Antropologia, avvenire e catastrofe

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di Dario Inglese

«Ricordo ancora benissimo le tue lezioni, quando dicevi che il nostro cervello non registra la realtà, ma la ricostruisce, in qualche modo la crea… Dicevi che c’è qualcosa, là fuori, ma che la sua struttura è costruita dai nostri neuroni, che la elaborano a partire dalle percezioni e poi ce la raccontano a modo loro… Ecco, a volte spero che tutto questo […] non sia davvero la realtà, ma solo una nostra costruzione, una storia che ci siamo inventati, un nostro incubo…» Continua a leggere

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Ripensare il progresso senza rinunciare alla tecnologia

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di Orietta Sorgi                                 

Che il progresso si configuri come una linea retta in continuo accrescimento è una costante presente in tutta la cultura europea e americana a partire dall’Ottocento liberista e positivista. E che questa tendenza fosse nata già nel Rinascimento con l’esaltazione dell’uomo al centro dell’universo, in grado di trasformare la realtà circostante attraverso gli strumenti della ragione e dell’intelligenza, è anch’essa una premessa ineludibile. Con la differenza che se in passato tutta la tradizione umanistica affermava il successo delle arti e delle lettere, ma anche della filosofia e del diritto, a riprova della supremazia dell’uomo, nella modernità invece, con l’avvento della rivoluzione industriale, la stessa priorità viene assegnata al settore tecnologico, frutto di quell’accelerazione costante nel campo delle scoperte scientifiche che aveva finito col determinare una fiducia incontrastata nelle potenzialità del progresso. Continua a leggere

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Solidarietà intermittente

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Steinlen, Les deux Amis, 1917

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di Riccardo Talamo

Sono giorni di caldo. Clima torrido sulla nostra pelle che scommette sui soliti “noliti” e frasi fatte, una stagione prevista che come ogni anno dà avvio ai soliti disastri. Si potrebbe calcare la mano sui cambiamenti climatici, domandarsi se le montagne che bruciano puntualmente attorno a noi sono un effetto collaterale o il puntuale cadeau di criminali allo sbaraglio o, per esempio, come mai su Palermo cada tanta acqua da inabissare l’arteria stradale nel giro di poche ore. Sarebbe senz’altro il momento di cercare le relazioni climatiche che hanno accelerato i grandi disastri del 2020, incendio in Australia su tutti. Invece no. A noi per ora ci piace il COVID. Continua a leggere

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Covid-19 e lavoro antropologico di cura

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di Piero Vereni

Nel suo intervento al primo webinar SIAC della serie «Pandemia e accelerazione digitale» del 29 giugno 2020, Berardino Palumbo ha fatto notare che la sanitarizzazione del fieldwork potrebbe rendere di fatto impossibile condurre ricerca con le modalità tipiche dell’etnografia e citava come esempi il Kaiko degli Tsembaga Maring raccontato da Roy Rappaport e la Vara di Messina raccontata dallo stesso Palumbo, feste che coinvolgono migliaia di persone anche e soprattutto perché sono eventi comunitari in cui non è chiaro quale sia il confine tra attori e spettatori. Come si fa a fare etnografia di una pratica collettiva aggregante ma sospesa, interrotta o, dio non voglia, estinta? E se fossi un dottorando? Se la mia carriera professionale (e quindi anche lavorativa) dipendesse da questo tipo di dato, una volta che si è volatilizzato nell’empireo digitale, cosa posso fare per salvare il campo? Continua a leggere

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The loneliness behind the mask. The time after covid19 in NYC

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New York (ph. Sandro Battaglia)

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di Sandro Battaglia [*]

These days, we have arrived at a point in which we are asked to do only one thing, more or less. Wear a mask!

While mask wearing is easy enough, it is unrealistic to expect perfect compliance with that request. However, when one sees masks worn, the sense of community with our fellow citizens is heightened. Community with our family and friends and even with strangers. Continua a leggere

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La mascherina, la cornice del nostro sguardo

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Face-masks Covid 19 (ph. Di Donato)

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di Michele Di Donato

Quanto è cambiato il modo di guardarsi, di accorgersi dell’altro in questi giorni di pandemia?

Guardarsi negli occhi era diventato un atto ostile, generava imbarazzo. A volte erano sufficienti la fretta, lo stress, il ruolo per impedirci di vedere che gli occhi del nostro interlocutore stavano per mettersi a piangere o esplodere in un sorriso. Continua a leggere

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La maschera proibita riabilitata dal virus

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Palermo (ph. Nino Giaramidaro)

di Nino Giaramidaro

“‘Nfaccialati, eccellenza, erano tutti ‘nfaccialati”. L’omertà siciliana e mafiosa si disvelava con questa formula antica di secoli. La diligenza Wells & Fargo galoppava con dietro, sino all’arrivo dei “nostri”, un nugolo di Colt 45 e relativi detentori, tutti travisati da abbondanti fazzoletti. “O la borsa o la vita” è una frase che non so sia mai stata detta, però si adatta bene al “Passo dei ladri” di Trapani che evoca mascherati ben appostati. E tutti quelli che riposano nella memoria: Rocambole, Fantomas, l’Uomo Mascherato, Mandrake, Zorro. Alcuni senza camuffamento ma è come se l’avessero. Ed eserciti di fuorilegge rassicurati nell’azione dalla maschera. Continua a leggere

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Mascherine da lavoro, mascherine da passeggio

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Palermo (ph. Nino Pillitteri)

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di Nino Pillitteri

Il 2020, l’anno del COVID-19, del lockdown, ha segnato tutti. Dal 18 maggio, dalla fine dell’autoisolamento a casa, si è ripreso ad uscire. I TG hanno dato, subito dopo la riapertura, notizie in merito alla movida in varie città italiane. Un must è l’uso della mascherina per entrare nei locali pubblici, negozi, centri commerciali. Il suo impiego obbligatorio si aggiunge al distanziamento fisico e all’igienizzazione costante delle mani. Continua a leggere

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Io, la mia macchina fotografica e il mondo dentro e fuori casa

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Calamonaci (ph. Francesca Riggi)

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di Francesca Riggi

Le quattro mura di casa, la mascherina, i guanti, gli igienizzanti, il computer, la tv, i miei familiari sono la mia seconda pelle in questi ultimi mesi di pandemia. Mesi di solitudine affollata.

Io a casa e con me il mondo virtuale che, ogni giorno, impone la sua presenza con la paura del virus, del presente e del futuro incerto. Il passato, improvvisamente, con la sua pesante assenza, diventa bello. Continua a leggere

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Il sorriso ha l’oro in bocca

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© Giuseppe Sinatra

di Giuseppe Sinatra

«Se sei muto ridi con gli occhi, se sei cieco ridi con la bocca. Se sei muto e cieco c’è ben poco da ridere» Roberto Freak Antoni

 Ogni giorno, un buongiorno, un saluto – gesto tipico degli angeli, solevano dire i nonni – per una buona convivenza con il prossimo, segno di giovialità e, perché no, di educazione. Il cuore è legato all’anima, l’anima è legata al viso, la cordialità è tutta una questione di abbraccio con il mondo. Cordialità vuol dire essere “legato con il mondo”. Ma oggi chi se ne accorge più, a chi importa più? Continua a leggere

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La scultura: uno scheletro che avvolgo di emozioni

per Consagra

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Copertina del catalogo della mostra Diario Frontale, Milano 1995

di Giuseppe Appella

Nel 1983, in Giornale di manovra, uno dei tanti libretti che hanno costellato la sua lunga attività e sono stati utili per commentare, chiarire e teorizzare il suo lavoro e quello di altri artisti di tutti i tempi, Pietro Consagra affermava, senza falsa modestia:

«Sono sicurissimo di essere il più bravo scultore. Il più bravo degli italiani, degli europei e non parliamo poi degli americani che sanno cosa sia la scultura solo per sentito dire. Sono più bravo e lo sento come Leonardo lo sentiva di se stesso. Voglio dire che sono il più bravo dei miei contemporanei, che non mi affascina nessuno. Bravo nel senso di avere la scultura come uno scheletro che avvolgo di emozioni». Continua a leggere

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Omaggio a Pietro Consagra

  per Consagra   

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Consagra a dx con Ludovico Corrao e Ignazio Buttitta, a sx Nino Buttitta

di Francesca M. Corrao

La magia

Una scultura/ per essere magica/ è lo scultore/ che deve essere/ magico/ se non c’è magia in sè/ non si può trasmettere/ nella materia disponibile/ credere è inventare/ non c’è invenzione/ senza immaginazione/ si inventa l’inesistente/ si può credere all’Inesistente/ la fede è basata/ sul credere in ciò/ che non esiste/ ma che è possibile/ e desiderato/ la magia sta/ nel fare diventare/ indispensabile/ l’inesistente [1] (Pietro Consagra). Continua a leggere

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Consagra scenoscultore: fra Mazara e Gibellina

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Scenografia della Città di Tebe, sulla scalinata antistante la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma 1989

per Consagra

di Giovanni Isgrò

In occasione del centenario della nascita di Pietro Consagra, nel dedicare al grande Maestro alcune mie personali riflessioni sulla sua originale figura che a me piace definire di “scenoscultore”, non posso non sottolineare come alla base dell’invenzione artistica e del lavoro tecnico tendenti al sublime, vada riconosciuta la dimensione di un uomo semplice, attraversato dal bisogno di riscatto sociale da quell’origine povera che tuttavia gli diede forza per raggiungere la soglia dell’arte. Continua a leggere

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Il segno in Pietro Consagra

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Copertina del catalogo di una mostra a Roma, 1985

per Consagra

di Paola Nicita

Pietro Consagra ha rivoluzionato la scultura reinventandone il centro, azzerandone i volumi, riscrivendo il rapporto tra oggetto e soggetto. Ha modificato il senso della visione, la geometria dei valori e delle scale gerarchiche, limando concettualmente, ancor prima che concretamente, quelle superfici e quelle teorie d’architettura sottese alla costruzione dell’immagine – sia essa tridimensionale, ma anche bidimensionale – che hanno avuto la loro ragion d’essere nelle opere e nell’ingegno degli artisti della storia dell’arte, o meglio delle storie dell’arte. Continua a leggere

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SOMMARIO n. 44

 

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Siracusa, Teatro greco (ph. Gaetano Sabato)

EDITORIALE; Linda Armano, Accumulation of capital and privatization of federal duties, in North West Territories of Canada; Clarissa Arvizzigno*, Atmosfere “messe-in-scena”: per una rilettura de L’avventura e de La notte di Antonioni; Rosario M. Atria*, Bizzarrìe di Sicilia. Storie e figure; Giacomo Bonagiuso, Una storia semplice. Nel tempo di Andromeda come teatro; Antonino Buttitta, De Martino e la fine del mondo; Continua a leggere

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EDITORIALE

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Foto di Licia Taverna

Ripartire, ripartenza. Sono le parole d’ordine che irrompono nelle nostre giornate appena rischiarate dalla fine del confinamento entro le pareti domestiche. E come tutte le parole d’ordine hanno un’eco un po’ sinistra, un timbro militaresco, un’enfatica ridondanza. Dopo “Andrà tutto bene” che era formula magico-propiziatoria il pressante invito a ‘ripartire’ muove corde emotive, sollecita orgogli patriottici, fa appello alle Frecce Tricolori per ricordarci di essere italiani. C’è sempre bisogno in questo Paese di farne memoria con il vecchio e consumato armamentario della retorica, con l’aria pucciniana di Nessun Dorma, con l’ostentato catalogo dei nostri presunti primati. Continua a leggere

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Accumulation of capital and privatization of federal duties, in North West Territories of Canada

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Ballen lands NWT, tundra landscape

di Linda Armano [*]

Canada has a long history of mineral extraction. Before the arrival of Europeans, indigenous people used copper from the Coppermine River to make tools and weapons. According to the Assembly of First Nations (AFN):

