di Valerio Cappozzo
I sogni combinano le immagini del vissuto creando dei quadri mentali in movimento. Possono essere verisimili, irrazionali, assurdi, incomprensibili, strani o perfettamente chiari. Di qualunque natura siano, i sogni hanno una particolarità, quella di esistere da quando il corpo umano ha bisogno di riposo. Non appena la luce della ragione si attenua per concederci il sonno che ristora dalle fatiche quotidiane, le immagini del vissuto compaiono in maniera imprevedibile e incontrollabile in quella parte dell’intelletto che da svegli è popolata da pensieri, ansie e ragionamenti. Che siano bei sogni o incubi, il cervello e le emozioni ci dimostrano di non fermarsi mai, di essere un flusso continuo alimentato dalla memoria la quale ripropone le immagini durante il sonno che, per comprendere, dobbiamo essere abili a intuire il significato dei simboli onirici.
Capire un sogno significa conoscere meglio le persone che siamo e, in questo modo, addirittura poter anticipare il futuro, dandoci così la possibilità di prevedere il domani e quindi di mostrarci preparati alle evenienze incalcolabili di quello che avverrà più avanti.
Durante il corso di oltre 3200 anni, in cui la storia umana dall’antico Egitto a oggi ha visto cambiamenti epocali, l’interpretazione dei sogni è rimasta sorprendentemente coerente, dimostrandoci che nel momento in cui la razionalità viene disattivata l’essere umano si scopre uguale a se stesso. La decifrazione dei sogni ha interessato ogni società che ha provato a capirne il potenziale divinatorio e a trarne beneficio attraverso la comprensione di quel particolare evento simbolico. Nell’antichità come nel Medioevo e nel Rinascimento i sogni servivano a interpretare la realtà circostante, quella esterna al sognante, mentre nel Novecento, con l’avvento della psicanalisi, sono serviti a investigare l’inconscio dell’individuo e a diagnosticarne le nevrosi. Due direzioni di indagine contrarie, esterna e interna, che hanno però avuto lo stesso fine: quello di razionalizzare l’irrazionale [1].
Di imminente uscita per la casa editrice Leo S. Olschki di Firenze è il Dizionario dei sogni nel Medioevo. Il Somniale Danielis in manoscritti letterari, libro che riunisce la tradizione manoscritta prima greca e poi latina dei libri dei sogni dal IV secolo fino a quella in volgare italiano del XIII e XV sec. [2]. Il Dizionario, con l’aggiunta delle prime edizioni a stampa in latino e in volgare dal 1475 al 1550, presenta migliaia di interpretazioni dei simboli onirici riscontrate nell’area geografica europea con il Somniale Danielis, il prontuario dei simboli onirici più comuni disposti in ordine alfabetico, composto in greco intorno al IV sec. d. C., tradotto in latino nel IX secolo ha mantenuto il simbolismo che proviene da diverse culture, costituendo il filo rosso dell’interpretazione dei sogni dall’Antico Egitto a oggi. In questi secoli di storia, oltre a mantenere le tradizioni del passato e a predisporre quelle del futuro, si assiste a un graduale potenziamento delle tecniche interpretative grazie, soprattutto, all’apporto dell’onirocritica araba.
Nel corso del Medioevo si sviluppano parallelamente due tradizioni di interpretazione dei sogni: quella teorica, l’onirocritica, che si occupa di stabilirne l’origine e la veridicità, e l’interpretazione a livello popolare con il fine di usarne le potenzialità prognostiche, vale a dire l’oniromanzia di cui fa parte, per esempio, il Somniale Danielis e la Smorfia napoletana che dal Cinquecento aggiungerà un numero ai sogni così da renderli giocabili sulle ruote del Lotto. Questa operazione cabalistica è l’unica variante significativa che possiamo registrare all’interno dell’interpretazione dei sogni negli ultimi 32 secoli di storia umana, il che significa che la prima caratteristica che notiamo è la coerenza del metodo interpretativo [3]. Il procedimento si basa su un’equazione elementare: sognare x significa y e si può interpretare come z. Sognare di prendere una coperta significa letizia; sognare la buona salute di una persona significa la malattia; sognare di correre ma non riuscirci significa angoscia; sognare di affogare significa affanno e così via. Questa immediatezza di significati e la semplicità del rapporto tra il simbolo, o tra l’azione sognata, e il loro significato fa sì che i libri dei sogni lascino al sognante libertà di interpretazione, ovvero l’incognita z, la particolare accezione che il singolo dà al significato del sogno indicato dai prontuari oniromantici.
