È limitato a nord dall’Ucraina, ad est dalla Russia e ad ovest dalla penisola di Crimea. Nell’antica Grecia era conosciuto come “Palude Meotide”, dal nome degli antichi abitanti di queste rive, i Meoti, da cui deriva a anche il nome della regione, la Meozia Meotida, oggi corrispondente al Donbass (Doneckij bassejn, lett. “bacino del Donec”). Il mare è lungo 340 km. e largo 135, e ha una superficie di 37.555 km². I fiumi principali che sfociano nel mar d’Azov sono il Don e il Kuban’; questi fanno sì che le acque del mare abbiano una salinità relativamente più bassa in certi punti, inoltre trasportano in mare grosse quantità di limo. Il mar d’Azov è il mare meno profondo del mondo, con una profondità massima di soli 13 metri; in effetti, dove il limo si è accumulato, come nel golfo di Taganrog, la profondità media è inferiore al metro. Le correnti prevalenti del mare scorrono in senso antiorario; le maree sono variabili ma possono arrivare a oltre 5 metri. In inverno grandi porzioni del mare sono coperte dal ghiaccio. Nel mar d’Azov vi sono diverse isole, vicine alla costa, basse, ma soprattutto molto piccole. I porti principali sono: Berdjans’k, Mariupol’, Rostov sul Don, Taganrog e Ejsk. Due canali sfociano nel mare: il Canale Volga-Don e un collegamento al Mar Caspio attraverso il Canale di Manyč. 
[9] Il Mar di Marmara. anticamente noto come Propontide, è uno specchio d’acqua salata interno tra il mar Egeo e il Mar Nero, collegato a essi rispettivamente tramite lo stretto dei Dardanelli e del Bosforo. Ha una superficie di circa 11.472 km² e una profondità media di 289 metri. I litorali sono caratterizzati per la maggior parte da coste alte e montagnose, sagomate dalla corrente e dai forti venti che soffiano da sud-ovest. Si stima che il mar di Marmara abbia avuto origine circa 2,5 milioni di anni fa, in seguito a movimenti della crosta terrestre. Geologicamente esso è un bacino formato in corrispondenza di una curva estensionale nella faglia nord anatolica. Si estende in lunghezza per circa 252 km. e presenta coste alte, rocciose, con poca spiaggia. Viene alimentato da diversi immissari, ma la maggior parte delle acque giungono grazie alla comunicazione diretta col mar Nero e col Mediterraneo. A est il mare si restringe formando il golfo di İzmit, che prende il nome dall’omonima città costiera. Bacino di scambio tra le acque del mar Nero e quelle del mar Mediterraneo, il mar di Marmara si rivela un interessante sistema oceanografico per la peculiarità delle correnti marine che lo attraversano. Il mar Nero, massicciamente alimentato dai propri immissari, riceve più acqua di quanta riesca poi ad allontanarsi per evaporazione. Ciò fa sì che le acque in eccesso si riversino nel mar di Marmara, generando una corrente di superficie che viaggia verso l’Egeo, con variazioni direzionali prodotte dalle coste, dalle isole e dai forti venti che possono deviare o addirittura invertire il senso della corrente. 
[10] Il nome deriva dal termine russo che indica l’isolotto del fiume Dnepr, Seredny Stih (Khortitsiya) vicino a Zaporiža, sulle cui coste le tracce di quella cultura furono per la prima volta rinvenute con insediamenti sporadici. 
[11] La cultura della ceramica “cordata”, chiamata anche cultura “dell’ascia da combattimento” o “cultura della sepoltura singola”, è un ampio orizzonte archeologico iniziato nel tardo Neolitico, fiorito nel Calcolitico e culminato agli inizi dell’Età del Bronzo, tra il 3200/2900 a.C. e il 2300/1800 a.C. Segnò l’introduzione dell’uso dei metalli nell’Europa settentrionale e i nomi utilizzati per identificarla derivano rispettivamente dalla caratteristica ornamentazione della ceramica, dalla presenza nel corredo funebre maschile di asce in pietra da combattimento, come segno della posizione sociale sebbene non più realmente utilizzate, e dall’uso funerario di sepolture singole. 
[12] La fascia è una delle zone più meridionali dell’Asia Minore e di buona parte del Peloponneso. Tra le città doriche si possono annoverare Alicarnasso e Cnido in Asia Minore e Corinto e Sparta in Grecia, oltre alle isole di Creta e Rodi. 
[13] La fascia è quella dove si stabilirono gli Ioni e comprende le città di Mileto ed Efeso in Asia Minore e di Atene in Grecia, note per essere state la culla della filosofia, oltre all’isola dell’Eubea e alla penisola dell’Attica. 
[14] Patria degli Eoli, è la regione più settentrionale, che comprende la Beozia, la Tessaglia e la parte settentrionale della fascia costiera dell’Anatolia sul mare Egeo con l’isola di Lesbo, patria dei poeti Saffo e Alceo. 
