Stampa Articolo

Palazzo Piccolomini Clementini a Siena. Una storia tutta da scrivere

 Palazzo Piccolomini Clementini (@Niglio 2018).

Palazzo Piccolomini Clementini (@Niglio 2018)

di Olimpia Niglio

Si trova nel centro storico di Siena a pochi passi da piazza del Campo e prospiciente il più famoso Palazzo Piccolomini, voluto da papa Pio II e attuale Archivio di Stato. Si tratta di Palazzo Piccolomini Clementini che l’ultima erede, Bianca Piccolomini Clementini, fondatrice nel 1917 della Compagnia delle figlie di S. Angela Merici, istituto secolare di diritto pontificio, lascia per l’appunto a tale Compagnia, custode di questo bene dove ha sede anche la Fondazione Bianca Piccolomini Clementini onlus.

Il Palazzo per anni ha ospitato le attività dell’istituto secolare e oggi ritorna ad antico splendore grazie a importanti iniziative che vedono l’attuazione di programmi di ricerca scientifica e valorizzazione promossi dalla Compagnia e dalla Fondazione. Certamente una iniziativa meritoria ed esemplare all’interno di tematiche che oggi sempre più investono la conservazione e il riuso di edifici di interesse storico-artistico. Le note storiche di seguito elaborate dimostrano l’alto valore culturale del bene nonchè il ruolo che il palazzo svolge all’interno del tessuto urbano della città di Siena.

Il Palazzo detto “dei Turchi”

Al principio del XIV secolo e precisamente nella tavola delle “possessiones” (estimo del 1318) della Lira di Pantaneto già si faceva riferimento ad una proprietà di Lapo di Bernardino Piccolomini, edifici posti lungo la via Francigena […] in populo Sancti Martini […] strada principale e confinanti con la cinta muraria urbana ampliata nella prima metà del XII secolo e prossima a quella che oggi è via Bandini, antica strada della Staffa. In realtà la via Francigena e via della Staffa erano collegate da un piccolo vicolo che poi fu annesso al futuro palazzo. Lo storico Girolamo Macchi nella descrizione della città annotava che nel 1381 Messer Pietro di Messer Salomone Piccolomini e Giovacchino di Salomone Piccolomini avevano “preso a pigione” la casa in San Martino a Siena.

A partire dai primi anni del ‘300 il Terzo di San Martino registrò una grande espansione e questo anche grazie alla famiglia Piccolomini che nel frattempo aveva migliorato molto la sua posizione economica e commerciale, grazie ai contatti con la città di Roma favoriti, poco più tardi, dall’elezione di Enea Silvio Piccolomini al seggio papale (1458-1464) con il nome di Pio II. Fu proprio in questo periodo che Enea Silvio Piccolomini incaricò l’architetto Bernardo Rossellino per l’ammodernamento del borgo di Pienza con il nuovo Palazzo Piccolomini, il Duomo, il palazzo vescovile e quello comunale nonché per la costruzione di nuovi edifici tra cui il palazzo Piccolomini in Siena, attuale sede dell’Archivio di Stato. La presenza di proprietà dei Piccolomini nel Terzo di San Martino diede un forte impulso allo sviluppo di questa parte della città che prese addirittura il nome di “contrada Piccolomini”. Prospiciente la sede di Palazzo Piccolomini voluto da papa Pio II trovavano sede altre proprietà caratterizzate da modeste abitazioni poste tra un’edificazione a torre e la seconda cinta delle mura urbane.

Foto aerea del centro storico di Siena, in rosso evidenziata l'area del Palazzo (elab. Niglio, 2018).

Foto aerea del centro storico di Siena, in rosso evidenziata l’area del Palazzo (elab. Niglio, 2018)

Queste modeste abitazioni furono inglobate in un progetto più ampio che vide, tra il 1380 ed il 1420, il sorgere di un palazzo signorile la cui facciata in stile gotico era caratterizzata da aperture a bifora. Tali tracce sono state visibili fino a tutto il 1994 quando è stato proposto un progetto di restauro della facciata nell’ambito del piano del colore del Comune di Siena.

Del 1420 è la corte interna la cui configurazione su tre ordini di arcate rappresenta certamente un esempio molto interessante in stile primo Rinascimento. Purtroppo vari tamponamenti e superfetazioni successive hanno nascosto e modificato notevolmente questo bellissimo spazio interno.