Cosa vuol dire, per esempio, “affanno” per ognuno di noi? C’è una definizione generale che è quella di difficoltà di respiro data da una condizione fisica o emotiva, con i sinonimi di sforzo, angoscia e pena, ma ognuno gli attribuisce un significato particolare che viene dalla propria esperienza. Se affogare (x) significa affanno (y), nell’accezione particolare (z) che si dà alla sensazione dell’affanno risiede il principio vero e proprio dell’interpretazione del sogno che sarà, dunque, personale. Difatti, più l’individuo conosce se stesso, migliore sarà la spiegazione del sogno. Questo è l’elemento che ha interessato dal XX secolo la psicoanalisi principalmente freudiana che si discosta nettamente dai significati precostituiti e indaga il sogno come espressione dell’inconscio attraverso la libera associazione di idee, cosa che, in qualche modo, già fanno i libri oniromantici sin dall’epoca egizia. La differenza con i procedimenti diagnostici della psicoterapia consiste nel fatto che i prontuari dei sogni guidano il sognante verso il percorso associativo tra simboli e immagini basando l’interpretazione sulla propria esperienza e memoria, attraverso l’indicazione di una direzione precisa di indagine, lasciando al singolo la libertà dell’interpretazione. Una ricerca che guarda all’esterno per capire il mondo interno mentre, lo abbiamo già detto, la psicoanalisi analizza tutto il procedimento onirico interiormente senza relazionarsi o dipendere direttamente dall’esterno [4].
Le peculiarità della secolare interpretazione dei sogni racchiusa nel Somniale Danielis, come abbiamo visto, sono prima di tutto la coerenza simbolica, poi la semplicità del funzionamento interpretativo basato su un’equazione elementare e, infine, l’aderenza al reale che hanno sia i simboli sia le interpretazioni contenute nei libri dei sogni. In essi non sono presenti elementi immaginifici – tranne l’esclusione di qualche codice vergato in ambiente ecclesiastico che aggiunge una simbologia religiosa con voci quali “angeli” “resurrezione” ecc. – e se leggiamo con attenzione la lista dei sogni che fanno parte del Dizionario, vedremo gradualmente formarsi di fronte ai nostri occhi una realtà quotidiana niente affatto fantastica come ci potremmo aspettare trattandosi di sogni.
È importante affermare che il Medioevo ricorre all’immaginario e al meraviglioso quando tenta di interpretare la realtà, ma quando deve decifrare le immagini fantastiche e irrazionali dei sogni ritorna sul piano concreto del reale per spiegare i simboli e i messaggi contenuti nelle visioni [5]. Scorrendo il Dizionario ci apparirà così una realtà fatta di case, di castelli, di torri, di chiese e di ponti che attraversano fiumi, laghi o precipizi ai margini di foreste, di boschi e selve popolate di animali feroci e diversi alberi, fiori e rocce. Nei villaggi gli uomini, le donne, i sacerdoti e i monaci si nutrono di formaggio, di ceci, di fave, di ciliegie e bevono acqua, assenzio, vino e allevano animali come cavalli, buoi, capre e pecore mentre nel cielo volano rondini, aquile e falchi. Ogni giorno si fa normalmente uso di oggetti quali pentole, bastoni, sedie, aste, chiavi, ci si reca al pozzo, alla fontana, al granaio vicino alla piazza dove c’è la chiesa principale e da cui si diramano le strade, più o meno affollate, che passano di fronte al carcere e a diversi negozi, al cimitero, ai parchi e ai giardini. Le interpretazioni, divise tra positive o negative, sono anch’esse semplici e immediate: alcuni sogni possono voler significare letizia, allegria, buoni affari, abbondanza e guadagno oppure affanno, inquietudine, morte, disfacimento o tristezza.
