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Perché la rappresentanza politica dovrebbe imparare dall’ideologia studentesca

Cariche della polizia sugli studenti a Pisa

Cariche della polizia sugli studenti a Pisa

di Fulvio Cozza 

«Non avevo neanche iniziato a parlare che si sono alzati tutti e se ne sono andati» ha dichiarato Luigi Gaglione, studente di Giurisprudenza all’Università di Cassino e rappresentante degli studenti, intervenuto all’inaugurazione dell’anno accademico del suo ateneo. All’evento erano state invitate diverse personalità della politica del Lazio e di quella nazionale, a partire dal governatore Francesco Rocca. Eppure, non appena Gaglione ha cercato di raggiungere il palco per il suo discorso previsto subito dopo l’intervento del Rettore – come mostra l’impietoso video circolato in rete – i vari rappresentanti politici, si sono alzati e hanno guadagnato l’uscita ostruendo persino il passaggio di Gaglione.

Intervistato a caldo dal sito FanPage.it (2024), Gaglione, rappresentante cassinate nel Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, ha raccontato che: 

«L’evento di oggi si è aperto con un saluto da parte del governatore Rocca, è continuato con l’intervento del rettore. Poi è stato il mio turno. E sono andati tutti via […] Saranno rimasti una ventina di minuti, poi, quando mi hanno presentato, si sono alzati e hanno lasciato l’aula. Però hanno scattato le loro foto e pubblicato i loro post, ora in bella vista sui social. […] Non so perché l’abbiano fatto. Ma è chiaro che fossero poco interessati ad ascoltare le istanze degli studenti […] Il discorso previsto è stato stampato su alcuni libretti appoggiati ad ogni sedia. C’era quello del rettore, del dirigente del personale tecnico amministrativo e anche il mio. Voglio pensare che si siano alzati per non ascoltare me, visto che il mio si presentava come un discorso un po’ provocatorio. Voglio sperarlo, almeno. Altrimenti vuol dire che da parte loro c’è completo disinteresse verso quello che pensano gli studenti. E una regione con così tanti atenei e studenti non se lo può permettere». 

Al di là del grado di provocazione del discorso di Gaglione – aspetto che credo in un contesto di discussione democratica non giustifica alcun rifiuto ad ascoltare, specialmente se ciò è espresso da chi gode di un potere incontestabilmente superiore – il comportamento delle personalità della politica e del governo che si è visto a Cassino può essere collocato all’interno della medesima tendenza che si è vista in altre città come a Torino ad ottobre 2023, a Roma ad aprile 2024 ma specialmente a Pisa allorquando, lo scorso 23 febbraio, un gruppo inerme di studenti adolescenti è stato duramente manganellato dagli agenti di polizia in assetto antisommossa.

Grossomodo le ragioni addotte per rifiutare o reprimere la voce dei giovani e degli studenti sembrano ruotare intorno a tre retoriche di senso comune, le cui tracce possono essere individuate nella storia italiana almeno a partire dagli anni Sessanta (ma forse occorrerebbe riavvolgere il nastro della storia fino agli albori della nazione): nel primo caso si asserisce che utilizzando la violenza o linguaggi violenti gli studenti non rispettano le regole del dissenso democratico; nel secondo caso l’opposizione alle idee degli studenti è basata sulla constatazione che il loro punto di vista è espressione di un privilegio che li pone fuori dal mondo reale; nel terzo caso, in modalità analoghe, si tende a dire che il punto di vista degli studenti è inaccettabile perché fortemente ideologico.

Piuttosto che alla pacifica realtà studentesca contemporanea nella quale gli scontri violenti si registrano sistematicamente come frutto della repressione delle forze dell’ordine, mi sembra che le ragioni espresse dal primo e dal secondo tema si rifacciano ad una lettura del presente secondo i topoi degli anni di piombo. Infatti, non solo il mondo odierno della rivendicazione studentesca è politicizzato e militante in maniera molto diversa rispetto alle stagioni del ’68, del ’77 e del ’90, ma ad essere cambiata fortemente è la stessa condizione sociale degli studenti – tutt’altro che raffigurata come elitaria – così come il valore simbolico che la società attribuisce all’istruzione universitaria. Per rendersene conto basta semplicemente prestare attenzione al settore della ristorazione e dei locali notturni delle grandi città universitarie, là dove la manodopera degli studenti figura fianco a fianco a quella degli stranieri (con tutte le criticità contrattuali e i rischi di sfruttamento del caso).

