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I racconti popolari del Marocco

Foto Ali Morshedlou

Foto Ali Morshedlou

 di Erika Scopelliti

Raccontare storie è forse uno dei bisogni primari dell’uomo, sin dai tempi più antichi.

«A tale per sé is composed of two sets of components. The first set consists of the words, meanings and descriptions of actions which are organized in a form perceived as a narrative. The second set consists of the feelings which these words and these referents and actions generate in the tale-teller and in the listener» (Hasan El Shamy, 199: 7-8)

 La presenza di questi due elementi è indispensabile alla valenza del racconto. Nel corso dei secoli tutti i popoli hanno avuto e continuano ad avere le loro leggende, racconti, miti e superstizioni; essi sono parte di un patrimonio culturale universale e rispondono alla necessità di creare e ricreare mondi magici come modo di spiegare o affrontare una realtà tangibile, nella quale la ragione domina sull’immaginazione. Questo patrimonio dei popoli si trasmette per via orale; in questo modo si assicura la sopravvivenza, attraverso la memoria, di tutta un’eredità culturale che cerca di mantenersi viva anche quando le società si evolvono e scompaiono, le stesse società da cui questi racconti sono nati. In questo modo esse persistono almeno nel ricordo: usi, costumi, paesaggi e personaggi che appartengono a un passato reale o fittizio, nel quale, in ogni caso, ci si riconosce.

La memoria collettiva mantiene la tradizione, i miti, gli esempi e grazie ad essa i racconti si trasmettono di padre in figlio e si assicurano vita e diffusione. È per questo inutile cercare un autore o una prima edizione, di conseguenza la tradizione orale è sfuggente ed è difficile riconoscerne le impronte: i racconti esistono da prima di coloro che li raccontano. Le narrazioni orali possono considerarsi un sostituto della letteratura scritta. Lo strumento impiegato in entrambe le forme è lo stesso, la parola; raccolta per iscritto nel primo caso o pronunciata nel secondo, i racconti popolari sono situati nello spazio indistinto della voce. In questa dualità, la forma orale possiede maggiore incisività portando con sé un contatto umano. Lo scritto dà invece concretezza e riproducibilità alla storia orale.

Le narrazioni sono patrimonio del popolo e appartengono alla collettività, sono anonime e aperte a cambi, e soprattutto sono uniche in quanto si raccontano nello stesso modo solo una volta, e ogni volta che si raccontano si attualizzano: si può ascoltare più volte lo stesso racconto, ma sarà sempre diverso. Il ruolo protagonista del contastorie è innegabile, egli conserva e trasmette ma anche cambia e adatta: parte da un nucleo iniziale, incorpora nuovi elementi, aiutato dal pubblico che gli ricorda episodi che ha dimenticato, viene corretto se sbaglia, gli si chiede di descrivere un personaggio o viene criticato per qualche cambio inaspettato. In questo contesto, il contastorie rende il racconto un esempio di letteratura totale in quanto vi si trovano i più vari generi: narrativo, teatrale, epico o lirico. In definitiva, il racconto riflette la tempra del contastorie stesso, che può avere un’immaginazione sconfinata e incatenare tra loro i vari temi, prolungando la narrazione o limitarsi a ripetere ciò che ha ascoltato senza novità o cambi. La sua narrazione è sempre in terza persona, non entra mai nella storia come partecipante e non fornisce una spiegazione del racconto una volta concluso. Raccontato dal narratore a un pubblico che aspetta, attento e interessato, il racconto è vivo e soggetto a costanti cambi e solo il nucleo rimane immutato. Il resto è sottomesso alla volontà del contastorie, al tempo di cui egli dispone, all’attitudine degli ascoltatori, in pratica, alle circostanze più o meno propizie nelle quali si sviluppa l’atto della narrazione.

