di Meriem Dhouib
La maggior parte degli italiani conoscono della Tunisia essenzialmente Hammamet e l’isola di Djerba, vere e proprie destinazioni turistiche. Zarzis, ad esempio è poco nota, città di più o meno 73 mila abitanti, situata sulla costa sud-est della Tunisia a 560 chilometri dalla capitale Tunisi. Anticamente Gergis dall’era punica. Tutto porta a dire che i fenici scelsero città di questa costa fino all’attuale Misurata in Libia per facilitare gli scambi commerciali. Zarzis fu in seguito romana, bizantina, araba, come la sorte di tutti questi centri costieri che hanno sempre accolto e assorbito positivamente le civiltà.
Purtroppo è molto nota dal 2011 per il fenomeno tragico dell’emigrazione. Quest’oasi marittima, dove si confondono le palme con le sfumature dell’azzurro celestiale del mare e l’aridità della sua terra per la siccità e l’influenza del deserto, Zarzis soffre di disoccupazione e di fenomeni sociali come l’emigrazione clandestina.
La lunga costa di questa penisola moltiplica i paesaggi di olivi, di sabbie bianche e acque preziose, Zarzis è tuttavia nota per la forte produzione d’olio d’oliva, per la pesca e gode di un centro storico multietnico e multireligioso dove i vari negozianti di confessione ebraica o musulmana si contendono piccoli mestieri come l’oreficeria, la tessitura dei tappeti o altro.
Da più di 15 anni questo paesino si è svuotato dei suoi giovani per mancanza di risorse lavorative. Le politiche sociali hanno portato la maggior parte di loro a partire all’estero tra Europa e Asia. Già dagli anni ‘70 e ‘80 con il turismo, Zarzis si era aperta ancora di più alle lingue straniere (il francese, il tedesco, l’italiano…), si sono allora moltiplicati i matrimoni misti originando a poco a poco tutta una generazione di immigrati nati in Francia, Italia e Germania. E in questi ultimi anni anche dalla Russia e dalla Romania, seppure con numeri ridotti.
Originariamente popolo nomade e beduino, con il tempo si è adattato ad assorbire e accogliere le culture e le lingue con facilità, mantenendo un forte sentimento di appartenenza all’identità locale. Basta osservare nelle vie principali le signore vestite di quei turbanti ‘lahfa’ colorati, tipici di Zarzis, tenendo in mano i nipoti sovente biondissimi che parlano una lingua che chiamerei di compromesso sociale, un misto di arabo classico, di dialetto locale e francese e altro.
La forte tolleranza di questo paesino del profondo sud della Tunisia lascia molto spesso sociologi e storici incuriositi da questi fenomeni contemporanei. Quest’esplosione di colori si adatta e si trasforma a tal punto da far nascere un fenomeno artistico di forte impatto sulla città e sulle nuove generazioni. Nonostante la presenza di tanti artisti, architetti, pittori, musicisti noti anche all’estero, la maggior parte trova rifugio in altre città in Tunisia o in altri luoghi. L’arte purtroppo non resiste alle mentalità a volte lontane da questo mondo selettivo.
Risulta, tuttavia, interessante l’esplosione di produzione artistica locale a partire dal 2011, subito dopo la rivoluzione in Tunisia. Numerosi artisti formatosi in Tunisia e nati a Zarzis hanno deciso di ritornare in loco per esprimere a volte la nostalgia, o un messaggio di resistenza contro l’emigrazione clandestina o meglio sensibilizzare e svegliare lo spirito artistico nelle menti più giovani. Uno di questi artisti è Anis Chelbi, nato a Tunisi nel 1975, si è formato in studi in Tunisia, in Marocco e in Francia. Il suo eclettismo artistico si traduce in tante competenze tra l’ideazione di spazi, la progettazione di mobili, di oggetti d’arte oltre che di lavori su acquerelli e disegni. Un artista completo che interpreta in modo originale l’arte contemporanea e si specializza nella ricostruzione del passato e della memoria grazie alle sue creazioni.
Anis Chelbi è riuscito risvegliare tutt’una generazione di «revenants» (i figli degli immigrati) riproponendo la cultura locale attraverso graffiti nel cuore della città: a volte, frammenti della storia di Zarzis che pochi conoscono e ancor meno i figli dell’Europa degli anni 2000. Una generazione che non parla il dialetto, che ritorna nel mese di agosto per ritrovare i familiari. Zarzis sopravvive economicamente grazie ai bonifici mensili in euro che quest’ultimi mandano ai genitori. A parte le saline Cotusal che distribuiscono il sale in tutta la Tunisia dai tempi della colonizzazione e la fabbrica di tonno in scatola El Manar che crea impieghi ai giovani, il paese non offre opportunità di lavoro.
Da qualche anno il nostro artista Anis Chelbi in quanto artista si diletta a ridisegnare monumenti e luoghi tra passato e presente: acquerelli dai colori vivaci e carichi di emozioni di un passato rinnegato, dimenticato e a volte non voluto. Dallo street art su alcuni muri della città, Anis ha potuto in poco tempo creare un movimento artistico, ispirando tanti giovani che si sono messi anche loro a esprimere la loro vena di autori. Non bisogna dimenticare inoltre che Zarzis, pur essendo un piccolo paese aperto alle altre culture, rimane una realtà conservatrice e succube di molte restrizioni.
Anis è riuscito a imporsi gradualmente, riconnettendo la popolazione locale al suo passato e promuovendo un’inedita apertura artistica. Il nostro disegnatore, nel cuore di uno spazio marittimo di via vai tra Marsiglia e Zarzis, ci incanta ogni volta con le sue opere frutto di sogni, di immaginario, di vita, di morte, di delusione ma soprattutto di speranza. Come tanti altri della sua generazione, Anis sta contribuendo a riaprire Zarzis verso il mondo oltre le sponde di questo mar Mediterraneo che unisce e mette in comunicazione le civiltà nonostante i muri che costruiscono gli uomini.
Dialoghi Mediterranei, n. 57, settembre 2022
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Meriem Dhouib, nata a Tunisi, è professore associato di lingua, letteratura e civiltà italiana presso il dipartimento di lingue della Facoltà di Lettere e di Scienze Umanistiche della Manouba. Si occupa essenzialmente del periodo Quattro-Cinquecentesco, ha pubblicato nel 2009 I volgarizzamenti di Liber peregrinationis di Riccoldo da Montecroce (éditions Orient-Occident, Université de Strasbourg).
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