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Greco Milanese, metamorfosi di un luogo

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Greco Milanese, scorcio della scuola elementare, ex municipio  (ph. D. Sirchia)

di Davide Sirchia

Oggi Milano è per molti considerata il motore economico dello Stato italiano: è la sede della Borsa, il luogo delle sfilate,il centro delle start up, la città dell’innovazione. Nel senso comune Milano è una città con poca storia visibile, le architetture ultra contemporanee si erigono prepotenti verso il cielo modellando gli spazi: questa è una città che continua a ridefinirsi.

Osservare la città dall’interno e prender parte alla vita comunitaria permette di riflettere su “preconcetti” e “pregiudizi” che si sono consolidati su di essa. Le osservazioni dirette e l’utilizzo di uno sguardo più sensibile alle sfumature man-made contribuiscono a scorgere quella storia nascosta tra le pietre, quella storia che ha reso possibile la città contemporanea.

Il modellare lo spazio in risposta alle proprie necessità è una tesi che diversi antropologi hanno dimostrato come assunto, e nelle città, nei quartieri, nei paesaggi urbanizzati l’antropomorfizzazione permette di poter scoprire gli aneddoti e le storie locali proprio dalle pietre. In questa città è possibile verificare la tesi di Ingold che nel suo Ecologia della cultura considera i vari processi di costruzione come subordinati alla facoltà umana di produrre e vivere la spazialità, così da pensare l’autocostruzione come luogo antropopoietico di governance del territorio (Sirchia, 2018: 464).

Il focus di questa ricerca è la trasformazione che l’antico borgo di Greco Milanese ha vissuto per divenire oggi un quartiere. Per affrontare questo studio si è deciso di incrociare i dati fotografici con le testimonianze degli ultimi grechesi ancora in vita. Dalla metamorfosi di Greco Milanese possiamo conoscere pagine di storia non scritta. Una storia orale così densa di vicissitudini da far riaffiorare quelle necessità che hanno costretto gli abitanti a modellare nel tempo quello spazio oggi chiamato comunemente “Greco” [1].

Abbiamo vissuto il campo di ricerca tout court raccogliendo così tutte quelle testimonianze ricche di pathos e di partecipazione emotiva, a volte sfociate in déjà vu; l’incontro del punto di vista emico e del punto di vista etico ha permesso di guardare a quei luoghi indicati con le stesse emozioni dei nostri attori sociali.

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Greco Milanese (ph. D. Sirchia)

Con il termine grechesi generalmente si indicavano gli abitanti del comune di Greco Milanese ma questo termine rimane ancora in uso tutt’oggi, a distanza di quasi un secolo dall’annessione al comune di Milano, a memoria di una identità storica al luogo di appartenenza. Tanto più che la storia di Greco Milanese si fonda nel mito, nessun documento d’archivio ne accerta l’origine del nome. Non sappiamo se i documenti sono andati dispersi o se non sono mai esistiti, quel che è certo è che nell’idea comune e nel racconto popolare il nome deriva dallo stanziamento nella zona nord est di un gruppo di coloni greci al tempo di Giulio Cesare.

Passeggiando nella zona antica di Greco Milanese, attuale piazza Greco, notiamo sin da subito delle targhe commemorative di personaggi illustri nati a Greco. Ove oggi sorge la scuola elementare, un tempo c’era il municipio di Greco Milanese; sulla porta di accesso alla scuola  troviamo una targa che cita un passo del Manzoni, fatto che, nella lettura popolare, dona prestigio e orgoglio alla comunità di Greco:

«Verso sera, arriva a Greco, senza però saperne il nome; ma, tra un po’ di memoria de’ luoghi, che gli era rimasta dell’altro viaggio, e il calcolo del cammino fatto da Monza in poi, congetturando che doveva esser poco lontano dalla città, uscì dalla strada maestra, per andar ne’ campi in cerca di qualche cascinotto, e lì passar la notte; ché con osterie non si voleva impicciare. Trovò meglio di quel che cercava: vide un’apertura in una siepe che cingeva il cortile d’una cascina; entrò a buon conto» (Manzoni, cap XXXIII).
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Greco Milanese (ph. D. Sirchia)

L’antico comune, sorto dalla continua ri-modellazione dello spazio come risposta alle necessità degli abitanti, si compone di una zona centrale, attuale Piazza Greco e l’area limitrofa, che comprende anche l’attuale via Comune Antico ove era presente il municipio. La dislocazione delle costruzioni è quella tipica dei piccoli centri lombardi, ove la chiesa madre, S. Martino in Greco e il Municipio ne caratterizzano il centro cittadino. Il territorio di Greco si estendeva per diversi ettari, confinando con gli antichi borghi, oggi quartieri, di Niguarda, Gorla, Precotto e San Giovanni.

