La Scuola del fumetto opera a Palermo da dieci anni e si occupa di fumetti, illustrazioni, animazioni e di tutto ciò che riguarda il disegno. In quanto studio d’animazione Grafimated Cartoon, conta già alcune importanti collaborazioni nella produzione di lungometraggi animati come, ad esempio, La Gabbianella e il Gatto e Aida degli alberi. Due anni fa questo stesso studio ha realizzato I vespri siciliani, un cortometraggio di circa venti minuti su uno dei fatti cruciali più dibattuti della storia della Sicilia. Questo filmato è stato interamente prodotto in Sicilia e vi hanno collaborato anche alcuni fra gli alunni ed ex allievi della stessa scuola. In questa intervista abbiamo scambiato qualche opinione con Alessandra Ragusa, che, insieme ad Antonino Pirrotta, è la regista de I vespri siciliani, e con Salvo Di Marco, direttore didattico della scuola, per conoscere meglio questa importante e originale realtà siciliana.
Come nasce l’idea di realizzare un cortometraggio su I vespri siciliani?
A.R.: «L’idea nasce qualche anno fa, dopo aver ascoltato l’Overture de I vespri siciliani di Giuseppe Verdi, durante il concerto d’inaugurazione della nuova apertura del Teatro Massimo. L’Overture ci piacque molto e pensammo così di realizzare un film d’autore, basato solo sulla musica, senza testi né dialoghi. Purtroppo, per motivi di tempo, di budget e perché a quel tempo ci mancavano anche gli strumenti necessari, come la tavoletta grafica o il computer, decidemmo di fermarci. Quando invece uscì il bando della Film Commission Sicilia, abbiamo deciso di tirare fuori il progetto su I vespri siciliani, naturalmente cambiandolo e adattandolo, per essere poi visto sia dai bambini sia dagli adulti. Da lì abbiamo cominciato a occuparci di scrivere la sceneggiatura, i dialoghi, ecc. Questo bando, infatti, offre contributi per i cortometraggi che devono essere realizzati in Sicilia e che abbiano come tematiche, storie, documenti o comunque cose che riguardano la Sicilia».
C’erano delle manifestazioni per cui avevate pensato di proporre la visione de I vespri siciliani?
A.R.: «Il cortometraggio è stato prodotto da Grafimated cartoon con il contributo della Film Commission Sicilia e dell’Assessorato Regionale allo Sport, Turismo e Spettacolo. Una volta terminato, dovevamo prima consegnarlo a loro e poi presentarlo ufficialmente al pubblico. La presentazione è avvenuta presso il Centro Sperimentale al quale è accorsa tantissima gente, a tal punto che abbiamo riempito le due sale in cui è stato proiettato il cortometraggio e poi abbiamo fatto un’altra replica per tutti quelli che erano rimasti fuori. Avevamo, poi, pensato di distribuire il cortometraggio nelle scuole, ma non è stato possibile perché ci mancavano i mezzi per farlo. Abbiamo fatto solo una piccola distribuzione del dvd del film nelle edicole e siamo riusciti a venderne circa 150-200 copie, nonostante non potessimo contare sulla pubblicità. Qualche altra copia si riesce sempre a venderla nelle fiere, come ad esempio in occasione di Luccacomics, presso Lucca, o a Etnacomics, presso Catania».
L’opera I vespri siciliani è, quindi, una produzione interamente siciliana. Potrebbe essere un punto d’inizio per la nascita di un vero e proprio movimento d’animazione siciliana?
A.R.: «Lo speriamo, però, l’animazione in Italia, come molte altre iniziative, è decentralizzata nei Paesi stranieri, dove la mano d’opera costa meno. In Italia, è rimasto ben poco come lavoro d’animazione e, se rimane qualcosa, pagano veramente poco. Chi vuole fare animazione è costretto ad andare fuori e, di conseguenza, abbiamo perduto tanti ragazzi bravi formati che non possono aspettare, una volta in media ogni due anni, che arrivi un lavoro».
Quali sono i progetti per il futuro?