Con tutta probabilità è solo a partire dai primi anni del XVI secolo che il Palazzo iniziò ad assumere un’interessante connotazione architettonica con l’intervento dell’artista Giovan Battista d’Iacopo di Lorenzo del “Capanna”(1499-1540), amico di Baldassarre Peruzzi, architetto senese (1481-1536), così come riportato da Giorgio Vasari in Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, scultori et scultori italiani nell’edizione Torrentini del 1550 in cui citava:

«[…] Furono amici e domestici suoi Domenico Beccafumi sanese pittore eccellente et il Capanna il quale tra le molte cose che fece in Siena dipinse la facciata del Palazzo dei Turchi et un’altra sopra la piazza».

Capanna fu ricordato ancora dallo storico senese Romagnoli nella Biografia cronologica de’ bell’artisti senesi del 1835 e ancora dall’abate Filippo De Boni nella Biografia degli Artisti del 1840 in cui si legge:

«[…] Capanna (il), pittore sanese, il quale fioriva ver 1500 ed era il miglior artista di Siena. Dipinse a chi scuro la facciata del palazzo dei Turchi; poi quella della casa dei Boninsegni e de’ Bocciardi. Fu maestro ed amico di Domenico Beccafumi».

Nel XVI secolo la denominazione era “Palazzo dei Turchi” (attuale palazzo Piccolomini Clementini) e con molta probabilità collegato alle vicende che avevano coinvolto la famiglia Piccolomini proprio sotto papa Pio II in una acerrima battaglia contro l’impero Ottomano. In particolare Pio II aveva riconosciuto Ferdinando d’Aragona, figlio di Alfonso V d’Aragona, quale erede del trono di Napoli e nel 1458, anno stesso della sua incoronazione al soglio pontificio, riunì a Mantova un congresso di rappresentanti cristiani con la bolla papale “Vocavit nos”.

Palazzo Piccolomini, corte rinascimentale (@Niglio 2018)

Palazzo Piccolomini, corte rinascimentale (@Niglio 2018)

Insieme a tutti i convenuti, Pio II propose di discutere le modalità per organizzare una spedizione crociata contro i Turchi, diretta a liberare dalla loro presenza il mare Adriatico per poi passare a recuperare quanto da loro occupato nell’Oriente bizantino. Nel 1459 Pio II per realizzare tutto questo istituì anche un suo ordine cavalleresco, l’Ordine di Santa Maria di Betlemme. Intanto nessuna delle grandi potenze cristiane aveva risposto all’appello del papa, per cui la Dieta di Mantova per discutere dell’organizzazione della crociata, non ebbe buon esito.

Nel 1507 il testamento di Giacomo di Nanni Piccolomini lasciava il “Palatio cum Viridario” alla stirpe Piccolomini e nel 1554 questo risultava abitato da Bartolomeo di Pietro Carli Piccolomini al cui ramo apparteneva ancora fino a tutto il primo Settecento quando si registrò una transazione tra Emilio Piccolomini Clementini e fratelli con Maria Maddalena Clementini.

A partire dal XVII secolo il Palazzo Piccolomini, lungo l’asse principale denominato anche via Francigena, ospitava le famiglie dei fratelli Carlo e Bartolomeo Carli Piccolomini: da qui la divisione del palazzo in due piani nobili, come è evidente tuttora dalla configurazione della facciata principale prospiciente la loggia dei Papi.

Fu proprio in questa epoca che il palazzo trecentesco subì numerosi rifacimenti interni ed esterni: in particolare si segnalano alcune tamponature delle arcate del cortile interno e la perdita quasi totale delle bifore tardo trecentesche. Una dettaglia descrizione dei lavori risale al 1746 e riporta il nome del proprietario Pietro Piccolomini.

Affresco del soffitto, scene dall'Iliade di Omero (@Niglio 2018).

Affresco del soffitto, scene dall’Iliade di Omero (@Niglio 2018)

Nelle descrizioni testamentarie si apprende che con i Carli Piccolomini gli ambienti al piano terra erano destinati ad accogliere attività commerciali. Si annota nel 1605 la presenza di una “spezieria”, ossia di una farmacia, proprio lì dove attualmente ha sede la medesima funzione e in altri ambienti anche una locanda, così come dimostrano le “Obbligazioni” del 1711 relative al rilascio di cambiali per alcuni lavori di ammodernamento.

Lo storico senese Girolamo Macchi in un’interessante raccolta di studi sui nobili palazzi senesi del primo Settecento annotava che ancora in questa epoca era visibile il vicolo che originariamente univa la via principale tangente la loggia dei Papi con la strada della Staffa proprio attraverso il Palazzo dei Signori Carli Piccolomini. Questi ultimi ne avevano interdetto il collegamento realizzando, nel 1715, un cancello. Conferma la notizia anche la testimonianza di cancellate di legno realizzate alla fine del XVIII secolo proprio per evitare l’attraversamento pubblico del vicolo.

