Le attività della Scuola antropologica palermitana non si esauriscono nella gran quantità di ricerche etnoantropologiche condotte nel corso degli anni e neppure nelle attività di riproposta che spesso e volentieri hanno finito con l’accompagnarle in occasioni e con modalità di vario genere. La sua operosità tende infatti ad ampliarsi con iniziative d’ordine associativo le quali mettono insieme i soggetti interessati a operare sviluppando modi di collaborazione che si esplicano prima in associazioni e poi in vere e proprie fondazioni culturali. In una prima fase, in seno alla Scuola antropologica palermitana, nel giro degli anni compresi fra il 1970 e il ’75 nascono due associazioni che per i principi cui si ispirano e per le attività svolte ne costituiscono la più piena espressione e vi rientrano dunque a pieno titolo.
L’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari
La prima associazione è indissolubilmente legata al suo fondatore, Antonio Pasqualino, medico-chirurgo, umanista e insigne cultore di storia delle tradizioni popolari; essa, a sua volta, non può essere disgiunta dalla storia del Museo delle marionette, da lui stesso allestito, impegnato com’era a studiare e raccogliere reperti di una forma teatrale che allora in Sicilia sembrava avviata verso un progressivo e inarrestabile declino. Ci riferiamo all’Opera dei pupi, impegnata a narrare delle Crociate e dei Paladini di Francia di cui scrissero maestri della letteratura italiana come Ariosto e Tasso; nell’area isolana a raccogliere i testi e a documentarne la tradizione sono stati invece in pieno Ottocento due studiosi locali: Giusto Lo Dico e Antonino Leggio. In pratica, accompagnandosi e collaborando con il gruppo di intellettuali che fanno capo alla nascente Scuola antropologica, il dott. Pasqualino nel 1965 fonda l’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari e insieme alla moglie Janne Vibaek continua a raccoglierne le più diverse testimonianze: grazie al loro impegno pupi e testi di scena, teatri, arredi e materiali d’uso vengono così sottratti alla distruzione e all’oblio. «Nella Palermo degli anni Sessanta, sulla spinta dei fermenti che hanno generato le Neoavanguardie letterarie, artistiche e musicali, sono nate in rapida sequenza istituzioni culturali importanti». Da qui discendono le illuminate parole del maestro in conversazione con Antonino Cusumano:
«L’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari nacque nel 1965 attorno all’idea di difendere il patrimonio dell’Opera dei pupi che Antonio Pasqualino aveva cominciato a collezionare, ma poi si estese al più ampio progetto di recuperare e salvaguardare tutte le testimonianze delle tradizioni popolari» [1].
Forma di spettacolo diffusa fra gli strati popolari dalla metà dell’Ottocento fino ai primi anni Cinquanta del Novecento, il teatro dei pupi entra in crisi col diffondersi dei cinematografi e poi degli apparecchi televisivi, senza che abbiano fortuna i diversi tentativi di recupero: è in quegli anni che Pasqualino decide, insieme con Renato Guttuso e Antonino Buttitta, di acquistare due mestieri (il complesso di teatro e pupi siciliani) ormai dismessi dal puparo partinicese Gaspare Canino e dal catanese Natale Meli. Dopo averli tenuti per alcuni anni in magazzino, nel 1975 egli procede all’allestimento del Museo internazionale delle marionette a Palermo, allora nei locali di Palazzo Fatta a piazza Marina e oggi in locali concessi in comodato d’uso dall’Università. Qui trovano adeguata sistemazione i pupi, gli arredi e diversi altri reperti provenienti dai centri dell’Isola oltre che da altre regioni d’Italia. Nel trascorrere degli anni il medico umanista procede ad acquisire molti altri reperti provenienti dai Paesi europei (Francia e Spagna) e dall’Estremo Oriente (Thailandia, Birmania, Vietnam, Giappone). Sin dall’anno di costituzione nel Museo è stato un continuo susseguirsi di iniziative e di attività di animazione teatrale, tra le quali si impone ormai da tempo il Festival di Morgana, organizzato ininterrottamente dal 1985. Il festival registra ogni anno la partecipazione delle più diverse compagnie italiane e straniere, ospita artisti provenienti da tutto il mondo e promuove scambi culturali con analoghe strutture operanti nei cinque continenti.
Affidata oggi alla cura e alla direzione di Rosario Perricone, all’Associazione, fondatrice e gestrice del Museo, è stato da tempo riconosciuto il carattere di onlus, organizzazione non governativa senza fini di lucro che assolve al compito di promuovere attività, iniziative e manifestazioni tese alla conservazione e alla fruizione delle tradizioni popolari siciliane. Essa ospita la Biblioteca “Giuseppe Leggio” con circa diecimila volumi e riviste di antropologia culturale italiane e straniere. È recente l’allestimento di un archivio multimediale, la Nastroteca, la quale comprende un totale di 844 supporti originali registrati sul campo (338 bobine e 506 registrazioni su audiocassette) inerenti spettacoli di varie forme del teatro di figura, interviste e conferenze risalenti agli anni Sessanta e Settanta; a seguire è la Videoteca (734 supporti video di diversi formati) che raccoglie materiali audiovisivi sul teatro di figura nazionale e internazionale e sulle feste tradizionali siciliane a far data dal 1975; la Fotodiateca, infine, riunisce più di diecimila immagini riprese a partire dal 1965 in diversi paesi dell’Isola, con documentazioni fotografiche realizzate in gran parte contestualmente alle registrazioni collezionate nella nastroteca e nella videoteca.
Ma l’attività dell’Associazione non si è limitata a quanto detto. Parallelamente infatti all’allestimento del Museo, con le attività già richiamate, sono state promosse nel corso del tempo numerose esperienze di ricerca, di cui molti risultati sono confluiti in pubblicazioni specifiche attinenti il settore dell’Opera dei pupi o della cultura orale, dei lavori tradizionali e delle dimensioni mitico-religiose della cultura popolare: sono per lo più quaderni che possono aver costituito cataloghi di mostre [2].
La seconda associazione, parte costitutiva della Scuola che segue di qualche anno la prima è il Folkstudio, fondata a Palermo nel 1970 con la piena collaborazione degli Amici della Musica per «promuovere lo studio e la divulgazione della musica folklorica internazionale con particolare riferimento a quella siciliana».
