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La vittoria di Renzi ovvero della speranza

  

 20131209_renzi  di    Piero Di Giorgi

Le erronee previsioni dei sondaggisti e l’allarme sbandierato dai media sul sorpasso di Grillo, cavalcato dallo stesso capo dei pentastellari, che gridava nelle piazze colme “vinciamo noi”, sono stati ribaltati dalle urne, che hanno dato il 40,8% al PD e 20 punti in meno ai grillini. Il popolo degli elettori ha scelto, dunque, la speranza pur se tanta è la rabbia che cova nel Paese. Ed è una vittoria senza precedenti del centro-sinistra. Una vittoria anche omogenea, dalla Sicilia al Nord Italia, che conferma anche il declino del berlusconismo. Successo confermato ai ballottaggi, anche se il PD ha perso la guida di comuni storicamente di sinistra come Livorno, dove è nato il PCI nel 1921 e che va ai 5Stelle, e Perugia, che va a Forza Italia.  Positiva anche l’affermazione della lista “Per un’altra Europa con Tsipras”, che ha raggiunto il quorum del 4%. Preoccupante il dato della partecipazione alle elezioni, che è soltanto poco più del 50%: un indicatore d’allarme, che denuncia la progressiva sfiducia degli elettori verso la politica.

Gli elettori hanno dato, da un lato, credito a Renzi sul processo di cambiamento e, dall’altro, hanno condannato i toni accesi e scurrili di Grillo, con la sequela di processi in piazza e i proclami di messa al bando. La vittoria di Renzi assume un rilievo ancora più marcato perché in controtendenza rispetto a ciò che si è verificato in Europa, dove crolla il partito socialista in Francia e quello laburista in Inghilterra e trionfano, rispettivamente la destra razzista, populista, xenofoba di Marie Le Pen e di Farange, diversamente dalla Spagna dove, a fronte del calo dei socialisti, si è assistito a una bella affermazione degli indignados.

Certo, ci sono tutte le ragioni dei malumori degli antieuropeisti per un’Europa percepita lontana dai bisogni e dalle aspettative dei cittadini, gestita da tecnocrati e dalla troika, con una politica d’austerity, che ha creato disastri, aumentato le disuguaglianze, impoverito anche la classe media e che, come ha messo in luce il sociologo tedesco Ulrich Beck, rischia di portare alla fine della UE. Il voto dato a Matteo Renzi e l’affermazione della lista Tsipras sono da interpretare come scelte, da parte dei cittadini italiani, di investire sul cambiamento europeo, sul ritorno alle origini degli ideali europeisti, per un’Europa dei popoli e dei diritti,  più giusta e più egualitaria. Il Pd è ora il primo partito all’interno del PSE. Ciò gli dà un maggiore potere contrattuale per imprimere una svolta alla politica europea nel segno dello sviluppo, di una maggiore democrazia e di una maggiore unità politica, economica, fiscale e retributiva.

La campagna elettorale si è giocata anche sulla politica interna, sulle cose fatte dal Governo e sulle tante riforme annunciate, con un impegno in prima persona del Presidente del consiglio, anche perché si votava contemporaneamente in due Regioni, Piemonte e Abruzzo, entrambe conquistate dal centrosinistra, e in circa quattro mila comuni italiani. La forte vittoria anche a livello amministrativo ha determinato un significativo recupero dei voti che erano andati verso il M5S e in parte anche di quelli del centro-destra, cannibalizzando pertanto i centristi.

Renzi ha adesso una legittimazione popolare. Ora la posta in gioco è la realizzazione delle riforme istituzionali e costituzionali, del fisco, della giustizia e della P. A., la soluzione al grave problema dell’occupazione, soprattutto giovanile, il rilancio dell’economia. Egli ora è caricato di una grande responsabilità e guai a deludere la speranza che in lui è stata riposta. Certamente non si esce dalla crisi economica con provvedimenti timidi. Lo stesso Governatore della Banca d’Italia ha proposto la necessità di una politica keinesiana, che è stata, in questi anni di crisi, anche l’opinione di alcuni economisti Premi Nobel, come Stiglitz, Krugman, Amartya Sen e di tanti altri. Non è vero come sostenevano i detrattori di Renzi che gli ottanta euro in più in busta paga erano una misura demagogica, ma è anche vero che questo solo provvedimento o la riduzione dell’IRAP per le imprese non può essere la risposta alla ripresa di un circuito virtuoso dell’economia. Renzi deve avere più coraggio, deve abbassare le tasse anche alla classe media media con redditi fino a tremila euro, deve mettere in moto un’iniziativa massiccia di investimenti statali, senza aspettare che siano le imprese private a iniziare a investire. Una delle cause della disoccupazione sta nel fatto che lo Stato preleva ai cittadini più di quanto restituisca in servizi. Lo Stato deve da subito investire nel campo dell’edilizia scolastica, nel recupero del dissesto idroelettrico. Deve fare una serie di investimenti in ricerca e innovazione, nell’educazione.