«The First Nations (…) were involved in mining development well before the Europeans arrived. In the Lake Superior area, the copper trade was already in existence 6,000 years ago. In the year 2,000 BC, Maritime First Nations inhabitants developed chert beds to make various objects, while silver in the Cobalt area was already being exploited 200 years before our time. Then came the Europeans and prospecting work began as early as 1583, near the location where Halifax now stands. The first mine developed by the Europeans was probably New Brunswick’s Great Lake coal mine in 1639» (Hipwell, et al. 2002: 2). Continua a leggere

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Atmosfere “messe-in-scena”: per una rilettura de L’avventura e de La notte di Antonioni

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da L’Avventura di Michelangelo Antonioni

di Clarissa Arvizzigno

Molto si è scritto sul cinema di Michelangelo Antonioni che può, a buon diritto, essere considerato uno dei padri dell’estetica del cinema del ‘900. Abbastanza si è discusso anche sui suoi lungometraggi che chiudono la stagione neorealista (si pensi a Il Grido, film che più di ogni altro in Antonioni rappresenta questo confine) e aprono alla stagione esistenzialista. Arrivati a questo punto dell’arte antonioniana, nei primissimi anni sessanta del ‘900, si parla di trilogia (L’avventura, La notte, L’eclisse) o tetralogia (se vi includiamo anche Il deserto rosso) dell’incomunicabilità di matrice esistenziale. Continua a leggere

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Bizzarrìe di Sicilia. Storie e figure

immagine-librodi Rosario M. Atria

«Si sa, i poli opposti si attraggono», avverte Antonino Cangemi in apertura del suo ultimo lavoro, Miseria e nobiltà in Sicilia, pubblicato nell’ottobre 2019 per i tipi di Ottavio Navarra nella collana «Officine», con singolare quanto riuscita scelta del sottotitolo, Vite di aristocratici eccentrici e poveri talentuosi: formula che cattura l’attenzione del lettore sin dalle soglie, invitandolo ad attraversare le 165 pagine del libro alla scoperta della portata ossimorica delle vicende raccontatevi. Continua a leggere

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Una storia semplice. Nel tempo di Andromeda come teatro

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Lorenzo Reina (ph. Filippo Tavormina)

Il compito attuale dell’arte è di introdurre caos nell’ordine.
Theodor L. W. Adorno

di Giacomo Bonagiuso

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«Sei il benvenuto, chiamami per nome, che qui, chiamiamo per nome e diamo del tu anche a Dio. Mio padre mi voleva pastore e ho passato la mia adolescenza tra pecore e cani e un solo libro. Scolpivo alabastri di notte, in una stalla accanto a quella dove riposavano altri pastori che sempre mi urlarono, tra le bestemmie, di andare a dormire. Continua a leggere

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De Martino e la fine del mondo

copertinadi Antonino Buttitta [*]

Chi ha conosciuto Ernesto De Martino sa che il primo a protestare per una paludata relazione sarebbe stato lui. Procederò in modo desultorio e paratattico, come si conviene quando si deve parlare non di un professore ma di un intellettuale. Ai professori si addice il rigore, agli intellettuali l’immaginazione. Un professore svolge un mestiere dignitoso e nobile: produce, come dice Einstein, discreta del conoscibile rispetto al continuum della realtà, impone il cosmos sul caos. Questo è il suo lavoro. L’impegno dell’intellettuale è del tutto opposto: suo compito è promuovere il caos. Continua a leggere

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Cronache attorno alla spazzatura a cavallo tra due secoli

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Tunisi, anziana barbecha (ph. Candiani)

di Rosy Candiani

Tunisi 2020, Ramadan di confinamento, due mesi di sospensione della vita reale in una bolla dove i suoni arrivano attutiti, i giorni si appiattiscono nella dimensione lineare del giorno prima e del giorno dopo. Tunisi è sempre stata una capitale, frenetica, sfaccettata in mille realtà sociali ed esistenziali, in differenze spesso macroscopiche ma coesistenti, direi armoniosamente, nel contenitore urbano.

Disparità che si manifestano, come epifanie minimali, nei gesti più banali della vita quotidiana, anche dei quartieri popolari: gli “affamati” compratori di un numero di baguettes spropositato per le reali esigenze e consumi, che finiscono per alimentare la montagna di sacchi di spazzatura negli angoli di raccolta, e la povertà dignitosa ma straziante di chi, i “barbécha”, a quegli stessi angoli, nei punti di raccolta della spazzatura, cerca la baguette avanzata, il mozzicone di sigaretta o, preda più ambita, le bottiglie di plastica vuote.  Pochi centesimi per una bottiglia fanno un’attività purtroppo ben diffusa, al calar del sole o al mattino presto. Continua a leggere

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Gli altri Partigiani, la Resistenza altra

copertinadi Simone Casalini

Le biografie sommerse, o subalterne come le definirebbero gli autori postcoloniali, possono aiutarci a ridisegnare alcuni profili della Storia, ad arricchire un paesaggio storiografico spesso piegato alla narrazione del potere (l’Occidente in primis), a insinuare una crepa nell’idea di un flusso omogeneo e immutabile di fatti e teorie in cui l’Altro non abita alcun luogo. Le biografie sommerse, ancora, ci restituiscono il senso di una molteplicità e di una differenza che incrina il racconto contemporaneo razzista e, se proprio non lo allontana, traccia l’itinerario di una nuova verità storica, e non solo. Perché, come scriveva Michel Foucault, «la verità non è mai il medesimo» e «non può esserci verità che nella forma dell’altro mondo e della vita altra». Continua a leggere

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Maltese Romantic poetry and the yearning for self-governance and independence

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Accademia letteraria di Malta (1920)

di Arnold Cassola [*]

The Maltese socio-political background in the 19th century

Maltese Literature written in the Maltese language is quite a young literature.  Apart from the 15th Century Cantilena and the 17th century Sonetto by Giovan Francesco Buonamico, one has to wait until practically the 19th century for Maltese writers to start writing in Maltese.  Basically, until this time, from 1530 onwards, Maltese writers had written the bulk of their work mainly in the Italian of Tuscany, even though Arabic (three Maltese poets writing in the 12th century at the Palermo court of Roger II), Latin (Giacomo Bondin,  with his Latin epigrams and  Luca D’Armenia’s 1565, O Melita Infelix) and Sicilian (one poem in Marcello Attardo de Vagnoli’s 17th century Canzoniere;  two poems in the 19th century newspaper Nafras u Colombo) had also been sporadically made use of by established Maltese writers (Cassola, 2000: 2-4; Cassola, 2011: 58). Continua a leggere

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Teologia e psicoanalisi. Invito al pensiero di Eugen Drewermann

5di Augusto Cavadi

Proprio in questi giorni (20 giugno 2020) Eugen Drewermann ha compiuto ottant’anni. L’ho incontrato solo una volta, per alcune ore, a Palermo nel 1996, ma i suoi libri – tradotti in molte lingue – hanno segnato come pochi altri la mia vita. A mo’ di regalo di compleanno vorrei dedicargli alcune pagine sia per farlo conoscere a chi (soprattutto per ragioni anagrafiche) non abbia mai letto nulla di lui sia – proprio in omaggio al suo spirito critico – per provare a formulare alcune ragioni di dissenso. Chi volesse andare oltre questi brevi cenni introduttivi potrebbe iniziare la conoscenza della sua grandiosa opera omnia dalla lunga conversazione con Jürgen Hoeren (cfr. Drewermann 2003). Continua a leggere

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Tirant lo Blanc e il Mediterraneo

tirante-el-blanco-version-de-joan-e-pel-joanot-martorell-d_nq_np_934960-mlm26960958693_032018-fdi Paolo Cherchi

Un cavaliere, reduce dalle giostre annuali bandite annualmente dal re d’Inghilterra, dove ha vinto tutti i diciotto duelli, e che imprevedibilmente cambia campo di battaglia entrando nel Mediterraneo, è decisamente un fatto singolare nella storia della cavalleria e della letteratura che la glorifica. E non solo: un cavaliere che entra in mare senza esperienza alcuna di navigazione e che in brevissimo tempo diventa un ammiraglio che restaura un impero in decadenza è un evento ancora più singolare che marca il nascere di un tipo nuovo di eroe e annuncia un’epoca nuova nel modo di scriverne la storia. Alludiamo ad un personaggio romanzesco della metà del Quattrocento il cui nome è Tirant lo Blanc, l’eroe eponimo del romanzo catalano scritto da Joanot Martorell. Continua a leggere

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Islam, veli, modernità. Note sulla liberazione di Silvia Romano

 

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Silvia Romano

di Giovanni Cordova

Silvia Romano è rientrata in Italia dopo 18 mesi di prigionia, l’ultima parte della quale trascorsa in mano ai gruppi di Al Shabaab, formazione somala legata alla galassia di Al-Qaeda. Com’è noto, la notizia della liberazione della cooperante è stata festeggiata da ampi segmenti della società civile italiana, che durante i mesi della prigionia avevano più volte incalzato le autorità e le istituzioni competenti – a partire dal governo – a proposito delle strategie di intelligence e cooperazione messe in piedi per liberare la giovane. Continua a leggere

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Una rivista per rammemorare il futuro

copertinadi Vincenzo Maria Corseri – Valentina Richichi

Abbiamo incontrato (con la nuova accezione in cui la pratica è intesa, dunque telematicamente e a distanza) uno dei fondatori e promotori della rivista “Nuova Busambra”, Santo Lombino, per farci raccontare questa breve ma intensa avventura editoriale condotta, negli anni 2012-2014, in un territorio della Sicilia che ha forti legami con la storia dell’intera Isola: la Rocca Busambra. Continua a leggere

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L’innocenza perduta. Razzismo e antirazzismo all’italiana

copertina-2di Cinzia Costa

Nell’ottobre del 2019 la casa editrice People [1], fondata da Giuseppe Civati, Stefano Catone e Francesco Foti, porta alle stampe E poi basta. Manifesto di una donna nera italiana, testo già arrivato oggi alla sua seconda ristampa. L’autrice, Espérance Hakuzwimana Ripanti, è una giovane bresciana (anche se attribuirle l’appartenenza ad una sola città italiana, una volta letto il libro, risulta decisamente riduttivo) afrodiscendente [2]. È con molta cautela [3] che uso le parole per presentare l’autrice, che ha scritto questo libro proprio al fine di sfuggire a qualsiasi tipo di definizione, precostituita e piatta, all’interno della quale giornalisti e media, ma anche gente comune, cercano da sempre di inquadrarla. Continua a leggere

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Dalle rivolte arabe alla Libia attuale: come è mutato il Mediterraneo

4-libia-politica-okdi Federico Costanza

A partire dalla fine del 2010 e l’inizio del 2011, le cosiddette “Primavere arabe” hanno, per diverse ragioni, sconvolto l’intera area mediterranea, determinando drammatiche crisi belliche e un radicale mutamento delle politiche estere di molti Stati. Immaginiamo che questo processo post-rivolte arabe abbia influito su almeno tre macro-questioni nell’area mediterranea: la dialettica interna all’islamismo politico e religioso, le strategie per il controllo delle risorse energetiche e l’evoluzione delle dinamiche migratorie. Continua a leggere

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Una Madonna di frontiera, tra la Sicilia e la Tunisia

coperinadi Antonino Cusumano

Quattro anni fa Dialoghi Mediterranei promosse un dibattito su “Monoteismi e dialogo” muovendo dall’ipotesi progettuale di costruire un luogo comune ai fedeli delle tre religioni, cristiana, ebraica e musulmana. Studiosi dalle diverse competenze si sono interrogati sulla possibilità, sull’opportunità, sull’utilità di realizzare questa costruzione, ragionando sul piano filosofico, antropologico e teologico sulle potenzialità e sui limiti di un dialogo tra fedi e tra fedeli, tra le diverse sacre scritture e tra le pratiche in uso nella quotidianità dei culti. La riflessione servì a certificare le insufficienze e le contraddizioni storiche del dialogo interreligioso, irretito nelle retoriche e nelle ambiguità di fondo dei discorsi politically correct. Ma è valsa anche a decostruire e restituire significati a parole come verità, valori, fede, convivenza. Continua a leggere

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«Nuba 2, gli appassionati della vita»: una produzione tunisina, un fenomeno sociale

