di Dieter Paas [*]
Nel semestre estivo del 1962, il primo seminario siciliano ebbe luogo sotto la direzione del professore Mühlmann. Fu detto «seminario preparatorio», il che significava che il vero lavoro di ricerca doveva svolgersi sul campo, cioè nel dialogo con i migranti siciliani in Germania e nella ricerca in Sicilia. I seminari siciliani continuarono per diversi anni. Erano sempre ben frequentati, non solo dai membri del gruppo di ricerca sull’Isola, ma vi prendevano parte pure altri studenti di sociologia ed etnologia, come di altre discipline.Come al solito, i temi dei programmi di seminario progettati da Mühlmann e dai suoi assistenti sono stati distribuiti, prima o all’inizio del semestre, tra i partecipanti al gruppo, i quali hanno poi dovuto lavorare autonomamente sulle loro tematiche e farne di fronte allo stesso gruppo una presentazione, poi discussa nella sessione (non sempre un semplice test per i giovani studenti). Purtroppo, non ho più documenti sui seminari siciliani, ma posso ricordare vividamente di aver presentato, in una di queste riunioni, il sistema dei partiti italiani, per il quale serviva da orientamento, tra le altre pubblicazioni, il libro del 1956 di Hans Hinterhäuser, L’Italia tra il nero e il rosso.
Mi è sembrato che Mühlmann non amasse molto le mie osservazioni dettagliate su democristiani, comunisti, socialisti, radicali, liberali e neo-fascisti, forse per un riferimento poco specifico alla Sicilia; e così improvvisamente lasciò la sessione del seminario. Un comportamento nello stile della «vecchia gloria professorale», di cui Mühlmann non era lontano. Il che non escludeva che, di solito, fosse molto aperto verso i suoi allievi – inclusi noi membri del gruppo di studi siciliani – e ci permettesse grandi libertà teorico-metodiche nella stesura delle nostre rispettive dissertazioni.
Uno dei temi del seminario era costituito dagli «usi e costumi» del popolo siciliano, come erano stati descritti da Giuseppe Pitrè [1]. Nel trattare il ricco linguaggio dei segni dei siciliani, abbiamo chiesto alla nostra compagna Silvana Brigaglia, palermitana, di mostrarci alcuni di questi gesti, che lei ha fatto volentieri. Ma quando si trattava di gesti osceni, non era in grado di dimostrarli realmente, non perché non li conoscesse, ma perché il suo pudore non le permetteva di farlo. Per noi, quindi, era una dimostrazione del significato di simboli culturali, il Sinn, che noi come estranei siamo stati in grado di comprendere sul piano cognitivo, ma non con facilità sul piano affettivo.
I seminari ci hanno pure presentato la ricca letteratura storico-scientifica sul Mezzogiorno e sulla Sicilia, spingendoci pure a leggere novelle di importanti scrittori siciliani.
A parte la letteratura specifica, che ognuno usava per il suo argomento, la lettura di alcuni autori era comune a tutti noi. Come ad esempio, Antonio Gramsci, La questione meridionale (1926); Danilo Dolci, Banditi a Partinico (1955, in tedesco 1962) e Spreco (1960, in tedesco 1962); (nel 1962, abbiamo visto il film Salvatore Giuliano di Francesco Rosi); Edward Banfield, The Moral Foundation of a Backward Society (1958); Eric Hobsbawm, Primitive Rebels (1959, German 1962); Mario Rainer Lepsius, Immobilismus: Das System der sozialen Stagnation in Süditalien (Immobilismo: il sistema di stagnazione sociale nell’Italia meridionale (1965) e altri.