 Krugman

Krugman

Non si esce dalla crisi morale e sociale senza una nuova narrazione. La politica, negli ultimi anni, si è caratterizzata per la sua improvvisazione, per gli scandali della corruzione, per il perseguimento di interessi personali, economici o di carriera piuttosto che per il bene comune. Gli ultimi scandali relativi all’Expo e al Mose danno l’idea di una tangentopoli più vasta di quella del 1992. In ogni settore e luogo del Bel Paese dove la magistratura indaga c’è del marcio. È come se la classe dirigente di questo Paese fosse guidata da una grande mafia, che non è soltanto la criminalità organizzata ma sembra annidarsi in ogni settore e comparto dove circola denaro. Se prima era implicata solo la politica ora sono implicati magistrati amministrativi, ufficiali di finanza ecc. Non c’è stata finora la volontà politica di contrastare la corruzione e neppure l’evasione. Vi sono tante leggi che determinano più confusione. Occorrerebbe semplificare e scrivere poche regole chiare. È scandaloso che si prenda un appalto al massimo ribasso e poi lievitino i costi e i tempi in maniera inammissibile. Chi prende un appalto deve farlo per quella cifra per cui lo prende e realizzarlo entro tempi certi e se non lo fa deve pagare una grossa penale ed avere delle sanzioni. I corruttori e i corrotti, concussionari e concussi ovvero imprenditori e politici o uomini delle istituzioni, devono essere espulsi dalla Confindustria e non devono potere più partecipare a gare, i primi, devono essere espulsi dalla politica e dalle istituzioni, oltre a subire il carcere duro, i secondi.

Si è parlato, utilizzando il concetto di Zigmunt Bauman di società liquida, di partiti liquidi e oggi anche di elettorato liquido. Ciò è conseguenza  di una politica post-ideologica, cioè senza ancoraggi a valori forti.  In verità, a me pare che una politica che non ha a monte orizzonti di senso, valori e ideali da perseguire, un progetto di società fondata sul valore delle persone, è destinata a essere quella che, nell’immaginario collettivo, è passata come politica sporca.

Zygmunt Baumann

Zygmunt Baumann

L’astensionismo crescente e le derive populiste e razziste con la crescita delle formazioni politiche di estrema destra sono i sintomi più evidenti del disincanto dei cittadini per la politica. Ma i mali  della democrazia non si curano astenendosi o indirizzando il proprio voto ai tribuni di turno ma rafforzando la democrazia attraverso la partecipazione di tutti. Ciò vale anche a livello europeo, dove già il Trattato di Lisbona coniuga la democrazia rappresentativa con quella partecipativa.

Ha ragione Renzi quando dice che bisogna ripartire dalla scuola e dalla cultura. Una scuola, che diventi palestra di democrazia, che potenzi la curiosità e le capacità critiche, che ponga le premesse dell’imparare a imparare, che educhi alla bellezza, ai valori della solidarietà, dell’uguaglianza e dei beni comuni, è la conditio sine qua non per costruire una società della responsabilità, del rispetto delle persone, senza pregiudizi di condizioni sociali, di genere, di religione, di etnie. Ciò comporta ovviamente la necessità di una formazione diversa nelle università, di una dignità rafforzata degli insegnanti, anche sul piano economico.

Un programma audace del tipo sopra descritto, postula un investimento economico forte con reperimento di fondi nel segno della ridistribuzione della ricchezza e di riduzione delle disuguaglianze. Ciò significa scelte che zittiscano il coro degli inclusi col loro ritornello delle coperture. Significa, in altri termini, una manovra per prendere i quattrocento miliardi della famosa telefonata di Luciano Barca.

