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Il papa, l’enciclica e la crisi del pontificato

copertinadi Marcello Vigli

Dal giorno della sua elezione, Francesco è stato il personaggio pubblico del mondo cattolico per antonomasia. Una novità rivoluzionaria per la Chiesa che ha creato attese e speranze enormi ma dopo sette anni di pontificato forse è il momento di chiedersi se lo schema del Papa ‘accerchiato’ non vada aggiornato. Ad iniziare dalla partecipazione, il giorno 4 ottobre, alla festa di San Francesco d’Assisi per la consegna dell’Enciclica sociale Fratelli Tutti sulla Fraternità e l’Amicizia Sociale. Sono i temi di un’Enciclica definita “tenera e forte”, un’enciclica al tempo stesso “teneramente” dura!

Papa Francesco è ben conscio di come i richiami ai grandi Trattati, alle Dichiarazioni universali, ai princìpi etici e religiosi sono spesso retorici e sterili, Fratelli tutti è, invece, un tenero, gentile e forte invito «a recuperare la passione condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni». La fratellanza è approfondita come un valore laico e, al tempo stesso, cristiano. Francesco critica quei cristiani che soccorrono i poveri, ma che maltrattano e rifiutano i migranti o non accolgono i disabili. Particolarmente significative sono le pagine in cui la fratellanza è affrontata con ricchezza di contenuti antropologici, etici, culturali, sociali, storici e religiosi. È forse questo uno dei meriti più grandi di questa enciclica: l’intreccio fra la cultura cattolica e quella laica, che, gelose dei loro contenuti e dei traguardi sociali e politici raggiunti, hanno spesso nella storia costituito steccati e divisioni.

Ci sono anche tentativi di riportare un dialogo su temi concreti che favoriscono e fanno crescere la fratellanza. Fra questi: il lavoro, la funzione sociale della proprietà, il globalismo e localismo autentici ed equilibrati, «un rapporto sano tra l’amore alla patria e la partecipazione cordiale all’umanità intera», un’economia che non crei scarti e ingiustizie. Il diritto alla proprietà privata deve essere considerato un diritto naturale secondario e «derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati». Senza dimenticare altri temi fondamentali come: il dialogo e l’amicizia sociale; l’impegno per la pace; il ruolo delle religioni; l’uso corretto e costruttivo dei mezzi di comunicazione sociale. Non c’è da meravigliarsi se a destra l’enciclica è stata accusata di “comunismo”. Un’enciclica da leggere, gustare e meditare

Negli stessi giorni emerge, invece, che nella scelta dai collaboratori papa Francesco ha commesso qualche errore e le clamorose dimissioni del cardinale Angelo Becciu, da prefetto della Congregazione per la causa dei Santi, ne sono una testimonianza sia per fatto in sé sia per le polemiche che ha suscitato. Nell’aprile 2018, un mese prima dell’annuncio del Concistoro con cui lo ha creato cardinale, Francesco aveva ridimensionato il peso in Curia del, fino ad allora, potentissimo Sostituto della Segretaria di Stato, spedendolo nella meno influente Congregazione delle Cause dei Santi da cui, generalmente, i prefetti escono pensionati.

Mentre la Santa Sede continua a non insistere sui motivi delle dimissioni forzate del cardinale Becciu da tutte le cariche, l’Espresso per tre settimane ha pubblicato un’inchiesta che documenta un uso disinvolto delle finanze vaticane per sostenere attività dei suoi famigliari in Sardegna. Il Sostituto della Segreteria di Stato avrebbe chiesto e ottenuto per ben due volte dalla Conferenza Episcopale Italiana e una volta dall’Obolo di San Pietro finanziamenti a fondo perduto in favore della cooperativa Spes, braccio operativo della Caritas di Ozieri, provincia di Sassari, di cui titolare e rappresentante legale è il fratello Tonino. Di fronte ad accuse così documentate e dirompenti l’ex prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi è intervenuto per offrire la sua versione con la quale giustifica ogni suo comportamento. In verità 100 milioni di sterline sono stati investiti in case di lusso a Londra, come riferisce il Financial Times. Il giornale chiama in causa il ruolo, in questi investimenti, del cardinale, all’epoca dei fatti Sostituto. Si tratterebbe di un portafoglio di appartamenti di altissimo livello a Cadogan Square e dintorni, a Knightsbridge, uno degli indirizzi residenziali più costosi di Londra. Se non bastasse, una 39enne cagliaritana Cecilia Marogna, soprannominata “dama del cardinale”, è finita al centro di uno scandalo, per aver sottratto mezzo milione di euro dalla Segreteria di Stato, ed è stata arrestata dalla gendarmeria vaticana.