«Il quadro in cui si colloca è denso di valori e ricco di prospettive – annota Buttitta al riguardo –. Anche il Folkstudio, istituito nel 1970, fu una nostra invenzione, creato da Elsa Guggino, che ne fu presidente e protagonista, impegnata per anni nella ricerca e nella riproposizione di canti popolari tradizionali. Si viveva nel clima del revival, animato dalla voce inconfondibile di Rosa Balistreri o del cantastorie Ciccio Busacca… Organizzammo seminari sulla metodologia della ricerca antropologica e conferenze sui diversi temi della musica folklorica… Si realizzarono soprattutto spettacoli, serate di audizioni, concerti, nel chiuso di ampi locali pubblici e all’aperto nelle diverse piazze siciliane. La vita associativa del Folkstudio è stata assai intensa e ricordo che in più luoghi ci si incontrava anche semplicemente per ascoltare o cantare i canti dei carrettieri o quelli religiosi» [3].
Dall’anno della fondazione e fino al novembre 1992 l’associazione è stata retta da Elsa Guggino e, grazie alla sua opera diuturna, ha promosso negli anni un intenso lavoro sul campo intorno al folklore, con particolare interesse per l’etnomusicologia, ricerche da cui derivano i documenti sonori via via raccolti e custoditi. Nei fatti quella promossa dal Folkstudio costituisce la prima iniziativa di sostegno non solo alla ricerca ma anche e soprattutto alla riproposta della musica popolare i cui operatori sin dal 1972 confluiscono tutti nell’allora nascente Scuola antropologica. E non si dimentichi come il Folkstudio per tutti gli anni Settanta e oltre abbia costituito per il Mezzogiorno d’Italia l’unica sede viva e operante per esperienze di riproposta dei canti e della musica popolare della tradizione siciliana [4].
Nastroteca, videoteca e discoteca, con le migliaia di reperti raccolti e schedati, offrono supporto al lavoro di documentazione che nei vent’anni indicati costituisce l’esito di un lungo lavoro di raccolta e riproposta dei canti popolari condotto da un gran numero di giovani collaboratori. Al suo interno si è venuta costituendo una Nastroteca di 1416 supporti: 1009 originali registrati “sul campo” (579 bobine, per lo più da cm. 13, con nastro da 1/2 di pollice e 430 compact cassette); 297 supporti di registrazioni di convegni, seminari, lezioni di argomento sia antropologico che più specificamente etnomusicologico; 37 supporti, per lo più nastri da 1/4 di pollice (di cui 13 bobine da cm. 26,5-m. 1.100), tesi a documentare le attività di riproposta; 73 cassette riguardanti in prevalenza la musica folklorica della Sicilia e la musica etnica di altre regioni del Mediterraneo (soprattutto Sardegna e Paesi Arabi). Ad essa si affianca una Videoteca che raccoglie molti audiovisivi di musiche e feste popolari dell’Isola, documentati a partire dal 1975, e comprende 500 supporti video di diversi formati (1/4 di pollice, ¾ U-matic, S-VHS, VHS). Viene per ultima una Discoteca in cui sono compresi 278 dischi (di 33, 45 e 78 rpm) di musica tradizionale del nostro Paese, di musica folklorica e musica etnica europea ed extraeuropea, nonché di folk music revival con gruppi folk e cantastorie siciliani.
Nel passaggio alle nuove generazioni crescono raccolta e documentazione dei diversi reperti di musiche e canti popolari e nel contempo il lavoro di archiviazione e di studio dei materiali conservati si va articolando nel tempo man mano che viene sistemato nelle sedi più adatte. È il caso dell’Archivio Etnomusicale del Mediterraneo che si costituisce nel 2003, quando il CIMS (Centro per le Iniziative Musicali in Sicilia) decide di cedere il preesistente Archivio Etnofonico Siciliano al CIDIM (Comitato nazionale italiano musica): nel giro di pochi anni esso diviene così il più rappresentativo centro di documentazione sonora e visiva della musica di tradizione orale e offre un essenziale punto di riferimento a chi si accosti al suo studio nelle sue dimensioni poetiche, coreutiche e musicali connesse ai diversi ambiti della cultura folklorica siciliana e mediterranea. Da parte sua, il CIDIM ribadisce a più riprese di voler operare nella gestione a fianco del Folkstudio cui intanto riconosce capacità di salvaguardia e valorizzazione dei documenti nastrografici e videografici che vi sono conservati. Non paia superfluo ribadire, al riguardo, come la ricca e complessa documentazione etnoantropologica catalogata e custodita in seno all’Archivio sia l’esito delle molteplici campagne condotte dai ricercatori di quelli che erano allora gli Istituti di Storia delle tradizioni popolari e di Scienze antropologiche e geografiche che poi confluirono nel Dipartimento di Beni culturali dell’Università.
Oltre all’acquisizione di nuovo materiale etnomusicale, in seno all’Archivio si è portata a termine la digitalizzazione e la catalogazione dei materiali sonori, la revisione di quelli precedentemente duplicati mentre si provvedeva a organizzare rassegne di musiche e canti popolari tradizionali. Alle collezioni del Folkstudio e del CIDIM si sono aggiunti di recente i patrimoni nastrografici e audiovisivi, nonché quelli d’interesse etnomusicologico provenienti dal Dipartimento di Beni culturali, dall’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari e da collezioni private come l’Associazione culturale Michele Palminteri di Calamonaci. È facile comprendere come sia stato necessario procedere, pena la definitiva perdita di un inestimabile patrimonio storico, al rapido trasferimento dei materiali custoditi su supporti digitali durevoli e facilmente disponibili alla pubblica fruizione.
In chiusura, ribadiamo come anche il Folkstudio si sia fatto promotore di libri e pubblicazioni delle ricerche condotte da giovani collaboratori. Ci riferiamo alle diverse ricerche e relative pubblicazioni nella collana Archivio delle tradizioni popolari siciliane, cui continua a essere riconosciuta un’importanza inestimabile [5].
Dalla semiotica della cultura alla cultura materiale
Nel tracciare la storia della Scuola, nel 1978 troviamo l’anno in cui si compie un’importante riscoperta e si produce un’ennesima innovazione: non si nega infatti la semiotica della cultura orale (come prima non si era negata l’arte popolare) ma una crescente attenzione comincia a incentrarsi sulla Cultura materiale, con riferimento all’universo del lavoro tradizionale, oltre che agli strumenti, alle tecniche e ai rapporti sociali che vi si istituiscono. Lungi dall’abbandonarla, insomma, si può ben dire che l’ambito privilegiato di studio e ricerca continua a essere la semiotica della cultura d’impronta lotmaniana e baumaniana la quale appronta adeguate chiavi di lettura: nello specifico, il passaggio degli strumenti di lavoro da oggetti d’uso a oggetti segno, quale va registrandosi nel passare del tempo e nel variare dei contesti, offre strumenti interpretativi di sempre maggiore spessore.