A conclusione di questo articolo, non possiamo non dedicare qualche riga al territorio in cui operiamo. Anche in Sicilia, per la prima volta, il centro-sinistra è diventato la forza maggioritaria. Occorre sottolineare che il Comune di Bagheria, tristemente noto per le infiltrazioni mafiose, ha visto l’elezione di un sindaco grillino. Il che non può non essere interpretato come una svolta notevole nel segno di un desiderio di cambiamento da parte dei cittadini bagheresi, che fa da pendant con la vittoria del centro-sinistra a Casal dei Principi, dove è eletto un Sindaco vicino a don Giuseppe Diana, prete ucciso dal clan dei casalesi.

A Mazara del Vallo, infine, dove è nata la nostra rivista, il candidato del centro-sinistra, dottor Giuseppe Bianco, si è classificato terzo tra sette candidati a sindaco, con un PD allo sbando, che non è riuscito neanche a completare la lista né a recepire il vento di rinnovamento renziano.  Al ballottaggio la scelta era tra Nicola Cristaldi, nota figura della destra siciliana, già più volte deputato regionale e presidente dell’Assemblea regionale e anche deputato nazionale, e Torrente, entrambi con alle spalle liste civiche. I mazaresi hanno premiato il primo, non soltanto per avere realizzato alcuni cambiamenti nella città ma anche per la sua maggiore esperienza e rappresentatività rispetto al suo più modesto avversario.

Ora il sindaco Cristaldi, dopo avere apportato alcuni significativi miglioramenti e una maggiore vivibilità della città, deve decidere se lasciare un’impronta duratura nella storia di Mazara, puntando ad opere strutturali e di fruizione del bene comune, a partire dal problema della rete viaria della città, ingolfata e paralizzata dall’attraversamento della ferrovia, problema su cui aveva impostata la precedente campagna elettorale. Ero bambino quando sentivo mio padre che diceva che dovevano togliere o spostare la ferrovia ed eliminare tutti i passaggi a livello. Sono passati oltre sessanta anni e i passaggi a livello sono sempre lì come allegoria di un’immutabilità perpetua. Bisogna recuperare le periferie e renderle luoghi vivibili, dotati di servizi pubblici (luce, gas, strade asfaltate, asili, scuole, parchi-giochi), dando, per tale via, anche risposte alla drammatica  domanda di occupazione: i cittadini non possono pagare la Tasi senza ricevere i servizi corrispettivi. Occorre impegnarsi per giungere al traguardo di una raccolta differenziata totale dei rifiuti, per trasformare un problema in risorsa. Bisogna attrezzare il porto per gli attracchi di traghetti veloci per Pantelleria e l’Africa del Nord. Quando fu costruita l’autostrada Palermo-Mazara del Vallo, la preferenza data a Mazara su Trapani si fondava sul presupposto che Mazara fosse il punto di congiunzione tra Europa e Africa. Ora che la sopraelevata è stata ultimata, bisogna riprendere quel progetto. Inoltre, poiché non vi sono più le Province, bisogna che il consorzio di comuni del trapanese interessati all’aeroporto di Birgi, non solo potenzino lo scalo ma facilitino un sistema di trasporto ferroviario collegato all’aeroporto, che smisti i viaggiatori che partono e che arrivano nelle varie destinazioni della provincia, ponendo fine a quel controsenso di dovere pagare tale tragitto più del biglietto aereo. E ancora è tempo di allestire  il porto turistico.

Recentemente, durante un mio viaggio in Liguria, mi sono reso conto del perché paesini di pescatori come Portofino, S. Margherita ligure, Camogli, Rapallo e potrei continuare, che non hanno la lunga storia e ricchezza artistica e monumentale di città come Mazara, Marsala, Trapani, siano tanto famosi, frequentati da flotte di turisti e dotati di centinaia di alberghi, bar e ristoranti, diffusi in centri pedonali pieni di tavolini e fiori.  Sono i servizi che fanno la differenza.

Dialoghi Mediterranei, n.8, luglio 2014
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Piero Di Giorgi, già docente presso la Facoltà di Psicologia di Roma “La Sapienza” e di Palermo, psicologo e avvocato, già redattore del Manifesto, fondatore dell’Agenzia di stampa Adista, ha diretto diverse riviste e scritto molti saggi. Tra i più recenti: Persona, globalizzazione e democrazia partecipativa (F. Angeli, Milano 2004); Dalle oligarchie alla democrazia partecipata (Sellerio, Palermo 2009); Il ’68 dei cristiani: Il Vaticano II e le due Chiese (Luiss University, Roma 2008).

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