Insomma, nell’Italia di oggi l’equazione tra privilegio di classe e frequentazione universitaria non solo sembra registrare un’inversione di tendenza (con il privilegio che spesso viene esibito dalla rinuncia a frequentare l’università o perlomeno quella pubblica), ma come mostrano bene i trend dei social media che motteggiano le miserie della “vita da studente”, è lo stesso prestigio conferito dall’istruzione studentesca ad essere stato fortemente ridimensionato in favore di modelli imprenditoriali ispirati a stili self-made. Che ci piaccia o meno, non c’è laurea in medicina o in giurisprudenza che possa reggere il paragone col successo riconosciuto a coloro i quali hanno accumulato milioni di follower su Instagram o TikTok. Paradossale poi tacciare di classismo gli studenti che protestano e manifestano per la causa della giustizia sociale e dunque per il bene degli ultimi e dei più fragili.

9788815284259_0_536_0_75Per quanto riguarda l’uso di codici comunicativi inappropriati per manifestazioni sempre pacifiche, non solo credo che in una società democratica questo genere di panico morale non dovrebbe avere luogo (specialmente se si tiene in considerazione l’immane potere comunicativo di cui godono i gruppi contestati dagli studenti), ma trovo che tali argomentazioni rasentino il ridicolo sia perché gli episodi di scontro non intaccano minimamente le ragioni delle rivendicazioni, ma soprattutto perché la stragrande maggioranza dei leader che hanno avuto successo elettorale in Italia hanno impostato le loro campagne elettorali sulla coltivazione dell’odio viscerale per un nemico visto come “comunista”, “terrone”, “della casta”, “rosicone”, “populista”, “straniero”, “musulmano”, etc. (si noti il potenziale di violenza scatenabile dal fatto che non sempre tali “nemici” possono godere del privilegio di vivere serenamente protetti dalle persone che li odiano).

Passiamo dunque al terzo tema, quello dell’ideologia, il quale perlomeno entra nel merito delle questioni politiche sollevate dagli studenti, invece che attaccare il loro modus operandi (la supposta violenza) o la loro condizione sociale (la loro supposta condizione privilegiata). Prima di tutto bisogna ammettere che rigettare le istanze degli studenti per eccessiva ideologia suona un po’ come asserire che occorrerebbe rifiutare le ragioni di chi pensa per eccessiva attività cerebrale. Infatti, per richiamarsi alle magistrali parole di Clifford Geertz su questo tema: 

«L’animale che fabbrica attrezzi, ride o mente – l’uomo – è anche l’animale incompleto o per meglio dire che si autocompleta. Autore della propria realizzazione, dalla propria capacità generale di costruire modelli simbolici crea le abilità specifiche che lo definiscono. O – per tornare al nostro discorso – è attraverso la costruzione di ideologie, immagini schematiche di ordine sociale, che l’uomo fa di se stesso, per il meglio e per il peggio, un animale politico» (Geertz 1998: 254). 

Riferirsi all’ideologia come ad una forma trasfigurata e difettosa di pensiero conduce dunque al vicolo cieco di non riuscire a comprendere gli umori del gruppo sociale che la esprime, magari secondo un codice comunicativo desueto ma non per questo meno ancorato alla realtà di altri. Peculiarità di ogni ideologia è dunque: 

«il tentativo di rendere significative delle situazioni sociali altrimenti incomprensibili, di interpretarle in modo da rendere possibile agire con uno scopo nel loro ambito, [è ciò] che spiega la natura estremamente figurata delle ideologie e l’intensità con cui sono mantenute, una volta accettate. Come una metafora estende il linguaggio ampliandone la sfera semantica, permettendogli di esprimere significati che non si può esprimere almeno in senso letterale, così lo scontro frontale dei significati letterari nell’ideologia – l’ironia, l’iperbole, l’antitesi esagerata – fornisce nuove cornici simboliche in cui inserire “le cose poco familiari” che, come un viaggio in un Paese straniero, sono prodotte da una trasformazione della vita politica» (Geertz 1998: 256-257). 
da Il Corriere della Sera

da Il Corriere della Sera

Una volta appurato che l’ideologia degli studenti rappresenta e significa la realtà al pari di altre, non resta dunque che interrogarsi sui motivi che rendono proprio questa ideologia particolarmente inaccettabile da parte dei rappresentanti della politica e dunque di una parte importante dello già sfiancato corpo elettorale. Ad influire su questa tendenza alla trasfigurazione dell’ideologia degli studenti concorrono sicuramente l’età media degli italiani – in strutturale carenza di giovani – e il relativo conservatorismo che caratterizza certi gruppi sociali, i quali magari possono guardare con preoccupazione a quelle istanze studentesche miranti – almeno sul piano retorico – a rivoluzionare il mondo e dunque a minacciare la tenuta di quella posizione sociale privilegiata spesso ottenuta dopo tanti sacrifici.

Si tratta di questioni che senza dubbio influiscono sulla mancanza d’ascolto dell’ideologia studentesca, eppure mi sembra che di per sé queste non riescano a spiegare la rarità dell’assunzione delle tematiche studentesche nell’agenda della rappresentanza politica. Non riescono a spiegarlo sia perché nella dimensione locale non mancano i casi nei quali l’attivismo dei giovani è entrato in sinergia con la politica dei partiti (in alcuni casi guadagnando la scena nazionale), sia perché – magari peccando di ingenuo ottimismo – mi sembra che questa contrapposizione tra la politica dei giovani sognatori e quella dei vecchi tradizionalisti faccia riferimento ad un assetto socioculturale italiano che non esiste più.

