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“Studi Storici Siciliani” e gli Archivi plurali della memoria, tra cartaceo e digitale

coverdi Gero Difrancesco 

A volte risulta difficile spiegare la funzione di una rivista storica rivolta per lo più ad una nicchia di studiosi, accademici e non, con una cadenza periodica ristretta, quasi a voler forzare la mano della ricerca e della riflessione. Ed è quello che succede alla rivista Studi Storici Siciliani che ormai opera su supporto cartaceo da più di due anni, con una cadenza trimestrale e con un quantitativo di argomenti (e di pagine) così corposo da stupire il lettore prima ancora di compiacere i redattori e i collaboratori in genere per il conseguimento degli obiettivi.

A dire il vero la datazione iniziale della Rivista affonda ancora di più nel tempo, ricollegandosi con un primo tentativo a carattere semestrale iniziato nel 2014 e completatosi nel 2020. Il cambio di redazione e del comitato scientifico, la registrazione presso il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, l’affidamento della direzione editoriale ai due condirettori Marcello Saija e Gero Difrancesco, ha poi avviato il cursus attuale, che vede già pronto il numero doppio, primo esemplare del 2023, dedicato per intero al fascismo siciliano degli anni Trenta.

Risulta difficile ma non impossibile, raccontare l’esperienza di questo periodico, fondata sulla collaborazione culturale di storici professionisti provenienti dall’insegnamento universitario e medio superiore con storici amatoriali molto spesso proiettati sulla microstoria e sulla ricerca archivistica tout court, che ha permesso di approcciare al mondo della storia con una pluralità di vedute, aiutando a rendere il “prodotto culturale” originale e fortemente innovativo.

Il team di studiosi ha prediletto infatti la storia induttiva, limitata al perimetro insulare, avulsa da condizionamenti ideologici, ma capace di cogliere gli aspetti variegati di una popolazione e di un territorio in corsa, lenta ma costante, verso la cosiddetta “modernità”. E lo ha fatto insieme, senza remore e pregiudizi scegliendo di avvalersi della documentazione proveniente non solo dai giacimenti istituzionali depositati negli Archivi di Stato e negli Archivi di Enti locali (comunali, provinciali, camere di commercio) ma anche di quelli reperiti negli archivi religiosi e privati (a volte non sottoposti neanche a tutela) di casati, di aziende economiche, di associazioni politiche, culturali e sociali.

278232118_1336980060118376_2133034602518556620_nFin dalla copertina, che ripropone in ogni numero un momento storico siciliano fissato su un documento fotografico (la cui spiegazione viene fatta seguire immediatamente nella prima rubrica appositamente chiamata “Documento fotografico”), la Rivista ha manifestato la sua peculiarità, annunciando al lettore un aspetto della storia, tra il cognitivo e l’emozionale, la cui suggestione prepara all’elemento descrittivo, a quello critico: alla contestualizzazione.

Seguono i saggi veri e propri, che esprimono il valore della ricerca, la sua armonizzazione, il suo risultato. In essi, di fatto, risiede l’essenza della Rivista in quanto strumento di diffusione di quei lavori storici, editorialmente impossibilitati a costituire una singola unità bibliografica, pur nella loro alta valenza scientifica e nella loro originalità. L’impegno degli autori, interni o esterni all’organigramma redazionale, diventa per ciò un vero e proprio “impegno propulsivo” di analisi e di riflessioni, che non lascia spazi a rallentamenti e adagiamenti, né tanto meno a statici, quanto narcisistici autocompiacimenti.

Una importanza notevole il comitato di redazione ha anche attribuito, nella sequenzialità delle rubriche, all’analisi critica delle fonti, alla verifica dell’attendibilità, prima dell’utilizzazione, con la redazione di uno specifico quanto sintetico regesto, utile non solo alla comprensione della provenienza archivistica, ma immediatamente esplicativo del contenuto documentale. La rivista pubblicizza in questo modo le sue fonti documentarie e le rende note ai lettori per suggerire le chiavi interpretative di ogni pièce e i suoi connotati scientifici.

Non è stato trascurato in ogni caso lo spazio assegnato ai memorabilia che aiutano in diverse occasioni a sciogliere i rebus della storia, sebbene siano stati accuratamente utilizzati, come ogni fonte memorialistica, per evitare travisamenti di fatti e valutazioni soggettive interessate. Completano la Rivista gli inviti alla lettura e le recensioni bibliografiche che offrono quanto più di meglio e di recente possa offrire l’editoria sulla storia moderna e contemporanea della Sicilia.