Foto-Louis-Hansel

Foto Louis Hansel

In Marocco esiste una quantità di leggende e racconti di enorme valore. La diversità sociale di questo Paese ha dato luogo a temi e personaggi diversi. Molte storie hanno radici così remote da rimandare a costumi e tradizioni anteriori all’Islam. Le collezioni di racconti popolari sono antiche, esse iniziano, però, a formarsi quando i racconti sono già in uno stadio avanzato di evoluzione. Le vicissitudini politiche, come i due protettorati, hanno anche contribuito a influenzarne la diffusione. Il contatto tra Spagna e Marocco e la presenza di numerosi intellettuali spagnoli che durante il protettorato si recavano nel Paese, favorì la stampa dei racconti marocchini. Successivamente, iniziarono a nascere riviste specializzate nello studio della cultura marocchina come Mauritania e Africa. I racconti occupavano un posto importante in queste riviste e da semplici oggetti di studio divennero materiale di rilevanza socioculturale notevole. Gli studiosi li consideravano un mezzo utile per la conoscenza del Paese. Gli autori che collaboravano a queste riviste erano spagnoli nati in Marocco o che vi avevano vissuto a lungo. Guillermo Gustavino Gallent lamentava, nel 1942, da direttore della Biblioteca Generale del Protettorato, la mancanza di un organismo incaricato di salvaguardare la collezione dei racconti marocchini e di provvedere ad una loro classificazione.

I racconti del Marocco sono nella mente dei suoi abitanti da molti secoli, la raccolta e traduzione in lingua spagnola è stata favorita dal protettorato e negli anni arricchita di vari mezzi audiovisivi. Oggi abbiamo un numero importante di racconti tradotti in diverse lingue, presenti in giornali, riviste, studi e antologie di carattere generale o specifico. Non esiste ancora però un corpus completo.

2Temi e personaggi

Le storie contengono messaggi morali ed etici, possono essere brevi con avventure fantastiche o surreali che stupiscono l’ascoltatore. In alcune sono presenti elementi risalenti a un passato preislamico, in altre si trovano avventure picaresche, ma nella maggioranza di esse risaltano temi come astuzia, spirito di sopravvivenza, la prepotenza del più forte, invidia, gelosia, avarizia, ecc. Altre caratteristiche della letteratura orale del Maghreb sono la sua durezza e drammaticità, spesso manifestate nelle storie familiari. I crimini vengono puniti duramente e i sultani hanno diritto di vita e morte sui sudditi.

Secondo Salvador López Becerra, l’origine di queste storie è così antica che spesso i contastorie stessi la ignorano. Sebbene possano sembrare brevi, molte storie possono necessitare ore per essere raccontate, grazie appunto ai gesti e alla teatralità del narratore che permettono agli ascoltatori di vivere la storia direttamente, immaginandola davanti ai loro occhi.

Il racconto è una narrazione organizzata nella quale una situazione iniziale volge a una situazione finale differente a seguito di varie peripezie. Esse possono ripetersi o variare e sono arricchite da elementi meravigliosi, oggetti magici, trasformazioni e poteri soprannaturali. La narrazione mette in scena una società fittizia, di uomini o animali, ma tutti sanno che, in realtà, dietro essa si nasconde una comunità reale. Si torna a una società anteriore, i cui principi morali e sociali sono intangibili, nello stesso tempo però, ci si può riconoscere nella società descritta, rendendola quindi attuale. Ci sono temi comuni, come la rivalità, il matrimonio, la morte, e personaggi ricorrenti. Anche lo sviluppo della storia spesso riprende termini classici come il castigo per il malvagio, la ricompensa dell’eroe o il trionfo del bene. I racconti hanno una funzione ludica ma anche educativa sul piano intellettuale ed affettivo, si trattano i problemi umani attraverso avventure di personaggi che mostrano ciò che occorre fare in una determinata situazione. Spesso viene proposta una morale o una spiegazione eziologica. Gli ambienti sono vari, tra i più comuni troviamo la casa familiare dove si descrive la vita quotidiana, o i palazzi dei sultani dove le vicende dei ricchi si mescolano spesso a quelle dei poveri.