Lo sviluppo continuo delle zone frazionate ha prodotto un loro ampliamento territoriale e una loro sostanziale fusione.

Le prime notizie storiche dei borghi situati all’interno del comune risalgono al Medioevo. Dal cosiddetto “Codice della Croce”, contratto di affittanza fra contadini di Greco e Decumani conservata nella biblioteca ambrosiana di Milano, e risalente al 1200 d. C, apprendiamo il tipo di coltivazioni in uso in questo periodo. Il documento infatti afferma che:

«Gregato Maza, i fratelli Ambrogio, Algisio, Alberto de Prato e i loro eredi dovranno versare ogni anno, come affitto dei terreni, all’arciprete Lauderengo o ai suoi successori, che opereranno per conto della canonica dei Decumeni, 30 moggi e 4 staia di cereali e precisamente metà segale e metà miglio, 4 staia di frumento, 18 galline di cui 2 capponi e 6 pollastri ruspanti e 18 monete milanesi. Ogni cosa deve essere regolarmente consegnata ai decumani delle quattro oneste persone e precisamente la segale, il frumento, i 6 pollastri ruspanti e 6 monete per la festa di S. Lorenzo; il miglio per la festa di S. Michele ed il resto del denaro e delle galline per la festa di S. Stefano. In cambio i quattro affittuari riceveranno ogni anno due pasti ciascuno e più esattamente un pasto abbondante e una veloce colazione».
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Greco Milanese, Cassin de’ Pom  (ph. D. Sirchia)

Ne deduciamo quindi che in quel periodo si coltivavano la segale, il frumento e il miglio ma veniamo a conoscenza di come il pagamento dell’affitto coincidesse con il ciclo del grano. Come era nelle consuetudini agrarie la mietitura, la trebbiatura e l’immagazzinamento del grano in estate coincidevano con le feste di San Lorenzo il 10 agosto e di San Michele il 29 settembre; mentre a dicembre il periodo della germinazione si accompagnava alla celebrazione di Santo Stefano il 26 dicembre (Buttitta 2006: 85).

In diversi documenti medioevali viene identificata la popolazione grechese, dando per certo che nel XIII secolo era in uso e diffuso il termine grechese per indicare gli antichi abitanti del comune. Ed è in questo periodo che possiamo rintracciare un primo caso di affermazione identitaria, con la Battaglia di Prato Comune (1205), che vide coinvolta da un lato la nobiltà milanese (detti Gagliardi) e dall’altro i contadini di Greco (detti Credenza). Questa battaglia, che risulta essere stata combattuta senza armi ma a mani nude, vide la sconfitta dei nobili che si ritirarono nell’allora Milano. Essa rimane ancora nella memoria dei grechesi, che ricordano l’arroganza dei milanesi e la loro volontà di sottomettere il loro territorio.

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Greco Milanese, “El pont del Pan Fiss” (ph. D. Sirchia)

Intorno al 1400 ca. viene a costituirsi una nuova frazione all’interno del territorio di Greco Milanese, e cioè la Fortezza della Bicocca. Le fonti storiche la descrivono di forma quadrangolare circondata da grandi mura difensive. Ultima data certa di questa costruzione è il 1905, quando fu restaurata e rimodellata per diventare la residenza estiva dei nobili Arcimboldi.

Altra data fondamentale per la ricostruzione della storia di questo antico comune è la costruzione del Naviglio della Martesana, iniziato nel 1455 e concluso intorno al 1475. Questa via fluviale progettata per volere di Filippo Maria Visconti, ma costruita e ridisegnata da Ludovico il Moro, è una arteria navigabile che collega il castello di Trezzo sull’Adda alla città di Milano. Con la battaglia del Ducato di Milano contro la Repubblica di Venezia che si concluse con la Pace di Lodi (1454), la famiglia Sforza comprese l’importanza di avere una rotta navigabile nella zona di confine con la Repubblica di Venezia.

