Perché emergesse la tensione da tempo latente all’interno della Conferenza episcopale italiana nel suo rapporto con il governo, è stato necessario che questo escludesse la possibilità di una ripresa della celebrazione di messe con la presenza di fedeli nel provvedimento varato per il contenimento dell’epidemia. Per quanto riguarda le cerimonie religiose, infatti, era previsto che ai funerali potessero partecipare solo i parenti di primo e secondo grado per un massimo di 15 persone, rinviando ad un successivo protocollo la definizione delle norme per la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza.
Si era levato un coro di voci critiche nei confronti di tale norma, fra cui quella della Conferenza episcopale italiana (Cei) che, attraverso un comunicato stampa, aveva ricusato il provvedimento affermando che esso esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo. Papa Bergoglio in un suo commento aveva esortato alla prudenza e obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni, ed esplicito era stato il suo mandato a chiudere la trattativa tra i vescovi e il comitato tecnico scientifico incaricato di stabilire i protocolli per permettere nuovamente la presenza dei fedeli alle messe, la riapertura degli oratori e così via. Su questa linea a nome della Cei il cardinale Bassetti, che ne è il Presidente, a una settimana dallo “scontro” con il governo, in un comunicato, che sconfessa quello precedente, si dichiara soddisfatto per l’accordo raggiunto.
Successivamente il Papa celebrando la prima messa con concorso di popolo – circa 50 fedeli – nella basilica di San Pietro ha commentato: «Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla», invitando a vincere le tre tentazioni del narcisismo, del vittimismo e del pessimismo e a resistere alla «tentazione di difendere a spada tratta le proprie idee e andare d’accordo solo con chi la pensa come noi».
Questa diversità di comportamento rivela, ancora una volta e in tutta la loro evidente incompatibilità, due modi d’intendere il rapporto con la realtà all’interno del mondo cattolico nell’era del coronavirus; chiara è la contestazione alla scelta di papa Bergoglio di aver legittimato l’accettazione della nuova realtà, con la sua veglia in una piazza deserta di cui si è scritto in questa pagina. Tale veglia resta memorabile! In verità questa parziale vittoria di Francesco non cancella i ritardi, che ormai sembrano irrecuperabili, nel processo di riforme da lui promosso fin dall’inizio del suo pontificato.
Particolarmente grave il mancato avvio dell’ordinazione sacerdotale di viri probati coniugati richiesta a larga maggioranza dal Sinodo dell’Amazzonia, perché necessari a risolvere la carenza di preti in quelle terre. Neppure sul ruolo delle donne nella Chiesa c’è stato un avanzamento nella dottrina e nella prassi. Non ha, infatti, avuto successo una speciale commissione istituita per cercare una soluzione soddisfacente: ha avanzato proposte, che rompessero il tabù che tiene le donne lontane dall’altare, ma sono state respinte. Eppure fra i Padri sinodali su entrambe le proposte c’era ampio consenso: poco coerente è apparso dunque il mancato assenso del papa.
Anche il processo di riforma della Curia, tema centrale del conclave che ha eletto papa Francesco, affidato ad una Commissione, costituita all’indomani della sua elezione, non ha ancora elaborato una proposta compiuta. La sua costituzione era stata voluta da tutti i cardinali elettori, ma, pur se più volte, integrata, dopo otto anni, non ha preparato una bozza né è possibile prevedere se e quando la formulerà. Gli apparati vaticani hanno fin qui opposto ostacoli di vario genere impedendo che le singole innovazioni, realizzate di fatto di volta in volta per iniziativa del papa, divenissero una riforma organica. Questa si rivela sempre più difficile da realizzare perché non solo manca un piano complessivo, che ne preveda i molteplici interventi, ma ha molta forza la resistenza del prelati attualmente in servizio negli uffici della Curia romana.
La barca di Francesco nello stagno vaticano, titola così la nota sull’argomento l’agenzia Adista! Tale opposizione crea difficoltà non solo all’interno delle mura vaticane, ma anche nei rapporti della Santa Sede con gli Stati e le forze politiche locali; valga per tutti l’entusiasmo con cui il presidente americano Trump ha accolto la lettera dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che parla di una battaglia furiosa in corso tra i figli delle tenebre e i figli della luce, cioè fra il papa e i suoi oppositori. Viganò, a sua volta, prende atto che in questo frangente il presidente Trump è l’unica autorità internazionale in grado di tenere testa a un potere mondiale liberticida, che ha approfittato della crisi del Covid.
