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Tra Verga e Pitré. Rilettura di un intellettuale periferico moderno

copertinadi Alessandro D’Amato

Che la provincia non produce soltanto figure marginali e subalterne né soltanto intellettuali di statura provinciale è documentato soprattutto nel campo degli studi folklorici, in cui molti ricercatori si sono affrancati dalla retorica dell’erudizione e dello strapaese. Tra questi parecchi furono i preziosi collaboratori di Giuseppe Pitrè.

Da poche settimane, l’Editore Bonanno di Acireale ha dato alle stampe una biografia del letterato e folklorista Serafino Amabile Guastella. Il libro, intitolato in modo essenziale Serafino Amabile Guastella. La vita e le opere, è scritto da un lontano erede – Federico Guastella – e rappresenta un contributo completo alla ricostruzione del percorso umano e, soprattutto, intellettuale dello studioso. Nato a Chiaramonte Gulfi, nell’attuale provincia di Ragusa ma al tempo circoscrizione di Siracusa, il 6 febbraio 1819, Serafino Amabile Guastella fu personalità poliedrica, che nel corso della sua vita spaziò in modo fecondo dalla poesia alla critica musicale, dall’impegno politico all’insegnamento, dalla letteratura alla ricerca socio-antropologica.

1Molte sfaccettature dell’attività di Guastella sono state abbondantemente analizzate nel corso di oltre un secolo di studi critici. Alcuni aspetti hanno maggiormente attratto l’attenzione: ci riferiamo all’attività politica e di impegno narrativo o al contributo etno-antropologico dello studioso. Nel primo caso, occorre citare perlomeno i contributi di Giuseppe Barone (1979) e di Natale Tedesco. Quest’ultimo, in special modo, dopo aver provo- catoriamente affermato che il contributo offerto da Guastella è ben superiore a quello dai vari Pitrè e Salomone-Marino poiché «più di loro modernamente e acutamente avvertito della natura dei conflitti ideologici come riflesso dei conflitti sociali, dell’opposizione di classi diverse» (2000: 9), qualche rigo oltre sostiene che «l’ideologia popolare, quale riflesso sovrastrutturale frastagliato e pluralistico, com’è la realtà sociale da cui più o meno indirettamente deriva, si rivela operante nella struttura culturale e artistica dell’opera di Guastella a vari livelli e con diverse mediazioni».

Nel secondo caso, invece, prendiamo a prestito le parole scritte da Luigi M. Lombardi Satriani:

«mentre la maggior parte dei demopsicologi a lui coevi ricorrono con frequenza che potrebbe dirsi ossessiva se non fosse stereotipata ad espressioni rinvianti a una mitica “anima popolare” e ai suoi immediati dintorni, la lettura dei documenti folklorici da parte di Guastella è in chiave realistico-sociale» (1979: 148).

 Altre componenti sono passate sotto traccia, così come è accaduto per il contributo offerto da Guastella alla ricerca etnografica di Pitrè, grazie a un lungo e duraturo rapporto epistolare utile soprattutto al medico palermitano, il quale ne fece una sorta di “pozzo di San Patrizio” di informazioni riguardanti i territori della ex Contea di Modica, poi confluiti in pressoché tutti i suoi volumi della collezione Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane:

«probabilmente, fu il Pitrè ad iniziare questo scambio di lettere con lo scrittore chiaramontano. Avrà ricevuto notizie sulla sua raccolta di canti popolari da parte di qualcuno dei suoi numerosi corrispondenti che gli forniva documenti sulla Sicilia orientale. Gli avrà chiesto informazioni sul numero dei canti, sul metodo seguito, in quanto – come era sua abitudine – prima di richiedere una collaborazione ai suoi corrispondenti, li sottoponeva ad un accurato controllo» (Brafa Misicoro 2003: 13).

Altri elementi ancora, invece, sono venuti alla luce soltanto recentemente, e riguardano l’insolito impegno di Guastella nella stesura di testi per musica da camera, da donare al compositore catanese Salvatore Pappalardo, che al tempo fu al servizio del Conte di Siracusa, Leopoldo di Borbone, fratello del re delle Due Sicilie (D’Amato 2010 e 2017).

2Dalla data della sua morte, avvenuta il giorno del suo ottantesimo compleanno, il 6 febbraio 1899, dunque, sulla figura e l’opera di Serafino Amabile Guastella sono stati versati fiumi d’inchiostro e scritti decine di contributi critici, oltre ai tre convegni nazionali, organizzati nel 1975, nel 1986 e nel 2001 (cfr. Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale 1979 e Cultrera 1992. Gli Atti dell’ultimo convegno non sono mai stati pubblicati). Tuttavia, fino a questo momento, era sempre mancata una sintesi esaustiva, in grado di far convivere al proprio interno informazioni biografiche e analisi del contesto, estratti bibliografici e critica al testo.

