di Silvana Licciardello
Dopo l’esperienza in Sulawesi, alle parole di Oscar Wilde «il viaggio migliora la mente ed elimina i nostri pregiudizi», aggiungerei che talvolta costringe a misurarsi con paure e tabù della nostra cultura. Noi occidentali malvolentieri pensiamo alla morte, davanti ad un cadavere proviamo disagio, fatichiamo ad elaborare il lutto e abbiamo paura.
Sugli altipiani del Sulawesi, la popolazione Toraja ha conservato un arcaico culto dei morti di stampo animista che spiega la morte come parte di un viaggio spirituale verso il mondo delle anime.
Solo al momento del sacrificio del primo bufalo durante il solenne rito funebre, l’anima del defunto va verso Puya (il loro paradiso).
Nel frattempo il morto, mummificato dallo sciamano, viene tenuto in casa, come vivo e partecipe della vita dei congiunti che gli parlano mentre «riposa o condivide il desco» e lo accudiscono e riveriscono perché «lo spirito, che resta vicino al corpo, è vivo e vuole ricevere tutte le attenzioni». Il tempo trascorso in casa – settimane, mesi o anni – serve ai parenti che vivono lontano per venire a salutarlo e ai familiari per organizzare una cerimonia funebre, degna del rango, che gli assicuri un viaggio veloce verso Puya.
Al funerale partecipano, oltre all’intero villaggio, invitati occasionali come me, ed anche Tau Tau, l’immagine del defunto scolpita in legno e vestita coi suoi abiti e ornamenti che veglierà il luogo di sepoltura.
Le bare, in un alone di mistero, verranno incassate dentro alte pareti rocciose e i Tau Tau, dagli abiti sontuosi o più o meno lisi dal tempo ma sempre pieni di dignità, le proteggono, affacciati in balconate con occhi fissi e allucinati e con le mani protese verso i luoghi di origine.
Non c’è nulla di lugubre ma la sensazione di una dimensione di vita oltre la morte, di un perenne dialogo tra i vivi e i morti.
Durante la cerimonia funebre – che può durare parecchi giorni – il contrasto tra la vita e la morte è forte e violento. Tutti i partecipanti sono attivi e vitali, mai tristi: le donne sono impegnate nella preparazione di cibo e di caffè che offrono continuamente, altre spennano i polli e cuociono i maiali, i bambini giocano e ridono, i ragazzi fanno combattere i galli, i giovani sgozzano i bufali tingendosi di sangue le mani, i saggi meditano, le giovinette si fanno ammirare nei loro ricchi ornamenti dai colori vivaci.
Quanta vita in una cerimonia di morte! Comincio a capirla se penso alla loro cultura: per loro, all’inizio di tutto c’è il cosmo e la collaborazione di forze che, se noi consideriamo opposte (giorno/notte, pace/lotta, femminile/maschile…), per i Toraja convivono perfettamente e predispongono alla generosità e alla disponibilità.
Quanta poesia nei racconti sui loro avi e sulle loro case che, per la forma e la direzione sempre uguale dei tetti, sembrano una flotta di barche galleggianti in mezzo alla vegetazione tropicale e le risaie, a ricordare l’arrivo per barca degli avi.
Ma la potenza della poesia è soprattutto nelle sepolture dei bambini: quando un neonato – ancora sdentato – muore, viene sistemato in un buco scavato nel tronco di un albero in crescita, nella direzione opposta alla casa materna affinché il piccolo accetti serenamente la linfa della nuova madre/albero che lo abbraccia e lo ingloba nella sua stessa crescita.
Un modo per ribadire la continuità tra la vita e la morte e l’alleanza tra l’uomo e la Natura.
Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre 2024
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Silvana Licciardello, nata a Catania, vive ad Acireale dove ha insegnato Biologia fino al pensionamento. La passione per la fotografia, iniziata all’università, è esplosa più tardi insieme all’interesse per i viaggi extraeuropei e le culture lontane. Ha viaggiato lungo tutti i continenti cercando luoghi poco frequentati dal turismo e, ove possibile, entrando in contatto diretto con le popolazioni locali. Dal 2012 è socia dell’associazione fotografica ACAF, aderente alla FIAF, con cui ha partecipato a numerose mostre fotografiche collettive i cui cataloghi sono andati in stampa. Ha realizzato mostre fotografiche personali, a colori o in b/n : “Going Around” (2010), “In esilio sognando il Tibet libero” (2012), “Donne lungo il Mekong” (2016), “Fra tradizione e modernità- Giappone” (2016). Nel 2021 ha pubblicato il libro La mia Asia contenente le sue fotografie a colori.
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