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Il Papa ha quattro anni

Il nuovo Papa Jorge Mario Bergoglio con il nome di Francesco I

Il nuovo Papa Jorge Mario Bergoglio con il nome di Francesco I

di Marcello Vigli

Ha quattro anni di pontificato papa Francesco. Sono troppo pochi per un bilancio, ma sufficienti per una prima valutazione che sfugga all’esaltazione di chi lo vuole rivoluzionario e alla denigrazione di chi lo accusa di voler distruggere la Chiesa. In verità, un papa per definizione non può essere rivoluzionario e neppure eresiarca se chi lo accusa non intende sconfessare l’opera dello Spirito Santo. Questo in passato è stato spesso sconfitto in conclave da chi cercava potere e ricchezza, ma oggi la politica, riappropriandosi di quello e del controllo di queste, gli ha restituito ampio spazio di manovra, che il Concilio ha ancor meglio definito.

Di Bergoglio si può dire che, nel complesso, sa fare bene il suo mestiere di papa rifuggendo dai frequenti interventi dottrinali e dai velleitarismi politici che hanno caratterizzato i suoi ultimi due predecessori. Ha scelto di intrecciare indissolubilmente, fin dal primo giorno, la sua prassi con la predicazione distinguendo il “lavoro pontificale”, dal quotidiano esercizio del “servizio presbiterale”: il primo esercitato, nei Palazzi apostolici, l’altro, a Santa Marta. Era sembrato un vezzo da protagonista, si è rivelata, invece, una scelta che lo ha reinserito nella dimensione comunitaria privandolo della “sacralità” cara ai suoi predecessori. Se non l’avesse fatta si sarebbe certo risparmiato l’aggressività che sta emergendo nelle argomentazioni dei documenti e nei toni degli scritti dei suoi accusatori interni, siano vescovi e cardinali, preti e semplici fedeli: “polemicamente colti” i primi, “offensivamente familiari” gli altri.

Ha scelto di essere un papa padre e non sommo pontefice, che esercita il suo ruolo aprendo la Porta Santa di una sperduta cattedrale africana per un giubileo, le cui “indulgenze” ha consentito si potessero lucrare anche lontano da Roma!

Privilegia il rapporto con il Popolo di dio e con i movimenti di base nella Chiesa, mentre spesso a preti vescovi si rivolge con toni autoritari per rammentare che sono al loro servizio; sistematicamente sollecita gli uomini di potere nella Chiesa e nella società a fare bene il loro mestiere: a curia e cardinali non risparmia, pur senza troppo successo, critiche e inviti alle riforme;  contro i politici puntuali sono le denunce delle loro responsabilità per i mali che nel mondo del lavoro affliggono sia chi lo ha, sia chi ne è escluso. Loro è la responsabilità della diffusa presenza di poveri nel mondo!

Questi sono i privilegiati nel suo impegno sociale volto a promuovere il «ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica di favore dell’essere umano», e questo impegno è prioritario sul contrasto all’omosessualità, pur sempre presente senza diventare mai fobia e condanna senza appello. Gli omosessuali non devono essere demonizzati, ma aiutati come pure, analogamente, i divorziati risposati che possono essere ammessi all’eucarestia.

Meno innovativo, ma eccezionale per l’efficienza, è l’impegno ecumenico negli incontri con i rappresentanti di altre Chiese. Culminati il 31 ottobre nell’eccezionale partecipazione, su invito, alle celebrazioni nella città di Lund per l’anniversario dei 500 anni della Riforma, promosse dalla comunità dei luterani di Svezia, si sono arricchiti con la visita a Torino del tempio della minoritaria comunità valdese italiana. Sono così apparsi “normali” i pur numerosi altri incontri a Lesbo con i patriarchi Bartolomeo e Hieronymus, a Cuba con il patriarca di Mosca Kirill, al Fanar di Istanbul per la festa di sant’Andrea con il patriarca Bartolomeo, in Georgia con il patriarca Ilia, con il patriarca copto Twadros. Né trascura il dialogo interreligioso, pronto anche a correre i rischi previsti per la prossima visita nella Cairo ancora sconvolta dall’eco delle grida dei cristiani copti straziati dalle bombe islamiste nelle cattedrali di Tanta e di Alessandria.

