«Palaver» nasce nel 1990 come pubblicazione dello Study Group working on the Literary Culture, of Africa and of the Diaspora, formatosi nel giugno del 1989 nell’Università di Lecce (oggi Università del Salento), spinto dall’interesse che univa numerosi studiosi per le black cultures, in particolare per il fenomeno migratorio dall’Africa verso l’Europa; l’argomento centrale della ricerca riguardava la produzione artistica e letteraria che dal contatto tra i due continenti aveva avuto vita nel passato coloniale, con una esplorazione dello stato presente delle cose. Ne furono promotori Bernard Hickey, un professore australiano ricco di una amplissima esperienza internazionale che insegnava Letteratura inglese, scomparso nel 2007, e Maria Rosaria (Marisa) Turano, una ricercatrice esperta in letteratura e storia dell’Africa, che improvvisamente morì nel 2009.
Il titolo è una parola inglese di origine portoghese, derivante da palavra, con cui si indicava il contatto, il dialogo, il negoziato che mercanti, marinai, militari europei intrattenevano con le popolazioni africane (in particolare di Angola e Cabo Verde). Quella prima uscita (in realtà un numero zero sperimentale), dedicata a «Myth and Literature», conteneva solo gli estratti degli articoli che, almeno nelle previsioni, non rispettate, sarebbero apparsi integralmente nel primo volume vero e proprio, che in effetti fu pubblicato nello stesso anno denso di contributi nuovi, sotto la direzione di Bernard Hickey e a cura di Maria Rosaria Turano. La copertina nera con i caratteri in bianco e l’albero, rimasto anche nei numeri successivi e adottato come logo, sono stati disegnati da Arianne Baghai; sulla copertina, in alto, centrato e a lettere maiuscole, compare la dicitura «Gruppo di studio sulle culture letterarie dell’Africa e della diaspora», e in apice, accanto a «Palaver» l’indicazione della città, Lecce, destinata poi a cadere successivamente, eletta a fulcro dinamico di osservazione e stimolo di un dibattito che inevitabilmente si doveva svolgere sul piano internazionale.
Il secondo volume raccolse le annate 2004 e 2005 e fu pubblicato nel 2006 non più a cura del Gruppo di studio, ma dall’editore Argo di Lecce, come espressione del Dipartimento di Scienze sociali e della comunicazione e della Facoltà di Lingue e letterature straniere dell’Università; c’è una novità, cioè compare il sottotitolo «Africa e altre terre» che sarà conservato quando finalmente la testata verrà registrata. Infatti, secondo le abitudini ancora diffuse all’epoca, spesso accadeva che le pubblicazioni universitarie, ancorché periodiche, non si preoccupassero di indicare una direzione responsabile, né della registrazione presso il tribunale. Ma, come è chiaro, almeno in questo caso, la periodicità era saltuaria, cambiavano di volta in volta il promotore ufficiale del volume, lo stampatore, l’indicazione della proprietà, e le strettoie dell’Anvur erano di là da venire.
Il Gruppo di studio intanto assunse una fisionomia istituzionale trasformandosi in Osservatorio sulle Diaspore, le Culture e le Istituzioni dei Paesi d’Oltremare, con sede sempre presso l’Università di Lecce, ciò che permetterà di stabilire protocolli di intesa e di cooperazione con numerose istituzioni internazionali, e quindi (siamo ormai nel 2006) nel Centro Studi su Capo Verde – il territorio insulare e la sua diaspora in Africa, America, Europa – e sulle piccole isole.
Nel novembre 2009 si sarebbe dovuto tenere un convegno internazionale dal titolo «Navigazioni nelle isole dell’Africa e del Mediterraneo», organizzato dal Centro studi, ma Marisa, come ho già detto, morì pochi giorni prima, all’improvviso, lasciandoci stupefatti e commossi. Il convegno fu rinviato, e quel che era stato da lei pensato e organizzato si svolse il 19 e 20 aprile 2010 in sua memoria, a Lecce, presso il Rettorato dell’Università. Il Dipartimento di Scienze sociali e della comunicazione dello stesso ateneo decise di tenere in vita il «Centro studi su Capo Verde e le piccole isole» e di affidare a me la cura degli atti del convegno: da qui l’idea di riprendere la pubblicazione di «Palaver», ma in una veste, per così dire, regolare.