A.R.: «In questo momento stiamo lavorando a un documentario su Selinunte con scene dal vero del sito archeologico con inserti animati in 2D e in 3D. Ad esempio, abbiamo cercato di ricostruire l’Acropoli in 3D, provando a riportarla all’antico splendore. Selinunte, all’epoca, era una città molto importante e molto popolata per quei tempi. Abbiamo consultato i libri, in cui c’erano le mappe antiche di Selinunte. Dove, ad esempio, abbiamo il reperto, ricostruiamo quello che c’era, dove invece il reperto non c’è, cerchiamo di ricostruirlo come poteva essere».
Avete un sogno che vorreste realizzare come cartone anonimato?
A.R.: «Noi abbiamo un progetto che riguarda un lungometraggio d’animazione. Quest’ultimo è già qualcosa di molto più complesso e difficile di quanto già lo sia un cortometraggio, proprio dal punto di vista dell’organizzazione. La storia l’abbiamo tratta da un fumetto di Silvestro Nicolaci, Favola di Palermo ed è la vicenda in chiave favolistica di Paolo Borsellino e Rita Atria. Se proprio non dovessimo riuscire a realizzare un lungometraggio, sarebbe bello farne uno speciale per la TV o anche un cortometraggio».
Si dice sempre che dietro una grande storia c’è una grande idea. Vi chiedo, come nasce l’idea di aprire una scuola del fumetto a Palermo?
S.D.M.: «L’idea è nata durante le produzioni sopra accennate cui abbiamo collaborato. Avendo quindi cominciato a lavorare a queste produzioni, avevamo bisogno di una mano. Quindi, abbiamo iniziato a mettere alla prova alcuni ragazzi proprio perché avevamo bisogno di qualcuno che ci aiutasse. Perciò, abbiamo pensato di fare dei corsi di formazione ai ragazzi in modo da inserirli in alcune produzioni, perché non basta sapere solo disegnare nell’animazione. È necessario, infatti, conoscere questo settore specifico del lavoro, un laboratorio dove si apprendono le tecniche del disegno, dell’animazione, dell’illustrazione, della regia, dell’editoria, ecc. Abbiamo, quindi, pensato di aprire una scuola vera e propria e abbiamo preso contatti con la Scuola del fumetto di Milano che ci ha proposto di affiliarci a loro e ci ha dato gli strumenti necessari per inaugurare una scuola del fumetto qui in Sicilia. Infatti, c’erano tanti ragazzi siciliani che andavano a Milano ma che poi per varie ragioni non ce la facevano a proseguire con gli studi. Sono passati circa dieci anni da quando abbiamo iniziato a collaborare con questa scuola di Milano e molti ragazzi che hanno studiato qui da noi oggi lavorano in questo settore. È bello vedere che i ragazzi che hanno frequentato da noi facciano poi come mestiere quello che abbiamo loro insegnato».
Nei vostri volantini, definite il vostro insegnamento simile al lavoro di bottega, idea tipicamente medievale. Potete spiegarlo?
S.D.M.: «Noi siamo, fondamentalmente, artigiani del disegno ed, essendo artigiani, possiamo insegnare agli allievi non solo la teoria ma anche la pratica di quello che è un mestiere vero e proprio, facendolo insieme. I nostri corsi sono veri e propri laboratori in cui docenti e alunni condividono tutto ciò che è disegno. Noi ci occupiamo di fumetti, di animazione, di illustrazioni, ma nulla ci vieta anche di occuparci di ciò che riguarda la grafica pubblicitaria, il disegnare giocattoli, costumi per il teatro, personaggi dei videogiochi, ecc. Tutto quello che è legato al disegno è il nostro mestiere. I ragazzi sono preparati da docenti che hanno una forte esperienza professionale nel campo del disegno e che collaborano con case editrici come Marvel, Disney, Bonelli, Panini, Tunué e Castleman. L’insegnante non mostra ai ragazzi solo ciò che va fatto, ma glielo fa vedere nella pratica in modo che gli alunni apprendano quella determinata tecnica così da essere in grado di metterla in pratica. Noi chiediamo ai ragazzi di che cosa si vorrebbero occupare, fra fumetto, illustrazione o animazione. Tuttavia, essendo il disegno un campo così vasto che presenta tante varietà d’impiego, c’impegniamo a fargliele conoscere tutte. Il concetto d’insegnamento in bottega è proprio basato sul fatto che, studiando qui da noi, si conoscono tutte le sfumature che riguardano il disegno e il mondo del lavoro che gli ruota attorno».
