di Piero Di Giorgi
La globalizzazione neoliberista ha prodotto disuguaglianze oscene, guerre e terrorismo, che hanno messo in mobilità milioni di persone. Una sarabanda tragica ruota intorno ai migranti che continuano ad arrivare sulle nostre coste per sfuggire a guerre e terrorismo, torture e fame, a regimi autoritari e oppressivi. Attraversano diversi gironi infernali, quello dei sodomiti, degli stupratori, dei torturatori, dei rapinatori e degli schiavisti, attraversando regioni dell’Africa, dove i diritti umani sono cancellati, dove non si applicano né leggi interne né internazionali e le bande criminali dei trafficanti di uomini restano impunite. Poi, ammassati come merci su barconi malsicuri o su gommoni in numero sproporzionato, molti di loro, uomini, donne e bambini muoiono affogati. Coloro che riescono a mettere piede sul territorio italiano dopo questo periglioso viaggio della speranza, stremati, sfiniti, spogliati di tutto, in primo luogo della dignità, pensano di essere usciti dall’inferno, di trovare accoglienza e misericordia e non pensano neanche lontanamente che li aspetta un nuovo girone, una lunga trafila, un’accozzaglia di burocrazia, di mascalzoni che lucrano sulla loro pelle, notti all’addiaccio, nuove violenze e ripetute esclusioni.
Inoltre, le iniquità spaventose e l’ingiustizia sociale hanno fatto precipitare la parte più marginale della società nella povertà e il 70% degli italiani ha il timore di precipitarvi. Ciò genera insicurezza e rabbia e viene identificata la causa nell’immigrazione. Le destre, come iene e sciacalli, alimentano le paure e insicurezze già sotto traccia per la crisi economica e per la rottura del patto sociale, portano allo scoperto le pulsioni peggiori del popolo, iniettano odio e rancore, attivano pulsioni xenofobe, razziste e ammiccano alle forze neofasciste. Gli esiti sono una guerra tra poveri e il manifestarsi di tentazioni nazionaliste e autoritarie. C’è anche, nel terzo millennio, chi parla ancora di “razza bianca”.
Questo clima non solo può degenerare in violenza (vedi caso Macerata ma ci sono stati altri casi prima) ma incoraggia, rianima e fa alzare la cresta a fascistelli e nazischini di ogni risma, che, insieme al proliferare di logge massoniche segrete, molte delle quali collegate e in affari con le mafie, costituiscono una miscela esplosiva di liaisons dangereux.
Dico subito che ciò è potuto accadere perché le politiche dell’immigrazione sono fallite e, tranne per alcuni casi, il processo d’integrazione non c’e stato. Sono oltre trent’anni che il fenomeno è iniziato. In un convegno regionale sull’immigrazione del 1995, dicevo che c’era bisogno di mettere in campo nuove parità e nuove differenze e che ciò significava convivere, comunicare e confrontarsi per inserire gli immigrati nella scuola, nella formazione e nel lavoro e denunciavo già allora un senso di appartenenza provincialistico e un diffuso pregiudizio che, se non prevenuto e sconfitto, poteva diventare socialmente pericoloso e poteva sfociare in atteggiamenti di intolleranza e anche di violenza. Ed è quello che sta avvenendo.
Aggiungo che la progressiva virata oligarchica e autoritaria della politica fino alla personalizzazione (un uomo solo al comando), col rischio che le post-democrazie si trasformino in Stati totalitari, in concomitanza all’evaporazione della sinistra, che ha perso il contatto con il territorio, con i vari quartieri, oggi spesso presidiati dai gruppi neofascisti, hanno fatto crescere l’impotenza, che si traduce in rabbia, di gran parte degli esclusi e degli ultimi.
Ascoltando i rappresentanti delle diverse forze politiche, si avverte una pericolosa sottovalutazione, sia dei fenomeni di razzismo sia della crescita delle sigle neofasciste. Anzi appaiono rassicuranti e ne sminuiscono la portata. È un errore. Parafrasando Marx, uno spettro s’aggira per l’Europa, lo spettro del fascismo. Studi recenti hanno messo in luce le paure e le insicurezze determinate in gran parte dalla crescita delle disuguaglianze, dalla disoccupazione, in particolare giovanile, dalla paura della povertà che ha colpito soprattutto i ceti medi e i pensionati, che si sono visti dimezzare il loro reddito, senza che se ne siano accorti i partiti, che ancora si dichiarano di sinistra, e i sindacati, che hanno abdicato al ruolo per il quale erano nati e cioè la difesa dei diritti degli ultimi e dei più deboli. In particolare, un’interessante ricerca del Nazional Bureau of Economic Research ha rilevato un nesso tra l’ascesa del nazismo in Germania tra gli anni ’30-’32 a seguito delle politiche di austerità messe in atto in quegli anni, che hanno colpito protezioni sociali importanti come la sanità e l’educazione, e ciò che è successo a partire dalla crisi della fine del 2007 con le politiche di austerity e la concomitante crescita delle destre xenofobe e razziste in Europa.