Il libro di Federico Guastella viene a colmare questa lacuna, procedendo attraverso un percorso lineare che, mediante una puntuale contestualizzazione degli spazi socio-culturali in cui il suo illustre antenato muoveva i propri passi, ci aiuta a meglio comprendere i vari tasselli di cui si compone la biografia intellettuale dello studioso. Eppure, all’opera di Serafino Amabile Guastella hanno dedicato le loro pagine firme illustri del mondo della letteratura e della ricerca antropologica italiana: da Italo Calvino a Leonardo Sciascia, da Giuseppe Cocchiara ad Antonino Uccello, da Alberto M. Cirese a Giuseppe Giarrizzo, da Sebastiano Lo Nigro a Gesualdo Bufalino… e altri nomi fondamentali rimangono fuori da questo parziale e, di conseguenza, incompleto elenco. Già nel 1906, Alessandro D’Ancona (nei confronti del quale vi fu anche una breve relazione epistolare: D’Amato 2012) dedicava a Guastella uno spazio all’interno del suo libro La poesia popolare italiana (Giusti, Livorno; 1° edizione 1878), per il contributo offerto da quest’ultimo allo studio delle forme popolari di produzione poetica, in particolare connesse al periodo carnevalesco.

Pur tuttavia, la produzione guastelliana è stata costantemente in bilico tra il mondo della sperimentazione narrativa e quello della ricerca sociale e antropologica. Per questa ragione, la sua opera è stata sempre considerata su un piano liminale, al confine tra le due dimensioni e mai definitivamente risolta da una parte o dall’altra del guado. Il volume di Federico Guastella non dissolve le difficoltà di etichettatura del contributo offerto da Serafino Amabile Guastella: ciò non avviene non per colpa del suo autore quanto, piuttosto, per la natura poliedrica e multisettoriale del cosiddetto barone dei villani, così come lo definì Giuseppe Cocchiara parafrasando la locuzione “contessa dei contadini”, che era stata affibbiata alla scrittrice friulana Caterina Percoto, tra l’altro contemporanea dello stesso Guastella.

Le differenti sfaccettature della personalità di quest’ultimo sono perfettamente evidenziate e rese in modo nitido ed esaustivo all’interno del libro di Federico Guastella, laddove si fondono con equilibrio, da un lato, la cronaca di fatti ed eventi fondamentali nella caratterizzazione del personaggio e, dall’altro, l’approfondimento di questioni, approcci e tematiche di volta in volta centrali nella metodologia e nei testi del suo lontano avo. È questa la ragione che ha condotto l’autore alla stesura di un prezioso lavoro che si pone il duplice obiettivo

«di recuperare immagini, storia e contenuti ideologici propri della memoria sociale del territorio ibleo e siciliano in generale e di confrontarsi con una metodologia di indagine del mondo popolare che anticipa, in modo assolutamente inaspettato, approcci e analisi tipici delle scienze sociologiche».

Dal punto di vista della ricostruzione biografica, l’impedimento maggiore è rappresentato dall’assenza di quelle preziose fonti informative rappresentate dagli archivi degli studiosi, spesso contenenti quel fondamentale strumento costituito dagli epistolari. E invece, nel caso di Serafino Amabile Guastella, la stragrande maggioranza delle sue carte è andata perduta. Sarebbe stato di estremo interesse, oltre che di fondamentale importanza in tale percorso di ricostruzione della sua formazione intellettuale, poter disporre della corrispondenza completa avuta con personaggi che certamente ne condizionarono l’operato: dai compositori Salvatore Pappalardo e Arrigo Boito al letterato Alessandro D’Ancona, dal poeta Tommaso Cannizzaro ai folkloristi locali Corrado Avolio e Mattia Di Martino, soltanto per citare alcuni nomi senza alcuna pretesa di esaustività. Ma soprattutto, avrebbe avuto un peso specifico rilevante la corrispondenza ricevuta da Giuseppe Pitrè, padre fondatore della scienza demopsicologica, al quale Guastella, in venticinque anni di relazioni epistolari, inviò 76 lettere ricche di annotazioni, spunti e dettagliate descrizioni relative alla cultura dei contadini dei territori della ex Contea di Modica (ma delle lettere di ritorno, scritte da Pitrè, non rimane traccia alcuna).