Questa costante promozione della collaborazione fra le religioni è il viatico che rende credibili i suoi ripetuti appelli alla pace fra le nazioni, in un tempo e in un mondo in cui si corre ogni giorno il rischio che le discordie fra i grandi inneschino un conflitto mondiale finora sostituito dalle piccole guerre, che, pur sempre in loro nome, insanguinano i confini del pianeta.

Papa Francesco in Repubblica Centrafricana: apre porta santa della cattedrale di Bangui

Papa Francesco nella Repubblica Centrafricana: apre la porta santa della cattedrale di Bangui

In sintonia con questo bisogno di pace e in contrasto con il silenzio del Movimento italiano per la pace, Alex Zanotelli si domanda: «non si potrebbe pensare a una straordinaria Perugia-Assisi, promossa dalle realtà ecclesiali insieme a tutte le altre realtà, per dare forza al tentativo della Nazioni unite di mettere al bando le armi atomiche e dire basta alla ‘follia’ delle guerre e dell’industria delle armi? Sarebbe questo il regalo di Pasqua che Papa Francesco ci chiede: “Fermate i signori della guerra, la violenza distrugge il mondo e a guadagnarci sono solo loro”».

Ben altre, invece, sono le preoccupazioni del capo della gerarchia cattolica in Italia, cardinale Bagnasco presidente della Cei, che considera prioritario battersi per ostacolare la definitiva approvazione della legge sul fine vita votata dalla Camera e in attesa del voto al Senato, restando prigioniero del pregiudizio che pretende d’imporre nelle leggi, aventi valore universale, vincoli ispirati alla morale cattolica, ma non condivisi neppure da tutti i cattolici. In sintonia con lui sono quei politici, che si preparano a proporre in Senato di cambiare la legge, riducendo la responsabilizzazione dei malati, e quei parroci del Molise che hanno fatto squillare a morto le loro campane all’annuncio di quell’approvazione. Al contrario il Movimento Noi Siamo Chiesa ha recentemente confermato e aggiornato il suo orientamento riconoscendo che in essa «viene regolamentato  il consenso informato del malato, con richiamo all’art.32 della Costituzione, vengono definite le Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT)  e viene previsto il nuovo istituto della “Pianificazione condivisa delle cure”. Sia l’accanimento che l’abbandono terapeutico vengono proibiti mentre è prevista la possibilità, nei casi estremi, di ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua, insieme alla terapia del dolore. Non c’è nessun riferimento diretto o indiretto all’eutanasia»

Un’altra manifestazione delle diverse istanze nel mondo cattolico italiano emerge nella polemica insorta in seno alla Cei per l’intervista a Beppe Grillo pubblicata su l’Avvenire, espressione ufficiale della Cei. In essa viene affermato che il programma politico del Movimento 5 stelle è per tre quarti condivisibile dai cattolici, suscitando l’accusa di “clericogrillismo” avanzata da Alberto Melloni su La Repubblica del 20 aprile, ma, soprattutto, una dura reazione di monsignor Nunzio Galantino, il Segretario imposto alla Cei da papa Bergoglio, che ha ribadito con irata fermezza: «No a collateralismi tra Chiesa e Grillo. … Non è che si possano fare sconti a Grillo, e sostenere che siamo su posizioni coincidenti per tre quarti. E il quarto su cui non lo siamo? Sui poveri siamo così d’accordo? Poveri sono anche i rifugiati che arrivano in Italia. E non mi sembra che su questo i Cinque Stelle siano in sintonia con la Chiesa. Non ci si può dire d’accordo con uno che rispetta sei comandamenti su dieci. Va messo in rilievo anche quanto ci divide dal M5S ».

Questa palese frattura all’interno dell’episcopato italiano, alla vigilia della prossima fine dalla Presidenza Bagnasco, rende ancora più difficile l’opera di mediazione del papa chiamato a designarne direttamente il successore per il rifiuto dei vescovi italiani di accogliere la sua sollecitazione ad eleggere direttamente il proprio Presidente, come avviene nelle Conferenze episcopali degli altri Paesi.

Dialoghi Mediterranei, n.25, maggio 2017
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Marcello Vigli, partigiano nella guerra di Resistenza, già dirigente dell’Azione Cattolica, fondatore e animatore delle Comunità cristiane di base, è autore di diversi saggi sulla laicità delle istituzioni e i rapporti tra Stato e Chiesa nonché sulla scuola pubblica e l’insegnamento della religione. La sua ultima opera s’intitola: Coltivare speranza. Una Chiesa altra per un altro mondo possibile (2009).

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