La crisi dell’alleanza gialloverde apre una fase che si propone come avvio di un processo di redistribuzione dell’elettorato italiano. Difficile prevederne gli esiti, più facile considerarla l’occasione per riflettere sulla sua profonda trasformazione nel suo rapporto con la gerarchia ecclesiastica. C’è stato un tempo, infatti, in cui tale rapporto è stato rilevante, ma, poi, specie dopo il Concilio, quando molti cattolici hanno rivendicato la loro autonomia nelle scelte politiche, l’influenza delle parrocchie e delle associazioni, pur senza esaurirsi, è notevolmente diminuita.
L’elezione di papa Bergoglio e l’inedita ostilità nei suoi confronti da parte di settori conservatori dell’episcopato italiano ha favorito i candidati che non condividono il suo orientamento progressista.
Non a caso Salvini ostenta la corona del rosario e invoca la Madonna, che «ci porterà alla vittoria», dichiarandosi cristiano e cattolico, come milioni di altri italiani, né più né meno, che a messa vanno purtroppo in occasione dei funerali, ma anche fortunatamente per matrimoni e battesimi. Pur se non è il solo a servirsi di citazioni e slogan religiosi, come emerge dagli interventi di Conte e Renzi nel dibattito parlamentare, suscita reazioni preoccupate nella gerarchia cattolica che con il cardinale Parolin, Segretario di Stato del Vaticano lo ha definito “pericoloso”, “ipocrita” lo definisce Famiglia Cristiana e, addirittura “sacrilego” lo dichiara Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica tra gli uomini più vicini a Papa Francesco. Questo, da parte sua, si rifiuta di incontrare il ministro finché continuerà a predicare l’odio sociale e a istigare il razzismo contro gli immigrati. Mancherebbe solo la scomunica, se solo Salvini non fosse già scomunicato, avendo divorziato dalla moglie e fatto un figlio con un’altra donna.
Più esplicito e diretto il richiamo del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente dei vescovi europei che dichiara: «Basta simboli religiosi in politica». Anche monsignor Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, denuncia Salvini che «sfrutta la devozione per scopi elettorali. È inaccettabile …. Sfruttare la devozione e i sentimenti popolari più puri per bassi interessi elettorali è un comportamento inqualificabile». Dure sono state, sul web, le reazioni fra i sostenitori di Salvini e dei parlamentari cattolici della Lega, che costituiscono una maggioranza nel partito.
Più autorevole la critica del Presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, intervenuto a Rimini all’incontro sui giovani al Meeting di Comunione e Liberazione dal titolo «Non fatevi rubare i sogni, sono il futuro», ponendosi in una prospettiva più generale. «La crisi c’è e va affrontata con tutte le forze. Bisogna rimettere in piedi il Paese, rimettere in moto la macchina. Bisogna far ripartire l’industria e il lavoro. Ci vuole coraggio. Se non si parte, non si va avanti».
Con queste dichiarazioni la gerarchia italiana mostra di essere pienamente schierata con la linea di papa Bergoglio emersa nell’intervista concessa alla “Stampa” il 9 agosto. Nel suo programma di “Chiesa in uscita” e di nuova evangelizzazione in un Occidente sempre più secolarizzato ed anzi anticristiano, Jorge Bergoglio sta attuando uno sforzo senza precedenti per qualificare la Chiesa cattolica come attore protagonista dei grandi mutamenti globali, portatore diretto di risposte, speranza, fiducia per popoli angosciati in un’epoca di incertezza. Per non essere frainteso proclama: «Si sentono discorsi che somigliano a quelli di Hitler nel 1934». Al tempo stesso, ha affermato recentemente che «il sovranismo” è un atteggiamento di isolamento».
Contro di lui si è schierata l’ala più conservatrice sia dell’episcopato mondiale, sia della Curia romana. L’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. Gerhard Müller, nel recentissimo libro Incontri romani, giunge ad accusare papa Francesco di lavorare per la dissoluzione della Chiesa. Diffuse e ripetute sono le accuse di voler cancellare l’obbligo del celibato per i sacerdoti e di aprire al sacerdozio femminile, partendo dall’ammissione delle donne al diaconato.
Anche fra i cattolici obbedienti si sta incrinando il patto di fiducia verso il “Papa venuto dalla fine del mondo”, e cominciano a mostrarsi i segni di una pericolosa frattura. Il papa risponde continuando la sua azione di riforma della Curia, introducendo ulteriori cambiamenti nella gestione delle finanze vaticane con la nomina di un revisore esterno e il rafforzamento dei poteri del direttore che, però, sarà tenuto ad andare in pensione a settant’anni senza nessuna possibilità di proroga. Ritarda ancora, invece, la riforma della Curia, mentre procede la preparazione del Sinodo panamazzonico che potrà essere chiamato ad approvare significative riforme nella gestione del clero. I bene informati dicono che tale sinodo sarà per Bergoglio un banco di prova molto difficile: vari cardinali autorevoli come i tedeschi Brandmuller e Mueller, hanno già più volte dichiarato che nel documento preparatorio sono presenti varie eresie e che daranno battaglia, considerando lo stesso Sinodo: «cavallo di Troia della Teologia della Liberazione».