La prima espressione del nuovo interesse per la cultura materiale è costituita dalla serie dei Congressi internazionali di studi antropologici siciliani che da allora si tengono con periodicità annuale presso la Società siciliana di Storia patria: La cultura materiale in Sicilia (1978) e I mestieri. Organizzazione, tecniche, linguaggi (1980) sono i primi e per entrambi non tardano a pubblicarsi i relativi Atti nella collana dei Quaderni del Circolo semiologico. Nella stessa direzione si colloca il volume Le forme del lavoro (Flaccovio, 1986), con supporti fotografici e elaborazioni grafiche di prim’ordine, nel quale vengono trasfusi i risultati delle ricerche di cultura materiale promosse e condotte nel corso di quegli anni. Nello stesso ambito nascono e si svolgono attività e iniziative di grande rilievo come il già ricordato Censimento dei beni etnoantropologici. Strumenti di lavoro e il connesso allestimento di mostre e musei della civiltà contadina.
Per il suo diretto coinvolgimento in questo specifico settore della Scuola palermitana, oltre che per i risultati conseguiti, risultano di grande rilievo le sollecitazioni di Antonino Cusumano: «Negli anni Settanta la Regione siciliana, in collaborazione con le tre università, ha prodotto un censimento e una schedatura dei beni etnoantropologici che hanno coinvolto centinaia di giovani… Sono gli anni in cui si moltiplicano mostre e musei folklorici in ogni angolo della Sicilia, promossi spontaneamente, sostenuti dall’Università, coordinati dal Servizio museografico. Anche in questo specifico ambito disciplinare la Scuola di Palermo, fondata attorno al magistero buttittiano, ha sperimentato nuovi sistemi di ordinamento, esposizione e catalogazione dei materiali folklorici».
Considerazioni e domande cui non manca di rispondere il maestro con piena consapevolezza:
«Tra gli anni Settanta e Ottanta si è prodotta una straordinaria serie di ricerche sulla cultura materiale, di iniziative espositive che oggi, considerate con sguardo da lontano, costituiscono una trama significativa di esperienze e di riflessioni sulla museografia etnoantropologica dispiegata sul territorio… Ha preso il via una sistematica campagna di recupero e di conservazione e degli oggetti del mondo contadino… Si è trattato di un processo anche di rilevanza sociale, che ha visto protagonisti soggetti diversi per ceto e per formazione, una spinta propulsiva che si è protratta per oltre un decennio e ha marcato la presa di coscienza e la sensibilizzazione di ampi strati delle comunità locali …Il risultato più significativo delle esperienze di quegli anni è tuttavia consistito nell’aver fatto capire, ai non appartenenti ai ceti popolari, l’importanza di quella che diciamo cultura materiale» [6].
Sulle diverse iniziative avremo modo di tornare ma, prima di procedere oltre, qui conviene richiamare i numerosi altri convegni e seminari svoltisi nel corso degli anni, incontri che hanno visto ogni volta riunirsi studiosi di varia provenienza e di cui non si è mai mancato di pubblicare gli Atti nel giro di qualche anno.
Museografia e folklore. Seminario di studi (1967) i cui Atti sono in Architetti di Sicilia, 1968.
50° anniversario della morte di Pitrè e Salomone Marino (1966). Convegno promosso dall’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari e dalla Società siciliana di Storia patria e tenutosi nel novembre 1966. Gli Atti sono in AA.VV., Pitrè e Salomone Marino, Flaccovio 1968.
Strutture e generi delle letterature etniche (1970). Congresso internazionale con Atti pubblicati qualche anno dopo (Flaccovio 1978).
L’etnomusicologia in Italia (1973). Convegno internazionale con Atti pubblicati in un volume che ne riprende per intero il titolo (Flaccovio 1975).
La Magia come segno e come conflitto (1975). Congresso internazionale i cui Atti vengono pubblicati quattro anni dopo con un titolo leggermente diverso (Flaccovio 1979).
La serie dei convegni continua e si sviluppa in altri incontri annuali in cui si va oltre lo stretto universo socio-antropologico e ci si allarga verso la letteratura, la mitologia classica e l’antichistica: ci riferiamo a Mito, storia, società (1981), a Donna e società nel Mediterraneo (1982) e ad altri che almeno in parte proviamo a riportare più avanti. Lungo la stessa linea si muovono inoltre numerosi altri seminari e colloqui, tra cui tre convegni sulla Museografia etnoantropologica (1982/84) tenuti a Gibellina, adottando una prospettiva consimile a quella lanciata anni prima in Architetti di Sicilia. Si tratta in pratica di orientamenti del tutto nuovi rispetto al passato i quali si sviluppano in un diverso contesto segnato da incontri dedicati a tematiche altrettanto nuove e i cui Atti sono tutti ospitati nella collana dei Quaderni del Circolo semiologico:
La cultura materiale in Sicilia (1980); I mestieri. Organizzazione, tecniche, linguaggi (1984); Mito, storia, società (1987); Donna e società (1987); Amore e culture. Ritualizzazione e socializzazione dell’eros (1989); Il dolore. Pratiche e segni (1989); La menzogna (1989).
L’editoria palermitana e la ricerca etnoantropologica
L’editore Palumbo negli anni di avvio della ricerca etnoantropologica
Quelle di Palumbo e Flaccovio, entrambe nate fra il 1938 e il ’39, sono le case editrici che per prime offrono disponibilità di stampa alle richieste provenienti per lo più dall’area etnoantropologica dell’Università di Palermo: Giuseppe Cocchiara è il primo a trovare in loro interlocutori attenti e disponibili, pubblicando volumi di varia consistenza e importanza scientifica. In tale contesto si è collocata la rivista che il demologo fonda e promuove per anni con grande dedizione: si tratta degli Annali del Museo Pitrè, rivista semestrale a cura dell’Istituto di Storia delle tradizioni popolari, che escono per i tipi dell’editore Palumbo e con il contributo della “Fondazione Ignazio Mormino del Banco di Sicilia, per l’incremento economico, culturale e turistico della Sicilia”. La rivista nasce nel 1950 e l’editore la segue con interesse e attenzione realizzandone un buon numero di annate che procedono con regolarità fino al n. 14 del 1964.