La mia proposta editoriale fu molto stringata e piuttosto semplice: la rivista sarebbe stata proprietà del Dipartimento di Scienze sociali e della comunicazione (oggi Dipartimento di Scienze umane e sociali), l’avremmo registrata presso il tribunale di Lecce, avrebbe avuto un direttore responsabile (in questo caso, chi scrive) iscritto all’albo regionale dei pubblicisti, sarebbe uscita con periodicità semestrale; ma soprattutto sarebbe stata pubblicata on line. Infatti, la nostra università aveva istituito un servizio di Editoria Scientifica Elettronica (ESE) gestito dai Servizi Informatici Bibliotecari di Ateneo (SIBA): questa opportunità ci consentiva intanto di non gravare sui fondi di ricerca per la pubblicazione cartacea, o, peggio, di elemosinare denari altrove; inoltre, la redazione si propose fin dall’inizio di rispettare con puntualità i tempi delle uscite, che furono fissate agli equinozi di ogni anno, e il formato elettronico ci aiutava in tal senso, non essendoci passaggi di stampa che potessero essere causa di ritardi; ancora, l’accesso libero ai testi ampliava a dismisura la platea dei lettori; infine, la rivista si dotava di e-ISSN e gli articoli dei codici DOI. Lo racconto come se si trattasse di chissà quale novità, ma all’epoca fummo tra i primi e forse i primi in ateneo.
Il primo numero della serie elettronica di Palaver uscì nel 2012, fu dedicato alla memoria di Marisa e raccolse gli atti del convegno di due anni prima; più che un nuovo inizio, però, segnò la fine di un ciclo, perché l’orientamento editoriale ha assunto da allora una direzione più spiccatamente antropologica, pur non chiudendosi a un approccio di tipo interdisciplinare. L’ambito privilegiato della ricerca, seppur non esclusivo, diventa l’Europa mediterranea, con un focus ricorrente sui Balcani e un altro sulla cultura popolare. Alcuni numeri della rivista sono monografici oppure contengono una sezione monotematica, ma generalmente abbiamo preferito non ancorare la progettazione delle annate in modo molto rigido.
«Palaver» (e-ISSN 2280-4250) è da alcuni anni una rivista semestrale di classe A per il settore disciplinare M-DEA/01[1]. La rivista resta fedele alla prospettiva dialogica che si condensa nel titolo, e al retaggio costituito dalla sua prima vita movimentista, se si può dire; così come ha conservato l’idea che il luogo in cui ha sede, Lecce, al confine orientale del Paese, debba costituire il punto di osservazione da cui volgere lo sguardo sul resto del mondo. La rivista non ha una vocazione territoriale, anzi, ha una forte spinta internazionalista, e tuttavia vuole proporsi quale strumento di indagine e di analisi che un determinato territorio ha prodotto per fornire a se stesso e a chi voglia partecipare al gioco occasioni di indagine scientifica, di conoscenza e di dibattito. Sul piano metodologico, viene privilegiata una attenzione al dato documentale, sia l’argomento di carattere etnografico, sociolinguistico, storico-antropologico, e tuttavia sono stati ospitati anche contributi di carattere teorico, specialmente se rivolti alle questioni che emergono dal confronto sulle questioni che la realtà attuale propone, migrazioni, antropocene, patrimonializzazione…
Questa, senza dilungarsi oltre, è «Palaver»; ma la cosa migliore, per chi sia curioso di conoscerla meglio, è andare ad esplorarla direttamente, l’indirizzo è in nota. Si accettano osservazioni, proposte, richieste di chiarimento e di collaborazione. Che il dialogo continui.