3Di tutte le succitate figure si conoscono stralci di epistolario o addirittura soltanto poche risibili tracce di lettere: eppure, ciò ci consente già di dedurre influenze, commistioni, scambi intellettuali. E principalmente, ricaviamo l’immagine di un personaggio che, benché confinato nel lembo più geograficamente marginale dell’Isola, ciò nondimeno seppe imporsi come una mente lucida e libera, mai timorosa di denunciare il degrado del mondo ecclesiastico, i soprusi dell’amministrazione giudiziaria, le violenze del governo borbonico o le prepotenze dell’aristocrazia locale alla quale, giova ricordarlo, egli stesso apparteneva. Questo particolare temperamento si deve, con ogni probabilità, all’eredità paterna: dal padre Gaetano, infatti, trasse certamente lo spirito di iniziativa e il sentimento di giustizia sociale che sempre ne caratterizzarono tanto l’impegno politico quanto l’attività scrittoria, così come lo storico Giuseppe Barone non ha mancato di sottolineare all’interno di un suo breve saggio, in cui possiamo leggere:

«contro il duplice squilibrio dell’eccessiva concentrazione terriera e della frantumazione di piccolissime quote enfiteutiche, il Guastella padre ripropone i progetti, già avanzati nell’ultimo decennio del ‘700 da De’ Cosmi, La Loggia, Costanzo, della censuazione dei demani comunali, dell’assorbimento dei beni ecclesiastici da parte dello Stato, della divisione degli ex-feudi per la successiva concessione in enfiteusi di quote di almeno 10 ettari, innalzando nel contempo la durata dei contratti d’affitto. Questo piano progressista, che assume a modello la Toscana leopoldina e mezzadrile, è completato da una coerente adesione ai canoni liberistici» (Barone 2010: 33).

4Ne consegue che il contesto ambientale in cui egli crebbe fu determinante nell’influenzarne le scelte. Lo stesso dicasi per l’individuazione degli oggetti di studio che Guastella selezionò, soprattutto per quanto attiene la ricerca etnografica e l’analisi di quell’etica contadina che permea in modo straordinariamente realistico, benché spesso mediata attraverso lo stratagemma dell’ironia, quelli che, dai Canti popolari del circondario di Modica a Le parità e le storie morali dei nostri villani, passando attraverso L’antico carnevale della Contea di Modica, costituiscono senza ombra di dubbio i suoi capolavori. Ne troviamo conferma in alcune pagine di Popolo e letteratura in Italia, di Giuseppe Cocchiara, laddove, seppur troppo rapidamente, questi afferma:

«è […] ne L’antico carnevale  della Contea di Modica, edito nel 1887, che Guastella dà la misura di quel che debba essere una monografia folklorica, quand’essa mira allo studio della storia locale mettendola in rapporto con quella regionale e nazionale. […]. Il suo Antico carnevale è […] un modello di ricerca. Ed anche un modello di scrittura. In esso, attraverso le vivide descrizioni degli usi carnevaleschi assistiamo alla lotta che il cristianesimo ha combattuto in Sicilia contro il paganesimo. Questa lotta sembra che animi le sue pagine, dove il folklorista si accomuna col letterato» (Cocchiara 2004: 337).

Sguardo antropologico e sperimentazione letteraria, dunque, non si risolvono nettamente ma convivono in modo fruttuoso in una rappresentazione stilistica in cui l’attenzione per il dettaglio non viene mai meno, in cui la trascrizione delle testimonianze orali segue sempre dei canoni ineguagliabili di fedeltà filologica, in cui l’equilibrio tra giudizio morale e distanza etnografica è costantemente mantenuto senza sbavature né forzature di sorta:

«il Guastella racconta, sa raccontare, ha il gusto di raccontare: ma con l’avvertitissimo senso di stare tra il Pitrè e il Verga, e inventandosi un modo di raccontare equidistante dal (come allora si diceva) demopsicologo e dal romanziere; e al tempo stesso, e principalmente, distante dalla vita, dalle credenze, dai costumi e dalle abitudini del mondo che era oggetto del suo raccontare: una distanza di più filtrati sentimenti, di ragione, di diversa visione della vita; e fatta di libri letti e di quella indifferenza per assuefazione ai beni e al benessere di cui acutamente dirà, quasi un secolo dopo, il principe di Lampedusa» (Sciascia 1992: 12).