Questo mondo descritto dall’immaginario onirico è generico, non è circoscrivibile a un’epoca precisa ed è impossibile riconoscerne una geografia specifica. Proprio questa sua ampiezza e universalità conferisce autorevolezza al Somniale Danielis che ha in sé una visione illimitata della civiltà umana, applicabile in ogni momento e luogo della storia. Per adattarsi ai tempi vengono aggiornati i simboli lungo le diverse epoche come, per esempio, la voce imperatore che in chiave moderna è sostituita con cariche politiche corrispondenti.
Di fondamentale importanza è la valutazione della veridicità dei sogni e il potenziale divinatorio, che da sempre hanno interessato la sfera onirica. Come si può, in sogno, avere un contatto con il divino? L’onirocritica, la scienza della interpretazione dei sogni, nasce con Artemidoro di Daldi nel II secolo a.C. con la sua opera enciclopedica che raccoglie il più grande numero possibile di interpretazioni attestate nelle culture araba, greca e latina [6]. Qui vengono teorizzate cinque specie di sogni, da quelli falsi, causati da turbamenti fisici, alle visioni in stato di veglia di cui l’agiografia medievale è piena. L’aspetto più interessante del lavoro di Artemidoro è quello di procedere all’interpretazione dei sogni per via analogica.
Ben più complesso dei libri oniromantici a cui abbiamo appena fatto riferimento servendoci del Somniale Danielis, nel libro di Artemidoro vengono esposte le diverse varianti che un sogno può avere. Nel caso dell’aquila, per esempio, l’interpretazione varierà se si trova «posata su una roccia, su un albero oppure in un luogo elevato», il che significa «buon segno per chi intraprende qualcosa, e cattivo per chi ha qualche timore». Poi ancora l’aquila può volare tranquilla e indisturbata, posarsi sulla testa del sognante o afferrare degli oggetti con gli artigli; può essere minacciosa o mansueta. Le differenze di interpretazione cambiano anche se a sognare è un uomo o una donna e dipendono dal suo stato sociale: «una donna che immagina di partorire un’aquila, genererà un figlio; e questi, se è povero, farà il soldato e comanderà un esercito, […] se è ricco, sarà a capo di molta gente o anche regnerà» (pp.116-117). Alla fine delle varie interpretazioni, Artemidoro passa in rassegna i diversi tipi di rapaci.
L’onirocritica trova con Artemidoro una strutturazione definita che riesce a essere fruibile in maniera capillare grazie all’intervento dell’oniromanzia, la pratica popolare dell’interpretazione dei sogni. La creazione di manuali, libri, dizionari, prontuari, guide e chiavi dei sogni è sempre stata e continua essere molto prolifera. Come abbiamo visto, questa tradizione ricava da quella colta i simboli onirici e le loro interpretazioni che però semplifica all’estremo fino a far corrispondere inequivocabilmente il simbolo sognato con un unico significato, come nel Somniale Danielis: «aquila sognare significa onore». La semplicità con la quale si presentano i libri dei sogni non deve però trarre in inganno pensando che siano meno efficaci. Essi provengono da un lungo percorso di studio e di applicazione pratica e rappresentano il risultato di una complessità a cui partecipano diverse scienze e svariati saperi.