Bergoglio deve, perciò, fare i conti anche con l’esplosione degli scontri di potere e degli eccessi che si manifestano nei centri finanziari della Curia romana, dallo Ior fino alla cassa della Sezione Affari generali della Segreteria di Stato; un turbine di operazioni finanziarie spericolate che hanno reso il Vaticano partecipe degli strumenti più azzardati del turbocapitalismo. La Segreteria di Stato è il dicastero della Curia Romana che più da vicino coadiuva il papa nell’esercizio del suo magistero ed è divisa in due sezioni: la Sezione degli Affari Generali e la Sezione dei Rapporti con gli Stati. La prima di queste due sezioni è stata dotata di una propria cassa, definita spesso “la banca riservata dei papi” con una disponibilità di circa 700 milioni di euro provenienti, tra l’altro, dall’Obolo di San Pietro. Durante la gestione del cardinale Becciu, dal 2011 al 2018, tale cassa ha fatto scelte quantomeno singolari: opacissimi investimenti immobiliari, un discutibile finanziamento a una cooperativa “familiare” dei fratelli del cardinale, la partecipazione a vari fondi ad alto rischio finanziario. Difronte a tali spericolate operazioni è quasi inevitabile porsi una domanda: perché una struttura così vicina al pontefice decide di impegnarsi in terreni tanto rischiosi? 

becciu

ex cardinale Becciu

Il Papa è stato abbastanza provato dalla vicenda perché con Becciu ha vissuto ben cinque anni di coabitazione nel ruolo di Sostituto della Segreteria di Stato! Dopo la defenestrazione del “rivale” Becciu, che non poco aveva contribuito al suo allontanamento, è tornato in Vaticano il cardinale Pell: fra i due c’era stato un contrasto definito da Becciu “professionale”. In verità lo aveva accusato di applicare leggi che non erano state promulgate. Il Papa lo ha incontrato dopo il ritorno: l’incontro era stato preannunciato nell’agenda ufficiale del Pontefice ed è seguito dal comunicato ufficiale della Sala Stampa vaticana. Con una iniziativa non usuale Vatican News ha diramato anche un breve video dell’inizio del colloquio, con uno scambio di battute tra i due, in cui campeggiano le parole del pontefice: “Grazie della sua testimonianza”. L’atmosfera è stata descritta come “calda e cordiale”. Pell si fermerà a Roma almeno tre o quattro mesi. Certamente per lui si tratta di una giornata di svolta, dopo tre anni di assenza.

Negli stessi giorni che hanno visto le dimissioni del cardinale Angelo Becciu, l’uscita del Segretario di Stato Pietro Parolin dalla commissione cardinalizia dello IOR, il ritorno di Pell, il Vaticano, secondo il Financial Times, ha venduto degli asset afferenti all’Obolo di San Pietro per estinguere il prestito di 243 milioni di euro acceso per comprare il famoso palazzo di Londra di Sloane Avenue, 60 dal finanziere Raffaele Mincione. Del resto anche il conto personale del papa è stato svuotato, sono spariti 20 milioni. La somma totale del “saccheggio”: quasi mezzo miliardo.  C’è chi pensa che ne risentirà anche la colletta per l’Obolo di San Pietro, rimandata dal 29 giugno a seguito della pandemia al 4 ottobre, nella festa di San Francesco d’Assisi, in tutte le chiese cattoliche del mondo. È una raccolta che di solito registra alcuni milioni di euro, ma che quest’anno si è celebrata mentre il Vaticano è travolto dagli scandali finanziari.