Il primo tratto che collegava il Castello al territorio di Greco Milanese, fu completato in otto anni. Questo luogo, identificabile con la Cassina de’ Pomm, ha da subito avuto il suo impatto nell’economia del comune. La Cassina de ‘Pomm nell’idea comune deve il suo nome alla famiglia di contadini che l’abitava, la famiglia de ‘Pomm. È un luogo centrale nella vita dei grechesi, perché simbolo del riscatto sociale che i contadini vantarono sui signori, tanto da dare e fissare nel tempo il nome di questa umile famiglia.

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Greco Milanese, ingresso del cimitero  (D. Sirchia)

In realtà, dalle fonti storiche apprendiamo che la Cassina de ‘Pomm prese il nome dall’uso di depositare le mele. Infatti Francesco Sforza nel XV secolo decise di realizzare nella zona intorno alla cascina una coltivazione intensiva di mele, e queste venivano conservate all’interno di questa struttura. La Martesana, come detta oggi, con la cascina si riflette nel suo corso d’acqua, è il luogo dei grechesi per svolgere attività all’aperto, come il jocking o la pesca, oppure semplicemente è il punto di incontro tra amici.

Nonostante il forte distacco dai milanesi, i grechesi nel 1808 persero il loro territorio perché annesso a quello del capoluogo per volere del vicerè Beauharnais, dopo l’incoronazione di Napoleone nel Duomo. Ma, quando i francesi vennero sconfitti nel 1816, gli austriaci ripristinarono i vecchi comuni.

Il comune di Greco Milanese avendo inglobato altri comuni limitrofi aveva raggiunto una rilevante estensione territoriale e una popolazione particolarmente numerosa, tant’è che quando nel 1838 l’imperatore Ferdinando I inaugurò il nuovo viale Monza, questo passava anche dal comune di Greco e si decise che anche la strada ferrata doveva passare da qui, tant’è che ancora oggi esiste l’antica stazione anche se, ormai, riconvertita in edificio privato.

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Greco Milanese, prospettiva della via Emanueli, in primo piano  palazzi liberty, in fondo università Bicocca (ph. D. Sirchia)

Con la nascita della fermata Greco Milanese, il comune, che possiede ancora diversi ettari di terreno non edificato e può vantare una posizione strategica tra la città di Milano e la zona nord, divenne una delle aree più produttive dell’hinterland milanese. Infatti, nel 1872 Pirelli aprì lo stabilimento per la lavorazione delle gomme e poco dopo, Ernesto Breda, sul Naviglio della Martesana rilevava la società meccanica e ferroviaria Cerimedo, nota come Elvetica. Con l’appalto per la costruzione delle ferrovie rumene ebbe necessità di aumentare i propri dipendenti generando così, insieme alla Pirelli, una zona a forte centro gravitazionale operaio. Necessità che diede un nuovo impulso alla logistica del comune di Greco Milanese, tant’è che nel 1876 venne istituita la prima ippovia italiana che collegava la città di Milano a quella di Monza per poter agevolare gli operai a recarsi nelle fabbriche. Il progresso tecnologico che attraversava l’Italia in quel periodo storico permise l’utilizzo dell’elettricità anche nei trasporti, dando così vita alla prima tramvia elettrica del territorio.

Agli inizi del ‘900 Greco Milanese conobbe un’esplosione demografica che raggiunse i 9340 abitanti, mentre Milano ne contava 490 mila. Nel 1904 il comune di Greco fu costretto a cedere alla città capoluogo la zona che va dall’attuale corso Buenos Aires sino all’area dove sorge la Stazione Centrale di Milano che verrà costruita due anni dopo, nel 1906.

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Affresco della chiesa di S. Antonio raffigurante la guerra di Bicocca, XVII sec., part. (ph. D. Sirchia)

Nel 1911 Mario Cerati, redattore de Il Secolo, pubblicava un editoriale sul tema delle case popolari denunciando che molto si era fatto per le classi degli operai e ben poco per i ceti piccoli e medio borghesi. In quel periodo nel territorio di Greco Milanese sorse un nuovo complesso di alloggi privati destinati proprio a questa fascia sociale, e andarono ad abitarci diversi pubblicisti, dando così vita alla zona conosciuta come villaggio dei giornalisti. Le case realizzate seguivano la stessa tipologia edilizia: case indipendenti disposte su due piani con quattro appartamenti. Le costruzioni sull’esempio dello stile liberty presentano nel prospetto affreschi raffiguranti motivi naturali stilizzati.