È vero che il neofascismo, sotto smentite spoglie, è esistito da sempre anche dopo la nuova Costituzione repubblicana, prima con il Movimento sociale italiano (MSI) che raggiunse fino al 10% e fino alla svolta di Fiuggi operata da Gianfranco Fini, così come diversi gruppi neofascisti esistevano durante il ’68-69 e implicati anche nella stagione delle stragi, da piazza Fontana del 1969, alla strage di Piazza della Loggia e dell’Italicus del 1974 e a quella della stazione di Bologna del 1980, per citare le più eclatanti e sanguinose.
Ma è anche vero che da alcuni anni i gruppi e movimenti xenofobi e razzisti di cui molti con connotazioni apertamente fasciste sono aumentati di circa il 20%. La galassia neofascista comprende decine di gruppi, di cui Forza nuova, Casa Pound, Azione frontale, Lealtà e azione, Fronte veneto Skinhead, A noi, Semper fidelis, Fascisti del terzo millennio, Fieri di essere fascisti, Rivoluzione fascista, sono soltanto una parte e sembrano che contino qualche decina di migliaia di aderenti e alcuni di essi sono anche presenti nelle liste elettorali per le elezioni del 4 marzo. Se si guarda anche all’Europa, all’inizio del XXI secolo, si può dire che il mondo è infettato da sovranismi e autoritarismi e non a caso si parla anche di orbanizzazione dell’Europa, termine derivato da nome del Presidente ungherese. Se non è sempre vero che il razzista è anche fascista, è certamente vero che il fascista è anche razzista.
Ecco perché è un errore la sottovalutazione fatta da diversi esponenti dei partiti, ormai autoreferenziali e staccati dai bisogni reali delle persone. Quel che occorre, a mio modesto avviso, non è soltanto fare semplici dichiarazioni di circostanza da parte dei professionisti della politica ma occorre andare al nocciolo del problema e cioè ai nodi strutturali e intrigati che sono all’origine dell’estrema destra neofascista in tutta l’Europa. Si tratta di risalire alla radice del male per sradicarlo, entrare tra le pieghe e le piaghe del problema e non limitarsi a roboanti e illusorie promesse che possono aggravare irrimediabilmente la malattia. Andare alla radice del male significa, invece, assumersi responsabilmente, da parte di coloro che si candidano a governare, il compito di ridurre le disuguaglianze. E ciò si fa, al di là dello slogan generale dei professionisti della politica e dei giornalisti, che occupano tutti i giorni la televisione e che ripetono ossessivamente che “la coperta è corta, da dove si prendono i soldi”, se c’è la volontà politica. Se i soldi si trovano per le banche, per gli F35 e per pagare retribuzioni faraoniche a personaggi della televisione o a manager pur quando indebitano e mettono a rischio le aziende pubbliche, si possono trovare per dare un futuro ai giovani, per salvare milioni di famiglie dalla povertà, per sollevare il ceto medio proletarizzato e i pensionati impoveriti dalla cattiva gestione del trapasso dalla lira all’euro. I soldi si trovano con la volontà reale e la decisione di combattere l’evasione e la corruzione, di eliminare gli sprechi, di attuare finalmente l’articolo 53 della Costituzione sulla progressività delle imposte, di ridistribuire il reddito anche attraverso una imposta progressiva sul reddito, sulla ricchezza accumulata e sulle successioni oltre una certa cifra. È ciò che dovrebbe fare l’Europa con una politica fiscale comune.
Fin qui ho parlato dei fattori economici e delle profonde disuguaglianze come cause di paure, insicurezza e conseguente rabbia, cavalcata dalle sirene leghiste e dall’arcipelago delle destre neofasciste. Resta il fatto, tuttavia, che sembra surreale, inverosimile che si sia potuta perdere la memoria degli orrori del nazi-fascismo, a partire dalle leggi razziali, e poi dalla guerra con i suoi nefasti e devastanti epigoni. È vero, come ha scritto Gianbattista Vico, che vi sono corsi e ricorsi storici e che Karl Marx ha detto che la storia spesso si ripete, magari una volta come farsa e un’altra come tragedia. Nel nostro caso, il rischio è che si possa ripetere ancora una volta un’immane tragedia e magari sempre sulle onde della banalità del male ( Hanna Arendt).