La letteratura di finzione ci è stata principalmente familiare da autori come: Tomasi il Lampedusa, Il Gattopardo (1958; nel 1963, film di Luchino Visconti); Leonardo Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra (1956) e Il giorno della civetta (1961), poi anche A ciascuno il suo (1966 e nel 1967 lo stesso film di Elio Petri); Giovanni Verga, I Malavoglia (1881; film di Visconti, La terra trema, 1948) e Mastro don Gesualdo (1889); Elio Vittorini, Conversazione in Sicilia (1941); Vitaliano Brancati, Il bell’Antonio (1949; film 1960). L’opera di Carlo Levi Cristo si è fermato a Eboli (1945) ci ha anche avvicinato al mondo sociale del Mezzogiorno. È così che la letteratura in generale è stata per noi un eccellente approccio alla comprensione dei valori (e controvalori) della cultura mediterraneo-siciliana.
In quegli anni, abbiamo costruito all’ISE una vera e propria biblioteca siciliana con centinaia di volumi. Alcuni di noi, ricercatori ausiliari (Hiwi) all’ISE, erano responsabili della copertura bibliografica dei libri in arrivo, e abbiamo quindi acquisito una vasta conoscenza della letteratura pertinente. Uno dei nostri più importanti fornitori di libri, e consulenti nella ricerca di pubblicazioni antiquarie, fu Pasquale Marchese, collaboratore di Danilo Dolci, che in seguito divenne antiquario indipendente e rimase in contatto con noi nel corso degli anni.
Un’importante fonte di conoscenze sono state, per noi, le conferenze di sociologi e autori, invitati da Mühlmann al seminario siciliano. Uno dei primi fu Eduard Wätjen [2], allora segretario generale di Danilo Dolci, che tenne all’ISE, nel 1962, una conferenza sul lavoro di riforma del Centro di Dolci. Egli offrì al gruppo attorno a Mühlmann una cooperazione consistente in un monitoraggio scientifico dei singoli progetti di riforma; e d’altra parte, il gruppo di studi siciliani di Heidelberg avrebbe beneficiato per il suo lavoro sul campo delle diverse esperienze e relazioni dei collaboratori di Dolci.
Un’impressione duratura della sua visita, nel 1965, ha lasciato l’antropologo culturale olandese Anton Blok [3], che condusse per 30 mesi (tra il 1961 e il 1967) un lavoro sul campo nel villaggio albanese di Contessa Entellina. Se ricordo bene, ci ha messo in pista le relazioni patrono-cliente come termine chiave per l’analisi sociologica della società (agraria) siciliana. Di interesse per noi era anche il suo riferimento al significato specifico di termini culturali (cultural terms), come onore e amicizia, o di proverbi come Senza amici non si va in paradiso, modelli di pensiero che riflettevano le condizioni clientelari prevalenti.
Rolf Monheim ha attirato la nostra attenzione sulla tipizzazione delle comunità rurali in Sicilia, tra le quali spiccava l’agro-città (Agrostadt) [4], caratterizzato da un alto grado di concentrazione della popolazione prevalentemente contadina, per lo più braccianti e mezzadri, che lavoravano sui campi, spesso lontani, dei grandi proprietari terrieri. Questo ovvio svantaggio dell’agro-città era tuttavia compensato da importanti funzioni sociali, non ultima la vicinanza locale dei diversi strati sociali, che facilitava lo sviluppo delle relazioni tra patrono e cliente [5].
Negli anni che seguirono, le conferenze di ricercatori e autori invitati continuarono nel Seminario di studi siciliani, tra cui quelle di Leonardo Sciascia (nel 1967) e Salvatore Costanza (negli anni 1967 e 1968), sulle quali riferisce lo stesso Costanza nel suo saggio [6].
Tra il 1962 e il 1963, abbiamo condotto interviste a lavoratori siciliani, tutti provenienti dalla città di Delia, nel sud della Sicilia, e occupati nella consegna pacchi dell’ufficio postale di Mannheim. Eravamo per lo più sociologi e iniziammo le interviste preparando questionari semiaperti [7]; ma presto incontrammo difficoltà in termini metodologici, perché la situazione dell’indagine era ampiamente artificiale e una discussione aperta tra gli studenti (per lo più tedeschi) e i lavoratori siciliani non era esattamente favorevole. A ciò si aggiungeva l’esperienza limitata che avevamo con i metodi del dialogo interculturale. Le interviste ai gruppi “di lavoratori”, che potevamo fare in una grande sala ricreativa dell’ufficio postale, erano quelle più appropriate e significative, e quelle individuali inizialmente programmate erano appena realizzate. Quindi siamo arrivati alla conclusione di usare il metodo di osservazione partecipante seguìto dal protocollo di memoria – metodo con il quale gli etnologi tra noi erano già familiari [8].