[15] Le culture di Černogorovka e Novočerkassk (dal 900 a.C. ca. al 650 a.C.) sono le culture delle steppe dell’età del ferro in Ucraina e Russia, incentrate tra il fiume Prut e il basso corso del Don, conosciute anche come culture pre-scitiche, associate alla popolazione dei Cimmeri. Nel 1971 venne scavato nel bacino del basso corso del fiume Dnepr il kurgan di Vysokaja Mogila (tombe 2 e 5). La tomba numero 5 risale al tardo periodo di Černogorovka (900-750 a.C.) mentre la numero 2 al periodo Novočerkassk, più recente, (750-650 a.C.). La cultura di Novočerkassk si espande in un’area più ampia estesa tra il Danubio e il Volga e viene associata con i manufatti tracio-cimmeri dell’Europa orientale. 
[16] Si tratta di un fiume che scorre nei distretti di Kirovograd e Cherkassy, in Ucraina: lungo 161 km, drena una superficie di 4.540 chilometri quadrati, è un affluente di destra del fiume Dnepr e sorge negli altopiani del Dnieper e sfocia nel reservoir di Kremenchug. Il fiume Tiasmin è alimentato principalmente da neve. La portata media a 11 km dalla foce è 6.6 metri cubi al secondo. Lungo il fiume si trovano le città di Kamenka, Smela e Chigirin. 
[17] Il kurgan di Solokha si trova sulla riva sinistra del Dnepr, a 18 km da Velikaja Znamenka, di fronte a Nikopol’, in Ucraina orientale. Ha un’altezza di 19 metri e un diametro di circa 100 metri, e risale ai primi anni del IV secolo a.C. Conteneva due tombe “reali”; la tomba centrale era stata saccheggiata già nell’antichità, ma ancora vi erano i resti di una chief femminile e due cavalli con ricche bardature, mentre la tomba laterale fu trovata intatta nella campagna 1912-1913 dall’archeologo russo N.I. Veselovski. La tomba avrebbe confermato la storicità del racconto erodoteo, in quanto nascondeva tesori spettacolari, tra cui i resti di un chief di sesso maschile, completamente rivestito in oro: era stato sepolto con il suo portatore di armi, un servo e cinque cavalli, armato con schinieri in bronzo, un elmo di bronzo, e una spada con fodero coperto da foglie d’oro e una faretra rivestita in argento contenente 80 punte di freccia di bronzo. Il ritrovamento più significativo della tomba, tuttavia, consiste nel famoso pettine d’oro decorato a “open work” con un gruppo umano estremamente ricco di dettagli, costituito da tre guerrieri lavorati in oro. Il pettine, così come altri reperti, sono conservati oggi nel Museo dell’Hermitage a San Pietroburgo. Il sito si trova in una zona dove, secondo Erodoto, gli “Sciti Reali” seppellivano i loro re, la terra di Gerrhos, corrispondenti all’incirca al moderno Oblast’ di Zaporiža. Gli studiosi ritengono che il pettine sia stato creato dopo gli eventi a cavallo tra il V al IV secolo a.C., quando un re scita fu ucciso dai suoi stessi fratelli per i suoi gusti filoellenici, suggerendo che in un certo momento nel primo terzo del IV secolo a.C. il pettine fosse stato posto dal capo del vincitore, Octamasad, la cui tomba si trovava all’interno del grandioso kurgan di 18 metri in precedenza eretto per suo fratello Orik. Vi sono riportati tre guerrieri che combattono e un fregio di cinque leoni reclinabili. I dettagli, ricavati da un modello in cera o lavorati, sono stati accuratamente cesellati su entrambi i lati e poi saldati insieme. Le figure a rilievo semplificato sono eseguite in modo realistico, i loro movimenti sono naturali, anche se subordinati ad un regime di generale simmetria. Nello stile e nella qualità di esecuzione del pettine si vede chiaramente l’opera di un artigiano greco, abile a realizzare un prodotto per un cliente scita, che conosceva bene il mondo barbarico, compresi i dettagli dell’abbigliamento, delle acconciature e delle armi degli Sciti, dei Greci e dei Traci. 