5Guastella, così, si rivela sempre abile nel districarsi tra i vari registri stilistici ed epistemologici tra i quali sceglie di muoversi e ovunque si spinga ottiene unanimi apprezzamenti dalla critica, sia tra quella a lui contemporanea sia postuma. Questo nuovo contributo offre pertanto una nuova e indispensabile lente attraverso la quale osservare Serafino Amabile Guastella nel divenire storico della sua eclettica personalità e nell’evolversi della sua produzione testuale, dagli acerbi esordi poetici fino ai più meditati apporti di stampo letterario e demologico-sociologici. Un documento prezioso, che Federico Guastella mette a disposizione di noi lettori, riuscendo a risultare parimenti utile tanto a chi ha già dimestichezza con il personaggio-Guastella quanto a chi, per converso, dovesse per la prima volta accostarsi allo studioso, fornendo una notevole quantità di informazioni, disseminate con puntualità e dovizia di particolari, oltre al prezioso strumento rappresentato dalla bibliografia critica posta in appendice al volume, che aggiorna quelle pubblicate da altri in passato, correggendone oltretutto eventuali refusi.

Scrivere una biografia di Serafino Amabile Guastella a quasi duecento anni dalla sua nascita è un’impresa non soltanto rievocativa e un attestato di riconoscimento della grandezza dell’opera prestata dallo studioso, ma rappresenta anche un’occasione per riaffermarne il ruolo non riduttivamente localistico, o da “intellettuale periferico” esercitato nella storia degli studi letterari e socio-antropologici. È questa, in fin dei conti, la cifra principale con cui dovremmo oggi accostarci ai suoi testi, con il rinnovato auspicio che, magari in concomitanza dell’imminente ricorrenza, almeno i suoi lavori più importanti possano rivivere in una ristampa editorialmente valida.

Dialoghi Mediterranei, n.28, novembre 2017
Riferimenti bibliografici
Barone Giuseppe, 1978, Ideologia e politica nel “Fra Rocco”, in «Cronache di una provincia», n. 4, Ragusa.
Barone Giuseppe, Il barone Gaetano Guastella: un liberale riformatore dell’Ottocento, in «Senzatempo. Pagine di memoria degli Iblei», I: 33-34.
Brafa Misicoro Giorgio (a cura di), 2003, Lettere di Serafino Amabile Guastella a Giuseppe Pitrè, Biblioteca Civica “G. Verga” di Ragusa – Museo Etnografico  “G. Pitrè”  di Palermo, Ragusa-Palermo.
Cocchiara Giuseppe, 2004, Popolo e letteratura in Italia, Palermo, Sellerio (1° edizione 1959, Boringhieri, Torino).
Cultrera Giuseppe (a cura di), 1992, Serafino Amabile Guastella, Atti del Convegno (Chiaramonte Gulfi 6-8 dicembre 1986), Biblioteca Comunale  “S. Nicastro”, Chiaramonte Gulfi.
D’Amato Alessandro, 2010, Serafino Amabile Guastella, “inedito” paroliere, in «Senzatempo. Pagine di memoria degli Iblei», dicembre 2010: 44-46.
D’Amato Alessandro, 2012, Tre lettere di Serafino Amabile Guastella ad Alessandro D’Ancona, in «Archivio di Etnografia», n.s., VII, 1: 31-42.
D’Amato Alessandro, 2017, Serafino Amabile Guastella, autore di testi musicali, in «Dialoghi Mediterranei», n. 25, maggio 2017.
Lombardi Satriani Luigi Maria, 1979, Il silenzio, la memoria e lo sguardo, Sellerio, Palermo {cfr. il cap. L’attenzione aristocratica e il realismo demologico: 147-163}.
Sciascia Leonardo, 1992, Guastella, il barone dei villani, in G. Cultrera (a cura di), Serafino Amabile Guastella, Atti del Convegno (Chiaramonte Gulfi 6-8 dicembre 1986), Biblioteca Comunale “S. Nicastro”, Chiaramonte Gulfi 1992: 9-14.
Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale (a cura di), 1979, Serafino Amabile Guastella e la cultura del modicano, Atti del Convegno (Modica – Chiaramonte Gulfi 13-16 marzo 1975), «Archivio storico per la Sicilia Orientale», fasc. I, Catania.
Tedesco Natale, 2000, Ideologia e scrittura, S. Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma.
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Alessandro D’Amato, dottore di ricerca in Scienze Antropologiche e Analisi dei Mutamenti Culturali, vanta collaborazioni con le Università di Roma e Catania. Oggi è un antropologo freelance. Esperto di storia degli studi demoetnoantropologici italiani, ha al suo attivo numerose pubblicazioni sia monografiche che di saggistica. Insieme al biologo Giovanni Amato ha recentemente pubblicato il volume Bestiario ibleo. Miti, credenze popolari e verità scientifiche sugli animali del sud-est della Sicilia (Editore Le Fate 2015).

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