Francesco è stato anche coinvolto, suo malgrado, in beghe interne ai rapporti nel mondo delle Comunità monastiche, quando, seppure con un provvedimento firmato dal segretario di Stato, ha imposto ad Enzo Bianchi di lasciare la Comunità di Bose: da lui stesso creata all’indomani della conclusione del Concilio Vaticano II, ne era stato Priore fino al gennaio 2017 quando si era dimesso spontaneamente. Bianchi ha tentato di opporsi al provvedimento dichiarando false le accuse che lo riguardano, ma poi si è adeguato ed ha lasciato il monastero, seppure in spirito di sofferta obbedienza per inflessibilità del papa. Al tempo stesso si dovranno rivedere gli statuti della comunità e la sua forma giuridica di “Associazione di fedeli”, per adeguarli alla tradizione monastica e al diritto canonico, fatta salva la successiva approvazione dell’autorità ecclesiastica. Un grave vulnus è stato inferto allo spirito ecumenico con questo pronunciamento autoritativo della S. Sede su una comunità di cui sono membri anche non cattolici
La stessa barca naviga meglio, pur se in acque ben più significative e innovative, con l’avvio della pubblicazione in cinese della prestigiosa rivista, La civiltà cattolica, edita dai gesuiti con la supervisione papale. Uguale concessione, seppure di ben altro significato è stata concessa, per il conferimento di indulgenze: anche papa Francesco si è adeguato a riproporla come i suoi predecessori postconciliari. Alla memoria di uno di loro, Giovanni Paolo II proclamato santo subito a furor di popolo, Bergoglio ha voluto si dedicasse testimonianza in coincidenza della ricorrenza della sua nascita, con l’intento evidente di non lasciarne la strumentalizzazione ai suoi avversari: lui stesso ha celebrato in quel giorno la messa sull’altare dedicato a san Giovanni Paolo II.
Nella Chiesa italiana la Presidenza della CEI ha diffuso un comunicato molto duro nei confronti del disegno di legge ora in discussione alla Camera che, riprendendo quello della passata legislatura, legittima la omosessualità. Non tutta la Chiesa italiana condivide tale posizione per la diffusa presenza nel mondo cattolico di gruppi organizzati di gay/lesbiche credenti (per esempio “Gionata”,” Cammini di Speranza”, “Il Guado” e altre), e per la linea di accoglienza presente nelle sedi parrocchiali e diocesane favorita dall’“Avvenire” che è intervenuto con contributi tesi a capire, dialogare e a informare correttamente. Ne è prova l’uscita, in questo mese, del libro di Luciano Moia (caporedattore del quotidiano cattolico) Chiesa e omosessualità, con prefazione del card. Zuppi.
Più esplicita appare la denuncia di Noi Siamo Chiesa: «Questa collocazione dei vescovi (perlomeno della loro Presidenza) si pone oggettivamente a sostegno di una posizione che sposa in modo molto pesante le linee oltranziste del conservatorismo reazionario interno alla Chiesa, il quale poi si intreccia con immediata facilità con la destra politica esterna».
Particolare interesse ha avuto in questi giorni l’annoso problema del finanziamento per le scuole cattoliche in coincidenza con lo stanziamento governativo di 65 milioni di euro alle scuole paritarie quale risarcimento del mancato pagamento delle rette da parte di molte famiglie a causa del corona virus. Le proteste della Cei, che fin dalla riunione del suo Consiglio di Presidenza del 16 aprile aveva chiesto finanziamenti straordinari, hanno costretto il governo a raddoppiare quasi la quota. Le stesse scuole cattoliche hanno espresso una loro protesta sospendendo per due giorni la didattica a distanza avviata con i propri alunni.
Merita infine una citazione particolare un episodio fuori dei nostri confini: la sfilata, davanti al Lafayette Park, sullo sfondo della Casa Bianca, di centinaia di persone che però non erano giovani con pugni alzati, ma piuttosto religiosi e religiose, sacerdoti, laici e i due vescovi ausiliari di Washington. Questi marciatori non lanciavano urla, ma recitavano preghiere per la pace e la giustizia, leggevano passi biblici, ripetevano i nomi di tutti gli afro-americani morti a causa dell’ingiustizia razziale. Uno degli organizzatori intervistato, ha dichiarato. «Abbiamo solo pensato che fosse importante scendere in strada e mostrare sostegno e solidarietà con i nostri fratelli e sorelle. È vero che tutte le vite contano, ma penso che nel nostro Paese abbiamo una storia di razzismo forte ed è importante riconoscerlo».
Dialoghi Mediterranei, n. 44, luglio 2020
______________________________________________________________
Marcello Vigli, partigiano nella guerra di Resistenza, già dirigente dell’Azione Cattolica, fondatore e animatore delle Comunità cristiane di base, è autore di diversi saggi sulla laicità delle istituzioni e i rapporti tra Stato e Chiesa nonché sulla scuola pubblica e l’insegnamento della religione. La sua ultima opera s’intitola: Coltivare speranza. Una Chiesa altra per un altro mondo possibile (2009).
_______________________________________________________________