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Home Page della serie televisiva Nuba 2

di Meriem Dhouib

Ogni anno nel mese di Ramadan (il mese di digiuno per tutti i musulmani del mondo) si offre al pubblico tunisino dopo il tramonto una serie di produzioni televisive, da quelle più religiose a quelle più trasgressive, da quelle più romantiche, mielose a quelle più storiche e realistiche. Perché in questo mese in particolare?  Perché la maggior parte dei tunisini guarda in massa dopo la rottura del digiuno quotidiano i canali pubblici e privati arabi per tante ore. Le grandi produzioni di piccolo schermo presentano pertanto i loro lavori nel mese di Ramadan. Continua a leggere

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Etica e movimento nella ricerca, nei luoghi e nei manufatti d’arte

copertina-001di Maria Rosaria Di Giacinto

Est-etiche

L’estetico, quale conoscenza sensibile in ambito artistico di tipo contemplativo, risulta essere un elemento di forte interesse per l’antropologia. Spesso percepito come dispositivo di distacco dall’ordinario, vede la sua origine nell’estro di uno, nel genio ibrido irripetibile della singolarità che lo crea, ma è nondimeno frutto di elementi contestuali, geografici e sociali. L’arte, in quanto forma culturale, infatti, è politica, ovvero intimamente invischiata nella rete di relazioni dei soggetti che a vario titolo ne prendono parte. Continua a leggere

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I media, la società della sorveglianza e il ruolo educativo della scuola

1579120222931_1579171312-jpg-la_scuola_e_di_classedi Piero Di Giorgi

Sin dalla seconda metà degli anni cinquanta, come ha messo in luce Ortega Y Gasset [1], si è avviato un processo di costruzione dell’uomo-massa, che castra le potenzialità creative del singolo e che negli ultimi decenni si è accentuato fino a prefigurare una società della sorveglianza. Continua a leggere

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Percorsi ed esperienze di un’antropologia “in stile italiano”

 

copertina-001di Laura Faranda

Si può ambire a una restituzione, se non esaustiva, rappresentativa di un volume di cinquecento pagine, nel quale l’autore mette a giorno risonanze e memorie, tracce e testimonianze di un impegno di studi e ricerche che si dispiega in quasi quaranta anni di vita? Sicuramente no, perché se è vero che il tempo lineare consente convenzionalmente di perimetrare le tappe di un individuo, di una stagione storica, di un susseguirsi di eventi, occasioni, incontri ed esperienze umane, non meno vero è che il tempo degli umani si dispiega spesso secondo itinerari non convenzionali, reclama una singolarità che sfugge a ogni paradigma unilineare. Continua a leggere

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C’è poco da ridere …

 copertinadi Mariano Fresta

Molto diffuso è il detto «Scherza coi fanti e lascia stare i santi», che non è rivolto soltanto a chi se la prende con le divinità quando inciampa in qualche difficoltà esistenziale; pur se il suo uso assume l’aspetto di un monito nei confronti di chi proferisce parole blasfeme, esso ha, infatti, un significato più ampio, perché traccia un confine netto tra il sacro ed il profano, due elementi che non possono venire accoppiati, se non antiteticamente, in nessun modo. In questo significato è usato nella Tosca di Puccini, nella scena in cui il pittore Cavaradossi paragona l’immagine sacra che sta dipingendo a quella delle sue amanti, meritandosi il rimprovero del sacrestano: «Scherza coi fanti e lascia stare i santi», appunto. Continua a leggere

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P. Natale Cardenas gesuita mazarese e le origini settecentesche del Festino di San Vito

 copertinadi Giovanni Isgrò

Non si può comprendere la straordinaria spettacolarità urbana che caratterizza la storia del Festino di San Vito a Mazara senza conoscere la passione religiosa e il talento artistico che distinsero la personalità del padre gesuita mazarese Natale Cardenas (1686-1754). A lui si deve l’ideazione e la realizzazione di un eccezionale evento in onore del Santo Patrono nella ricorrenza canonica della festa di metà giugno del 1728, ancor prima, cioè, che iniziasse la tradizione del Festino dell’ultima settimana di agosto, legata all’ingresso delle reliquie di San Vito a Mazara ad opera del Vescovo Giuseppe Stella nel 1743. Continua a leggere

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Origine mediterranea dell’arte tauromachica in Messico

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Corrida a Città del Messico durante il viceregno spagnolo

di Laura Isgrò

L’afición taurina in Messico iniziò a svilupparsi qualche decennio dopo la fondazione della Ciudad, che avvenne per opera di Hernán Cortés sulla polvere della capitale azteca Tenochtitlán il 13 agosto del 1521 [1]. Secondo lo spirito della politica ispanica, in tutta la Nueva España [2] doveva essere diffusa una cultura perfettamente modellata su quella di Madrid, centro del potere politico, economico, amministrativo e religioso dell’Impero. A Città del Messico fu impiantato un sistema burocratico, amministrativo e politico molto complesso al cui capo era il viceré affiancato dalla Corte, dal Municipio e dal Consiglio Ecclesiastico. Non mancavano collegi religiosi, un’università e numerose biblioteche. Continua a leggere

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Fischi d’amore, di gioco, di festa

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Caltagirone, coll. Privitera (ph. Privitera)

di Luigi Lombardo

Non so se è esistito, esiste o esisterà mai un antropologo – o, più precisamente, un demoetnoantropologo – che non ami tuffarsi nel bosco delle cose [1], degli oggetti, della loro fisicità. Non è esistito, né esisterà mai. Ma gli oggetti di cui tratta l’antropologo sono veramente tali? Il loro statuto è davvero quello della mera fisicità, della semplice datità. No! lo sappiamo. Gli oggetti di cui si occupa la scienza demologica sono altro da sé, hanno certo una funzione d’uso, ma a questa funzione si associa, quasi sempre, un significato simbolico: diventano segni. Continua a leggere

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Per una rilettura del mito di Ulisse

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Ulisse, Museo archeologico di Sperlonga

di Maria Immacolata Macioti

Vorrei trattare qui di un unico viaggio di ritorno, un caso scelto come emblematico rispetto ai difficili viaggi di rientro in patria, nel luogo di origine. Partirò quindi dal mitico rientro all’isola natìa dell’eroe greco Odisseo, divenuto poi Ulisse nella trasmigrazione di questo corpus di storie leggendarie a Roma. Molto noto, questo viaggio, grazie all’Iliade per quanto riguarda i tempi precedenti, grazie all’Odissea con riguardo proprio a questo avventuroso percorso verso l’isola di Itaca di quello che è ormai un noto eroe greco. Da allora ad oggi, inoltre, il suo viaggio di ritorno è stato notoriamente, ampiamente rivisitato. Anche da importanti nomi della letteratura, come Joyce. Continua a leggere

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Dall’egemonia all’ideologia: riflessioni su populismi europei e modelli democratici

gramscidi Nicola Martellozzo

«Eppure, per colui che crede, le apparenze sono salve» (Watzlawick 1989: 175)

 Gramsci senza populismi

 “Populista” è stato per lungo tempo uno di quegli aggettivi che nessun partito amava ricevere, tanto meno rivendicare. L’effimero Fronte dell’Uomo Qualunque fu probabilmente l’unica forza politica della Prima Repubblica con tratti realmente populisti, e non solo come etichetta negativa attribuita dall’esterno. Continua a leggere

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Yusuf Huwayyik, il decano della scultura libanese

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Autoritratto di Yusuf Huwayyik

di Francesco Medici [*]

La prima scuola d’arte fondata in Libano fu l’Académie Libanaise des Beaux-Arts, inaugurata a Beirut nel 1937, cui fece seguito una ventina d’anni più tardi l’istituzione da parte dell’American University of Beirut (AUB) del Dipartimento di Belle Arti e di Storia dell’Arte. Negli anni Cinquanta e Sessanta sorsero invece le prime gallerie che fecero finalmente conoscere al Paese le opere degli artisti locali. Ma se i più giovani tra loro ebbero la possibilità di formarsi in patria, coloro che li avevano preceduti, generalmente provenienti da agiate famiglie cristiane, non poterono che guardare alle accademie europee per poter affinare il proprio talento e acquisire una maggiore padronanza degli stili e delle tecniche espressive. Continua a leggere

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Paolo Fabbri, l’arte del tramandare

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Paolo Fabbri (ph. Dario Mangano)

di Tiziana Migliore

Grandi studiosi scomparsi di recente, da Umberto Eco a Michel Serres, da Tzvetan Todorov a Remo Bodei, da Marcel Detienne a Zygmunt Bauman, sono stati intellettuali raffinatissimi e anche ottimi maestri. Ma in ambito gnoseologico e pedagogico il ruolo svolto da Paolo Fabbri in cinquant’anni di attività teorica ed empirica va oltre. Continua a leggere

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Por un proceso significante del Patrimonio Cultural. Entre Cultura y Etica

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Korea, Yangyang, Osaek-ri, Buddisth Temple (ph. Niglio, 2019)

di Olimpia Niglio [*]

Introducción

Muchos hombres nunca han habitado realmente el mundo, porque sólo han experimentado las descripciones de este mundo. Sin embargo, estas narraciones, incluso en su más veraz objetividad, son ajenas a los que están alojados en el planeta y a menudo promueven la incapacidad de cuestionar quiénes somos y dónde estamos. La consecuencia ha sido la descentralización del universo y por lo tanto de la realidad. Continua a leggere

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Il siciliano è una lingua o un dialetto? Riflessioni utili su una domanda inutile

33234536-_uy2116_ss2116_di Giuseppe Paternostro – Roberto Sottile

La giusta attenzione che negli ultimi anni è stata dedicata alle varietà locali (dialetti, minoranze linguistiche) è da connettere alla positiva attenzione che oggi si registra nella società contemporanea nei confronti delle “diversità” e delle “alterità”.  La “valorizzazione” del dialetto e dei dialetti, d’altra parte, va letta in rapporto al loro “sdoganamento” (Sobrero 2003): il nuovo assetto sociolinguistico che si è determinato verso la fine del secolo scorso (cioè la conquista della lingua nazionale da parte di quasi tutti gli italiani) ha fatto sì che il dialetto non venisse più percepito come stigma di condizioni sociali subalterne, come simbolo di arretratezza culturale o di (semi)analfabetismo e come ostacolo alla promozione sociale e al successo scolastico. Continua a leggere

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Libertà religiosa: dalle aperture della Costituzione alle questioni ancora aperte

copdi Franco Pittau

La definizione costituzionale

La Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, ha introdotto previsioni di tenore altamente garantista in materia di libertà religiosa:

  • il principio di non discriminazione su base religiosa (art. 3);
  • l’indipendenza e la sovranità, ciascuno nel proprio ordine, dello Stato e della Chiesa cattolica, con la regolamentazione dei reciproci rapporti tramite i Patti Lateranensi (art. 7);
  • l’uguaglianza di tutte le confessioni religiose di fronte alla legge e il loro diritto di organizzarsi secondo i propri statuti e di regolare i rapporti con lo Stato con apposite Intese (art. 8); Continua a leggere
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Lo statuto e le funzioni della semiotica nella filosofia di John Locke

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John Locke

di Alessandro Prato

Nel corso del suo lungo lavoro scientifico Locke (1632-1704) si è dedicato a campi di ricerca molto diversi, dall’etica alla pedagogia, dalla filosofia politica alla filosofia della religione. L’Essay Concerning Human Understanding è considerata la sua opera fondamentale, la prima edizione risale al 1690, successivamente Locke ha continuato a rielaborare il testo fino alla morte; l’edizione definitiva è stata pubblicata nel 1706. Il volume è stato messo all’Indice nel 1734. L’opera è suddivisa in quattro libri: il primo è dedicato alla confutazione dell’innatismo, il secondo presenta l’indagine sulla formazione delle idee, il terzo tende a dimostrare il ruolo essenziale del linguaggio nella costruzione della scienza naturale e della morale e il quarto libro infine analizza il problema della conoscenza non più dal punto di vista della sua struttura, ma da quello della sua validità. Continua a leggere

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Il posto giusto. Dialogo sull’afrofobia

 

copertinadi Lisa Regina Nicoli

Usa, 25 maggio. Nel frammento video un po’ sgranato, George Floyd [1] è sdraiato sull’asfalto, si intravede il torace nudo mentre il resto del corpo è nascosto da una macchina. Il poliziotto tiene una mano in tasca e il ginocchio appoggiato sulla nuca dell’afro-americano. Che non respira.