In coincidenza con questi eventi c’è stata la visita a Roma del Segretario di Stato statunitense Mike Pompeo nell’intento di distogliere il papa dalla sua politica filocinese. Non è certo la prima volta che qualcuno pretende d’insegnare al papa il suo mestiere, ma forse il richiamo del Segretario di Stato Usa Mike Pompeo a Papa Pietro ha superato ogni limite. Pompeo vorrebbe impedire le trattative in corso per rinnovare un accordo, raggiunto due anni fa, fra la Santa Sede e il partito Comunista Cinese, nella speranza di aiutare i cattolici in Cina. Il papa non lo ha neppure ricevuto, appellandosi all’uso di non ricevere candidati in campagna elettorale. Avrebbe dovuto riceverlo il cardinale Parolin, ma l’incontro diretto non c’è stato; i due si sono visti, ma all’interno di un incontro tra le due delegazioni, americana e vaticana, con i rappresentanti diplomatici, l’arcivescovo inglese Paul Gallagher e l’ambasciatrice Callista Gingrich. Il Vaticano, che è impegnato in una nuova Ostpolitik verso Pechino dopo quella nei confronti dei sovietici, si è premurato attraverso un intervento di Andrea Tornielli di far sapere ufficialmente che l’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi verrà rinnovato e che la delegazione vaticana è già partita per la Cina, mentre la firma è prevista entro il 22 ottobre (data dell’entrata in vigore dell’accordo provvisorio nel 2018) a pochi giorni dalle elezioni presidenziali americane. Come per mettere Pompeo (e Trump) davanti al fatto compiuto.

In contemporanea è stato quattro giorni a Roma il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, nella speranza di poter incontrare il Papa per spiegargli le situazioni di Hong Kong e della Chiesa in Cina. Ma da Santa Marta non è venuta alcuna risposta. Alla Nuova Bussola Quotidiana il cardinale ha detto: «Sono venuto per scongiurare la nomina di un vescovo filo-regime cinese a Hong Kong, sarebbe un disastro per i prossimi decenni». E sull’accordo con la Cina afferma: «Pensare di fare accordi con Pechino è folle. È come con il diavolo, non puoi dialogarci, o di qua o di là».

Nei giorni del caso Becciu è anche passata sotto silenzio la pubblicazione, da parte della Congregazione della Dottrina della Fede, di un lungo documento sull’eutanasia e il fine vita. Il testo è importante e solenne perché contiene una durissima requisitoria contro l’eutanasia, redatta dall’organismo guidato dal cardinal Luis Francisco Ladaria, uomo di fiducia di Francesco che lo ha nominato prefetto della congregazione in sostituzione del tedesco Muller. La Chiesa ritiene di dover ribadire come insegnamento definitivo che l’eutanasia è un crimine contro la vita umana perché, con tale atto, l’uomo sceglie di causare direttamente la morte di un altro essere umano innocente. L’eutanasia, spiega l’ex Sant’Uffizio, «è un atto intrinsecamente malvagio, in qualsiasi occasione o circostanza. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale … Qualsiasi cooperazione formale o materiale immediata ad un tale atto è un peccato grave contro la vita umana». Coloro, quindi, che approvano leggi sull’eutanasia e il suicidio assistito si rendono complici del grave peccato, che altri eseguiranno. Papa Francesco lo ha definito «un crimine contro la vita».

Poca attenzione è stata data anche alla sistematica contestazione contro l’uso della Madonna praticato dalla mafia. Questa volta è lo stesso papa Francesco ad intervenire lanciando una task force in Vaticano. “Liberare Maria dalla mafia e dal potere criminale”, è il titolo del convegno organizzato dalla Pontificia Accademia Mariana Internazionale con l’obbiettivo di contrastare l’uso della Madonna e di simbologia religiosa in contesti mafiosi. Non è la prima volta che Papa Francesco decide di prendere iniziativa nell’ambito della lotta alla mafia. Già nel 2017, infatti, decise di scomunicare tutti gli appartenenti alla criminalità organizzata. «La devozione mariana è un patrimonio religioso-culturale da salvaguardare nella sua originaria purezza, liberandolo da storture, poteri o condizionamenti che non corrispondono ai criteri evangelici di giustizia, libertà, onestà e solidarietà»: è un estratto del messaggio con cui è stato aperto il convegno organizzato dalla Pontificia Accademia che Francesco ha ringraziato incoraggiandola