La componente sapienziale più importante è quella arabo-islamica che comincia a formarsi dall’VIII secolo con Muhammad Ibn Sirin e le sue chiavi dei sogni. Nel IX sec. l’opera di Artemidoro viene tradotta in arabo e ispira il libro dei sogni di Achmet, anch’esso suddiviso in diverse varianti dei sogni ma secondo le interpretazioni egizia, persiana e indiana. In questa opera entrano a far parte dell’interpretazione nuove scienze che permettono una maggiore comprensione delle condizioni esterne e interne al sognante. Princìpi di astronomia, di medicina, di meteorologia, di alchimia diventano necessari se si vuole decifrare il proprio sogno in un contesto interiore relazionato con quello cosmico. Dell’opera di Achmet si serve Pascalis Romanus per comporre il suo Liber thesauri occulti nel 1165 a Costantinopoli, città in cui nel 1176 viene tradotto in latino il libro di Achmet da Leo Tuscus, fine conoscitore delle teorie interpretative arabo-islamiche e dei testi citati [7].
Nel prologo il traduttore italiano afferma che dopo aver faticato a lungo per trovare delle interpretazioni dei sogni che fossero in qualche modo esaustive, gli fu regalato l’Oneirocriticon di Achmet che analizza le visioni secondo le tradizioni indiana, persiana ed egiziana. La traduzione di questo libro fu commissionata dall’imperatore bizantino Manuele I Comneno, desideroso di imparare nuove tecniche di decifrazione per accrescere il desiderio di conoscenza ed essere in grado di indagare la realtà. Con questa finalità Leo Tuscus indica gli elementi che ritiene più importanti affinché l’imperatore possa imparare da sé a interpretare i sogni e, dunque, a indagare il vero sperimentando il desiderio di sapere che, come sottolinea, viene accresciuto dai sogni. Nel testo di Achmet, Leo Tuscus nota che bisogna considerare le stagioni in cui si hanno le visioni notturne perché modificano il significato, così come sono da considerare anche le fasi della luna e la rotazione delle costellazioni durante le ore della notte per calcolare le quali si devono conoscere le basi dell’astrologia e i simboli alchemici associati ai pianeti.
Pur riconoscendo che le interpretazioni contenute nel libro non sono infallibili, Leo Tuscus sottolinea che attraverso i sogni Dio invia all’uomo un’ammonizione che deve essere compresa attraverso l’abilità di chi sa interpretare i sogni. L’interpretazione non serve a conoscere i giudizi divini, ma a contemplare l’eccellenza divina in ogni cosa e forma in cui si manifesta. A questo prologo segue la spiegazione di 199 sogni che vengono analizzati secondo le tre tradizioni indiana, persiana ed egiziana per un totale, quindi, di 597 varianti.
L’onirocritica araba fa fare un salto eccezionale alle conoscenze oniromantiche se pensiamo che, in ambito ecclesiastico, l’interpretazione dei sogni era osteggiata e affidata a pratiche generiche. Nell’Occidente cristiano la sfera delle interpretazioni era circoscritta alle Sacre Scritture, con il consiglio di aprire il libro dei Salmi dove la prima lettera vista nella pagina in alto a sinistra offriva il significato del sogno, una volta consultato l’alfabeto mantico dove a ogni lettera è attribuito in significato. Maggiore concentrazione era data alla valutazione morale delle immagini viste, più che allo specifico simbolismo che avevano. Per rimediare a questa schematicità, che non permetteva l’indagine accurata del processo onirico, dopo l’anno Mille si cominciano ad accogliere diverse strategie per decifrare, e dunque per capire, un evento notturno comune a tutti.