L’immagine di Floyd mentre muore rimarrà una marca indelebile agli occhi della storia, non perché sia stata la più cruenta e nemmeno la più crudele, ma perché nei giorni successivi all’assassinio è emerso nitidamente che alcuni meccanismi sociali stavano bruscamente invertendo il senso di marcia. Continua a leggere

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Se la fede è fiducia nella possibilità che il mondo abbia un senso

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Michelangelo, Il Giudizio universale, Cappella Sistina, part.

di Elio Rindone

«Se i buoi < e i cavalli > e i leoni avessero le mani o potessero disegnare con le mani e compiere opere come quelle che gli uomini compiono, i cavalli simili ai cavalli, e i buoi simili ai buoi dipingerebbero figure di dèi e plasmerebbero corpi come quelli che hanno ciascuno di loro» (Fr. 13).

Duemilacinquecento anni fa Senofane di Colofone contestava con queste parole la religiosità di tipo antropomorfico del suo tempo, ma forse le sue critiche sono valide anche nei confronti della religione cristiana, che ha plasmato le idee e i sentimenti degli europei negli ultimi due millenni. Chi volesse averne una prova, non dovrebbe far altro che osservare ciò che sta accadendo oggi in seguito al diffondersi del coronavirus. Continua a leggere

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Rileggendo Emily Fogg Meade e il caso dei siciliani di Hammonton

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Emily Fogg Meade con la figlia Margaret

di Marcello Sajia  [*]

La Meade più famosa è sicuramente Margaret Meade. Molto prima che tuttavia questa lo diventasse, sua madre, Emily Fogg Meade era divenuta familiare alla popolazione di Hammonton, New Jersey, per aver lì condotto, nel 1907, uno studio relativo all’immigrazione italiana. Pioniera della sociologia, e militante contro le ingiustizie sociali [1], Emily Fogg Meade aveva avuto l’incarico di tale indagine dal Ministero del Lavoro degli Stati Uniti – U. S. Department of Labor – ed aveva consegnato un rapporto dal titolo: “Gli Italiani sulla Nostra Terra: uno studio sull’immigrazione”. Continua a leggere

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Siciliani d’America. Gli Ibbisoti nel New Jersey

20200625120325521_0001di Mario Sarica [*]

Un’esemplare storia di riscatto sociale ed emancipazione individuale nel segno della “terra riconquistata” oltre Oceano. È quella degli ibbisoti che, a partire dall’indomani dell’Unità d’Italia, a causa dei devastanti effetti collaterali prodotti dal nuovo predatorio e parassitario assetto statuale nei confronti dell’Isola, sfuggono disperati dalla povertà esistenziale-rurale della campagna messinese, diffusa e insostenibile anche in molte altre parti della Sicilia, per cercare fortuna nel nuovo Mondo.

Una sfida difficile, quasi impossibile, che gli ibbisoti, grazie al loro carattere ostinato e fiero, e soprattutto alla fedeltà ai valori di vita e di lavoro contadino ereditati dai loro padri, riescono a vincere nello svolgersi di due generazioni, ovvero in quel trentennio finale dell’Ottocento, che traghetta all’epifanico e, poi, come sappiamo, sconvolgente Novecento che tutto riscrive. Continua a leggere

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Cosa vuol dire “forma”? Tra cinema e letteratura: lo spirito del luogo in Pasolini

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Autoritratti, da I disegni di Pasolini, 1941-75, a cura di Zigaina, Scheiwiller Milano 1978

di Flavia Schiavo

La città – luogo scandito da numerosi ritmi – può esser intesa come un’impronta. Traccia da interpretare in cui i segni umani: i corpi, i flussi, i transiti, le interrelazioni, gli eventi e i segni apparentemente non-umani, gli oggetti, gli artefatti, si fondono, comunicano e si fronteggiano in un rapporto molteplice, reciproco. «Le città» dice Augé (2004) «hanno un rapporto particolare con la storia. (…) L’architettura segue la storia come un’ombra» e «i luoghi del potere si spostano secondo le evoluzioni e le rivoluzioni interne».

Captare i nessi sociali, catturare e restituire il senso di tali rapporti, fisici e simbolici, al fine di predisporre azioni di governo territoriale, è pratica non facile, per i limiti endogeni dei linguaggi di rappresentazione e perché ciò che è fluido, instabile e immateriale (non-visibile) è inafferrabile e complesso da raffigurare. Continua a leggere

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Un’esperienza della diaspora marocchina a Bologna

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Gruppo dei cooperanti e delle donne del villaggio (ph. Sopraponti)

di Antonella Selva

Sopra i Ponti, soggetto politico tra Bologna e il Marocco

Il 15 luglio 2020 saranno 25 anni dalla fondazione di Sopra i ponti, storica associazione bolognese della diaspora marocchina. È nata nel 1995 dalla collaborazione di un gruppo di “ospiti” (venivano chiamato così) marocchini di un Centro di prima accoglienza comunale per lavoratori migranti e un gruppo di cittadini “bianchi” con una storia di attivismo politico nelle file della nuova sinistra. Il Centro in questione, in via della Cooperazione 2, consistente in una ventina di container da cantiere che ospitavano oltre cento uomini, faceva parte del piano comunale di prima accoglienza (che però non vide mai la seconda e fu abbandonato 13 anni dopo). Continua a leggere

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L’antropologia come pratica riflessiva o riflessione pratica

copertinadi Cristina Siddiolo

A che serve l’antropologia se non a dialogare con il mondo? Cosa studiano gli antropologi che non sia riconducibile alla complessa realtà degli uomini? Degli uomini in obiecto e degli uomini in intellectu. Se non è applicata alla conoscenza del mondo e dei suoi mutamenti l’antropologia semplicemente non è.  Ulf  Hannerz, nel descrivere in Il mondo dell’antropologia (2012) le dinamiche interne alla disciplina, si pone in fondo queste domande, si interroga sul ruolo oggi dell’antropologia che meglio di ogni altra scienza «può aiutarci a capire – e a interpretare – un mondo globale dove i mondi locali rifiutano tenacemente la sottomissione». Continua a leggere

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Il mondo e il suo discorso. Problematizzare le prospettive

cosmosdi Giuseppe Sorce

Chi ha fatto il mondo? I marinai che l’hanno scoperto, i pensatori che l’hanno misurato, i narratori che l’hanno raccontato? In che misura il calcolo di una distanza, una mappa oppure un viaggio ci dicono del mondo? Perché è di questo che si tratta, qualsiasi atto umano viene strutturato sulla base di narrazioni.[1] Le storie animano e condizionano il modo in cui percepiamo l’esterno e l’interno, il mondo fuori di noi e il mondo dentro di noi. Ma qui non ci si vuole occupare di fenomenologia né di psicanalisi bensì si vuole porre un accento a quanto può essere determinante proprio oggi problematizzare le narrazioni del mondo. Ci basta un’istante a noi degli albori del ventunesimo secolo, per visualizzare il mondo, il mondo in quanto globo, il mondo in quanto pianeta Terra. Continua a leggere

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Nella cassetta degli attrezzi dell’antropologo

coperta di Orietta Sorgi

Una lettura attenta del Ramo d’Oro di Frazer e di altre opere dell’antropologia del Novecento, solleva alcune questioni centrali circa il ruolo della disciplina a partire dalla sua stessa fondazione fino alla contemporaneità, nell’attuale scenario globalizzato. È possibile infatti e in che misura sostenere la restituzione di una conoscenza oggettiva dell’alterità? E in che modo le grandi generalizzazioni positivistiche basate sull’uso della comparazione possono risultare ancora valide? Esiste uno schema universale della mente umana entro cui collocare credenze e comportamenti rinvenuti dal ricercatore quali tracce residuali di stadi e livelli spazio-temporali di un unico processo evolutivo? Continua a leggere

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La prostituzione del corpo e la criminalizzazione della donna

 

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Van Googh, La ragazza di Gallien (1910)

di Laura Sugamele

La questione

Il termine prostituzione deriva dal latino prostitùere (“mettere in vendita”). La sua origine è molto antica, tanto che una delle forme più conosciute nel mondo antico era quella “sacra”. Tale pratica rituale era prevalentemente diffusa nelle società orientali, tra cui quella babilonese, fenicia e assira (Prati, Pietrantoni 2010: 222). In Grecia e nella Roma antica, la prostituzione prevedeva il pagamento obbligatorio di una tassa per i clienti e i relativi controlli sanitari. Con la religione cristiana la prostituzione viene invece identificata con l’impossibilità della redenzione e il peccato. Continua a leggere

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Le diatribe social e il teatro del degrado

 c0896587e3b92673271dc3aa719234d5_mgzoomdi Riccardo Talamo

La mia generazione ha un trucco buono: critica tutti per non criticar nessuno (Baby fiducia, M. Agnelli, 1999).

Non ne volevo parlare. L’ennesima disamina social come limbo nel quale scivolare con facilità e sicumera. Poi i fatti di cronaca, la liberazione di Silvia Romano su tutti, hanno smosso qualcosa, una riflessione sul profondo degrado comunicativo e divulgativo come pericolosa deriva da riconoscere immediatamente. Continua a leggere

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Dormire nella casa di Dio. Esperienze di incubatio in contesti festivi meridionali

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Riace, Festa dei Santi Martiri Medici Cosma e Damiano (ph. Attilio Russo)

di Sergio Todesco

«Se le porte della percezione fossero spalancate, ogni cosa apparirebbe come essa in realtà è, infinita» (William Blake, The Marriage of Heaven and Hell)

Il sogno è stato da sempre visto come una delle modalità attraverso cui sperimentare un ampliamento dei canali percettivi. I sogni attingono infatti al coacervo indigesto delle storie e delle esperienze umane, per consentire a chi li fa di gettare scandagli (cauti e confusi, ma preziosi) sul contenuto di tale calderone esistenziale, collettore di tutti i vissuti, materiali e immateriali, dell’animale uomo. Senonché, nel corso della lunga avventura umana si è spesso ritenuto che a rendere possibile e fruttuosa l’esperienza onirica fosse necessario l’apporto di una presenza altra, che in-abitando il sognante gli agevolasse la decrittazione dell’esperienza stessa. Continua a leggere

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Appunti di ecologia e di ecocritica. Elementi di difesa contro la crisi ambientale

 

copertinadi Vittorio Valentino

La nozione di ecologia deriva da una costruzione semantica, in quanto è l’unione di due termini, oikos (casa) e logos (discorso/studio), ed è propriamente definibile come la scienza che studia le connessioni tra gli organismi viventi e l’ambiente circostante. Studiare ecologia significa muoversi all’interno di un pensiero sistemico relazionale, che prende in considerazione la sfera di interazione con il nostro ambiente e con l’altro. In Verso un’ecologia della mente (1977), Gregory Bateson compie un’importante sintesi delle connessioni tra vivente e ambiente attraverso il concetto di ‘mente ecologica’, cioè di mente interconnessa tra le sue parti in simbiosi tra loro, proprio come l’ambiente, in cui «nulla è comprensibile al di fuori della relazione». Continua a leggere

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In memoria di Lina Ben Mhenni

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Lina Ben Mhenni al Caffé del Teatro per un incontro tra i blogger

di Emanuele Venezia

Il 27 gennaio scorso la giovane attivista tunisina Lina Ben Mhenni ci ha lasciati a causa di una malattia autoimmune di cui soffriva fin dall’infanzia. Considerata dalla stampa internazionale, la più influente “blogger” e “cyberattivista” tunisina, definizioni fatte proprie da Lina stessa (vedi il titolo del suo libro Tunisian Girl: Blogueuse pour un printemps arabe. Ceux qui marchent contre le vent), la sua attività ci mostra qualcosa di più che un semplice para attivismo virtuale.