323456160_856561602251919_7446944589944425525_n«Tra gli obiettivi editoriali, particolare attenzione abbiamo voluto dedicare all’approccio biografico, genere assai sottovalutato in Italia, che però ha dato risultati significativi altrove» affermano Marcello Saija Gero Difrancesco nell’editoriale congiunto al primo numero del 2021 e «ci siamo riusciti» (aggiungono attingendo in modo esplicativo ai diversi numeri della Rivista) con la fisionomia scientifica di Jeannette Villepreux Power (Michela D’ Angelo), con quella del poliziotto sociologo Giuseppe Alongi (Gero Difrancesco), dell’uomo politico e giornalista Ludovico Fulci (Marcello Sajia), dell’arcivescovo Paino (Maria Teresa Di Paola), delle donne straniere (Charlotte Gower Chapman, Louise Hamilton Caico e Jessie White Mario) nel cuore della Sicilia (Sonia Zaccaria), di Paolo Florio e la rete dei bagnaroti (Rosario Lentini), del partigiano Pompeo Colajanni  (Filippo Falcone), del rivoluzionario Francesco Bentivegna (Santo Lombino). Altrettanto interesse abbiamo riversato sulla storia dell’emigrazione con gli articoli di Grazia Messina, i memorabilia di Marcello Saija e tanti altri contributi espressi dal vasto numero di collaboratori di cui la Rivista si è avvalsa.

In sintesi è lecito affermare che risulta concretizzata la strategia della Rivista nel fornire alla Sicilia una storia laica, priva di paraocchi ideologici, imperniata sulla ricerca documentaria, portatrice di elementi critici rispetto alle interpretazioni precedenti, specialmente nei riguardi dell’emigrazione transoceanica, laddove sono stati modificati luoghi comuni che attribuiscono solo a scelte politiche le cause strutturali dell’emigrazione, colpevolizzando i governi nazionali per l’incapacità di procurare il necessario ai propri figli.

Attraverso le intuizioni e le verifiche documentarie della rivista sono state poste in evidenza le cause di un fenomeno davvero complesso di natura internazionale prodotto per molti versi dalle esigenze dell’industria nordamericana e dell’agricoltura latino americana, e successivamente dalla regia delle compagnie di navigazione.

Ecco spiegati dunque la funzione e lo scopo di Studi Storici Siciliani che partendo dall’introspezione territoriale, senza schemi mentali precostituiti, fornisce elementi di riflessione modificativi e/o integrativi della storia regionale, per approdare alla pluralità di voci che raccontano quello che è accaduto, come è accaduto, perché è accaduto, in una cadenzata, rinnovata, quanto puntigliosa osservazione.

È evidente che l’impostazione non tradizionale della Rivista abbia creato un problema di valutazione della stessa non inseribile negli attuali strumenti accademici di verifica, tra l’altro difficilmente accettabili per la loro auto referenzialità, lasciando fuori dai criteri adottati un prodotto culturale anticonformista e diverso nella sua impostazione.

001L’esigenza di adeguamento attuale ai livelli culturali degli autori “legalmente titolati o meno” impone una revisione delle clausole e dei criteri specifici delle valutazioni, riconsiderando l’efficacia sostanziale del prodotto culturale a prescindere da “chi” lo produce. È in questa direzione e con queste credenziali che si deve poter impostare un confronto di sostanza e non di forma, che non privi il mondo culturale in genere di sollecitazioni interessanti anche se non ufficialmente validabili dagli attuali certificatori. La carta, di per sé come supporto, assegna una certa “sacralità” allo scritto magari relegando ormai il “prodotto culturale” nell’ambito della residualità, cosa impensabile fino a qualche tempo fa. Ma ciò non toglie che gli attuali strumenti digitali possano soccorrere questa intervenuta deficienza, assegnando al contenuto una diversa forma di diffusione.

L’esperienza di Studi Storici Siciliani va in questa direzione affidando contemporaneamente al cartaceo e al digitale una funzione congiunta per raggiungere gli studiosi (utenti in genere) sia per la globalità del singolo numero che per parti di esso. Ne risulta un meccanismo integrativo, portatore di contenuti identici su supporti differenziati, utili sia alla conservazione del prodotto che alla sua diffusione. Lo snellimento del percorso intercorrente tra produttori e consumatori potrà allargare esponenzialmente l’uso del contenuto, incentivando l’interscambio culturale, con tutte le cautele affinché gli agenti fisici, chimici e biologici una volta nemici irrefrenabili della carta non si riproducano in forme diverse e in modo più micidiale nei confronti del digitale. Avanti piano dunque, ma senza ripensamenti, fermo restando il cartaceo con i suoi mille e più anni di resistenza. 

Dialoghi Mediterranei, n. 61, maggio 2023

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Gero Difrancesco, diplomato in Archivistica, Paleografia Latina e Diplomatica, ha diretto per diversi anni la Biblioteca Comunale di Sutera e l’Archivio storico della Provincia di Caltanissetta. Durante tale periodo, e oltre, ha pubblicato i due volumi: Sutera-Milocca, un comune del latifondo siciliano (2006-7), il collage storico letterario Storie Scordate (2015), i libri storici Riesi 1919: la guerra non è ancora finita (2019), L’ombra del principe, il ministro, il fiduciario fascista (2022). Nel 2014 ha fondato insieme ad altri studiosi la rivista semestrale Studi Storici Siciliani della quale è stato redattore e componente di comitato scientifico. Attualmente è condirettore editoriale. Consigliere provinciale di Caltanissetta (1994-2003), Sindaco di Sutera (2003-2013), nel 2006 è stato insignito della onorificenza di Cavaliere della Repubblica.

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