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Roberto De Mattei

Luci ed ombre testimoni di una crisi profonda nella storia della Chiesa che il pontificato di Francesco sta vivendo. È in atto un’opera di vera e propria delegittimazione del suo magistero e del suo ruolo, di fatto già profondamente indebolito dalla presenza, del tutto anomala, di un “papa emerito” peraltro non del tutto silente. Su questa crisi c’è un’eco nella stampa che si interroga sulle conseguenze degli scandali. Fra gli altri in un’intervista di Aldo Maria Valli al prof. Roberto de Mattei uscita sul blog Duc in Altum lo scorso 14 settembre, con il titolo Il pontificato di Francesco? Clinicamente estinto, alla domanda: “Come vede questo 2020, l’anno del coronavirus?” risponde con una serie di considerazioni fra le quali: «L’anno di una grande svolta. Limitiamoci ad un esempio: i viaggi del Papa. Tutti i viaggi di papa Francesco sono stati sospesi, da quello in Argentina, dove avrebbe dovuto incontrare il nuovo presidente Alberto Fernandez, a quello, non ancora calendarizzato, a Pechino, per solennizzare l’accordo con il regime comunista cinese. I viaggi hanno svolto un ruolo decisivo nella strategia di comunicazione di Papa Francesco che in sette anni ne ha compiuti 31 in 49 Paesi diversi. Ora l’ufficio viaggi pontificio è stato addirittura chiuso e non si prevedono nuovi viaggi del Papa fino al 2022».

Massimo Franco, editorialista del Corriere della Sera, pensa, anche lui, che questo pontificato non stia riuscendo a ricucire le spaccature della Curia e che la Chiesa sia più divisa di prima con conseguenze drammatiche per il suo destino. Il Papa, che doveva rievangelizzare il mondo, è invischiato in una crisi senza precedenti. Lo scrive nel suo libro L’enigma Bergoglio. La parabola di un papato, mettendo a fuoco i punti critici e le debolezze del papato bergogliano a sette anni dall’elezione che aveva entusiasmato nei cinque continenti. L’analisi di Franco è lucida e determinata: I punti problematici sono tanti e Franco li analizza tutti nel volume: «un papato nato nel segno della trasparenza oggi non lo è più, immerso in un incantesimo purgatoriale in cui convivono popolarità e veleni, promesse di palingenesi e scandali, comitati di affari e gesti di solidarietà».

9788828204206_0_0_626_75L’Olanda è una nazione che più di altre rappresenta l’eclissi della fede cristiana in Occidente. Fino all’inizio degli anni Sessanta l’Olanda spiccava come una delle nazioni più cristiane, per quantità di fedeli osservanti e per spinta espansiva.  Il 12 per cento dei missionari cattolici nel mondo erano olandesi. Poi, rapidissimo, il crollo. Al punto che oggi l’Olanda è uno dei Paesi più scristianizzati d’Europa. Solo un olandese su quattro dichiara di appartenere a una Chiesa cattolica o protestante, o di professare una fede. Su una popolazione di oltre 17 milioni, i cattolici che si registrano come tali sono calati a 3 milioni e mezzo e di questi non più di 150 mila vanno a messa la domenica, buona parte dei quali immigrati da altri continenti. Non si contano le chiese, sia cattoliche che protestanti, chiuse e trasformate in edifici profani. Né va meglio negli Usa dove un vescovo si dimette dopo l’accusa di abusi. Imbarazzo del Papa che lo aveva appena nominato nonostante ci fosse nei suoi confronti una vecchia accusa di abusi sessuali su un minore. Tutto ciò riporta all’attenzione il tema della responsabilità e delle procedure attualmente adottate dalla Chiesa per nominare i vescovi. Qualcosa non ha funzionato bene nemmeno stavolta. E così, con grande imbarazzo.

Anche per i progressisti papa Bergoglio ha deluso: non ha aperto ai preti sposati, alle diaconesse, alla Messa ecumenica, alla teoria gender, alla revisione in senso relativista della piattaforma bioetica, alla laicizzazione della gestione ecclesiale, alla protestantizzazione del rito e così via. Sono emersi così due fronti: quello conservatore, che ritiene quanto fatto da Bergoglio troppo a sinistra per non essere criticato; quello progressista, che ritiene quanto fatto da Bergoglio troppo poco di sinistra per non provare a fare qualcosa di più. Per di più non si può ignorare piazza San Pietro vuota, né le immagini televisive di papa Francesco, né i suoi libri e interviste sembrano attirare più l’opinione pubblica. Il coronavirus ha dato il colpo di grazia al suo pontificato, già in crisi. Quale che sia l’origine del virus, questa è stata una delle sue principali conseguenze. Per usare una metafora, il pontificato di Francesco sembra clinicamente estinto, per usare le parole di Roberto De Mattei.