La Comunità dei cattolici italianai già arrivata decisamente impreparata e divisa alle elezioni europee, rischia ora di ripetersi se si votasse a breve per le politiche. La Cei, in particolare, da sempre direttamente presente nel divenire della politica italiana, difronte all’evolversi rapido e innovativo della situazione, continua a tacere. Nessuna nostalgia per l’interventismo del cardinale Camillo Ruini, ma il silenzio sul decreto Sicurezza bis, sugli sviluppi della crisi e sulla sua possibile soluzione, che possono essere determinanti per l’esito delle prevedibili elezioni politiche, è considerato anomalo. Già nei giorni dell’approvazione del decreto sicurezza bis si è notato un insolito silenzio da parte delle gerarchie ecclesiastiche, rotto soltanto da sporadici, quanto inefficaci, segni di disapprovazione, mentre il leader della Lega continua a usare in modo improprio i simboli religiosi tra invocazioni alla Madonna di Medjugorje e baci al rosario al termine dei suoi comizi balneari.
Non mancano voci del mondo cattolico come quelle di monsignor Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, di padre Zanotelli, di don Ciotti e di Giovanni Ricchiuti, vescovo di Altamura e presidente nazionale di Pax Christi, che denunciano la politica salviniana, pur se in relazione agli ostacoli frapposti al flusso dei migranti e alla ostilità nei confronti delle dell’azione di recupero dei migranti svolta dalle Ong. «Le inadempienze della politica – dichiarano Ciotti e Ricchiuti – non possono ricadere sulle spalle degli ultimi e degli indifesi, usati oggi come strumenti di ricatto per bassi giochi di potere».
Monsignor Zuppi aggiunge un altro forte richiamo “bergogliano”: quello sulla pericolosità dell’ideologia populista, che è una naturale fornitrice di «risposte identitarie non vere». In maniera diversa rispetto a quello che alcuni populisti sostengono, poi, per l’arcivescovo metropolita è possibile rintracciare una compatibilità tra “globalizzazione” ed “appartenenza”. La “Chiesa in uscita”, quella che per il Papa deve abbracciare il mondo, continua a criticare gli “ismi”: si tratta, in questo caso, delle ideologie sovraniste.
In questo contesto particolare interesse ha suscitato la vicenda del Pontificio Istituto teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia che ha avuto protagonista Mons. Vincenzo Paglia, Gran Cancelliere dello stesso Istituto, intervenuto per cacciare alcuni docenti dei più rappresentativi e abolire alcune cattedre tra le più emblematiche, “in primis” quella di teologia morale fondamentale, dopo che Benedetto XVI ha voluto ricevere in udienza privata il prof. Mons. Livio Melina, ex preside dello stesso Istituto, esprimendogli la sua personale solidarietà e concedendogli la sua benedizione. Da allora molte voci autorevoli si sono levate per stigmatizzare l’intervento di Paglia e molti dei suoi critici hanno firmato una lettera a lui indirizzata per chiedere una revisione del provvedimento.
Minore rilievo mediatico, ma parimenti indicativa per avere un quadro significativo delle dinamiche ecclesiali italiane è la convocazione, per il prossimo autunno, del convegno delle Comunità Cristiane di base italiane. Si ritroveranno a Vico Equense dal primo al tre novembre per il loro Incontro annuale sul tema Vangelo e Costituzione. Credenti disobbedienti nella Chiesa e nella società.
Nel sottolineare il loro essere “disobbedienti”, le CdB hanno inteso confermare la loro autonomia nella ricerca di una prassi evangelica pur in tempi in cui molte delle loro scelte, un tempo considerate eversive, sono condivise dai tanti cattolici “obbedienti”. In verità è il binomio Vangelo e Costituzione che rappresenta compiutamente il senso della ricerca nella più generale prospettiva del rapporto fede/politica posto a fondamento della loro scelta di considerare la polis la sede in cui esercitare il comandamento dell’amore in comunione con i fratelli di fede.
La polis come spazio nel quale vivere l’ecclesia senza rivendicare per essa una speciale condizione di privilegio. Un’ecclesia solo funzionale alla vita comunitaria, nell’ambito delle leggi dello Stato destinate a regolarla, e da adeguare, nel tempo, al mutare delle norme che regolano la vita sociale. In questa fase, in cui le regole democratiche sembrano entrare in crisi per il prevalere dell’uno sui più, è indispensabile declinare la fratellanza con l’uguaglianza. Sui modi sono chiamati a riflettere i partecipanti al prossimo Convegno Nazionale.
Dialoghi Mediterranei, n. 39, settembre 2019
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Marcello Vigli, partigiano nella guerra di Resistenza, già dirigente dell’Azione Cattolica, fondatore e animatore delle Comunità cristiane di base, è autore di diversi saggi sulla laicità delle istituzioni e i rapporti tra Stato e Chiesa nonché sulla scuola pubblica e l’insegnamento della religione. La sua ultima opera s’intitola: Coltivare speranza. Una Chiesa altra per un altro mondo possibile (2009).
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