Infatti oltre all’aspetto dell’utilizzo intelligente del blog “A Tunisian Girl” che l’ha resa celebre in Tunisia e nel mondo, nei giorni caldi della rivolta popolare contro il regime di Ben Ali, Lina Ben Mhenni prediligeva il “lavoro sul campo”, sempre alla ricerca della verità e impegnata nella denuncia puntuale di ogni ingiustizia. Continua a leggere

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Inascoltati i Padri sinodali

copertinadi Marcello Vigli

Perché emergesse la tensione da tempo latente all’interno della Conferenza episcopale italiana nel suo rapporto con il governo, è stato necessario che questo escludesse la possibilità di una ripresa della celebrazione di messe con la presenza di fedeli nel provvedimento varato per il contenimento dell’epidemia. Continua a leggere

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Pasolini tra incanto e disincanto

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 Nella musica abbiamo le vere parole della poesia

Pier Paolo Pasolini

La letteratura critica sull’opera pasoliniana è vastissima ma non sempre di grande qualità. Su Pasolini è stato scritto davvero tanto ma, spesso, in modo ripetitivo e superficiale. Pochi sono riusciti ad entrare nel cuore del suo pensiero. Gli stereotipi e i pregiudizi hanno avuto tante volte la meglio sullo studio serio ed attento di uno dei più complessi e problematici autori del 900.  Guido Santato [1], attraverso l’esemplare analisi testuale della sua immensa opera, è stato uno dei primi a liberare Pasolini dalla presenza ingombrante del suo personaggio (costruito ad arte anche dai suoi numerosi denigratori) che, più di una volta, ha finito per oscurare il valore reale dell’uomo e della sua opera. Continua a leggere

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Ascoltare il silenzio. Nei piccoli paesi la marginalità rimane

 

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Giulio Giorello

il centro in periferia

di Pietro Clemente

Piangere i morti

Mi colpisce molto la morte di Giulio Giorello perché è una voce dentro di me piena di risonanze. È uno degli oltre 35.000 morti italiani di Covid 19 che, dopo essere sopravvissuto e ritornato a casa (questo rende più dolorosa l’emozione e più ultima), ha raccontato la sua storia e la sua testimonianza di revenant dal mondo infero, dando così anche a tutti gli altri morti immaginabilità, rappresentanza e parola. Aveva tre anni meno di me. Era consapevole della veloce fine dopo il suo ritorno a casa. Un Primo Levi con meno tempo per raccontare, ma con la forza e il senso del dovere di farlo. Continua a leggere

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#distanziati

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Foto Morandini

il centro in periferia

di Stefano Morandini

Vorrei raccontare la mia quarantena che è iniziata come insegnante a fine febbraio con il non ritorno a scuola dopo le vacanze di carnevale e pochi giorni dopo come ricercatore del progetto “National Borders and Social boundaries in Europe: the case of Friuli” del Graduate Institute di Ginevra [1]. Da sei anni insegno in una scuola superiore di Tolmezzo, il capoluogo della Carnia, la regione alpina del Friuli-Venezia Giulia, e questo mi permette, attraverso i ragazzi, delle forti connessioni con il territorio. Continua a leggere

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L’Associazione Sherwood, la montagna, l’autogestione, la libertà

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il centro in periferia

di Michela Zucca

L’associazione Sherwood è stata fondata nel gennaio 2016. Il nome è evocativo di due idee fondamentali: foresta, nella sua accezione arcaica di fores, fuori, alieno, estraneo, contrapposto rispetto all’urbs ovvero alla città e a tutto ciò che è civile: fuori legge. E poi briganti, popolazioni native del territorio che decidono di autogestirsi e di prodursi da sole ciò che gli necessita, sia materialmente che culturalmente, portatori di una civiltà ‘altra’. L’intento è unire due (o più) sistemi di interpretazione del mondo e di lavorare. Modelli che fino ad ora raramente hanno cooperato, anzi spesso nella cultura mainstreaming sono stati in conflitto. Continua a leggere

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La natura (non) è “fuori”

il centro in periferia

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Oltrepo pavese (ph. Van Aken)

di Mauro Van Aken

Il lockdown, il distanziamento “sociale” (ma che giusta traduzione da social distancing vorrebbe distanziamento “fisico”) e la vita sociale nella pandemia covid19 sono state la prima esperienza traumatica e collettiva dell’Antropocene, non sul pianeta, ma qui “a casa nostra”: lo scandalo è che abbia colpito anche e soprattutto, attraverso i gangli e le reti dell’economia globale, i centri della modernità neoliberale. Continua a leggere

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Confini. Fare museo al tempo del Coronavirus

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Museo Regionale dell’emigrazione piemontese

il centro in periferia

di Carlotta Colombatto

Le postazioni svuotate, le porte chiuse e l’interruzione delle chiacchiere allegre con i visitatori. Il telefono muto, i laboratori didattici rimandati, il silenzio delle voci dei collaboratori nelle sale. Il Museo Regionale dell’Emigrazione, come tutti i musei italiani, durante i mesi di quarantena ha chiuso al pubblico. L’emergenza sanitaria legata alla pandemia da Coronavirus e i conseguenti provvedimenti governativi ci hanno costretto a rivedere scadenze, attività, anche luogo di lavoro. Continua a leggere

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Nell’Isola del silenzio o quasi

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Isola Dovarese durante la quarantena (ph. Eugenio Carasi)

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di Luciano Sassi

Qui ad Isola Dovarese, paese di 1100 abitanti nella media provincia Cremonese, al confine con le province di Mantova e Brescia, la chiusura di qualsiasi attività è iniziata a fine febbraio. Non c’è stato bisogno di un vero e proprio ordine prefettizio o comunale, le attività salvo quelle agricole, si sono fermate abbastanza rapidamente e quando l’ordine è venuto dall’alto tutto era in già da una settimana in fase di rallentamento se non di chiusura totale.

Il paese si è fatto strano, il primo effetto oltre il silenzio esagerato, quasi che neanche gli uccelli avessero voglia di cinguettare, è stato il silenzio delle campane. Qui abbiamo un parroco che scampana volentieri a lungo in qualsiasi occasione gli sia consentito e la sospensione delle celebrazioni religiose ha zittito questa sonora attività, presente come scansione della quotidianità. Sembrava, guardando fuori dalla finestra, di vivere in quegli assolati villaggi messicani rappresentati nei film western dove solo un cane magro si aggira annoiato. Continua a leggere

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All’improvviso, la montagna ritrovata

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Berceto (ph. Maria Molinari)

 

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di Maria Molinari

Per noi che viviamo in montagna, il periodo di quarantena pare che stia portando un nuovo vento quassù. Un vento che corre dal basso, prepotente e speranzoso, che sale verso l’alto correndo forte e chiedendo risposte che forse la montagna non saprà dare. Forse non farà in tempo a dare quelle giuste. Continua a leggere

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Uomini e animali

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Lupi nell’Appennino pistoiese

il centro in periferia

di Claudio Rosati [*]

Gli uccelli in città sono uno dei segnali che ci vengono dalla nostra socialità modificata dal Covid19. Gorgheggiano sul tetto della terrazza come mai avevo ascoltato. Sono più efficaci di una conferenza sui guasti dell’antropocene. Leggo che a Milano in un giardino corrono le lepri, che a Venezia nei canali dalle acque chiare si vedono i pesci e che un orso è salito sulla terrazza di una casa in un paese tra Trento e Rovereto. Nello spazio urbanizzato, di colpo silenzioso, la natura si riprende ora, per quanto possibile, quello che le abbiamo sottratto.    Continua a leggere

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Giorni di quarantena, tra campagna e boschi

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Foto Monica Tozzi

il centro in periferia

di Monica Tozzi e Andrea Fantacci

Sono ormai molti anni che ho l’abitudine di tenere un diario, quasi quotidiano, ho cominciato quarant’anni fa con i carnet di viaggio, quando viaggiavamo anche lontano: India, Spagna, Jugoslavia, persino una puntata a Boston. Poi da quando nella mia pancia cresceva Camilla, trenta e passa anni fa, ho documentato per iscritto la quotidianità, le mie giornate da casalinga studiata.  Anche in questi strani giorni, mesi, ho continuato, quando ho iniziato a capire che la cosa si complicava, non ho saltato un giorno. Devo dire che rileggendo a ritroso, mi sono anche stupita di quanto non avessi capito come la storia si stava complicando. Che buffo e triste, noi umani messi in scacco da un nano essere inanimato in grado di farci patire e in troppi casi di portarci alla morte. Continua a leggere

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Monticchiello, il teatro e il Covid

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Monticchiello

il centro in periferia

di Fabio Rossi – Gianpiero Giglioni

Da tanti anni oramai percorro questa strada che dalle pendici del Monte Amiata mi porta ogni giorno a lavorare a Monticchiello, alla Cooperativa di Comunità del Teatro Povero. Scendo lungo il crinale del monte e mi tuffo nella Val d’Orcia e il mio pensiero più ricorrente è come il tempo della natura e quello degli uomini, a causa del COVID, abbiano interrotto il loro complesso parallelismo. Continua a leggere

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Notizie dal fronte dei piccoli centri in tempo di Covid 19

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Principina Terra, panoramica con chiesa (ph. Nardini)

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di Paolo Nardini

Principina Terra è una piccola frazione del Comune di Grosseto, posta circa a metà strada, sulla strada delle Collacchie, fra il capoluogo e il mare. Il suffisso “Terra” la distingue dalla più nota località turistica balneare di Principina a Mare. Il nome “Principina” ha origine dal fatto che una ampia parte della pineta costiera in prossimità dell’ultimo tratto del fiume Ombrone, sulla riva destra, era la dote di una principessa della numerosa famiglia Corsini di Firenze, intorno al XVIII secolo. L’area fu acquistata dalla famiglia Ponticelli di Matteraja, pastori provenienti dal Casentino, che attraverso unioni matrimoniali accorparono altri terreni di proprietà dei Pallini e dei Pierini. Continua a leggere

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La lavanda, l’orso Mario e gli amici del ‘71. Notizie da Collelongo

 

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Murales, trompe-l’oeil di Fabio Rieti

il centro in periferia

di Omerita Ranalli

Non si arriva per caso a Collelongo: c’è un’unica strada che porta in paese, la Strada Provinciale 125 della Vallelonga. La stessa strada prosegue fino a raggiungere il comune di Villavallelonga, a quattro chilometri di distanza, per poi finire nei boschi, tra le faggete vetuste del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio, Molise (PNALM) da poco inserite tra i siti della World Heritage List dell’UNESCO e dunque entrate a far parte del patrimonio mondiale dell’umanità [1] (pur nel silenzio quasi totale delle istituzioni locali e regionali). Continua a leggere

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Lockdown. Note etnografiche nelle aree del Materano

 

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Grassano, settembre 2019 (ph. Marina Berardi)

il centro in periferia

di Marina Berardi

Il presente contributo è una riflessione preliminare, uno sguardo a quanto accaduto nei mesi che, dallo scorso marzo, sono stati segnati dalla diffusione pandemica della Covid-19, in una specifica area, Grassano (piccolo comune del Materano), durante una ricerca etnografica che non poteva prevedere quanto sarebbe accaduto e dal quale non può prescindere ora. Continua a leggere

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Nuove narrazioni e ritualità nei piccoli paesi della Basilicata al tempo della pandemia

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Paesaggi, Basilicata, 1975 (ph. Franco Fontana)

 

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di Luigi Vitelli

Ancora insonne, in un’assolata mattinata di Marzo, ho attraversato le strade insolitamente deserte e distopiche di Roma per raggiungere la stazione degli autobus. Era l’inizio del famigerato lockdown, quando sono ritornato finalmente a casa, in Basilicata, dopo aver concluso un pericoloso coast to coast americano New York – San Francisco, per motivi lavorativi. Continua a leggere

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I riti senza popolo

 

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Arnesano, discesa straordinaria della croce in occasione della pandemia

il centro in periferia

di Eugenio Imbriani

Vivo in un paese in prossimità di Lecce, a due passi dalla città, in una zona, peraltro, densamente popolata, perché le distanze tra i comuni si misurano in poche centinaia di metri, quando non sono del tutto inesistenti. Anche se tutti tengono alla loro appartenenza municipale, è scontato che ci si sposti normalmente all’interno di questo agglomerato per ogni esigenza.