È in questo contesto che il Papa ha diffuso la sua terza Enciclica, «Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale», considerata il suo documento programmatico per affrontare il futuro del mondo, che però è tutta al maschile. Forse anche per questo nella preghiera che Papa Francesco ha rivolto durante il suo Angelus della domenica successiva, ha sottolineato come una maggiore presenza laica delle donne nei luoghi di potere sia necessaria. Una presenza laica, si intende, ma sottolineando l’aspetto femminile, perché in genere le donne vengono messe da parte. Secondo il pontefice, dunque, c’è bisogno di “allargare gli spazi” a una presenza femminile più incisiva.  «Preghiamo affinché, in virtù del battesimo, i fedeli laici, specialmente le donne, partecipino maggiormente nelle istituzioni di responsabilità nella Chiesa ….. Senza cadere nei clericalismi, che annullano il carisma laicale e rovinano anche la faccia della Santa Madre Chiesa. Dobbiamo promuovere l’integrazione delle donne nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti».

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Don Roberto Malgesini

Il papa non è, invece, intervenuto per “sconfessare” la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, che ha inserito, con un emendamento presentato dalla Lega, nel cosiddetto “Decreto Rilancio” un aumento pari a 300 milioni euro a favore delle scuole private a seguito dell’emergenza COVID-19. Tale stanziamento, che risulta addirittura superiore, se rapportato al numero degli alunni, a quanto destinato alla scuola statale (340 euro pro-capite contro 300 euro), rappresenta un’ulteriore infrazione al dettato della Costituzione e costituisce un altro passo in avanti verso la costruzione di un sistema misto pubblico-privato dell’istruzione, già purtroppo realizzato nel segmento 0-6 anni. Appare evidente che le forze parlamentari, con l’eccezione del M5S, non si oppongono alla violazione della norma costituzionale che consente solo l’esistenza di scuole private “senza oneri per lo Stato.

Ancora in Italia la nomina di Vincenzo Paglia a presidente della “Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana”, decisa dal ministro della Sanità Roberto Speranza, «è un obbrobrio». Lo sostiene Flores D’Arcais. Forse definire obbrobrio questa nomina da parte del ministro Speranza è inadeguato; è certo, però, che non doveva essere fatta. Le ragioni sono molteplici e condivisibili, prima fra tutte la “persona” Vincenzo Paglia. Non si tratta infatti di un prete “nomale”, ma di un arcivescovo per di più Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Teologico per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, e, soprattutto, il Presidente della Pontificia Accademia per la vita. Questi incarichi ne fanno uno dei più autorevoli membri della Cei, quella Conferenza Episcopale Italiana i cui rapporti con la Repubblica italiana sono regolati da Accordi all’interno di Patti con valore internazionale: un vero contropotere. Questione di laicità, quindi, ma anche di equità politica gli interessi di molti cittadini potrebbero non essere sufficientemente tutelati, se non compromessi. La nomina dell’arcivescovo Paglia, voluta dal ministro Speranza, butta alle ortiche la laicità dello Stato!

Negli stessi giorni, a Como è stato ucciso Don Roberto Malgesini, il “sacerdote degli ultimi”, da un senzatetto irregolare e con problemi psichici. I funerali sono stati celebrati nella chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio a Regoledo di Cosio, in Valtellina, dal vescovo di Como, monsignor Oscar Cantoni, insieme ad altri sacerdoti vicini a Don Malgesini, e trasmessi in streaming sul canale YouTube “Il Settimanale della diocesi di Como”. Ridha Mahmoudi il 53enne tunisino, che si era costituito spontaneamente ai carabinieri ammettendo il gesto, fornendo particolari e motivazioni, arrestato per l’omicidio di don Roberto, ha cambiato completamente versione. Interrogato in carcere dal giudice per le indagini preliminari ha prima negato di aver assassinato il sacerdote. «Non sono io l’autore del delitto, non c’entro nulla», ha detto di fronte al giudice.

Dialoghi Mediterranei, n. 46, novembre 2020

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Marcello Vigli, partigiano nella guerra di Resistenza, già dirigente dell’Azione Cattolica, fondatore e animatore delle Comunità cristiane di base, è autore di diversi saggi sulla laicità delle istituzioni e i rapporti tra Stato e Chiesa nonché sulla scuola pubblica e l’insegnamento della religione. La sua ultima opera s’intitola: Coltivare speranza. Una Chiesa altra per un altro mondo possibile (2009).

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