Nella seconda decade del 1200, alla corte normanna di Federico II a Palermo operava Michele Scoto (1175 circa-1235), filosofo, astrologo e alchimista scozzese. Questi ha avuto un ruolo importante come traduttore dall’arabo in latino e come scienziato in un luogo e in un momento storico in cui l’incontro tra le diverse culture mediterranee ha dato alcuni tra i suoi frutti migliori. Scoto, in quegli anni, si è anche dedicato all’interpretazione dei sogni perché, secondo le religioni ebraica, cristiana e musulmana, significano il momento eletto dalla divinità per entrare in contatto con l’uomo e rivelargli il messaggio. Chi sarà in grado di capirlo verrà considerato un profeta con il compito di guidare la propria comunità verso la comprensione del linguaggio divino che è per sua natura enigmatico e, dunque, di difficile decifrazione. Questa difficoltà è direttamente proporzionale all’importanza del messaggio stesso, per capire il quale si ha bisogno di purezza d’animo e di diversi saperi.
Partendo dal presupposto che il messaggio divino significava tutto ciò che deve essere svelato, ossia tutto quello che meritava una particolare attenzione e applicazione per essere compreso, Scoto indica quali possono essere i trucchi per avviarsi a un’interpretazione esaustiva. Descrive in quale posizione si deve dormire per ricordare il sogno e ragiona sul funzionamento dei fluidi corporei attraverso il fluire del sangue, riprendendo le teorie del medico e scienziato alchimista persiano Razi, importando dunque le teorie arabe [8].
Nella distinzione tra sogni veri e falsi, fra quelli che dimostrano il passato, quelli che prevedono il futuro e quelli scaturiti dalla fantasia, ribadisce i nuovi elementi provenienti dalla tradizione onirocritica araba che richiedono, per avere una comprensione del sogno il più possibile esaustiva, la conoscenza delle condizioni metereologiche, temporali, astrologiche, mediche esterne al sognante. Infine, per ricordare il sogno e poterlo ben analizzare, Scoto ripete le parole del profeta Daniele secondo il quale i sogni vanno scritti al risveglio e, per meglio ricordare le immagini viste, aggiunge che bisognerebbe grattarsi la testa nella parte posteriore, laddove risiede la facoltà della memoria [9].
Nella sua opera Scoto tratta anche del Somniale Danielis considerandolo, come abbiamo cercato di spiegare brevemente, un testo semplice e immediato in quanto riduzione delle teorie onirocritiche che per diversi secoli hanno impegnato le migliori menti medievali, le quali hanno trovato in questo prontuario dei sogni la struttura perfetta, organizzata in ordine alfabetico per facilitarne la consultazione. Al sognante è stata lasciata la libertà di interpretarne i significati e, grazie alle scienze divinatorie arabo-islamiche, di poter relazionare le immagini con elementi esterni all’individuo.
Questa caratteristica analitica del sogno ha fatto sì che anche la letteratura italiana delle origini se ne servisse frequentemente rispettando le teorie onirocritiche, per stabilire la veridicità del testo e conferirgli un carattere profetico. L’opera dantesca, per esempio, inizia con la Vita Nova dove è un sogno ad aprire la narrazione – il sonetto A ciascun’alma presa e gentil core – e si conclude con il bisogno di una «mirabile visione» per capire la quale Dante dovrà studiare la filosofia (Convivio), stabilire una lingua con la quale potersi esprimere limpidamente (De vulgari eloquentia), definire il concetto di giustizia terrena e celeste (De monarchia) prima di dedicarsi al viaggio raccontato nella Divina Commedia in uno stato ambiguo tra sogno e visione.