L’aumento esponenziale della popolazione grechese costrinse il comune nel 1911 ad ampliare il vecchio cimitero, ammodernandolo e dando l’aspetto all’impianto ancora oggi visibile. All’ingresso del cimitero si può osservare in alto l’antico gonfalone del comune. La nuova linea ferrata che collega tutt’oggi Milano con il nord della regione, come la città di Como, ha avuto necessità di una stazione adatta alle nuove esigenze, e così nel 1914 venne conclusa la Stazione di Greco Pirelli, perché a ridosso dello stabilimento omonimo.

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Greco Milanese, moduli abitati in Bicocca, in fondo teatro degli Arciboldi  (ph. D. Sirchia)

L’economia di Greco Milanese caratterizzata un tempo dall’agricoltura condotta per conto della Chiesa di S. Simpliciano è mutata dalla fine dell’800 divenendo a prevalenza industriale. Il comune di Milano aveva interesse a inglobare nella propria gestione la zona nord-est dell’hinterland per diversi motivi, ma soprattutto per poter alloggiare i migranti che in questo periodo migrarono dal Sud Italia e dalle zone agricole, dal momento che si stavano sviluppando diverse aree produttive; si pensi per fare un solo esempio al polo industriale dell’acciaieria Falk a Sesto San Giovanni.

Nel 1923, con il Regio decreto numero 1912 del 2 settembre, il Re stabiliva l’“Aggregazione al comune di Milano di undici comuni contermini”, tra questi troviamo anche Greco Milanese. Tra sommosse popolari e dispute politiche, il comune perdette la propria autonomia amministrativa e diventò soggetto alla centrale amministrativa di Milano.

Le motivazioni che spinsero la annessione forzata dei comuni sono riportate nello stesso Regio Decreto dal quale apprendiamo che

«l’attuale circoscrizione del comune di Milano comprendente un territorio di 7600 ettari con una popolazione agglomerata di oltre 700.000 abitanti è causa di un grave disagio per l’espansione di quel grande centro demografico, specie in rapporto al continuo e rigoglioso sviluppo dei suoi potenti stabilimenti industriali. Ai margini della città traendo vantaggio dalle favorevoli condizioni di vita offerte dalle sue officine……..».

Questo evento storico, l’annessione di Greco Milanese avvenuta in maniera forzata e non voluta si legge anche dalle pietre che costruiscono i ponti ferroviari che attraversano il centro dell’ormai quartiere.

Mentre passeggiavo per le vie dell’antico comune con un grechese prestato come guida, Giuseppe M., mi fu fatto notare come questi ponti ferroviari oltre che passare sopra la chiesa madre di Greco, S. Martino al Greco, costeggiano parte degli antichi confini del comune. Solo in un ponte ferroviario è ancora visibile lo stemma di Greco Mianese ad indicare il confine di Milano con Greco perché questi ponti erano le nuove porte di accesso al comune.

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Greco Milanese, ponte ferroviario con gonfalone del comune (ph. D. Sirchia)

Oggi, attraversando i vari varchi, notiamo che tutti i gonfaloni sono stati rimossi e quei pochi rimasti sono stati coperti da cartelli pubblicitari, mentre quelli raffiguranti i simboli del comune di Milano sono restaurati e bene visibili. Piccoli fatti che fanno comprendere ancora oggi il braccio di ferro agli inizi del secolo con la schiacciante vittoria della città di Milano. Questa annessione del territorio ancora oggi crea delle sacche di resistenza silenziose e minoritarie che rimpiangono il passato e desiderano riacquistare la propria indipendenza. Vari informatori riferiscono che intorno agli anni ’90 del secolo scorso una petizione era stata firmata per chiedere il distaccamento amministrativo e il ripristino del comune di Greco, ma senza nessuna risposta dall’amministrazione di Palazzo Marino.