Non smette di sorprendere il fatto che i grandi temi siano comuni in varie zone del mondo senza apparente contatto. Vladimir Propp sostiene che queste coincidenze risalgano a stadi più primitivi e ad una fantasia collettiva comune: soprattutto nei racconti meravigliosi, anche se appartenenti a differenti culture, ci sono temi identici. Questo aspetto è, però, tutt’ora fonte di acceso dibattito tra gli studiosi. Se racconti fanno parte di un immaginario collettivo, ogni popolo li adatta all’ambiente conosciuto e familiare: la scarpetta di cristallo di Cenerentola, nel mondo arabo si trasforma in babbuccia, ma compie esattamente la stessa funzione. Il contatto tra zone così diverse sembra improbabile. Tuttavia, ci sono anche racconti che normalmente sorgono da contatti antichi tra le civiltà, a causa di migrazioni o spostamenti.

3In Marocco, gli elementi dell’oralità sono un miscuglio di caratteristiche delle varie civiltà, fuse con altre di carattere fantastico comuni alla tradizione araba che risalgono a un passato preislamico. La prova più evidente è la coincidenza di aspetti, personaggi e scenari che si possono vedere ne Le Mille e una Notte: Hārūn Al-Rashīd, il famoso sovrano di Baghdad, è infatti protagonista di diverse storie.

I racconti meravigliosi hanno, senza dubbio, una trama più complessa degli altri racconti popolari, sono più lunghi e vari per quanto riguarda temi, personaggi e azioni. I nuclei narrativi possono sovrapporsi, seguendo la volontà del narratore e, a volte, s’incontrano racconti composti dalla fusione di molteplici storie. Altro genere comune è quello delle leggende popolari, esse sono più brevi e semplici, senza retorica e ispirati a fatti della vita quotidiana. Più in generale, come sostenuto da vari autori, i motivi più frequenti sono: l’eroe di una classe sociale inferiore che riesce a diventare re, storie di spiriti buoni e maligni, il potere delle donne, vicende con personaggi animali, spiegazioni sull’origine dei fenomeni naturali, deposizione del re tiranno, la creazione, etc.

La maggioranza delle storie si svolge in luoghi e tempi lontani, i personaggi sono persone ordinarie, animali o creature mitiche. Sono spesso mossi da passioni forti come avarizia, amore, paura o gelosia, e rappresentano il più delle volte un tipo sociale, come il ladro, il bugiardo o la matrigna. I temi sono generalmente semplici ma significativi: verità universali come il trionfo del bene sul male, la punizione del malvagio; sentimenti quali amicizia e lealtà; contrasti tra bene e male, giustizia e ingiustizia, intelligenza e stupidità. Lo stile varia, le descrizioni sono sovente brevi, le ripetizioni sono comuni e danno ritmo al racconto. Il dialogo è frequente e cattura la natura del personaggio.

Rodolfo Gil Grimau, nella sua opera La literatura oral en el Magreb y su papel en el mundo global, fornisce una dettagliata descrizione dell’eroe e delle sue caratteristiche. Protagonista principale, è a volte un personaggio di città, figlio del re o di un commerciante, con una buona educazione. Ostenta il suo potere ma, allo stesso tempo, si interessa della vita dei cittadini e cerca di risolvere i loro problemi. Reagisce duramente davanti al tradimento, rompe i vincoli sociali e familiari, punisce e uccide chi ha abusato della sua fiducia, indipendentemente dalla relazione che lo lega a esso. Un altro protagonista tipico è il sultano, duro e geloso del suo onore. Egli vive in un palazzo lussuoso, è capace di punire con la morte l’infedeltà ma si ritrova ad essere iperprotettivo con i figli, specialmente se unici. Sa essere un superbo tiranno, ma anche generoso e amante della giustizia. In altre storie il protagonista è il signorotto di campagna, modesto, che cura i suoi beni e lavora, un gran risparmiatore, spesso tirchio.

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Marrakech, contastorie, 1900 ca.

Tra i personaggi secondari, molto comune è l’ebreo. Definito spesso in modo contraddittorio, è generalmente ricco e influente membro della società, abile artigiano, mago o alchimista, altre volte ladro grazie alla sua astuzia. Altro personaggio secondario è la vecchia, può essere madre dell’eroina, generalmente nemica dell’eroe, per vendetta o per compiere l’incarico datole da qualcuno. Ha un aspetto buono da ispirare fiducia ed è legata a uno spirito. In altre storie la vecchia agisce da mediatrice per far innamorare il principe della fanciulla dandole la possibilità di mostrare le proprie buone qualità. Altri personaggi secondari sono il sarto, l’orafo, il barbiere, l’apprendista, il macellaio, il carpentiere, il commerciante o il cacciatore. Sovente l’eroe ha un amico inseparabile che però può rivelarsi cattivo se mosso da passioni sbagliate; egli è altre volte isolato e aiutato da forze soprannaturali come oggetti magici o altri personaggi dai quali ottiene favori e collaborazione.