Nel Purgatorio, l’unica cantica in cui è presente il concetto di tempo e dove dunque la notte succede al giorno, vediamo come Dante utilizzi le conoscenze astronomiche per inquadrare gli argomenti dei sogni, e i simboli provenienti dal Somniale Danielis per rendere immediatamente comprensibile la lettura del testo (i sogni del Purgatorio sono nei canti: IX, vv. 13-33; XIX, vv. 1-33; XXVII, vv. 94-114). Nel primo, che avviene all’alba rispettando le teorie secondo le quali dopo la digestione possono manifestarsi i sogni veritieri, un’aquila rapisce il personaggio in cielo, ed è figura del viaggio ascensionale che il pellegrino sta per intraprendere. Nel secondo appare la «femmina balba», una donna deforme che si trasforma in «dolce serena» non appena gli occhi di Dante si posano su di lei, rappresentando l’ingannevole seduzione dei beni terreni. In questo sogno il quadro astronomico è assai più complesso e viene inserita una scienza divinatoria araba, la geomanzia, con due figure tra loro contrapposte, Fortuna maior e Fortuna minor, per sottolineare il carattere oppositivo del sogno stesso [10]. Infine, prima del terzo, guardando le stelle più luminose del normale data la rarefazione dell’aria ad alta quota e la vicinanza al cielo – siamo sulla soglia del Paradiso terrestre in cima alla montagna del Purgatorio – Dante contempla la sua prossima meta ascensionale, la sfera del fuoco, lì dove l’aquila del primo sogno lo aveva portato. Le «stelle», termine chiave che segna la fine dei percorsi relativi ai tre regni, sono oggetto di contemplazione dove dal ricordo di questa scena scaturisce, nel momento in cui viene scritta e quindi a viaggio concluso, una nuova conferma della qualità premonitrice e divinatoria dei sogni: «il sonno che sovente, / anzi che ‘l fatto sia, sa le novelle» (Purgatorio XXVII, vv. 92-93). In questo sogno si manifesta Lia, simbolo della vita attiva, che sarà di aiuto a Dante per fare il passo decisivo ed entrare nel Paradiso terrestre. Se rileggiamo i sogni danteschi consultando il Somniale Danielis vediamo che «Aghuglia sopra sé vedere honore significa», la buona riuscita del viaggio; «Femmine vedere morte significa», il pericolo incorso nell’incontro con la femmina balba; «Fiori torre o cogliere il nimico guardarsi significa», come Lia raccoglie i fiori e Dante può guardarsi dai nemici e dunque avanzare verso l’uscita dalle discordie entrando nell’Eden.
Per concludere, abbiamo visto che nel cuore della notte occidentale, quando a cavallo dell’anno Mille e in pieno feudalesimo l’uomo oscillava tra il terrore apocalittico e la speranza di un rinnovamento, è riuscito a implementare le sue conoscenze approfondendo l’immaginazione onirica intesa come risorsa umana per tentare l’elevazione spirituale e il congiungimento con le sfere celesti. Questo è stato possibile anche grazie all’incontro delle due culture araba e latina, in perenne opposizione, che hanno saputo condividere tecniche e saperi con il fine di comprendere il sogno, quel particolare evento a cui tutte le società hanno posto attenzione al di là delle barriere religiose, culturali e ideologiche.
Dialoghi Mediterranei, n.29, gennaio 2018
Note
[1] Molti sono gli studi sulle teorie del sogno dall’Antichità al Medioevo, tra i quali si segnalano: Eric R. Dodds, I greci e l’irrazionale, Firenze, La Nuova Italia, 1978; I linguaggi del sogno, a cura di V. Branca, C. Ossola, S. Resnik, Firenze, Sansoni, 1984; I sogni nel Medioevo, Atti del Seminario Internazionale di Roma (2-4 ottobre 1983), a cura di T. Gregory, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1985; Franco Cardini, Sognare a Firenze tra Trecento e Quattrocento, in Id., Le mura di Firenze inargentate, Palermo, Sellerio, 1993: 29-59; Steven F. Kruger, Il sogno nel Medioevo, Milano, Vita e Pensiero, 1996; Mauro Mancia, Il sogno e la sua storia, Venezia, Marsilio, 2004; Sogni e visioni nel mondo Indo-Mediterraneo, «Quaderni di studi indo-mediterranei», II, a cura di D. Boccassini, Edizioni dell’Orso, Bologna, 2009; Dreams and Visions. An Interdisciplinary Enquiry, a cura di N. van Deusen, Leida-Boston, Brill, 2010; William V. Harris, Due son le porte dei sogni. L’esperienza onirica nel mondo antico, Bari, Laterza, 2013; Giulio Guidorizzi, Il compagno dell’anima. I greci e il sogno, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2013.