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Appunti sui giorni del coronavirus

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Avola, Piazza Umberto I con la Chiesa Madre San Nicolo’ e a destra la Torre dell’Orologio (ph. Lorenzo Caldarella)

di Sebastiano Burgaretta

Come credo tutti, sono stato fortemente sorpreso dal ciclone esistenziale e sociale scatenato dal contagio del Covid 19 ai primi di marzo. In quei giorni, pur cosciente di quanto era successo in Cina, speravo che la diffusione del virus si rivelasse circoscritta solo ad alcune zone del nostro Paese. Ho subito cercato di limitare gli impegni fuori casa, fino alla sera dell’8 marzo, quando il Presidente del Consiglio, Conte, ha annunciato il DPCM col quale estendeva a tutta l’Italia i provvedimenti in precedenza già presi per le zone del Nord in cui il contagio era esploso in modo furioso. Continua a leggere

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Elogio del paese e la grazia dell’Idiota

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Castelvetrano, Sistema delle piazze (ph. L. Ingrasciotta)

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di Antonino Cangemi

In questi giorni, leggendo le cronache trapanesi del “Giornale di Sicilia”, mi ha colpito una notizia: la scomparsa a Castelvetrano di L.L., un povero cristo ultraottantenne trovato cadavere nella sua abitazione quando era passata già una settimana dal decesso. La notizia mi ha colpito per tanti motivi e mi ha suscitato più di una riflessione. Continua a leggere

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Cronaca da un paese chiuso

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Mezzojuso (ph. Nicolò Perniciaro)

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di Nicola Grato

«Mi ricordu ri tutti/ ‘i cosi, puru ‘i cchiù/ minuti./ ‘I boddari ri l’acqua/ quannu chiovi sirratu;/ ‘i aiddi ru focu; ddi culura/ nno scimissu ri me’/ matri…» (Nino De Vita, da Sulità)

Scriviamo queste notizie da Mezzojuso a maggio, mese dei primi calabroni e delle api, degli insetti nel bosco e dei fiori, le scriviamo mentre siamo nella cosiddetta fase 2 avanzata delle misure per il contenimento del temibile coronavirus SARS-COV 2 e della malattia denominata Covid-19.

Anche qui a Mezzojuso in provincia di Palermo è ovviamente arrivato il cosiddetto lockdown: tutto chiuso, tutti chiusi in casa; bisognava riorganizzare anche le cose più ovvie, ad esempio la spesa di generi alimentari e dare un nuovo ordine di priorità alle cose da fare ogni giorno. Continua a leggere

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Paesaggi sonori al tempo della pandemia

 

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Padru (ph. C. Seddaiu)

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di Corradino Seddaiu

Nel 1952 viene eseguita per la prima volta “4,33”, una composizione di John Cage. Il brano richiede che il pianista si sieda al piano con le mani sulla tastiera per quattro minuti e trentatré secondi senza produrre una singola nota. L’intento dell’esecuzione è quello di spingere il pubblico a porre attenzione ai rumori del mondo, ad apprezzare il “qui ed ora” dei suoni quotidiani e a riflettere sull’impossibilità del silenzio. Non sono certo i suoni a mancare nella vita quotidiana, ma l’attenzione a come ci influenzano e la curiosità verso gli aspetti sociali che li producono [1]. Continua a leggere

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Da Armungia, appunti in tempi di coronavirus

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Armungia, una via del centro storico

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di Alberto Cabboi

Ho scritto e condiviso queste riflessioni a distanza di tempo, vedendo quanto la percezione di ciò che accadeva fosse profondamente differente nelle nostre piccole comunità rispetto al racconto complessivo che ci veniva restituito dagli organi di informazione. E, a posteriori, mi pare compongano quasi un unico pensiero su come la narrazione complessiva dei molteplici fenomeni connessi al nostro vivere comune sia sostanzialmente legata all’ottica dei grandi centri urbani. Continua a leggere

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Riparte la “Rete delle Associazioni – Comunità per lo Sviluppo”

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Bororo, Assemblea della Rete delle Associazioni

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a cura della Associazione Nino Carrus

Un movimento di popolo, una proposta forte di cambiamento radicale, una stagione di mobilitazione ampia e unitaria per costruire una nuova rinascita capace di produrre benessere e nuovo sviluppo, una alleanza tra città e paesi, tra coste e Sardegna interna perché cresca tutta la nostra isola, perché non si continui a svuotare il cuore della nostra terra. Continua a leggere

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Ripensare l’Università: la conoscenza contro lo spopolamento

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da Nuova Sardegna

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di Titino Bacciu – Prospero Malavasi

Ogni due anni nel mondo attuale raddoppia la mole delle conoscenze cui chiunque può accedere. Il dato riportato, da solo basterebbe per collocare in una nuova dimensione tutto il tema della formazione nella società della conoscenza. Continua a leggere

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La gestione del sistema museale di Mamoiada

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Museo delle Maschere Mediterranee

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di Mario Paffi

Introduzione

Il presente contributo si propone un duplice obiettivo: da un lato si definirà l’iniziativa della Soc. Coop. Viseras che, attraverso la gestione del sistema museale di Mamoiada e la valorizzazione delle proprie specificità culturali in una comunità storicamente radicata, colpita da una lunga fase di fragilità economica, sta cercando di costruire una nuova prospettiva di sviluppo imprenditoriale, dall’altro si fornirà uno strumento programmatico con l’obiettivo di creare un modello replicabile in altri contesti sardi caratterizzati da importanti peculiarità culturali ancora scarsamente valorizzate. Continua a leggere

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Gli ecomusei e la sfida del contemporaneo: considerazioni ed esperienze

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Passeggiata patrimoniale sugli argini della bonifica agraria nei pressi della Raccolta Casa Rossi (ph.F. Rossi)

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di Andrea Rossi [*]

La sfida partecipativa dell’ecomuseo: appunti di pratica gestionale

Con queste pagine intendo inserirmi, se pur indirettamente, nel dibattito sul ruolo sociale dei musei a partire dall’articolo a cura di Piercarlo Grimaldi e Andrea Porporato [1] cercando di dare un contributo dal punto di vista degli ecomusei e facendo riferimento in particolare all’esperienza di cui mi occupo in qualità di coordinatore da alcuni anni per conto dell’Unione dei Comuni Montani del Casentino: l’Ecomuseo del Casentino [2]. Le altre due sezioni, invece, annunciando sin da ora un cambio di passo, sono rispettivamente rivolte a dare conto delle attività svolte da alcuni ecomusei durante il Corona virus a alla cronaca dello stesso Ecomuseo del Casentino in tempi di pandemia. Continua a leggere

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Pratopiano. Un luogo dalla memoria al futuro

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Peppino Curcio (ph. Nicoletta Malgeri)

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di Nicoletta Malgeri

Ciascun luogo cela dietro di sé una storia che va riscoperta per fondare un nuovo presente: è questa la scommessa che muove l’azione e l’impegno di Giuseppe Curcio, per tutti Peppino. Peppino Curcio, storico e paesologo, da anni impegnato in attività di tutela dei diritti e di valorizzazione della cittadinanza attiva [1], si fa promotore di una innovativa missione sociale e culturale, che parte dalla riscoperta dei segni che la storia ha lasciato in un piccolo territorio dell’entroterra calabrese, posto a circa 900 m.s.l.m [2], nel cuore della montagna silana: Pratopiano (in dialetto calabrese “Prat ‘e Chianu”). Continua a leggere

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Pandemie urbane e schiocchi di dita elfiche. Cronache da realtà parallele in tre tempi

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Un tramonto di arance e turchesi (ph. Luca Bertinotti, giugno 2020)

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di Luca Bertinotti

Primo tempo. Riflessioni che vengono dal mare

Nel rapportarsi con un luogo nuovo o, più in generale, con una situazione insolita tendiamo a mettere in campo schemi di comportamento basati sull’istinto più che affidarci come al solito agli automatismi appresi nella quotidianità. Al pari, una distanza fisica e mentale dai luoghi e dalle situazioni a cui siamo avvezzi acuisce le percezioni e amplifica la capacità di reagire. Così, un turbamento notevole, come una completa variazione di “scenografia” della nostra vita, riesce a risvegliare i sensi più sopiti e a scuotere la capacità di riflessione interiore più irrigidita. Viceversa, la consuetudine, soprattutto quella che non lascia spazio all’otium, spegne e svigorisce. Continua a leggere

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Ricordare bisogna. “Il bene mio” di Pippo Mezzapesa

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Locandina del film Il bene mio

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di Vita Santoro

La prima volta che ho avuto modo di guardare il film Il bene mio, diretto dal regista e sceneggiatore pugliese Pippo Mezzapesa, è stata in occasione della sua uscita cinematografica nell’ottobre del 2018. L’ho rivisto nuovamente circa un anno e mezzo dopo, all’inizio di questa primavera, più comodamente seduta sul divano di casa mia. Non so dire se questa seconda visione sia stata o meno influenzata dalla particolarità del periodo “sospeso” in cui è accaduta, quello cioè del lockdown dovuto alla emergenza sanitaria per il Covid-19. Di fatto, avevo molto apprezzato il film già alla sua prima visione, la seconda, più attenta e privata, mi ha confermato alcune prime impressioni e una valutazione senz’altro positiva del suo contenuto, ma soprattutto ha reso possibile cogliere dettagli e sfumature che non avevo prima rilevato. Continua a leggere

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L’enseignement à distance au Maroc et les étudiants de l’Université de Rabat

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Università Mohammed V di Rabat

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di Naima Bouferas – Abdelkrim Elalami [*]

Introduction

La recherche vise à initier une réflexion élargie sur les possibilités offertes par l’enseignement à distance dans divers niveaux des contextes de formation et d’apprentissage. Continua a leggere

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La pandemia tra pubblicità e cultura popolare

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Foto Kumiro Hirama (Getty images istockphoto)

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di Pietro Clemente

Il virus, la televisione senza realtà e il narcisismo

Il tempo della clausura da virus, con la maggiore esposizione alla televisione per tante ragioni, tra le quali anche il giornaliero rapporto della Protezione civile, mi ha reso insofferente alla pubblicità che, spietata, ci infligge a ripetizione spot sulle acque, sulle auto, su farmaci e dentifrici, su assicurazioni e immobiliari, sempre gli stessi. Così che anche i pochissimi spot un po’ divertenti producono un vistoso fastidio alla bocca dello stomaco. Continua a leggere

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Sul sociale destrutturato. Adolescenti lontani da scuola

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Adolescente (ph. Rania Matar)

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di Valeria Dell’Orzo

Il dilagare di una pandemia, variamente discussa e affrontata, politicamente strumentalizzata nella sua esaltazione o sottovalutazione, sull’onda delle curvature mediatiche della propaganda, ha trascinato gran parte del mondo verso la necessità di riformulare le più diffuse regole e abitudini del vivere e del comunicare, del rapportarsi, scardinando convenzioni socio-relazionali cronicizzate nella postura e nell’azione culturale che ogni realtà costruisce e utilizza. Continua a leggere

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Sovranità e poteri ai tempi del Covid-19

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di Emanuela Del Re

La riflessione sulla teocrazia come forma di governo assume accenti fortemente politici oggi nell’attuale pandemia da Covid-19, e la tecnocrazia – spesso considerata una patologia politica e spesso associata a visioni utopistiche – viene evocata come forma di risposta alla crisi. Nell’ordinamento politico definito “teocrazia” è l’autorità religiosa che gestisce tutti gli aspetti della vita sociale, sia quelli religiosi sia quelli attinenti agli aspetti laici della vita. Le due sfere religiosa e laica coincidono, nella teocrazia, con la religione che diventa strumento della politica e viceversa. Arabia Saudita, Iran e Vaticano sono esempi di teocrazia, con specificità diverse. Continua a leggere

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Corpi, culture, educazione nella pandemia e nella postmodernità

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Corpi (@Lapresse, 2020)

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di Annalisa Di Nuzzo

Negli ultimi mesi si è aperto un intenso dibattito sulle misure di prevenzione a proposito della chiusura delle scuole, delle palestre, dei centri di fitness / wellness, e sul divieto e l’impossibilità, contrapposti alla necessità dei runner, di poter esercitare la loro passione diventata sempre più imperativa nella gestione e creazione del proprio benessere. Continua a leggere

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Giorni e notti di cattività. Insonnie, ricordi e piccole epifanie

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Palermo (ph. Nino Giaramidaro)

di Nino Giaramidaro

Ai margini della foresta della memoria si aggirano gli spettri dei giorni perduti. Irrimediabilmente. Cosparsi, riempiti di gesti futili, pescati nel sonnambulismo di una quotidianità già futile. Passi inutili, senza il ritmo della strada, forzati per combattere su un corridoio l’immobilità della carcerazione, esasperati dalla ripetitività di una lunghezza misurata dal compasso dell’afflizione.