Affresco del soffitto, scene dall'Iliade di Omero (@Niglio 2018)

Affresco del soffitto, scene dall’Iliade di Omero (@Niglio 2018)

L’architetto Agostino Fantastici e Palazzo Piccolomini Clementini

Il palazzo trecentesco assunse una nuova estetica solo a partire dai primi anni del XIX secolo quando la famiglia Piccolomini Clementini e Carli Piccolomini, proprietaria dell’intero complesso già nel 1784, affidava all’architetto Agostino Fantastici un progetto di rinnovamento del palazzo. Agostino Fantastici (1782-1845) è stato certamente uno dei più importanti architetti e scenografi italiani, esponente della cultura neoclassica toscana. Nacque a Montalcino ma si formò a Roma dove ovviamente ebbe modo di frequentare l’Accademia delle Belle Arti e di conoscere l’Urbe durante la dominazione francese. Questo certamente sollecitò molto il suo interesse per la cultura classica e per l’archeologia. Per la famiglia Piccolomini Clementini aveva lavorato anche presso la loro villa di Solaia (Monticiano) tra il 1834 e il 1835 e a Siena si era distinto ben presto in importanti progetti di cui si annotano il Teatro dei Rinnovati in Palazzo Pubblico a Siena in piazza del Campo nonché interventi sul Teatro dei Rozzi e presso l’Accademia omonima.

Il Fantastici fu autore di un importante rinnovamento del palazzo, frutto di opere di accorpamento e di stratificazione che, a partire dal XIV secolo, avevano fortemente inciso sulla sua configurazione estetica. Nel progetto di rinnovamento il Fantastici non rinunciò a prevedere soluzioni che hanno consentito di valorizzare molte parti esistenti.

Al Fantastici sono infatti attribuiti i seguenti ambienti in gran parte realizzati tra il 1840 ed il 1845, anno della sua scomparsa: l’ingresso principale del palazzo con il grande scalone e gran parte degli ambienti del piano primo con porte, camini, specchiere e decorazioni, che chiaramente richiamano temi della cultura classica. Una targa di datazione all’interno del portone, in alto a sinistra, testimonia proprio queste opere di rinnovamento.

 Dettaglio del soffitto del salone centrale (@Niglio 2018).

Dettaglio del soffitto del salone centrale (@Niglio 2018)

In particolare al piano nobile è possibile osservare ancora oggi soffitti ad incannucciato riccamente decorati con scene che si riferiscono all’epica classica, all’Iliade di Omero e alle vicende di Achille con l’uso anche di grottesche. Ancora sono ben conservate alcune porte decorate e soluzioni interne con interessanti interpretazioni scenografiche. Gli affreschi interni del primo piano sono opera dell’artista Cesare Maffei, senese nato nel 1805 e formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Siena. Certamente tra le sue opere più importanti annotiamo gli affreschi della cupola presso la chiesa di Santa Caterina a Livorno.

Tra gli interventi attribuiti a Fantastici va annoverata anche la soluzione attuale della facciata principale. Furono ridisegnate le finestre proporzionate alla misura del “braccio toscano” (pari a 0.58 m) assumendo così la configurazione rettangolare attuale, fu dipinta tutta la facciata salvando soltanto gli affreschi, nella parte alta, tra gli archetti e assicurando invece nell’insieme una doppia bicromia: azzurro per lo sfondo e uso dell’ocra per tutto ciò che restava della antiche ogive e quindi dell’originaria facciata trecentesca.

 Dettaglio dei broccati del salone. Sono visibili i diversi stemmi che testimoniano le unioni tra la famiglia e altre casate nobiliari (@Niglio 2018).

Dettaglio dei broccati del salone. Sono visibili i diversi stemmi che testimoniano le unioni tra la famiglia e altre casate nobiliari (@Niglio 2018)

A partire dagli anni ‘80 del XIX secolo Niccolò Piccolomini Clementini, padre di Madre Bianca, affidava all’architetto Domenico Cialdani, senese e famoso per alcuni progetti di monumenti commemorativi dedicati al re Vittorio Emanuele II per la città di Roma, i lavori di rinnovamento del primo piano nobile dove fu realizzato un vero e proprio “quartiere privato” con camera, guardaroba ed annessa zona servizi, poi destinato al figlio Pietro. Lo stesso Cialdani fu anche autore di un progetto di restauro della facciata principale, così come riporta un disegno a china su carta conservato presso l’Archivio della Fondazione Bianca Piccolomini Clementini e della Compagnia di Sant’Angela Merici fondata da Madre Bianca nel 1917 e di cui tuttora il palazzo è la sede di rappresentanza.

