Accarezzare con la mano un vaso, un’ancora, un rostro toccati l’ultima volta dall’uomo duemila e passa anni addietro, ascoltare le storie che – muti – raccontano, rivedere con la mente e col cuore la vita, le battaglie, i viaggi di chi quelle storie ha vissuto. E ringraziare il mare per averceli conservati gelosamente, blanditi con le sue correnti apportatrici di vita, coperti col limo del fondale perché arrivassero a noi simili al giorno che un’onda traditrice, un vascello nemico li affidassero al grembo del Mediterraneo. È una navigazione nella memoria custodita dagli abissi questo libro Euploia. Buona Navigazione (Angelo Mazzotta Editore, Castelvetrano Selinunte, 2015) di Sebastiano Tusa, Soprintendente del Mare per sua tenace volontà e per la lungimiranza – perla rara nel marasma infinito della Regione Siciliana – di un assessore e di un dirigente che agli inizi del XXI secolo hanno creduto a quel progetto innovativo, un po’ temerario, audace certamente, coraggioso, lungimirante e intelligente: la creazione di una Soprintendenza unica dedicata ai tesori sommersi della Sicilia.
Il libro prende a prestito, come titolo, l’iscrizione greca incisa su un ceppo in piombo ritrovato nelle acque di Favignana: ΈΥΠΛΟΙΆ, buona navigazione, buon mare …l’augurio commissionato dall’ignoto armatore alla fonderia che preparava le ancore per le navi del V secolo prima di Cristo. E la navigazione che compiamo con Sebastiano Tusa scorrendo le pagine del libro non è solo buona, ma intrigante, coinvolgente, appassionante. Sembra di essere laggiù con lui – il Soprintendente è anche ottimo sommozzatore – quando tra la posidonia e la sabbia di Cala Minnola a Levanzo affiorano le anfore che un giorno erano colme di vino e di olio e oggi sotto l’occhio vigile delle telecamere subacquee ospitano gamberetti e qualche polpo sfacciato; sembra di vederlo sfiorare le macine perdute da una carretta del mare (ce n’erano pure allora) davanti al Capo di San Vito; tratteniamo il respiro con lui davanti al video che rimanda le immagini dei rostri e delle armi della battaglia delle Egadi, trattenute per quasi duemilatrecento anni dai centoventi metri di quello che i pescatori trapanesi chiamavano “u’ mare ‘quartare” per i tanti reperti finiti nelle reti a strascico calate alla ricerca di aragoste, pagelli e merluzzi.
Chi è andato o va per mare si ritroverà in questo volume corredato da preziose fotografie; chi non è solito andarci non potrà sottrarsi al fascino dei manufatti restituitici dalle profondità marine. Più ancora della terra l’acqua ha saputo preservare dalla corruzione quegli oggetti che un giorno facevano parte degli attrezzi, delle merci e delle suppellettili di bordo: peccato che non sempre l’uomo abbia saputo conservare altrettanto bene ciò che il mare gli ha restituito. Il libro è anche un pamphlet contro l’ignoranza, l’approssimazione, l’ignavia di chi dovrebbe vigilare sulla conservazione dei reperti millenari riportati all’aria.
Scorrendo le pagine di Euploia si effettua anche un periplo nel fantastico viaggio nel tempo raccontato da Tusa: sono le tappe percorse dall’archeologia sottomarina, dall’era pionieristica e anche un po’ piratesca dei subacquei che recuperavano anfore per arredare i salotti e ancore per fonderle e trasformare quel piombo in pesi per le reti dei marinai, alla ricerca super tecnologica effettuata con robot teleguidati e futuristici scanner in grado di disegnare relitti e reperti sommersi da centinaia di metri di acqua.
Apprendiamo così che lungo le coste dell’isola nel IV-III secolo a.C. si lavoravano i tonni e i pagelli per farne pregiata salsa di pesce in vasche foderate da cocciopesto, che oggi però sono quasi del tutto distrutte e difficili da individuare; che a San Vito lo Capo e a Marsala i vascelli del periodo arabo-normanno passavano tanto vicino alla riva da sbatterci contro seminando le tornite anforette sui fondali di alga e sabbia; che a Marettimo un incauto capitano del diciottesimo secolo perse nave a cannoni sulle rocce di Cala Spalmatore; che sui fondali delle Eolie i relitti esplorati coprono un arco temporale di quasi cinquemila anni, dalla preistoria al secolo scorso; che anche una nave colata a picco trent’anni fa oggi rientra fra i beni archeologici sottoposti a tutela.
Non c’è relitto o reperto archeologico trovato sott’acqua nel Mediterraneo (ma anche in tanti altri mari del mondo) che Sebastiano Tusa non conosca, e quelli più rilevanti li troviamo tutti nel libro, che dedica l’ultimo capitolo al “dopo” recupero: la conservazione del bene ritrovato e la sua esposizione per la piena fruibilità. Superfluo in questa sede richiamare i metodi di conservazione, li si potranno apprendere leggendo il volume; una parola invece merita la fruibilità dei reperti. Troppe anfore, ancore, vasi, colonne, statue, sono vietate al godimento degli appassionati e degli studiosi, per non dire dei turisti. Tracce di vita nascoste nei magazzini dei musei, a volte nemmeno inventariate; gettate tra le erbacce dei parchi archeologici; ammassate in sgabuzzini umidi e maleodoranti. Quella di Sebastiano Tusa perché tutto quanto ritrovato sia ammesso alla pubblica fruizione è una battaglia di civiltà e cultura, peccato che spesso si sia scontrata con la inadeguatezza dei finanziamenti, l’ignoranza dei governanti, il mancato adeguamento della legislazione in materia (pur se non mancano positive novità in questo campo).
Buona navigazione al Lettore, e anche all’Autore che saprà certamente ancora rivelarci tanti segreti nascosti tra le onde dei nostri mari.
Dialoghi Mediterranei, n.15, settembre 2015
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Ninni Ravazza, giornalista e autore di diversi volumi sul mare e la sua cultura, è stato per 14 anni il Presidente della Pro Loco di San Vito lo Capo, che ha organizzato col Comune il Cous Cous Fest. Nell’ambito della manifestazione ha tenuto diversi Laboratori del gusto dedicati all’antropologia della pesca e alla gastronomia tradizionale legata ai prodotti del mare siciliano. Ha scritto di salinari, di tonnaroti e di corallari. L’ultima sua pubblicazione è dedicata al noto capitano d’industria Nino Castiglione, Il signore delle tonnare, fondatore della omonima ditta.
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