Antonino Cusumano, in seno alle conversazioni condotte col maestro nel 2015 e pubblicate nel volume dal quale citiamo, rileva al riguardo:
«Degli anni Cinquanta sono gli Annali del Museo Pitrè, rivista storica fondata e diretta da Cocchiara che, pur raccogliendo studi retrospettivi sulla demopsicologia pitreiana, ospitò contributi di molti giovani». A queste parole segue un’osservazione del maestro che non può essere più lapidaria e identificativa di un percorso chiaramente definito: «La rivista rappresentò il punto di passaggio dall’eredità della demologia pitreiana a nuovi orientamenti promossi da Cocchiara… Studi sull’epistolario di Pitrè, profili su figure storiche della demologia, Costantino Nigra, Salomome Marino, Alberto Favara. I primi saggi di Cirese, Bronzini, Lanternari, Gallini» [7].
Alle osservazioni finora svolte facciamo seguire ora una ricognizione dei titoli di saggi e articoli di cui si sostanziano i numeri degli Annali del Museo Pitrè: questa è completa e, insieme con Uomo&Cultura, è la prima tentata finora di tante altre riviste; in tutti gli altri casi ci limiteremo invece a indicare solo alcuni titoli, volendo così evitare che il presente saggio divenga una sorta di catalogo editoriale e si limiti invece a fare memoria di quanto la Scuola antropologica palermitana è riuscita a produrre nei cinquant’anni della sua storia. Una storia densa di eredità illustri e di imprese innovative, sia sul piano didattico che su quello degli studi e delle pubblicazioni.
n. 1 (1950) Giuseppe Cocchiara (a/c), Lettere di Domenico Comparetti a Giuseppe Pitrè; Vito Fazio Allmayer, Sulla natura degli studi di folklore; Paolo Topschi, Rapporti tra regione e tradizione popolare; Giuseppe M. Sciacca, La tradizione popolare nella vita dello spirito; Giuseppe Cocchiara, Il ponte di Arta e i sacrifici di costruzione; Salvatore Impellizzeri, La morte di Digenis Akritas; Giuseppe Bonomo, Il ‘Malleus maleficarum’; Vincenzo Carollo, ‘La piazza universale’; Carmelina Naselli, Ricerche linguistico-folkloriche. Recensioni (di E. Li Gotti, R. Nicolosi, P. Alatri, C. Pellizzi, G.M. Sciacca). Note e notizie. Vita del Museo Pitrè.[1]
n. 2-4 (1951/53) Giuseppe Bonomo (a/c), Lettere di Pio Rajna a Giuseppe Pitrè; Santino Caramella, Definizioni del folklore; Sebastiano Lo Nigro, Il folklore nelle Università degli Stati Uniti d’America; Vincenzo Carollo, Costantino Nigra folklorista; Ettore Li Gotti, Postilla sullo strambotto; Giuseppe Cocchiara, Origine e vicende d’una canzone popolare; Giuseppe Rossi-Taibbi, Sopravvivenze di riti dionisiaci nella Tracia orientale greca. Le anastenaria; Vittorio Lanternari, Il culto dell’acqua nella Sardegna arcaica. Recensioni (di E. Li Gotti, E. Santini, G. Valentini, G. Santangelo, A.M. Cirese, G. Cocchiara, G. Bonomo, G. Cusimano). Note e notizie.
n. 5-7 (1954/56) G. Bonomo (a/c), Lettere di Usener, Mannhardt e Krohn a Giuseppe Pitrè; Vito Fazio Allmayer, Cultura e educazione regionale; Vittorio Lanternari, Sulle origini dell’agricoltura; Giuseppe Cocchiara, Il Corpus di Musiche Popolari Siciliane di Alberto Favara; Orazio Tiby, Leggenda e realtà di una canzone popolare; Aurelio Rigoli, Idelfonso Nieri novelliere; Antonino Buttitta, Caratteri, momenti e motivi della pittura del carro siciliano; Ettore Li Gotti, Nicola Faraone, chi era costui?; Robert Perret, “U cuntu”; Giuseppe D’Anna, Bibliografia delle tradizioni popolari siciliane (1920-1955). Recensioni (di G. Cocchiara, A. Rigoli, V. Lanternari, A. Buttitta, G. Bonomo, E. Di Carlo).
n. 8-10 (1957/59) Giuseppe Cocchiara, Note sull’arte popolare; Paul Collaer, Note préliminaire aux enregistrements effectués par le Centre internazionale Studi Musiche Mediterranee dans le sud de la Sicile en 1955; R. Megas, Il Carnevale in Grecia; Eugenio Manni, Ricerche sulla preistoria del culto di Marte; Salvatore F. Romano, Coscienza regionale e vita popolare nella letteratura; Alberto M. Cirese, Note sugli scritti italiani intorno alla poesia popolare dal 1811 al 1827; Aurelio Rigoli, Lettere di Child al Pitrè; Carmela Galanti, Testimonianze di folklore romano nell’Edmondo del Bresciani; Antonino Buttitta, Cantastorie in Sicilia. Premessa e testi; Giovanni B. Bronzini, Crisi delle definizioni. Recensioni (di G. Bonomo, A. Brelich, A. Buttitta, S. Costanza, E. D’Alessandro, V. Lanternari, M.L. Mangosi, G.B. Pellegrini, A. Rigoli, B. Rossetti). Note e schede (E. Guggino).
n. 11-13 (1960/62) Giuseppe Cocchiara, Presenza dell’Etnologia e del Folklore nella cultura moderna; Antonino Pagliaro, Le origini della tragedia greca; Alberto M. Cirese, Aspetti della ricerca folklorica; Gyula Ortutay, Della trasmissione orale nel folklore; Giuseppe Cocchiara, L’arte popolare come problema; Vito Pandolfi, Lo Spettacolo cinematografico nella società; Santino Caramella, La morale dei proverbi siciliani; Antonino Buttitta, La festa dei morti in Sicilia; Aurelio Rigoli, I testi inediti de La Barunissa di Carini in un manoscritto di Salvatore Salomone Marino; Vincenzo Mattaliano, Contributo alla storia della poesia nel Cinquecento con un’appendice di Villanelle inedite, Eleazar Meletinskij, Sulla “Storia del folklore in Europa di G. Cocchiara; Clara Gallini, In margine a “Caccia alle streghe” di G. Bonomo; Marisa La Scala, Nota sul Congresso Internazionale Argentino di Folklore; Il secondo Premio folkloristico internazionale G. Pitrè. Recensioni (di M.S. Amato, A. Buttitta, S. Cibella, E. D’Alessandro, F. Giunta, M. La Scala, V. Monforte, S.D. Papadimitriou, N. Ponente, A. Rigoli, U. Rizzitano, A. Rossi, R. Schenda, G.M. Sciacca, G. Zaccaro). Note e schede (E. Guggino).