[2] Valerio Cappozzo, Dizionario dei sogni nel Medioevo. Il Somniale Danielis in manoscritti letterari, Biblioteca dell’«Archivum Romanicum» – Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia, Leo S. Olschki, Firenze 2018 (in corso di stampa, ISBN 9788822264954).
[3] Uno dei più antichi manuali è il Libro dei sogni dello scriba Qenherkhepesh. Scritto in ieratico e conservato nel papiro Chester Beatty III, è databile intorno al 1220 a. C. (British Museum, EA 10683,3). Per fare un esempio della continuità delle interpretazioni lungo il corso della storia prendiamo una voce a caso dal manoscritto egiziano, «se un uomo vede se stesso in sogno mentre gli cascano giù i denti significa la morte dei suoi sottoposti», e confrontiamola con quella di un sito web del 2017: «dente che cade perdita di persona cara» (http://www.magiaitalia.it/servizi/sogni/post_sogni.asp). Come si può vedere in un salto di circa 3.200 anni la coerenza simbolica rimane invariata e quella interpretativa subisce una modificazione minima.
[4] La psicanalisi comincia a interessarsi del fenomeno onirico con Sigmund Freud. Celebre è la sua L’interpretazione dei sogni, Roma, Newton Compton, 201319 mentre, per quanto riguarda Carl Gustav Jung, che si distacca da Freud proprio a causa della divergenza intorno alle teorie dell’interpretazione dei sogni, si veda Simboli e interpretazione dei sogni, Torino, Bollati Boringhieri, 2015.
[5] Questa è la ragione per cui l’introduzione al Dizionario dei sogni si intitola Il reale nel Medioevo. Diversi sono gli studi dedicati al fantastico, all’immaginario e al meraviglioso nel Medioevo tra i quali si segnalano: Jacques Le Goff, Il meraviglioso e il quotidiano nell’Occidente medievale, Bari, Laterza, 1983; Jean-Claude Schmitt, Medioevo superstizioso, Bari, Laterza, 1992; Michel Pastoureau, Medioevo simbolico, Bari, Laterza, 2005.
[6] Artemidoro, Il libro dei sogni, a cura di Dario del Corno, Adelphi, Milano, 1975. Un’edizione più recente e con testo greco a fronte è a cura di Angela Giardino, con introduzione di Giulio Guidorizzi, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2006.
[7] Per il libro dei sogni di Achmet si veda: Steven M. Oberhelman, The Oneirocriticon of Achmet. A Medieval Greek and Arabic Treatise on the Interpretation of Dreams, Lubbock, Texas Tech University Press, 1991; Maria Mavroudi, A Byzantine Book on Dream Interpretation: the Oneirocriticon of Achmet and its Arabic Sources, Leida-Boston, Brill, 2002. Per l’edizione dell’opera di Romanus si rimanda a: Simone Collin-Roset, Le Liber thesauri occulti de Pascalis Romanus (un traité d’interprétation des songes du XIIe Siècle), «Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen-âge», XXX, 1963. Per la traduzione di Leo Tuscus faccio riferimento alla versione contenuta nel cod. Riccardiano 859, cc. 2r-51v, per un’analisi della quale rimando al mio libro.Sull’onirologia arabo-islamica, che dal XII secolo in poi caratterizzerà la tradizione ermetica intorno all’interpretazione delle visioni notturne, si vedano, per esempio: Toufic Fahd, La divination arabe: études religieuses, sociologiques et folkloriques sur le milieu natif de l’Islam, Leida, E. J. Brill, 1966; Henry Corbin, The Visionary Dream in Islamic Spirituality, in The Dream and Human Societies, a cura di G. E. von Grunebaum e R. Caillos, Berkeley-Los Angeles, University of California Press, 1966: 381-408; Yehia Gouda, Dreams and Their Meanings in the Old Arab Tradition, New York, Vantage Press, 1991; Pierre Lory, Le rêve et ses interpretations en Islam, Paris, Albin Michel, 2003; Elizabeth Sirriyeh, Dreams and Visions in the World of Islam: a History of Muslim Dreaming and Foreknowing, London-New York, I.B. Tauris, 2015.