È una scuola, quindi, che non solo insegna nozioni ma soprattutto tanta pratica e che prepara per il futuro. Come sono organizzati i corsi della scuola?
A.R.: «Il corso professionale dura 3 anni per 8 mesi l’anno, ogni giorno per 4 ore. Il primo anno è molto difficile, perché i ragazzi che entrano a scuola, pensano di saper disegnare e quindi di possedere già delle certezze. Invece, nel corso dei mesi, comprendono che il disegno è qualcosa di molto più complesso e quindi molte delle loro certezze cadono a favore di una nuova formazione che poi è quella che li farà diventare disegnatori professionisti. Le materie fondamentali sono Anatomia e Prospettiva perché, se non apprendi e conosci bene le nozioni di entrambe le materie, le difficoltà che si presentano in seguito non sono poi superate. Sapere disegnare significa, ad esempio, conoscere la struttura del corpo umano, dei muscoli, ecc. I nostri docenti fanno in modo che questi concetti siano appresi dai nostri alunni e quando essi sbagliano o non fanno gli esercizi assegnati, sono richiamati duramente, perché devono capire dove sbagliano e quindi non ripetere più lo stesso errore. Inoltre, alla fine del triennio, gli alunni presentano un loro progetto editoriale a una commissione composta anche da alcuni editori. In quest’occasione, essi vengono notati perché quello è il loro primo contatto con il mondo del lavoro».
Qual è il messaggio che vorreste dare a tutti coloro che sanno disegnare e che non conoscono la vostra scuola o se magari ne hanno sentito parlare, pensano che non valga la pena dedicarsi al disegno perché credono che non serve a nulla?
A.R.: «A volte i primi ad essere scoraggiati più che i ragazzi sono proprio i genitori che non credono che questo mestiere possa diventare un lavoro. Spesso, gli alunni vengono a parlare con noi insieme ai loro genitori per chiedere delle informazioni sia sui corsi sia sulle prospettive future. La prima cosa che noi diciamo, è che la nostra scuola non è legalmente riconosciuta. Il diploma che rilasciamo non è un diploma che serve per i concorsi. La nostra è una scuola privata, a pagamento, che prepara e forma i ragazzi insegnando loro il mestiere del disegnatore, anche perché agli editori non interessa sapere che scuola hai fatto, ma che cosa sai fare. In questo mestiere, come in tutti i lavori, è necessaria la gavetta, ma nel corso degli anni i ragazzi veramente bravi emergono e le possibilità d’impiego di conseguenza si trovano».
S.D.M.: «Noi, come scuola, non possiamo promettere di far trovare il lavoro a tutti i ragazzi, ma ci impegniamo ad avviarli a quest’impiego mettendoli in contatto con le case editrici di cui si è detto sopra. Abbiamo, ad esempio, già dei ragazzi che lavorano per la Disney. Questo è un mestiere di merito che non tiene conto dell’età perché, se un disegnatore è veramente bravo e capace, è subito notato, anche perché l’editoria cerca disegnatori preparati e non li cerca solo in Italia, ma in tutto il mondo. Noi, infatti, non lavoriamo solo con le case editrici italiane, ma anche per case francesi, spagnole e americane. Quando le case editrici ci contattano, ci fanno fare i provini, chiedendoci di dimostrare quel che sappiamo fare. Di conseguenza, otteniamo il lavoro non perché siamo stati segnalati da qualcuno ma perché abbiamo dimostrato la qualità del nostro lavoro. Inoltre, abbiamo anche l’abitudine d’invitare, qui a scuola, i principali rappresentanti dell’editoria, in modo che siano loro stessi ad individuare i migliori talenti tra chi frequenta i nostri corsi. E, tanto per fare un esempio, lo scorso anno abbiamo avuto il piacere di ospitare Davide Catenacci, caporedattore di Topolino, che è venuto da noi per tenere delle lezioni e visionare i lavori di alcuni nostri corsisti».
Dialoghi Mediterranei, n. 14, luglio 2015
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Marco Sanfilippo, laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Palermo, con una tesi in Storia della filosofia araba (relatore Giuseppe Roccaro), nel 2009 ha conseguito il titolo di sceneggiatore presso la Scuola del fumetto di Palermo. Attualmente si sta dedicando alla scrittura creativa e allo studio della Teoria dell’Intelletto di Averroè.
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