Ma è vero anche che ciò sta succedendo perché è mancato l’antidoto, o meglio gli anticorpi a rendere inattaccabile quella parte della popolazione che è stata contagiata dal virus della propaganda razzista e neofascista. E quell’indebolimento immunitario deriva dalla ignoranza della storia e della scienza, che porta perfino al negazionismo degli orrori nazifascisti, nonostante la documentazione fotografica e filmica dei russi, che furono i primi a entrare ad Auschwitz e a riprendere gli orrori di quel campo di sterminio e nonostante le tantissime testimonianze dei superstiti.. Coloro che indulgono al fascismo, gli accoliti dei gruppi dichiaratamente neofascisti o nazi-fascisti e quella parte di popolo che si lascia incantare dalla loro propaganda farebbero bene a leggere, per quanto riguarda le migrazioni, qualche libro di storia, anche elementare, per capire che la storia è una storia di migrazioni a cominciare dai nostri primi progenitori. Che continenti interi sono abitati da migranti europei, come l’Australia o tutta l’America del nord e del sud. Scoprirebbero anche che tutti i pregiudizi che loro manifestano con le parole e coi fatti venivano praticati verso i nostri migranti negli Stati Uniti, come documenta anche il Museo nazionale dell’immigrazione di Liberty Island, dove svetta la Statua della libertà, raffigurante una donna che indossa una toga rossa e tiene nella mano destra una fiaccola, simbolo del fuoco della libertà. Gli italiani venivano spogliati, visitati e, coloro che dovevano sottoporsi ad altri controlli, segnati con il gesso sulla spalla. Tutti venivano messi in quarantena. Non mancavano le scritte del tipo “non si affittano case agli italiani” e la stessa cosa avveniva per i nostri migranti in Germania, in Svizzera e perfino per i cittadini italiani del sud che andavano al nord. Forse bisognerebbe istituire una giornata della memoria anche per l’emigrazione italiana.
La scuola, oltre alla storia più vicina a noi, dovrebbe dare più spazio anche alla scienza e soprattutto dovrebbe essere obbligatoria almeno fino al diploma ma anche capace di non determinare drop-out. In tal modo, ciascuno apprenderebbe che le razze non esistono. La parola razza, deriva dal termine francese haraz, con cui s’indicava un allevamento di cavalli meglio dotati. Da qui la traslazione in ambito umano per significare la superiorità biologica di una razza sull’altra, in particolare della razza bianca. Le conoscenze biologiche e quelle più recenti della genetica hanno dimostrato che il razzismo non ha alcun fondamento scientifico. Lo studio dei polimorfismi genetici ha messo in luce che il polimorfismo dei principali gruppi sanguigni A, B, AB, 0, che forniscono l’informazione genetica per il gruppo sanguigno di ogni individuo sono sempre nella stessa sequenza sia nelle popolazioni europee che in quelle extraeuropee. Il gruppo “0” è sempre il più comune seguito da “A”, “B”, AB”. Per quanto riguarda il polimorfismo delle proteine e degli enzimi, è stato visto che la probabilità che due individui siano geneticamente uguali è di otto su cento bilioni. In altri termini, la specie umana è caratterizzata da una grande variabilità genetica e all’interno di una stessa popolazione si riscontra una maggiore variabilità genetica di quanto sia presente in popolazioni diverse. E questa variabilità genetica, tra l’altro, è molto importante anzi la conditio sine qua non per la sopravvivenza della specie. Una specie è anzi in pericolo quando si restringe la variabilità genetica. Infine, oggi sappiamo che tutti gli esseri umani sono fatti della stessa sostanza chimica, organizzata in molecole e gestite da un codice genetico universale. Nessun gruppo umano possiede in esclusiva un carattere o un complesso di caratteri. Anzi, può capitare che, nelle trasfusioni possiamo ricevere il sangue da individui fisicamente molto diversi da noi piuttosto che dai nostri familiari. Anche a livello psicologico, le ricerche hanno mostrato che le strategie cognitive per comprendere il mondo intorno a noi sono uguali in qualsiasi parte del mondo.
Da ciò si evince che non esistono le razze ma che esiste un’unica razza umana, come ha scritto Albert Einstein, o meglio un’unica specie umana. Esistono soltanto differenze culturali e i pregiudizi si possono prevenire favorendo i contatti, gli scambi e le informazioni. D’altronde, i ricchi lo sanno bene e non c’è alcuna discriminazione tra ricco nero e bianco, la discriminazione è tra i neri poveri e i bianchi poveri.
Senza una rifondazione della scuola, in cui si coniughi educazione e democrazia non si esce dalla crisi sociale e di valori. Non si ferma il virus del neofascismo senza un vaccino di educazione e di pratica democratica.
Dialoghi Mediterranei, n.30, marzo 2018
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Piero Di Giorgi, già docente presso la Facoltà di Psicologia di Roma “La Sapienza” e di Palermo, psicologo e avvocato, già redattore del Manifesto, fondatore dell’Agenzia di stampa Adista, ha diretto diverse riviste e scritto molti saggi. Tra i più recenti: Persona, globalizzazione e democrazia partecipativa (F. Angeli, Milano 2004); Dalle oligarchie alla democrazia partecipata (Sellerio, Palermo 2009); Il ’68 dei cristiani: Il Vaticano II e le due Chiese (Luiss University, Roma 2008), Il codice del cosmo e la sfinge della mente (2014).
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