Il nuovo territorio acquisito in Greco registrò, nel secondo dopoguerra, un’esplosione urbanistica incontrollata che rese il quartiere una zona di degrado e di periferia pericolosa, tant’è che tutt’oggi viene chiamata tra i milanesi con il toponimo “Far west” di Milano.

Dopo la petizione, il comune ha tuttavia deciso di sviluppare il quartiere con un’operazione di  riqualificazione territoriale. Nel 1999 vengono completate dall’architetto Vittorio Gregotti gli edifici che andranno ad ospitare l’Università di Milano Bicocca, toponimo che darà nome all’intera zona comprendendo anche l’area occupata dalla Pirelli. Una scelta significativa, perché – a giudizio dei grechesi – è come se il comune di Milano non avesse voluto riconoscere l’importanza storica di Greco Milanese, cambiando il nome dell’intera zona in Bicocca, che in realtà era una frazione. Nello stesso periodo della costruzione dell’Università, il teatro della Scala è stato chiuso per ristrutturazione e il comune decise di costruire, sempre nello stesso lotto universitario, un teatro provvisorio. Nacque così il teatro degli Arcimboldi (in memoria della nobile famiglia che abitava la zona nel corso del ‘400) che, dopo la riapertura del teatro della Scala, diventò ente autonomo.

 La riqualificazione del quartiere si è conclusa con la costruzione di due centri commerciali che limitano ad oggi l’area nord di Milano. Quel che tuttavia è stato escluso dalla riqualificazione è la zona storica del comune, che rimane sprovvista di collegamenti idonei ai nuovi centri di lavoro. Anche la stazione di Greco Pirelli, da snodo centrale per la viabilità dei lavoratori, oggi si percepisce come luogo liminare con un passato che non vuole essere ricordato. I Nuovi centri di cultura, di lavoro e di potere sono stati creati a distanza considerevole, e in più per scelta comunale, la nuova stazione di metropolita Bicocca si è fissata nel lato opposto alla stazione ferroviaria, a diversi chilometri dall’antico centro industriale. La scelta della creazione in un nuovo centro che delocalizza la storia in una periferia distante e quasi inaccessibile, potremmo leggerla e interpretarla con il pensiero di Foucault, il quale afferma che il potere non può essere studiato attraverso le sue forme istituzionali e giuridiche ma dev’essere compreso nella quotidianità degli effetti che produce nel mondo umano e sociale. In questa prospettiva possiamo valutare le scelte del Comune di Milano rispetto alle volontà di rivendicazione mai spente degli abitanti di Greco Milanese.

Dialoghi Mediterranei, n. 41, gennaio 2020
Nota
[1] Per la realizzazione di questa ricerca devo necessariamente ringraziare i miei informatori che, oltre a condividere documenti storici, mi han messo a disposizione anche precedenti studi senza i quali non avrei potuto conoscere aneddoti e vicissitudini del quartiere.
Riferimenti bibliografici
Buttitta, Ignazio, I morti e il grano. Tempi di lavoro e ritmi della festa, Meltemi, Roma 2006.
Foucault, Paul Michel, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Einaudi, Torino 2014
Manzoni, Alessandro, I promessi sposi, Newton Compton Editori, Roma 2010.
Nuvolati G. & Bigatti G., Raccontare un quartiere. Luoghi, volti e memorie della Bicocca, Scalpendi Editore, Milano 2018
Ronzon F., Il senso dei luoghi. Indagini etnografiche, Meltemi, Roma 2008
Sirchia D., La semiosi del Ponte. Una riflessione antropologica, in S. Bolognini (a cura di), Ermeneutica del ponte, Mimesis Edizioni, Milano 2019.
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Davide Sirchia, laureato in Beni Demoetnoantropologici presso l’Università degli Studi di Palermo e specializzato in Scienze Antropologiche ed Etnologiche presso l’Università Milano-Bicocca. Dal 2015 è titolare di cattedra di Antropologia e Etnografia presso l’Uni3 di Milano e collabora con diverse realtà di supporto didattico agli studenti. Ha pubblicato i saggi antropologici, La Zucca, la Morte e il Cavaliere. Un Halloween del 1200 in terra di Puglia e recentemente il libro Janare Irpine, Donne che curarono una comunità, KDP Milano, 2018.

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