[8] Razi, nome con il quale è conosciuto Abū Bakr Muḥammad ibn Zakariyā ar-Rāzī (Rey 865-930), nel suo Liber medicinalis Almansoris, nella traduzione latina di Gherardo da Cremona con il titolo Liber ad Almansorem, ha goduto di una larga circolazione nel Medioevo come nel Rinascimento ed è considerato il punto di passaggio dalla medicina classica a quella moderna. Per l’edizione integrale del testo si veda: Abū Bakr Muḥammad ibn Zakariyā ar-Rāzī,Liber medicinalis Almansoris. Edizione critica del volgarizzamento Laurenziano (Plut. LXXIII. Ms. 43) confrontato con la tradizione manoscritta araba e latina, a cura di M. Salem Elsheikh, Roma, Aracne editrice, 2016.
[9] Tutti questi aspetti dell’onorocritica vengono discussi da Scoto nel suoLiber phisionomiae che insieme al Liber quattuor distinctionum e al Liber Particularis compongono il Liber Introductorius, opera che introduce all’astronomia voluta dall’imperatore Federico II. Si veda: Franco Porsia, Antiche scienze del corpo e dell’anima: il Liber phisionomiae di Michele Scoto, Taranto, Chimenti Editore, 2009.
[10] Nel contesto letterario medievale scienze come l’onirocritica e la geomanzia vengono integrate nella poesia mantenendo una loro validità scientifica. Tenendo conto della formazione e diffusione dei trattati onirocritici, oniromantici e geomantici, si osserva come alcune opere abbiano integrato queste tre scienze divinatorie e, qualora il lettore ne abbia una qualche nozione, come gli sia data la possibilità di interpretare il testo in chiave divinatoria. La geomanzia – ‘ilm al’raml, scienza della sabbia – è una pratica divinatoria introdotta dagli arabi nell’Oriente bizantino e nell’Occidente latino intorno al XII secolo. Arrivata in Persia probabilmente dall’India ha origine nella dottrina cinese del feng shui, “vento-acqua”, che studia gli equilibri energetici specialmente in architettura. Basata su segni semplici, e per questo molto più diffusa dell’astrologia, la geomanzia non richiede alcuno strumento particolare per la sua pratica e consiste nel tracciare punti sulla terra o sulla carta che, una volta posti poi in corrispondenza della posizione dei pianeti e delle costellazioni, si calcola il risultato dato dalle diverse figure. Sulla geomanzia legata all’onirocritica e applicata in letteratura mi permetto di rimandare al mio: Libri dei sogni e geomanzia: la loro funzione letteraria tra Islam, medioevo romanzo e Dante, «Quaderni di studi indo-mediterranei», II, 2009: 206-227.
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Valerio Cappozzo, Direttore del Programma di Italiano e Professore di letteratura italiana all’University of Mississippi, oltre all’interpretazione dei sogni lavora sul concetto di diplomazia culturale tra il mondo cristiano e musulmano nel Medioevo e nel Rinascimento. Su questo ambito di ricerca sta curando un libro su Boccaccio e l’Islam, approfondendo la ricezione araba della Divina Commedia e preparando una monografia sui viaggi mediorientali di Francesco d’Assisi e di Federico II durante le crociate. Membro del comitato scientifico di diverse collane e riviste letterarie e filosofiche, della Dante Society of America, della Medieval Academy of America, della Renaissance Society of America e della Fondazione Giorgio Bassani, è attualmente il segretario dell’American Boccaccio Association.
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