I personaggi sovrumani sono generalmente jinn, ʿafārīt, orchi, demoni o angeli. La parola jinn ha diverse definizioni nel Corano: è definito come «uno spirito maligno» (sura 114:6-7); «una creatura immaginaria adorata dagli uomini come una divinità» (34:42); «abitanti di alcune regioni nordiche che porteranno a un sostanziale progresso materiale in un’epoca futura» (55:16); «una nazione che appartiene a religioni straniere» (34:13); «un affiliato a una nazione barbara» (15:28); «esseri superiori e potenti raramente visti in pubblico» (6:129). Etimologicamente la parola significa «qualcosa che rimane nascosto» o «qualcosa che nasconde, cela o copre». Il Corano considera il jinn come un tipo di creazione segreta di Dio. Viene detto di loro: «e noi creammo i jinn dal fuoco dei venti caldi» (15:2).

Nella mitologia islamica, così come nella credenza popolare, i jinn sono spiriti intelligenti, mortali, sessuati che posseggono il libero arbitrio. Sono creature aeree, con corpi trasparenti e l’abilità di assumere diverse forme in modo da essere invisibili all’osservatore. Il personaggio del jinn, sia maschio che femmina, è molto frequente e somiglia al ‘ifrīt (singolare di ʿafārīt). Essi si possono trasformare in animali, come pesci o serpenti, vivono in boschi, alberi, giardini o grotte, guardiani,a volte, di oggetti come lampade o anelli e servitori dei padroni di questi oggetti. Sono in grado di portare a termine compiti difficili per aiutare l’eroe.

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Musicisti in Marocco, 1900 ca.

Il ‘ifrīt è una forza naturale o una presenza, generalmente ostile. Definito come spirito malvagio e ribelle, può però rivelarsi utile. Può assumere diverse forme, appare come un essere umano, di solito vecchio, o un ibrido tra uomo e animale, può essere di sesso maschile o femminile. Viene spesso messo in relazione con animali selvaggi del deserto o della montagna, sottolineandone l’astuzia, la forza e l’ingegnosità. Gli orchi sono mezzi umani e mezzi animali, giganti e con grandi denti, conoscono magia e medicina. Sono capaci di diventare uomini, vivono in grotte o boschi, uccidendo e mangiando le loro prede. A volte però, gli orchi di genere femminile proteggono alcuni esseri umani. In generale, hanno paura dei cani e un olfatto ben sviluppato.

È facile notare come tanto i temi e motivi principali quanto i personaggi si ripresentino nel corso dei secoli, pur facendo parte di tradizioni popolari di natura differente. Questa condivisione denota come la natura più intima dell’essere umano sia in fondo sempre la stessa, indipendentemente da quanto oggi ci si sforzi a segnalarne le presunte irriducibili differenze.

Dialoghi Mediterranei, n. 37, maggio 2019
Riferimenti bibliografici
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Erika Scopelliti ha conseguito la laurea magistrale in Lingue Moderne: Letterature e Traduzione presso l’Università di Messina con una tesi di letteratura araba sulla tradizione dei racconti orali in Marocco. Durante gli studi ha beneficiato di due borse di studio presso l’università Cadi Ayyad di Marrakech (di rispettivamente 6 e 10 mesi). Durante questi soggiorni di ricerca è entrata in contatto diretto con i maestri contastorie che ha intervistato e grazie ai quali ha reperito diverso materiale originale. Ha successivamente portato a termine un master in Global Marketing, Comunicazione & Made in Italy del CSCI e della fondazione Italia-USA e il programma della Luiss Business School “Generazione Cultura”. Attualmente vive ad Alicante dove sta facendo un tirocinio presso l’EUIPO, occupandosi di proofreading e revisione di traduzioni.
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