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Il pianto confinato. A margine del cordoglio pandemico

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Gli ultimi feretri trasportati dall’Esercito italiano dalla chiesa di Seriate (BG) al forno crematorio di Novara, 18 aprile 2020 (ph. Marta Clinco)

dialoghi oltre il virus

di Giovanni Gugg –  Simone Valitutto

Durante le settimane di quarantena, tra le tante iniziative di condivisione e, implicitamente, di elaborazione collettiva della crisi sanitaria, la rete “Lo Stato dei Luoghi” [1] ha lanciato online un “Alfabeto Pandemico” [2], che in un paio di mesi ha raccolto 850 vocaboli nuovi e riscoperti, antichi e risignificati alla luce dell’esperienza dell’epidemia e del confinamento. Continua a leggere

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DAD: diario di un antropologo ai tempi del coronavirus

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dialoghi oltre il virus

di Dario Inglese

Il 17 ottobre 2019 sono tornato a scuola, a quasi vent’anni dalla maturità. In maniera piuttosto inaspettata avevo ricevuto una convocazione per una supplenza d’Italiano e Storia in un istituto secondario di secondo grado che, senza pensarci due volte, accettai di buon grado. Il primo giorno lo ricordo nitidamente: la firma del contratto e la presa di servizio presso la sede centrale, il tragitto in autobus per raggiungere il lontanissimo plesso cui ero stato assegnato, l’ingresso immediato in aula, gli sguardi curiosi e penetranti degli alunni. Continua a leggere

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Ospiti. Tra vecchi e nuovi ammorbamenti

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Simone de Wobreck, La peste di Palermo, 1575

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di Rosario Lentini

Tra il 1347 e il 1351 una pandemia di peste, originata dal microbo oggi conosciuto col nome scientifico di Yersinia pestis, portò alla morte trenta milioni di abitanti sui circa 100 che si stima popolassero lʼintera Europa. «Ma la tragedia ‒ scriveva lo storico dellʼeconomia Carlo Maria Cipolla ‒, per quanto grave, non finì lì. Con la pandemia, la peste si stabilì in Europa in forma endemica, assumendo di tanto in tanto, a intervalli più o meno lunghi, proporzioni epidemiche su scala locale o regionale o nazionale»[1]. Si trattò indubbiamente della prima esperienza sanitaria globale vissuta nel continente la cui gravità e capillarità di penetrazione sarebbero diventate tristemente memorabili, pur se le fonti storiche permettono di individuare anche in un passato più remoto eventi pestilenziali. Continua a leggere

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Il destino climatico di Roma e la fine dell’Antropocene: memorie antiche delle pandemie

 

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di Pietro Li Causi

Il freddo e la pioggia: la Roma ostile delle origini. Una radura rigogliosa. Un uomo ricoperto da una pelle di capra incide dei segni sopra un ceppo con una scheggia bianca appuntita che tiene nella mano sporca di fango.

Piove a dirotto. L’uomo sta pregando. In un latino pre-classico e gutturale invoca la dea dai tre volti – Gaia? Ecate?

Le chiede di fare cessare la pioggia, che dura da giorni, o forse da mesi.

Un secondo uomo, ricoperto anche lui da una pelle di capra, cammina alle spalle del primo battendo il terreno con un bastone. Guarda le pecore. Scruta il cielo. Oltre la fitta tela verde degli alberi, un improvviso volo di uccelli. Continua a leggere

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Fotografare emozioni in tempo di crisi

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Endotico (ph. Licia Taverna)

di Stefano Montes

Sono nei paraggi dell’ospedale. Sono solo. Un mio parente è in attesa di essere ricoverato. Si trova al pronto soccorso al momento. Non è niente di grave. Non è niente. Voglio sperarlo. Me lo auguro. Ma i medici preferiscono tenerlo sotto controllo per precauzione. Si prospetta un’appendicite. Si prospetta una appendicite che potrebbe essere però curata con antibiotici adatti. E tutto si risolverebbe nel migliore dei modi. Io ho accompagnato, in auto, lui e l’altro parente che si prenderà cura di lui durante la degenza. Non dico chi sono i miei parenti, non importa. Attendo di avere notizie. La cosa va per le lunghe. Sono un po’ in ansia mentre il tempo passa con lentezza, a volte in modo snervante a volte no. Attesa e variazioni emotive sono un tutt’uno in questi casi: più che dall’agire in sé, il soggetto è preso, nel giro di poco tempo, dal vortice delle alterazioni di stato d’animo, dal susseguirsi di forme di apprensioni e ragionamenti strettamente intrecciati: per me, in attesa, è così. Continua a leggere

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Memorie, parole e simboli oltre la pandemia


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Seminara, Calabria, 1979 (ph. Salvatore Piermarini), da Pathos, Rubbettino ed. 2019

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di  Vito Teti [*]

«Mi spagnu». La paura, 25 aprile 2020

«Mi spagnu», vale a dire: «Ho paura» è ancora oggi un modo di dire molto diffuso nelle lingue dei miei paesi di Calabria. «Mi spagnu» è stata l’espressione che, da bambino, sentivo ripetere da mia nonna e da mia madre quando c’era una tempesta, con tuoni e fulmini, quando si verificava qualche incendio, o in situazioni pericolose o percepite come tali. Continua a leggere

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Clinica e testimonianza

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Christiane Spangsberg

 

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di Angelo Villa

Il disastro della pandemia ha, ovviamente, interessato in primo luogo la clinica propriamente medica, come è giusto e prevedibile che sia. Il termine clinica deriva dal greco e sta per “letto”. Di conseguenza, la clinica attiene quella prassi che riguarda chi giace in un letto, chi è ammalato, quindi. Ma, la clinica del disagio psichico mostra bene come la sintomatologia o, per ricorrere a un’espressione più ampia, il malessere individuale si palesano anche al di fuori del letto o, per rimanere in questa metafora, dopo il letto, dopo essere stati confinati in un letto. È il caso a cui qui mi riferisco di un’esperienza tutt’ora in corso in un’istituzione pubblica con operatori sociosanitari. Diciamo subito il luogo: Bergamo e la sua provincia. Continua a leggere

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Uomini che vengono dal mare. L’acqua smitizza la scultura

per Consagra

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Mazara, agosto 1964, Consagra e le maestranze davanti alla Fontana

di Pietro Consagra [*]

Da tempo desideravo dare una scultura a Mazara del Vallo. Ma dove metterla?

Una fontana per il mio paese sarebbe stato il modo più adeguato di dare una scultura. Prendere una mia scultura così com’è da studio e portarla a Mazara, così com’è una mia scultura e così com’è la gente, anche delle città, ancora sospettosa verso l’arte moderna sarebbe stato rischiare la fiducia dei miei paesani.  O una fontana o niente tra me e Mazara del Vallo. Continua a leggere

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Consagra: una voce che gli architetti avrebbero dovuto ascoltare

per Consagra

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Pietro Consagra (ph. Gettyimages)

di Antonietta Jolanda Lima

Tra gli architetti e gli storici-critici dell’architettura unico è Bruno Zevi che rivolge una certa attenzione a Consagra, ma soltanto agli albori e sul finire del decennio Sessanta, su “Cronache di architettura”, trascurando quasi un ventennio precedente, quando il giovane artista (Mazara del Vallo, 6 ottobre 1920 – Milano, 16 luglio 2005) ne inala, vivendolo, il clima euforico, e avverte «la gioia di sentirsi italiano ed europeo insieme, comunista e artista d’avanguardia, libero dal potere». E si vedrà come il susseguirsi, pressoché ininterrotto e in tempi rapidi sempre più incalzante, di inviti e mostre, in lui maturino il rifiuto del realismo socialista, l’adesione all’astrattismo inteso come difesa dell’Europa, la spiritualità come provocazione, la fantasia come antidoto alla massificazione. Continua a leggere

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Al concittadino Pietro Consagra, a cento anni dalla nascita

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Pietro Consagra nel suo studio (Archivio Pietro Consagra)

per Consagra

di Giuseppe Modica

Concittadino di Consagra, anch’io autore prestato alla pittura, di una generazione molto più giovane, essendo nato nel 1953, per età avrei potuto essere un suo allievo. Non lo sono stato anche perché mi sono mosso su un altro versante dell’arte, ma sono stato attento osservatore ed estimatore del suo lavoro, delle sue scelte critiche e del suo pensiero. Continua a leggere

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“Vita Mia“ di Pietro Consagra. Scrittura di sé e testamento estetico

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di Mariachiara Modica

Nel 1980 usciva l’autobiografia di Pietro Consagra, Vita Mia, edita da Feltrinelli, premiata dalla critica con il premio speciale Mondello. Nel 2018 Skira editore la ripubblica mantenendo invariata l’impaginazione, le foto e i disegni che accompagnano la narrazione. A questa edizione faremo riferimento.

Pietro Consagra è nato a Mazara del Vallo (Trapani) il 6 ottobre del 1920 ed è morto il 16 luglio 2005 a Milano. È stato uno scultore contemporaneo riconosciuto a livello internazionale come una delle pagine fondamentali della storia dell’arte del secondo dopoguerra in Italia. Difatti, il breve testo di Luca Massimo Barbero [1] che chiude il volume, già dal titolo, Una voce “dentro campo”, pone l’accento sull’importanza dell’autobiografia di Consagra anche per la prospettiva interna nel dibattito artistico e politico degli anni del secondo dopoguerra.  Continua a leggere

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Consagra, arte come Dialogo, scultura come Colloquio

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Pietro Consagra e Le Geometrie, 1947

per Consagra

di Mariella Pasinati

Pietro Consagra, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita (Mazara del Vallo 1920 – Milano 2005), ha incarnato il tipo dell’artista novecentesco per eccellenza. Dalla seconda metà degli anni ’40 fino alla fine degli anni ’80, infatti, la sua straordinaria attività creativa si è svolta parallelamente sul piano del linguaggio visivo e su quello altrettanto intenso della scrittura attraverso la quale l’artista ha precisato i suoi intenti, i termini programmatici del proprio lavoro e ha espresso le sue considerazioni critiche sul contesto artistico e culturale del suo tempo, a volte con una notevole vis polemica, sempre con autenticità. Continua a leggere

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La “Frontalità” di Consagra, un visionario contemporaneo

per Consagra

citta_frontale-001di Maurizio Tosco

La Città frontale di Pietro Consagra, edito nel 1969 a Bari da De Donato editore, mi ha accompagnato in uno dei miei interminabili viaggi in seconda classe – da Bologna a Palermo – che se arrivavi in orario a Messina, in diciotto ore ti eri «tolto il dente». Avevo vent’anni – degli anni 80 – e il baccano dei colpi di «P38 autonome» e «Beretta celerine», e fragori tra le strade della «Città dotta» – assieme all’odore metallico del sangue e quello acre dei lacrimogeni e al puzzo delle Molotov, e allo stridìo dei mezzi cingolati allineati lungo la via Irnerio, in attesa di espugnare piazza Verdi – facevano da colonna sonora a quelle immagini di scontri urbani che i miei occhi avevano scattato come delle Polaroid per archiviarle indelebilmente tra i «ricordi importanti»: quelli che ti accompagnano anche in quel passaggio nella vita che coglie nel mezzo del cammino dell’esistenza – dai quaranta in poi – quando vedi cambiare il corpo e tutto intorno scialba: i valori, i legami, i punti cardinali della mappa esistenziale, e ti prende lo smarrimento per aver perduto la dritta via. Continua a leggere

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Per vicoli, cortili e mercati

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Mazara (ph. Bognanni)

di Emanuela Patrizia Bognanni

«Non invidio a Dio il Paradiso perché sono ben soddisfatto di vivere in Sicilia». Federico II di Svevia riassumeva così tutta la bellezza della nostra terra, ed io quando mi ritrovo per vicoli, cortili, “stratuzze”, sono ben felice di catturare un po’ del suo fascino e fermarlo nel tempo.