[18] Il kurgan, scoperto a Kul’Oba nel 1830, è stato il primo tumulo scita modernamente scavato. Nella tomba in pietra è stata ritrovata un’ampia quantità di manufatti preziosi che vanno anche al di là dell’interesse generale del mondo scita. Di particolare interesse sono un paio di orecchini finemente granulari con due figure di Nike, oggi conservati all’Hermitage di San Pietroburgo. Molti dei manufatti reperiti a nord del Bosforo esprimono una cultura plasmata da influenze ellenistiche e scitiche. Il tumulo è databile al 400-350 a.C. circa, costruito, probabilmente da esperti di Pantikapeo. La pianta è rettangolare e misura 4,20 per 4,60 m. La tomba era alta 5,30 metri. Il soffitto ligneo probabilmente doveva essere un “tetto-tenda” scita. Il corpo del re o principe era posto su un ponte di legno vicino alla parete orientale, con un diadema sormontato da un berretto di feltro con pendenti d’oro. Intorno al collo portava un disco d’oro di 461 grammi di peso e i suoi polsi erano con tre braccialetti. Oltre ai corpi ritrovati sul ponte, sono stati reperiti ancora una fiala, una frusta, un coltello e una faretra, tutti riccamente decorati con oro e pietre preziose. A sinistra del letto vi era un sarcofago in legno di cipresso e avorio: in questo si trovava il corpo di una donna, probabilmente la moglie o concubina del re. Indossava vestiti fatti di broccati e un diadema di elettro con pendenti in oro, oltre a due anelli, un disco, una collana e due braccialetti d’oro. Uno specchio di bronzo con una maniglia dorata era posto accanto a lei. Una tazza di elettro, posta tra i suoi piedi, reca temi tipici della mitologia scita. I resti di uno schiavo – forse un auriga – sono stati trovati sulla parete sud. Una piccola nicchia nel muro conteneva le ossa di cavalli, un casco, un fodero di bronzo e due punte di diamante. Alcuni cofanetti d’argento e di bronzo e un calderone con ossa di agnello erano depositati lungo le pareti. In alcune anfore sono stati trovati resti di vino. Punte di freccia di bronzo erano sparse sul pavimento. Alcuni degli oggetti depredati dai saccheggiatori sono stati ritrovati successivamente dal governo russo. 
[19] Il Kurgan nel nord del Caucaso, si trova nella repubblica dell’Adygea ad una cinquantina di chilometri a nord del famoso centro di Majkop. 
[20] Tovstaja Mogila è un kurgan scita, un tumulo funerario della fine del IV secolo a.C., situato vicino a Ordžonikidze lungo il corso del Dnepr, distretto di Dnepropetrovsk, che conteneva le spoglie di un re, di una moglie e di un bambino, probabilmente un loro figlio. Il kurgan di Tovstaja Mogila, era una tomba reale costruita per esaltare la potenza del proprio ospite, un re, e della sua stirpe, di cui costituiva, in definitiva, una espressione politica. Il kurgan ha una base circolare con un diametro di circa settanta metri e un’altezza di oltre otto metri; contiene, in posizione ipogea, una camera sepolcrale principale con adiacenti due fosse e una camera secondaria. Le due fosse adiacenti la camera principale contenevano i cadaveri di tre soggetti di sesso maschile e di sette cavalli, oltre una serie di oggetti d’oro, che ornavano uno dei tre cadaveri e un cavallo, oltre ad alcune armi. Questo gruppo costituiva probabilmente una sorta di scorta reale. In prossimità della sepoltura secondaria erano stati posti i cadaveri di un’ancella e di tre soggetti maschi, uccisi per strangolamento e percosse, secondo il rituale scita. 
[21] Il tumulo “Litoi Kurgan” fu scavato nel 1763 su indicazione di A.P. Mel’gunov a 30 chilometri dalla fortezza di Santa Elisabetta (ora conosciuta come Kirovgrad, in Ucraina). Conteneva un corredo di oro e d’argento del primo periodo scita, esempi di produzione metallica orientale modellato secondo la tradizione del cosiddetto “stile animalistico”. La natura prestigiosa di questi reperti è alla pari con i corredi che si trovano nelle sepolture reali sciti. I manufatti furono presentati a Caterina II, che comandò all’accademico G.F. Miller (1705-1783) di elaborare una descrizione in quanto dovevano essere conservati nella Kunst Kammer di San Pietroburgo. Cento anni dopo, il tesoro fu trasferito al Museo dell’Hermitage. È proprio con gli scavi del “Litoi Kurgan” che nasce un ramo separato dell’archeologia degli sciti.
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Bruno Genito, Professore Ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte Iranica e dell’Asia Centrale, presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” (UNO) dal 2005, ha diretto la Missione Archeologica Italiana in Iran, dell’Azerbaigian dal 2016, dell’Uzbekistan dal 2008 dell’UNO in collaborazione con il Ministero Italiano degli Affari Esteri, l’Istituto di Archeologia dell’Accademia delle Scienze dell’Azerbaigian, Baku, l’Istituto di Archeologia dell’Accademia delle Scienze dell’Uzbekistan, Samarkanda, l’Ente Iraniano per la Cultura, l’Artigianato e il Turismo e l’ISMEO; è stato vicedirettore della Missione Archeologica Italiana nel Turkmenistan (1989-1994), dell’UNO in collaborazione con il Ministero Italiano degli Affari Esteri, l’Istituto di Archeologia dell’Accademia delle Scienze dell’Unione Sovietica, e l’Università di Stato di Ashabad, nonché direttore della Missione Archeologica Italiana in Ungheria (1983-1997), dell’UNO), in collaborazione con il CNR, l’IsIAO, il Ministero Italiano degli Affari Esteri, l’Istituto di Archeologia dell’Accademia delle Scienze d’Ungheria, Budapest. Responsabile di numerosi progetti scientifici, è membro di diverse Società e di comitati scientifici di riviste.

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