Costruire spazi, aprire spazi, creare opportunità, dare il segnale di esserci, sono le spinte che giustificano l’impegno di portare avanti un’impresa come la nostra; non ci sono denari per l’attività redazionale e il lavoro è veramente di pochi; uno dei momenti che ha suscitato un moto di orgoglio (che probabilmente condividiamo con la redazione di «Dialoghi Mediterranei») è stato quando siamo riusciti a centrare per la pubblicazione la data del 21 marzo 2020, pochi giorni dopo la chiusura del Paese decisa dal governo a causa della pandemia, quando tante attività abituali erano diventate impossibili; adottammo una copertina floreale, coloratissima, augurale: purtroppo il male mieté le sue vittime ancora a lungo, però ci eravamo ancorati a un principio, rispettare i tempi, non come gesto eccezionale, ma consueto, abbiamo voluto aggrapparci alla frode del rito per non cedere neanche per un secondo allo sconforto.
«Palaver» anche in quelle circostanze forniva il suo servizio. Siamo fortunati ad avere il supporto di un editore istituzionale che ci risolve davvero tanti problemi, di costi, innanzitutto, di uso e gestione della piattaforma. In un panorama dominato dalla comunicazione, in cui le riviste scientifiche spesso fanno capo a gruppi di lavoro consolidati, riviste come «Palaver», sorte in contesti periferici eppure molto attivi, possono scommettere sulla loro agilità e sul dinamismo dei contenuti. E, lo ribadisco ancora, conta il luogo da cui si guarda, in cui si osserva quel che accade, perché se è vero che l’esperienza vivifica la teoria e ne è guidata, c’è anche un aspetto più intimo e, oserei dire, sentimentale, della comprensione: gli effetti negativi dell’antropocene offrono ampi motivi di discussione e di preoccupazione, ma puoi vedere la morte in azione tra le distese degli ulivi seccati nel Salento; è solo un esempio, se ne possono fare altri: le migrazioni possono essere lette utilmente come dato statistico, ma valla a spiegare statisticamente la disperazione di chi attraversa confini e deserti e si lancia in mare su trabiccoli destinati a non fare ritorno: una gita di piacere, è stato detto. Ciò non significa volersi escludere dalla globalità, anzi, ma restare fedeli, banalmente, a quel comandamento dell’antropologia che recita: non ti fidare, vai a vedere.
Dialoghi Mediterranei, n. 61, maggio 2023
Note
[1] Ecco la scheda con cui Palaver viene presentata nella Pubblication home: «Palaver is a biannual scientific journal published on line by the University of Salento (Lecce, Italia: Coordinamento SIBA – Università del Salento); it has an international scientific committee, and an editorial staff composed of specialists in Cultural Anthropology, Linguistic and Literary Studies. Scientific contributions submitted for publication are peer reviewed, and assigned DOIs if published. Access to the journal is free. Palaver publishes scientific articles related to the various fields encompassed by Cultural Anthropology, Linguistics, Modern Foreign Languages, and covers issues concerned with cultural dynamics, intercultural relations, diasporas and related literary production, migration, and translation»; è accessibile all’indirizzo http://siba-ese.unisalento.it/index.php/palaver/index. Palaver is rated Class A by the Italian Academic Research Evaluation Agency (Anvur) for the area 11/A5».
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Eugenio Imbriani, professore associato di Antropologia culturale e Storia delle tradizioni popolari presso l’Università del Salento (Lecce), afferisce al Dipartimento di Storia, società, studi sull’uomo. I suoi interessi sono orientati allo studio del folklore, ai temi della cultura popolare, della scrittura e dell’esperienza etnografica, ai rapporti tra memoria e oblio nella produzione dei patrimoni culturali e delle identità locali. Ha prodotto numerose pubblicazioni, monografie, saggi apparsi su riviste, in volumi collettanei, atti di convegni; è direttore della rivista “Palaver”; dirige la Sezione etnografica del Museo Civico di Giuggianello (Le). Ha conseguito l’abilitazione nazionale alla prima fascia della docenza.
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