n. 14-15 (1963/64) Giuseppe Bonomo, Ricordo di Giuseppe Cocchiara; B. Enrich Duncan, Considerazioni sul folklore; Santino Caramella, Kant e le razze umane; Maria T. Manni Piraino, Intorno a un uovo fittile di allodola; Giuseppe Cocchiara, Poesia e cultura popolare; Mircea Eliade, L’orizzonte mitico della ballata di Mastro Manole; Giorgio A. Megas, La funzione del vestibolo nella casa rustica greca e la sua relazione con la casa greca antica; Aurelio Rigoli, Giuochi popolari descritti in un vocabolario siciliano del Seicento; Antonino Buttitta, Le storia di Cicciu Busacca; Nello Ponente, La mostra dell’arte messicana a Roma; Arrigo Benedetti, Un antico sogno degli uomini; Elèmire Zolla, Poesia a braccio; E. G., Vicende del primo Istituto di Antropologia sociale in Italia; Relazione della giuria del 3° Premio internazionale Giuseppe Pitrè. Recensioni (di M.S. Amato, Andolina, F. Bonasera, A. Buttitta, G. Cocchiara, E. D’Alessandro, M. La Scala, A. Rigoli, C. Ruta, R. Schenda, A. Vasilikopopulu). Note e schede (E. Guggino).
Il contributo dell’editore Flaccovio
Nel quadro delle aziende editoriali palermitane non c’è dubbio che sia stato l’editore Flaccovio ad accompagnare la nascita e lo sviluppo della Scuola nella fase iniziale, offrendo grande impegno e continua disponibilità: si può dire insomma che il fondatore Salvatore Fausto si sia assunto per intero il compito di trasferire su stampa il numero crescente di materiali in corso di elaborazione come esiti di ricerche e riflessioni conseguenti. Sono di grande significato, al riguardo, le parole che Buttitta verga in occasione della morte dell’anziano editore: «Scompare con lui un autentico protagonista della vita culturale siciliana, la cui marca di nobiltà consiste nell’essere riuscito a integrare, in maniera equilibrata, l’attività di editore, di libraio, di organizzatore di cultura… Flaccovio interpreta al meglio l’esigenza di mediare attraverso i simboli, nel tempo presente, i rapporti fra passato e futuro, tra la vita e la morte» [8]. Dall’intesa culturale e intellettuale, oltre che dalla stretta collaborazione, tra il giovane Buttitta e il maturo Flaccovio discendono le condizioni ideali per la nascita e la riproposizione dei prodotti culturali di quell’universo scientifico che è la Scuola antropologica nella quale convergono studiosi e intellettuali che ben poco avrebbero potuto realizzare senza la disponibilità degli editori.
Lasciando da parte, in prima istanza, i numerosi volumi pubblicati nel corso degli anni, a imporsi subito all’attenzione è una rivista in cui iniziano a convergere idealmente i contributi provenienti dalla Scuola: è Sicilia, prestigiosa rivista illustrata nata nel 1953 e le cui pubblicazioni sono proseguite per un trentennio e oltre. Essa esce appunto per i tipi dell’editore S.F. Flaccovio la collaborazione col quale crescerà e andrà approfondendosi negli anni successivi con nuove riviste e collane di rilievo. Il titolo completo e ufficiale è Sicilia. Rivista trimestrale dell’Assessorato turismo e spettacolo della Regione siciliana e le pubblicazioni vanno con continuità dal n. 1 del marzo 1953 al n. 89 dell’ottobre 1982.
«La rivista è affidata all’editore palermitano Salvatore Fausto Flaccovio, infaticabile promotore di cultura formatosi alla scuola del libraio Filippo Ciuni, che nel 1938 aveva aperto i battenti della libreria di via Ruggero Settimo. La libreria diventa punto d’incontro di molti intellettuali palermitani del secondo dopoguerra, fra cui Renato Guttuso, Bruno Caruso, Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il 1941 è l’anno di esordio dell’editore con saggi di sociologia, psicologia e critica letteraria. Col finire della guerra riprendono le pubblicazioni e la libreria si amplia. Nel 1946 comincia l’esperienza della rivista Chiarezza-Settimanale di vita sociale che incentra i propri interessi sulla riflessione politica e sociale. L’esperienza finisce nel 1947, e pochi anni dopo nasce Sicilia, rivista ufficiale del neonato Assessorato Turismo e Spettacolo della Regione Siciliana … Sicilia viene pubblicata dal 1953 al 1982 e la prima serie raggiunge gli ottantanove numeri, con periodicità altalenante su base trimestrale, ma anche con uscite annuali» [9] .
Nei fatti, Sicilia si pone l’obiettivo di ricostruire, ricercare e offrire una quanto più possibile ampia presentazione e di attraente divulgazione delle realtà culturali dell’Isola al fine precipuo di richiamare flussi di turismo culturale in Sicilia. Tra i collaboratori sono da ricordare Bruno Caruso, che ne è anche il Direttore artistico, e Leonardo Sciascia i cui contributi sono in qualche modo scanditi da scritti su “fatti diversi”, come gli articoli sul Barocco di Noto o sulla Vucciria di Guttuso. Nelle sue pagine, arricchite di preziose immagini a colori, convergono le arti figurative, architettoniche e decorative, il cinema, la musica e il teatro (con le rappresentazioni classiche di Siracusa in primo piano), la letteratura e la storia e, in un clima di grande novità per quel genere di editoria, le tradizioni popolari [10].
Nello specifico settore etnoantropologico l’apporto di maggiore, o esclusiva, consistenza proviene dai contributi di Giuseppe Cocchiara, Antonino Buttitta, Aurelio Rigoli, Antonino Uccello, Mario Verdone e Janne Vibaek: dalla cultura materiale all’arte della ceramica, dall’arte pittorica (in cui rientrano i cartelloni dell’opera dei pupi, la pittura su vetro e gli ex voto) a quella musicale, per giungere infine alla museografia. Anche i musei, infatti, o le mostre di grande richiamo offrono non pochi spunti d’interesse:
«Il riordino del Museo Pepoli di Trapani, i musei diocesani e i tesori di chiese e cattedrali, le collezioni di opere siciliane in musei europei, contribuiscono ad altrettante aperture conoscitive quasi a preparare il momento del varo della legge n. 80 del 1977, relativa all’ordinamento di musei e gallerie» [11].