Silvana Brigaglia, che aveva studiato prima Interpretazione nel Dolmetscherinstitut di Heidelberg, era stata incaricata da Eyvind Hytten, uno stretto collaboratore di Danilo Dolci, di occuparsi degli emigranti di Trappeto (Partinico), che lavoravano a Solingen. Ad Heidelberg, si è quindi unita al team siciliano dell’ISE, svolgendo la sua tesi di master sui migranti siciliani a Mannheim. Lei scrive:
«La tesi di laurea del mio master con il Prof. Mühlmann riguardava un’indagine empirica compiuta negli anni 1965/66 negli alloggi tipo baracche di una fonderia di Mannheim, la Strebelwerke. Vi abitavano circa 400 lavoratori siciliani, tutti provenienti dall’area di Troina e Gagliano (provincia di Enna). Volevano rimanere solo alcuni anni, ma molti sono rimasti più tempo. Ho potuto svolgere questo studio solo attraverso il supporto attivo di un sindacalista della IG Metall (sindacato dell’industria metalmeccanica) molto impegnato, Fritz Karg; i miei contatti con la IGM sono nati da compagni italiani del sindacato CGIL di Heidelberg e dall’avvocato Amann, un uomo socialmente molto impegnato» [9].
Oltre a Silvana, il tema dei “migranti in Germania” avrebbe occupato alcuni membri del «Progetto Sicilia» ad Heidelberg anche dopo la sua fine: Roberto Llaryora si è molto impiegato nella ricerca sulle migrazioni all’Università di Colonia; dagli anni ’80 in stretta collaborazione con Wolf-Dietrich Bukow, anch’egli professore di sociologia nella Facoltà di Scienze dell’Educazione, dove ha formato il Centro di ricerca per gli studi interculturali (FIST). Nel 1988, Bukow e Llaryora hanno pubblicato il lavoro Mitbürger aus der Fremde. Soziogenese ethnischer Minoritäten (Concittadini dall’estero. Sociogenesi delle minoranze etniche), che divenne un classico della ricerca sull’emigrazione in Germania. La nozione di etnicizzazione ivi sviluppata è di particolare interesse analitico nell’attuale contesto di aumento della xenofobia e del razzismo aggressivo. Pertanto, si può affermare giustamente che il «Progetto Sicilia» di Heidelberg ha svolto un lavoro pionieristico per la ricerca sulle migrazioni in Germania [10].
Emil Zimmermann dedicò tutta la sua vita alla ricerca etnomedica e alla terapia delle malattie mentali dei migranti che seguivano idee magiche. È in gran parte grazie a lui che, a partire dal 1980, la cura psicosociale ed etnomedica dei pazienti stranieri è stata istituita nell’Ospedale universitario di Friburgo; e ciò è anche un effetto a lungo termine del «Progetto Sicilia» dell’ISE. A questo punto resta da aggiungere che Emil Zimmermann ha pubblicato nel 2015 un romanzo sulla storia di un lavoratore siciliano ad Heidelberg con il titolo tedesco-italiano Der Liebeszauber. La fattura d’amore [11].
Dialoghi Mediterranei, n. 36, marzo 2109
[*] Pubblichiamo in anteprima un capitolo del saggio del sociologo tedesco Dieter Paas dal titolo Il progetto Sicilia. Ricordi mezzo secolo dopo, in libreria tra poche settimane, edito da Margana, Trapani. Sollecitato dall’amico storico Salvatore Costanza che ha scritto un’ampia introduzione al volume, l’Autore rievoca gli anni in cui sotto la guida del professor Mühlmann, direttore dell’Istituto di Sociologia ed Etnologia dell’Università di Heidelberg, si avviava una ricerca sul fenomeno migratorio siciliano che coinvolse un gruppo di giovani studiosi tedeschi (oltre a Paas, Henner Hess, Roberto Llaryora, Gerhard Moser, Uwe Hermann, Heidi Keller ed altri) sia in seminari preparatori svolti ad Heidelberg, sia in ricerche sul campo condotte in Sicilia.
