di Angelo Pitrone
Favara mi ha sempre incuriosito.
Vivo ad Agrigento, a pochi chilometri da Favara, l’ho sempre frequentata fin dagli anni sessanta quando con la parrocchia si facevano i ritiri al seminario di Favara. Poi negli anni settanta, gli anni di via Agrigento, delle comunità di base. Adesso grazie alle proposte culturali della FARM dei coniugi Bartoli e degli incontri letterari della Medinova di Antonio Liotta.
È sempre stata una grossa comunità in trasformazione, con una grande voglia di crescere e svilupparsi. È qui che ho conosciuto i primi rudimenti fotografici della camera oscura, grazie ad un caro amico, prematuramente scomparso, Pasquale Castellana. Ed è ancora a Favara che ho visto la prima mostra di Mario Giacomelli al Castello Chiaramontano, nei lontani anni settanta.
In questi ultimi decenni Favara ha visto il fiorire di numerose attività commerciali di beni di consumo anche di importanti marchi nazionali, divenendo un punto di riferimento commerciale per tutto l’hinterland, capoluogo compreso.
Ovviamente questa crescita vertiginosa ha portato con sé anche delle distorsioni palesi, come un abnorme ed incontrollato sviluppo urbanistico, di gran lunga superiore alle sue reali necessità.
Queste cose hanno fatto di Favara un paesaggio unico, rendendolo particolarmente stimolante per un fotografo di luoghi come me.
Da pochi anni a questa parte, purtroppo a seguito di un evento luttuoso, il crollo di una vecchia abitazione nel centro del paese dove persero la vita due giovani sorelle, Favara ha intrapreso un’opera di risanamento urbanistico e culturale.
Girando tra i quartieri alla ricerca di queste immagini, ho trovato negli sventramenti delle case l’intimità domestica di una popolazione che le ha dovute abbandonare anche per lavorare, fuori dalla Sicilia. Ma anche delle suggestioni estetiche, determinate da casuali accostamenti di macchie e di linee, e di cromatismi del tutto spontanei determinati dagli agenti atmosferici.
Oggi tutto questo si presenta anche con interventi sparsi di tipo artistico, grazie al polo magnetico generato dal Farm Cultural Park, meta di artisti, architetti e creativi provenienti da tutto il mondo. Ma la FARM, come scrivevo prima, non è l’unica realtà innovativa sorta in questi anni.
Sulla centrale via Vittorio Emanuele, è nato il Museo della Mandorla, progettato dagli architetti Carmelo Muratore e Salvatore Mongiovì, per l’associazione culturale Essence of Sicily. Un polo turistico e culturale, legato alla tradizione alimentare dei dolci di mandorla e non solo, anche il pistacchio, uno degli elementi che costituiscono la florida e conclamata tradizione dell’agnello pasquale. Il museo propone, attraverso una innovativa comunicazione multimediale e multisensoriale, corsi e incontri con bambini e adulti di tutte le latitudini.
Altro contenitore d’eccellenza, utilizzato soprattutto per mostre d’arte contemporanea e incontri culturali, è Palazzo Cafisi nei pressi della centrale piazza Cavour.
Ma Favara è anche una fucina di giovani ed innovativi architetti ed imprenditori, come Lillo Giglia, che stanno cambiando il volto del centro del paese, con progetti di rigenerazione urbana come il Quid ospitato alla Biennale dell’Architettura di Venezia del 2018, insieme ad un altro importante progetto architettonico, a cura degli architetti ragusani Gaetano Manganello e Carmelo Tumino, realizzato nel cuore del centro storico: l’Hotel Alba Palace.
Oggi Favara si avvia ad essere un centro turistico di eccellenza a due passi dalla mitica Valle dei Templi, con un’offerta culturale di qualità ed alternativa a quella tradizionale offerta dai musei della vicina Agrigento. Proponendo l’arte contemporanea come nelle migliori città europee.
Ho trovato molte similitudini tra Favara e i paesi del post-terremoto del Belice, soprattutto con Gibellina. Entrambe colpite da eventi negativi, ma entrambe risorte nell’arte.
Tra i luoghi del patrimonio storico e culturale Favara offre anche una serie di siti archeologici di grande interesse tra cui una importante villa romana, e necropoli preistoriche e romane, nonché notevoli chiese, la preziosa biblioteca del barone Mendola e il castello chiaramontano.
Ma uscendo dall’immagine consolidata delle eccellenze culturali della tradizione, ho scelto i luoghi del cambiamento, della contemporaneità, dove si incontrano in apparente contraddizione il passato e i progetti di una nuova possibile alternativa economica e culturale.
Certo il cammino è appena iniziato a Favara, ma credo sia inarrestabile. La voglia di crescere, e di porsi come riferimento di sviluppo possibile a livello regionale e non solo, fa di questi luoghi un laboratorio di bellezza e di una consapevolezza nuova del cambiamento, che non si può che condividere e cercare di raccontare.
Io l’ho fatto con queste immagini.
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Angelo Pitrone, si occupa di fotografia fin dagli anni Settanta. Negli anni Ottanta pubblica un volume sul territorio di Agrigento: Viaggio nella Sicilia di Pirandello, per l’editore fiorentino Vallecchi (1984), e, più avanti, l’album fotografico Palermo Bandita (Sciascia ed.1997), con un testo di Giuseppe Tornatore. Nel 1998 appare Pirandello e i Luoghi del Caos, con lo scrittore Matteo Collura, sul paesaggio del Caos, esponendo per la prima volta una mostra fotografica nella Casa Natale di Luigi Pirandello. Altri titoli: Solarium (2001), L’isola del mito (2000), I luoghi del romanzo (2004), Linea di terra (2005), Migranti (2006), Viaggio d’acqua (2006), La città degli angeli (2006), Convivio (2007), Berlino, oltre il muro ( 2009), Migranti (2009), Palermo Cordoba andata e ritorno (2011), Cefalù (2012), Favara. Storia di una rigenerazione possibile (2019). Dal 2001 al 2008 ha insegnato “Storia e Tecnica della Fotografia” presso la facoltà di Lettere dell’Università di Palermo.
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