Un mix irresistibile di ingredienti: i giardini, la cucina, i manufatti di ceramica, le spezie, la pasticceria, i siciliani, bruni o biondissimi. Continua a leggere

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Una prospettiva fotografica sull’anti-paesaggio

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Casa cantoniera nel Trapanese, 2010 (ph. Antonio Cusimano)

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di Antonio Cusimano [*]

Nel suo breve racconto Un rosa gialla, dedicato a Giovan Battista Marino, Borges ci mostra l’anziano poeta ormai prossimo alla morte, mentre contempla la bellezza di una rosa appena posta in un vaso sul balcone da una donna. All’inizio decanta le virtù di quel fiore con i versi a lui più familiari, quelli dell’Adone; tuttavia quel verseggiare ormai lo annoia. Continua a leggere

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La fotografia, l’incubo e la terapia. Impressioni di marzo

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Foto di Simone Mizzotti

di Simone Mizzotti

Crema, la città dove abito, da subito è stata colpita in modo molto grave dal virus. Si è passati da una apparente normalità ad uscire solo per necessità. Questo passaggio l’ho avvertito come una minaccia per il mio stato d’animo, ma purtroppo non c’è stato modo di agire diversamente. Le uscite si riducevano progressivamente, fino ad arrivare a una volta ogni due settimane soltanto per fare la spesa. In tutto questo il mio lavoro è stato messo a dura prova. Io sono un fotografo, e impedire o comunque bloccare un fotografo a casa è come legare le ali ad un uccello. Ma durante le prime settimane avevo anche altro lavoro da sbrigare, quindi non mi sembrava difficile coesistere con il mio lavoro e le mie abitudini. Continua a leggere

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Incontri nei caruggi

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Genova, 2020 (ph. Silvia Pierantoni)

di Silvia Pierantoni Giua

Sono stata in Siria nel 2008 e mi è rimasta nel cuore, ora me ne sono ricordata poiché uno dei protagonisti di questa storia si chiama in un modo simile. Ma come le altre storie che sto per raccontare, c’entra poco, se non proprio per il nome, e per il fatto che penso che, vivere senza guardare vedendo e sentendo, non ha senso. Continua a leggere

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Un’autoetnografia per immagini

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Noto, Cattedrale (ph. Gaetano Sabato)

di Gaetano Sabato

Negli anni Novanta fotografare da dilettanti era decisamente diverso da oggi. Per me lo era ancor di più: non solo perché, adolescente, cominciavo a sbirciare alle prime armi un mondo affascinante, fatto in egual misura (mi sembrava) di istintiva ricerca e di tecnicismi (da conoscere e ricordare), ma anche perché il mezzo, una reflex analogica, doveva essere “preso in prestito” da mio padre prima di ogni uscita e opportunamente riposto rientrando a casa, per evitare che lui si accorgesse del vuoto lasciato sullo scaffale. Naturalmente era un prestito di cui solo io ero a conoscenza. Puntualmente, la conclusione di quelle giornate era uno scambio di battute: «Hai preso di nuovo la reflex?». E il mio essenziale «No!» pronunciato con un mezzo sorriso, tradiva la mia dichiarazione. Continua a leggere

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Il punto di vista del cielo

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Foto di Francesco Valacchi

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di Francesco Valacchi

Mettersi sulla porta di un aereo in volo, senza alcun vincolo che possa evitare la caduta è di per sé un gesto folle ma ancor più folle è immergersi nel paracadutismo sportivo e permettere che questa meravigliosa pratica possa cambiare per sempre la tua vita e divenire una necessità primaria dalla quale non si può prescindere; ad ogni costo.

Le sensazioni che si provano nei momenti della preparazione del lancio: imbragatura e controllo degli strumenti, salita in aereo, regolazione del casco e di una eventuale telecamera e ultimo controllo sono senza dubbio fuori dall’ordinario, straordinarie. Continua a leggere

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SOMMARIO n. 43

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Upper West Side, Manhattan (ph. Sandro Battaglia)

EDITORIALE; Clarissa Arvizzigno*, Confini e frontiere nella poesia di Caproni; Giuseppe Bea, Paolo Iafrate e Franco Pittau, Immigrazione, imprenditoria: una significativa realtà nell’Italia del 2000; Arnold Cassola, Tunisian coastal towns (1836-1844). Maltese and “Italians” in contact; Chiara Dallavalle, Yoga di cura per chi cura; Annalisa Di Nuzzo, Ripensare alle apocalissi culturali tra crisi della presenza ed egemonie post globali; Oxana Fais*, Gli invisibili”, ovvero la diaspora russa in Sicilia;  Enrica Fei*, I fantasmi di Ahmed al-ʿAjm, poeta contemporaneo del Bahrain; Mariano Fresta, Tra storia e antropologia; Continua a leggere

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EDITORIALE

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Roma, Piazza del Popolo, 2014, di Giuseppe Modica

L’arte, si sa, può salvarci dal naufragio dei sensi, dalla rarefazione dello sguardo, dalla cecità che minaccia il nostro rapporto con la fisica della natura, con la terra, l’acqua, il fuoco, l’aria, con gli elementi tattili e vitali delle materie. Giuseppe Modica è l’artista autore del quadro dipinto nel 2014 di una Roma sospesa e rapita nell’assenza straniante di presenze umane, un’immagine che sembra paradossalmente documentare la realtà di oggi. Quella che era una rappresentazione – una visione distopica, una percezione metafisica, una ispirazione dechirichiana, la ‘città invisibile’ di Italo Calvino che «esiste solo all’ombra delle nostre palpebre abbassate» – era destinata a diventare drammatica cronaca del nostro tempo.  Una profetica anticipazione di un futuro inverosimile. Continua a leggere

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Confini e frontiere nella poesia di Giorgio Caproni

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Magritte, La vittoria

di Clarissa Arvizzigno

Paesaggio e viaggio, in Caproni, coincidono in quanto ogni spazio percorso dal viaggio coincide con il paesaggio che rappresenta la forma stessa del viaggiare, e, in un certo qual modo, la sua atmosfera. I paesaggi caproniani non sono estendibili all’infinito, al contrario, le loro forme sono sempre comprese tra un “fra”, come se ci fosse sempre il bisogno di ricorrere a linee demarcative, che distinguono i paesaggi e li rendono tali. Da qui l’esigenza del confine, medium naturale o artificiale in cui, al contempo, si chiude un paesaggio e se ne apre un altro, come avviene in Raggiungimento ne Il conte di Kevenhüller, in cui il confine può essere qui definito come il discrimine, il margine esiguo e liminare situato tra “dove finisce l’erba/e comincia il mare”: Continua a leggere

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Immigrazione, imprenditoria: una significativa realtà nell’Italia del 2000

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Vincitori del Premio Imprenditoria straniera 2019 Money Gram

di Giuseppe Bea, Paolo Iafrate e Franco Pittau

Questo saggio sugli imprenditori immigrati in Italia non si limita a fornire un aggiornamento sui dati statistici recenti, ma ne spiega anche la sorprendente evoluzione nel corso degli anni ‘2000, quando invece le imprese degli italiani hanno iniziato a diminuire. Questo importante aspetto del fenomeno migratorio viene analizzato sotto l’aspetto socio-statistico, giuridico, organizzativo ed economico. Continua a leggere

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Tunisian coastal towns (1836-1844). Maltese and “Italians” in contact

DAE-BA026897 - © - De Agostini / Biblioteca Ambrosiana

Sousse

 di Arnold Cassola [*]

 The Libro dei Battezzati in Susa

The Libro dei Battezzati in Susa is marked as Vol. I and runs from “1834 all’anno 1861”. In reality, however, this volume seems to include different smaller registers that were later bound together, the first one running from the period 14th November 1836 till 19th May 1844.

According to Jerfel (2013: 6), the baptismal registers conserved in the Saint-Félix Parish Church show that Maltese births constituted around 75% of all European births in the town during the 1836-1884 period: 80 % of baptised children between 1836 and 1850 and 68 % between 1851 et 1883 were Maltese. The second most represented nationality was that of the “Italians”, who in the 1836-1850 period were made up of seven Sicilian families, five Neapolitan families and two families each from Genova and Sardinia. Continua a leggere

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Yoga di cura per chi cura

 

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Piccoli migranti impegnati nel laboratorio di Yoga

di Chiara Dallavalle

Parlare di burn-out richiama immediatamente alla nostra mente l’idea di mansioni lavorative particolarmente usuranti, che arrivano a logorare nel profondo coloro chi le svolge. Talvolta questo logorio costante produce effetti profondamente negativi su chi lo subisce. Insonnia, fatica e senso di stanchezza, dolori fisici, ma anche scarsa empatia, irritabilità, senso di fallimento e alta resistenza ad andare al lavoro. Queste sono solo alcune delle manifestazioni a cui dà luogo la sindrome da burn-out, che, secondo la definizione di Cary Cherniss, si configura come la risposta data dal soggetto ad una situazione di lavoro percepita ormai come intollerabile (Cherniss 1980). Continua a leggere

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Ripensare alle apocalissi culturali tra crisi della presenza ed egemonie post globali

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di Annalisa Di Nuzzo

Le radici demartiniane

«Il mondo umano è l’ordine dell’operare significativo che produce valori, che oltrepassa le situazioni, e le negatività che le vulnera, mediante la permanenza storicamente condizionata, dei valori (de Martino,1977: 659). Così scrive Ernesto de Martino in quella sua splendida opera incompiuta che sono gli appunti su La fine del mondo e propone così, come per una parte cospicua della riflessione antropologica del Novecento, il difficile e complesso rapporto tra scienze umane e scienze dure, tra scienze dello spirito e metodi della ricerca scientifica. La riflessione sembra essere distante, ma diventa estremamente attuale alla luce di questi ultimi mesi, fino ad assumere ineludibile la dimensione del richiamo al tema delle apocalissi culturali che sembrano attraversare drammaticamente i nostri singoli vissuti e le nostre comunità globali. Continua a leggere

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“Gli invisibili”, ovvero la diaspora russa in Sicilia

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Casa Russa a Catania

di Oxana Fais

Su tutto il territorio della penisola italiana la Sicilia e la Sardegna sono le uniche regioni del Paese nelle quali storicamente, durante il Medioevo, non si sono registrate diaspore e migrazioni da parte dei popoli slavi. Tale fenomeno, infatti, ha interessato principalmente il Nord (Friuli-Venezia-Giulia), lievemente il Sud (Molise) e in misura frammentaria l’Italia centrale. In realtà, alla luce di un’analisi più dettagliata delle fonti, tale affermazione veicolante nella letteratura scientifica risulta inattendibile in riferimento alla Sicilia, territorio sul quale già dai primi secoli del Medioevo appaiono gruppi di slavi. Continua a leggere

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I fantasmi di Ahmad al-ʿAjmii, poeta contemporaneo del Bahrain

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Bahrain

di Enrica Fei

Una minuscola isola tra i giganti del Golfo Persico: il Bahrain

Il Bahrain è una piccolissima isola nelle acque del Golfo Persico, tra l’Arabia Saudita e l’Iran. Conta circa un milione e mezzo di abitanti, di cui più di 600 mila sono expat: indiani, filippini, pakistani, ma anche europei, attratti dalle possibilità di investimento. La piccola popolazione indigena, invece, è araba. Continua a leggere

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