Lo stile del Cialdani risentiva chiaramente di quel gusto “Savoia” che tanto si diffuse, da metà Ottocento, a partire dall’unificazione dell’Italia e di cui è tuttora testimonianza il grande salone del piano nobile, le salette laterali con arredi e tessuti dell’epoca, nonché la soluzione della cappella al primo piano con le decorazioni del corridoio. Nel grande salone del secondo piano si osservano anche grandi quadri con gli antenati della famiglia Piccolomini Clementini. Una larga cornice decorata sovrasta l’intero salone dove sono visibili numerosi stemmi che rappresentano le differenti unioni dei Piccolomini con famiglie nobili locali.

 Dalla Loggia dei Papi (@Niglio 2018).

Dalla Loggia dei Papi (@Niglio 2018)

Nel 1870 per successione tutta la proprietà del palazzo passava a Emilio Piccolomini Clementini mentre nel 1874 questa veniva trasmessa per metà a Giuseppe e Niccolò del fu Pietro Piccolomini Clementini, ed ancora a Tommaso e Giulia del fu Pietro e a Giuditta Finetti per usufrutto. Dieci anni più tardi, nel 1884, la proprietà passava a Bianca e Pietro del fu Niccolò Piccolomini Clementini. Intanto a seguito della morte prematura del fratello Pietro, Bianca Piccolomini Clementini, insieme con Pierina del fu Pietro, ereditarono l’intera proprietà che nel 1913 passò definitivamente a Bianca e alla madre, la contessa Angela Piccolomini Carli. Nel 1947 con atto notarile (notaio Lusini) Bianca Piccolomini Clementini donava tutto alla Compagnia delle Figlie di Sant’Angela Merici, divenendo così usufruttuaria fino alla scomparsa avvenuta nel 1959. Dal 1960 il bene è della Compagnia delle Figlie di Sant’Angela Merici e qui ha inizio la nuova storia.

Il Palazzo Piccolomini Clementini è stato aperto per la prima volta al pubblico venerdì 6 aprile 2018 in occasione del Festival dell’italiano e delle lingue d’Italia.

https://www.ilfestivaldellalinguaitaliana.it/session/visita-guidata-a-palazzo-piccolomini-clementini/
Dialoghi Mediterranei, n.31, maggio 2018
Riferimenti bibliografixi
AA.VV., La pittura in Italia. L’Ottocento, Electa, Milano 1991.
Abate De Boni Filippo, Biografia degli Artisti, volume unico, Venezia 1840: 183.
Cresti Carlo (a cura di), Agostino Fantastici architetto senese 1782 – 1845, Allemandi, Torino,1992. Volume edito in occasione della mostra tenutasi a Siena nei magazzini del sale di Palazzo Pubblico 25 settembre 15 novembre 1992.
Finelli Luciana, L’umanesimo giovane: Bernardo Rossellino a Roma e a Pienza, Veutro, Roma, 1984.
Garin Eugenio, Ritratto di Enea Silvio Piccolomini, in “Ritratti di umanisti”, Sansoni, Firenze, 1967.
Macchi Girolamo, Palazzi di Siena e stemmi di famiglie nobili di Siena e dei luoghi dello stato, Siena 1720: 2,62.
Romagnoli Ettore, Biografia cronologica de’ bell’artisti senesi, Siena 1835, vol. V: 923.
Vasari Giorgio, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, scultori et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri, Edizione per i tipi di Lorenzo Torentino, Firenze 1550, a cura di Luciano Bellosi e Aldo Rossi, Einaudi, Torino 1986: 703.
Archivi
Archivio Fondazione Bianca Piccolomini Clementini (AFBPC)
Archivio di Stato di Siena (ASS), Tavola delle possessioni, Estimo 112: 134; Lira 326: 11.
ASS, Fondo Piccolomini Clementini, RB 21: 32-45.
ASS, Fondo Piccolomini Clementini, RB 25, n.13: 49.
ASS, Fondo Piccolomini Clementini, RB 6, n.3: 33-39.
ASS, Filza VII, n° 3 (1700), n° 4 (1700) e n° 48 (1711).
________________________________________________________________________________
Olimpia Niglio, architetto, PhD e Post PhD in Conservazione dei Beni Architettonici, è docente titolare di Storia e Restauro dell’Architettura comparata all’Universidad de Bogotá Jorge Tadeo Lozano (Colombia). È Follower researcher presso la Kyoto University, Graduate School of Human and Environmental Studies in Giappone. Dal 2016 in qualità di docente incaricato svolge i corsi Architettura sacra e valorizzazione presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Santa Maria di Monte Berico” della Pontificia Facoltà Teologica Marianum con sede in Vicenza, Italia.
 ________________________________________________________________________________
Print Friendly and PDF
Questa voce è stata pubblicata in Cultura, Società. Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>