Francamente, nel mondo contemporaneo, apparirebbe del tutto anacronistica la storia di un figlio o una figlia che vengono cacciati di casa per aver scelto di seguire un sentiero diverso da quello auspicato dai genitori. Infatti, dalla stampa e dai social media si levano cori di grave indignazione ogniqualvolta vengono riportate notizie del genere; mentre nelle memorie di chi ha partecipato al ’68, la rottura con i genitori – spesso con il padre – è il “classico” momento catartico dell’ottenimento di una nuova vita all’insegna della libertà. I genitori di oggi, invece, nelle diatribe scolastiche e/o universitarie – sia nel bene che nel male – tendono a schierarsi con i loro figli piuttosto che con gli insegnanti, e tale tendenza non fa altro che sancire il compimento di una decisiva mutazione nei modi di percepire l’autorità dello Stato, i criteri che definiscono un buon cittadino e i valori che occorre possedere per essere accettati in una comunità. Se ciò corrisponde al vero allora può darsi che il cambiamento desiderato dai figli universitari venga appoggiato dai genitori e magari anche dai nonni. Perché questa tendenza non può tradursi nei termini della scelta di temi da inserire nell’agenda della rappresentanza politica? Perché non mettere a frutto le energie di uno dei pochi gruppi sociali che continua ad interessarsi di politica dopo lo scollamento tra partiti nazionali e territorio?

giovani-e-politica-scaledMi sembra allora che la difficoltà di accettare l’ideologia dei giovani studenti da parte della rappresentanza politica stia proprio nella pregnanza di tali idee, cioè nel fatto che queste paradossalmente descrivono la realtà della vita quotidiana con maggiore fedeltà delle narrative dei rappresentanti politici, illustrando tutte le imperfezioni e le dissonanze del potere, mettendo in scena forme decisionali alternative e idee di inclusività meno goffe e ingessate – anche se a volte più discontinue – di quelle proposte dalle istituzioni e dalla politica delle organizzazioni rappresentative.

Sempre più assetata di celebrazioni social e sempre più terrorizzata dalla possibilità di perdere la selezione dei temi da dibattere e con essi il controllo della propria autorappresentazione (basti guardare i servizi televisivi nei quali i politici si limitano a declamare un testo senza che sia loro posta alcuna domanda), alla rappresentanza politica non resta allora che trasecolare innanzi alla realtà delle proteste studentesche e continuare a raccontare una serie di verità idilliache – scevre di ogni conflitto e dunque senza il sale della discussione animata – sperando che nessuno si accorga della polvere sotto il tappeto.

Come mostrano i dati sull’affluenza alle urne o l’atteggiamento disilluso che pervade tutte le promesse dei politici, il sospetto fortissimo è che gli elettori e le elettrici abbiano già smascherato il trucco. Il dubbio allora è che per poter scongiurare la caduta in avvitamento della credibilità riconosciuta alla rappresentanza politica e con essa all’efficacia dell’azione di governo, questa debba comunicare con l’universo extraparlamentare e imparare dalla lotta politica dei giovani studenti e delle giovani studentesse. Un modo di fare politica reale, che si preoccupa delle questioni locali ma con uno sguardo all’universale, vicina ai temi del cambiamento e dell’inclusività, temi che ancora riescono ad appassionare i giovani sempre più disillusi e disinteressati a discutere di politica e di valori politici.

La speranza insomma è che la rappresentanza politica faccia piazza pulita della propria asfittica autocelebrazione mediatica e della propria ideologia cripto-reazionaria per divenire interprete realistica della cosa pubblica e delle relative questioni ritenute ideologicamente importanti ed entusiasmanti.

Dialoghi Mediterranei, n. 67, maggio 2024 
Riferimenti bibliografici
Geertz, C., 1998, Interpretazione di Culture, Bologna: Il Mulino. 
Sitografia
(FanPage.it, 2024)
https://www.fanpage.it/roma/il-rappresentante-degli-studenti-alluniversita-di-cassino-inizia-a-parlare-rocca-si-alza-e-se-ne-va/ 

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Fulvio Cozza, PhD in Antropologia culturale ed Etnologia presso la Sapienza Università di Roma, è assegnista di ricerca presso l’Unistrasi – Università per Stranieri di Siena nell’ambito del progetto “Memoria Orale e Etica dell’Archeologia a San Casciano dei Bagni”. I suoi studi riguardano l’antropologia della vita quotidiana, le pratiche archeologiche, i patrimoni culturali e il senso dei luoghi.

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