Sospesa dal marzo 1983, una nuova serie viene ripresa e rinnovata nell’ottobre 2000 dalla stessa casa editrice con un nuovo sottotitolo di più profondo significato (Sicilia. Antichi miti nuovi simboli) e con una nuova periodicità, da trimestrale a quadrimestrale. La nuova serie va dal n. 1 (2000/01) al n. 11 (2004) con una numerazione doppia dei fascicoli [12].
L’esperienza scientifica di Uomo & Cultura
Nella direzione lungo la quale la Scuola antropologica comincia a muoversi, innovando e talora sovvertendo il quadro scientifico e culturale di fine anni Sessanta, è la rivista Uomo & Cultura (ed. S.F. Flaccovio) a imporsi su tutte le precedenti e sulle iniziative connesse: essa si accompagna alla collana editoriale Uomo & Cultura testi dello stesso editore e non tarda a richiamare l’attenzione del mondo scientifico e culturale nell’intenso periodo dell’ormai mitico Sessantotto. È una “rivista semestrale di studi etnologici”, che diverrà “rivista semestrale di studi antropologici” a partire dal n. 23/24 del 1979, e opera per un arco di venticinque anni (1968-1993), l’ultimo numero essendo il n. 45/52 (anni xxiii/xxvi, 1990/93). Direttore editoriale è Antonino Buttitta essendone stato il fondatore, prima che passi il timone a Silvana Miceli nel 1979, in coincidenza col cambio di sottotitolo.
La rivista ospita pagine di studio e riflessioni critiche, quando non incentrate sulla presentazione dei risultati delle ricerche sul campo, concentrando l’attenzione sulle componenti più vive e caratterizzanti dei moderni orientamenti antropologici. È significativo della forte impronta impressale dal maestro che non vi compaiano saggi dedicati ai “primitivi” in quanto tali; l’Editoriale del primo numero in tal senso può costituire un vero e proprio Manifesto:
«Chi è stato abituato a pensare l’etnologia come scienza delle culture cosiddette primitive, rimarrà indubbiamente sorpreso nello scorrere questa rivista: sorpresa giustificata dal fatto che in essa non compare nessun saggio dedicato ai primitivi in quanto tali. Diciamo subito che noi intendiamo l’etnologia – nel senso, del resto, tradizionale e consolidato fuori d’Italia – come scienza della cultura. E consideriamo non ancora dimostrato che, chi voglia studiare il fenomeno cultura, debba necessariamente fare ricorso ai popoli ‘primitivi’ in quanto presso di essi i fatti culturali si presenterebbero in forma più semplice e meglio osservabile… Esistono fatti culturali, in realtà, che a livello dei popoli ‘primitivi si presentano in forme elementari, altri al contrario, proprio per la storicità delle loro culture, assumono forme molto più complesse di quanto non accada fra di noi».
Il passaggio che segue ne è la più diretta conseguenza:
«Dire che l’etnologia è la scienza della cultura non è ovviamente definizione che passi senza problemi. Intanto il primo è il falso dilemma: scienza della cultura o delle culture? Va da sé che non vi può essere scienza della cultura che non sia anche scienza delle culture, che nasca cioè, se non vuole risolversi in un vano esercizio rettorico, da una serie di indagini sulle singole culture. Il problema reale di una scienza che assuma come campo d’indagine la cultura è la scelta del metodo… Il metodo di osservazione deve scaturire, a nostro avviso, dalla natura stessa del fenomeno osservato. La cultura, secondo quanto ha notato molto acutamente Melville Herskovits, ha come carattere distintivo fra gli altri quello di essere contemporaneamente statica e dinamica».
Buttitta prosegue lungo la stessa linea, di rigore e innovazione, e si avvia così alla conclusione:
«Su questo punto così controverso, che ha visto soprattutto gli studiosi italiani di orientamento storicista, scendere furiosamente in campo, noi riteniamo illuminante quanto hanno scritto i più avveduti etnologi, dal Propp al Lévi-Strauss. Il primo non si è limitato a formulare in sede di ipotesi la necessità di uno studio diacronico e sincronico della fiaba… Al secondo, che nello studio dei fatti di cultura pur predilige il metodo sincronico, dobbiamo le affermazioni più categoriche sulla validità e necessità delle indagini storiche… Si avranno così e di fatto si hanno due etnologie, l’una sistematica l’altra storica, entrambe valide in quanto complementari se non altro per il fatto che, come ha notato Jakobson, che una netta separazione tra diacronia e sincronia non corrisponde alla reale condizione dei fenomeni… Da qui la possibilità di uno studio diacronico delle ‘strutture’ e di una analisi sincronica dei ‘processi’… E da qui ancor prima la distinzione da istituire tra etnologia storica, che è storia della civiltà, e singole storie culturali di ciascuna civiltà, come la storia letteraria di un particolare paese. Il problema si risolve tenuto conto che l’etnologo si interessa prevalentemente alla dimensione langue dei fenomeni osservati, in questo caso letterari, mentre lo storico della letteratura prevalentemente alla loro dimensione parole, nel senso dato dal de Saussure ai due termini» [13].
Antonino Cusumano coglie il grande rilievo che Uomo&Cultura riveste nella storia scientifica ed editoriale palermitana e perciò scrive:
«In quegli anni lei dirigeva la rivista Uomo&Cultura, edita da Flaccovio e da lei fondata nel 1968. Presso lo stesso editore, unitamente alla rivista diede vita e diresse una collana specialistica di studi etnologici».
Ed è una precisa considerazione di Buttitta a offrirsi in tutta completezza e ricchezza di significati:
«La rivista ha posto ancora una volta Palermo all’attenzione nazionale quale laboratorio di esperienze culturali tra le più avanzate. Uomo&Cultura ha ospitato i contributi che più hanno influenzato gli orientamenti scientifici di quegli anni. Penso a Lévi-Strauss che ho introdotto in Italia, a Piaget, Greimas, Eco, Cirese e a quanti hanno proposto originali e raffinate letture dello strutturalismo, del marxismo e della semiotica» [14].
Siamo ormai al passaggio dal 1967 al ‘68 e, com’è noto, tutti gli studiosi indicati si richiamano consapevolmente a figure monumentali operanti ai primi del secolo (il russo Vladimir Ja Propp e lo svizzero Ferdinand de Saussure) e metà Novecento (il naturalizzato statunitense Roman Jakobson, di origini slave): pur collocandosi dunque in tempi e luoghi distanti e provenendo da scuole diverse con interessi divergenti, essi idealmente contribuiscono, variamente impegnati, alla creazione di un nuovo metodo (lo strutturalismo) e di una nuova scienza (la semiotica). E l’uno e l’altra, a loro volta, costituiscono ideali bandiere delle nuove prospettive scientifiche e con entrambe le quali Uomo&Cultura, sia come rivista che come collana, tende a identificarsi. Da qui nasce proprio allora “antropologia e semiotica”, binomio concettuale di grande valore, con tutto quanto ne consegue in riferimento alla “semiotica della cultura”. In seno alle nuove prospettive non ci si ferma più a descrivere la realtà a livello superficiale ma, per capire l’uomo e la società, o meglio l’uomo in società, si rende sempre più necessaria l’esigenza di scendere al livello delle strutture profonde, alla ricerca delle regole che guidano (o condizionano?) la vita sociale.