Note
[1] Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano, raccolti e descritti da Giuseppe Pitrè, Palermo, 1889.
[2] Eduard Wätjen era un avvocato tedesco, collaboratore del servizio di intelligence dell’ammiraglio Wilhelm Canaris. Era un combattente della Resistenza contro il nazionalsocialismo e un membro del circolo Kreisau. Dopo la guerra, ha avuto buoni contatti con grandi imprenditori, come la Fondazione Körber, che ha pure contribuito a sostenere il Centro sociale di Danilo Dolci.
[3] Il risultato della ricerca sul campo di Anton Blok è apparso nel 1974 con il titolo The Mafia of a Sicilian Village, 1860-1960. A Study of Violent Peasant Entrepreneurs (La mafia di un paese siciliano, 1860-1960. Uno studio su imprenditori contadini violenti). Dal 1972, Anton Blok è stato professore di Antropologia culturale presso l’Università di Amsterdam.
[4] Rolf Monheim (1969), Die Agrostadt im Siedlungsgefüge Mittelsiziliens: Untersucht am Beispiel Gangi (L’agro-città nella struttura di insediamento della Sicilia centrale: esaminata sull’esempio di Gangi)
[5] Vedi anche sotto Mühlmann e Llaryora (1973), Clientela e sistema clientelare in una agro-città siciliana.
[6] Per la lezione di Sciascia all’ISE, vedi il capitolo «Sicilia l’immagine e il destino». Le lezioni di Salvatore Costanza nel dicembre 1967 e giugno/luglio 1968 sono riassunte nel capitolo «Nel team del professore Mühlmann».
[7] Nel semestre estivo del 1963, Gerhard Hauck ha scritto un rapporto sul sondaggio, sulle domande poste e sulle ipotesi sottostanti. Vedi: «Seminario sociologico-etnologico comune sulla Sicilia nell’Istituto di Sociologia ed Etnologia». Gerhard Hauck (relatore, 16.5.1963). Interviste con lavoratori ospiti siciliani a Mannheim (manoscritto).
[8] Emil Zimmermann, op. cit.: 326.
[9] Lettera di Silvana Brigaglia all’autore, 27.12.2018.
[10] Nel frattempo, la migrazione Sud-Nord è diventata uno dei grandi temi socio-politici, impiegando almeno dieci istituti specializzati e dozzine di ricercatori solo in Germania.
[11] Una recensione del libro sintetizza la trama: «In una narrazione basata sulle proprie esperienze, Emil Zimmermann descrive il percorso della vita e della sofferenza di un giovane siciliano che arriva ad Heidelberg come lavoratore ospite nei primi anni sessanta. Sperimenta la sua vita in Germania come un profondo shock culturale. Tuttavia, si sente presto a casa, anche grazie al rapporto con una donna tedesca. Ma una separazione improvvisa cambia tutto. Per superare la sua delusione, il giovane si rifugia nell’illusione della credenza popolare siciliana di un magico incantesimo d’amore, che scatena una grave crisi psicologica. A causa di opinioni culturalmente inadeguate sulla malattia, da parte di medici tedeschi, ne consegue una diagnosi errata, con fatali maltrattamenti, e tra le altre cose sotto forma di scosse elettriche». Solo attraverso un nuovo metodo di trattamento etnomedico sviluppato ad Heidelberg – che ha lasciato un’impronta sulla storia medica – il «mondo magico» del siciliano può essere finalmente eliminato, e il siciliano portato alla sua guarigione. La «Medicina della migrazione», fondata ad Heidelberg, fu in seguito adottata da quasi tutti gli ospedali tedeschi.
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