In conclusione, proviamo ora a ripercorrere la storia della rivista, sfogliandone i titoli e riprendendone i contributi più rilevanti per ogni singolo numero: vi si possono registrare, accanto a contributi teorici o a risultati di ricerche condotte tra i popoli d’interesse etnologico, le documentazioni di ricerche sul campo condotte sulle culture subalterne del nostro Paese. Ma a imporsi di più all’attenzione sono le varie riflessioni impostate su prospettive semiotiche e antropologiche, esiti di ricerche sui fenomeni socioculturali adottando i principi propri della semiotica della cultura: sono ricerche esitate, a loro volta, nell’elaborazione e nella messa in opera di metodi di studio in cui strutturalismo, linguistica e semiotica si coniugano variamente con l’antropologia culturale [15].
Collane editoriali di complemento: Uomo & Cultura testi e Saggi
La collana che si accosta alla rivista, ospitata e sostenuta ancora dall’editore S.F. Flaccovio, è Uomo & Cultura testi: nelle 19 pubblicazioni che annovera dal 1970 al 1989 riprende tematiche etnoantropologiche, com’è dato capire, ma, a conferma dei nuovi orientamenti, non mancano titoli che si rifanno alla linguistica storica, allo strutturalismo, alle scienze umane in generale. Per non dire che nella collana sono pubblicati gli Atti dei tanti convegni e documentati i risultati delle numerose ricerche che hanno caratterizzato la feconda stagione di studi compresa fra gli anni Settanta e Novanta [16].
Nel passaggio dal padre al figlio Sergio, viene inaugurata una nuova collana nei primi anni Novanta. È la collana Saggi nella quale confluiscono molti titoli della gran serie che intanto gli allievi della seconda generazione della Scuola antropologica vanno elaborando e pubblicando: accanto ad essi sono da richiamare diversi libri firmati da antropologi francesi, semiologi italiani, letterati e musicologi di vario orientamento scientifico con i quali la collana giunge ai 141 titoli di cui si compone [17].
In chiusura, dello stesso editore Flaccovio segnaliamo alcuni volumi fuori collana dedicati al settore più propriamente etnoantropologico che, promossi e sostenuti sul piano finanziario da banche locali o enti pubblici, a testi di pregio accostano documentazioni fotografiche di prim’ordine. La gran parte dei volumi nascono dalla collaborazione tra il maestro e gli allievi che conducono approfondite ricerche in vista della stesura di testi per i volumi in lavorazione, testi che ancora oggi si impongono all’attenzione di esperti e studiosi del settore.
Antonino Buttitta (a/c), I colori del sole. Arti popolari in Sicilia (1985); Antonino Buttitta (a/c), Le forme del lavoro. Mestieri tradizionali in Sicilia (1988); Gabriella D’Agostino (a/c), Arte popolare in Sicilia. Le tecniche, i temi, i simboli (1991).
Dalla prima alla seconda generazione
Nuove idee per nuovi tempi. Dall’Elogio della Cultura perduta al Circolo semiologico siciliano
Finora abbiamo parlato di allievi della Scuola, ex studenti neolaureati in gran parte che restavano a frequentare le aule della facoltà di Lettere e a seguire le lezioni del Prof, ma non ci siamo preoccupati abbastanza di indicare i modi e le condizioni in cui alcuni di loro sono rimasti e sono stati prescelti a preferenza di altri. Ora quel momento è arrivato e la prima condizione da richiamare viene offerta, come già visto, dalla riforma universitaria del 1969 che liberalizza gli accessi; negli Atenei cresce così, nel tempo il bisogno di sempre nuovi assistenti e collaboratori alla didattica facendo ricorso a giovani neolaureati ai quali viene offerta la possibilità di attività di formazione post-laurea facendo ricorso a borse annuali e contratti quadriennali detti di “ricerca e perfezionamento”. Alla ricerca di giovani collaboratori un po’ tutti i docenti dedicano grandi energie e il Prof fa appello al loro aiuto nell’organizzare convegni, tenere incontri e svolgere seminari. Ma è la sempre maggiore apertura verso le nuove scienze, strutturalismo e semiotica in primo luogo, a rendere ben più urgente quella ricerca nel passaggio dalla prima alla seconda generazione [18].
Cosa cambia nel passaggio verso i “nuovi tempi”? Da una parte è un nuovo modo di porsi nei confronti della cultura popolare, per il cui studio non ci si muove più in una dimensione filologico-descrittiva, qual era stata in Pitrè e in Cocchiara, ma ci si pone in una dimensione problematica di denuncia e di rischio della scomparsa con la messa in crisi delle classi subalterne che ne erano portatrici.
«Non c’è dubbio che l’Elogio della cultura perduta, scritto nel 1977 in occasione della mostra “Il lavoro contadino nei Nebrodi”, ha rappresentato per tutta una generazione di giovani studiosi una sorta di manifesto programmatico, un testo performativo o “fondatore” come l’ha definito Gabriella D’Agostino, un saggio di poche pagine che raduna le parole chiave di un’antropologia che metteva al centro il valore della memoria, la testimonianza critica dell’etnocidio che si stava consumando con la rimozione e la cancellazione forzata della cultura popolare. Da qui, da quell’analisi acuta e puntuale della società siciliana, dalle osservazioni sul devastante panorama antropologico che si profilava, dai nuovi orizzonti teorici e metodologici indicati per la riappropriazione di quel prezioso patrimonio di saperi in via di dissolvimento, molti di noi hanno avviato il proprio apprendistato, le proprie esperienze di ricerca all’interno di quel mondo di cui s’intravedevano gli ultimi bagliori del tramonto» [19].
Dall’altra parte c’è il più forte impegno a coltivare un crescente interesse per la semiotica e nel portare avanti iniziative che ne qualifichino il valore euristico nella ricerca e nei risultati via via conseguiti. Nel nuovo stato di cose è possibile collocare senza alcun dubbio l’esperienza di quello che vien chiamato Circolo semiologico siciliano nel quale è lecito ritrovare il primo segno della nascita della Scuola antropologica. E, in effetti, nel contesto che si va delineando nei primi anni Settanta è nel 1972 che quel Circolo nasce e si lascia a ragione annoverare tra le esperienze fondanti dello sviluppo degli studi semiotici in Italia. Regolarmente registrata in un atto notarile la sua fondazione, esso costituisce infatti uno dei primi importanti segnali dei processi di innovazione in corso in Italia e in Spagna sulla scia del modello francese; non c’è dubbio che, lungo la linea di innovazione che l’antropologia culturale palermitana adotta nel corso degli anni, la dimensione di più grande rilievo è costituita da quella “nuova scienza” che è la semiotica in quanto teoria, metodo e pratica di ricerca.
Sull’esperienza del Circolo non si è mai riflettuto quanto sarebbe stato necessario, a parte brevi e piacevoli ricordi; risultano di per sé di grande significato, al riguardo, le osservazioni e i rilievi che Buttitta registra nel corso delle Conversazioni:
«L’accademia era lontana e, in verità, non capiva né partecipava alle nostre iniziative. Ancora più incomprensibile fu per molti colleghi dell’Università le fondazione del Circolo semiologico, nel 1972, a seguito del convegno “Strutture e generi delle letterature etniche” di due anni prima. Fummo considerati degli eretici. In realtà abbiamo aperto la strada alla costituzione dell’Associazione italiana di studi semiotici e poi all’International Association for Semiotic Studies. … Palermo è stata pioniera di questi nuovi orientamenti teorici e metodologici, ha avuto a lungo un ruolo di primo piano e ha dato luogo a convegni e testi di notevole rilevanza scientifica» [20].
Non risultano per nulla secondarie, a questo punto, le domande del curatore delle Conversazioni:
«Lei è stato in dialogo col marxismo e con lo strutturalismo e poi con gli indirizzi conseguenti agli sviluppi della linguistica post-saussuriana e con quelli meglio definiti di stampo semiotico… Quali sono i modelli teorici e metodologici che lo hanno guidato nel suo percorso, evitando le secche del panstrutturalismo e i rischi dei furori pansemiotici?»
E non ci può essere risposta più piena e densa di significato di quella che il maestro gli offre:
«Penso di aver avuto due incontri decisivi nella mia vita. Il primo con Giuseppe Cocchiara, il secondo con Algirdas Greimas. Dal primo ho assorbito il mio interesse per la cultura popolare tradizionale, già coltivato grazie a mio padre… A Greimas debbo la convinzione che la cultura altro non è che l’universo della significazione e nulla per l’uomo ha realtà al di fuori della produzione e del consumo dei segni, attraverso i quali egli conosce e si riconosce… Le cose da sole non parlano, sono gli uomini a farle parlare per le concrete esigenze della loro vita. Da qui l’adozione della Semiotica quale snodo teorico-metodologico della linguistica, della Logica e dell’Antropologia. Considero i modelli d’analisi dei testi narrativi proposti da Greimas una via maestra per uscire dalle secche mortali del formalismo, affrontando unitamente ai problemi del significato dei fatti culturali anche quelli del loro senso, ovvero del particolare significato che essi assumono nei contesti di fruizione, della concreta funzione che essi vi assolvono. Altri incontri sono quelli con Umberto Eco, tra i pochi intellettuali italiani non provinciali» [21].
Nei fatti, la pluriennale attività del Circolo si esplica attraverso un susseguirsi di incontri, seminari e conferenze che si tengono nella sede del vivace centro di studi sociali ed economici che è l’ISIDA (Istituto superiore per imprenditori e dirigenti d’azienda), ospitato in una Villa liberty posta lungo il viale della Libertà. Viene così offerta a un gran numero di studiosi italiani e stranieri la possibilità di incontrarsi e confrontarsi su argomenti cruciali intorno alle tematiche emergenti in semiotica e antropologia; e qui è dato ritrovare le più adeguate condizioni per riflettere e dibattere intorno alle scienze umane in tutta la loro complessità scientifica e culturale.
Il clima di fervore culturale nato intorno al Circolo, nel continuo scambio fra Palermo e la contemporanea scuola di Urbino, lascia il segno nei soggetti coinvolti, attenti e consapevoli com’è tra l’altro testimoniato dalla prestigiosa raccolta di saggi e studi compresi nella collana dei Quaderni del circolo semiologico siciliano che partono dal 1973 e durano ininterrotti fino al 1989. Essi costituiscono ben più che tracce del lavoro scientifico svolto nel corso degli anni: se non sono monografie scientifiche sono Atti di convegni che nel corso del tempo si sono rivelate sempre più preziose fonti di studio per i cultori di semiotica e antropologia. Nella collana si può ben dire che si sia man mano raccolto un patrimonio culturale di grande portata, strumento virtuoso di dialogo fra discipline diverse con contributi di grandi maestri italiani e internazionali. La stessa collana registra una ripresa negli ultimi anni ma in seno a un rinnovato contesto culturale ed editoriale [22].
L’editore Sellerio per l’antropologia culturale palermitana
Nell’elenco stilato in precedenza, a collocarsi per ultimo è l’editore Sellerio, non perché di secondario rilievo nella storia dell’editoria nazionale ma perché nato dopo tutti gli altri. Last but not least: mai espressione fu più indicata per render conto di casi simili, e quello di Sellerio è proprio tale. La casa editrice viene fondata nel 1969 da una coppia di intellettuali: Enzo Sellerio, fotografo di fama mondiale, e Elvira Giorgianni. Il primo si impegna nella creazione di preziosi volumi illustrati e la seconda, sua moglie, segue invece la saggistica e la narrativa. È lei a “guidare la barca” fino alla sua scomparsa, nel 2010, e da allora è il figlio Antonio a tenere le redini dell’azienda prestando la dovuta attenzione all’amministrazione e alle strategie di mercato. La storia di Sellerio ha del miracoloso: seguendo i suggerimenti (o ispirandosi a loro? è il caso di chiedersi) di Leonardo Sciascia e di Antonino Buttitta, sin dalla nascita la casa è una fucina di scoperte e di sorprese, alimentando un catalogo che ormai da tempo è arrivato a superare i tremila titoli. Il primo volume esce nel 1969, l’anno di nascita cioè, ma è del 1978 la grande svolta con L’affaire Moro di Leonardo Sciascia, con una tiratura di centomila copie che fa compiere, e costituisce, un enorme balzo in avanti per un’azienda che fino ad allora ne stampava solo tremila. E la svolta giunge del tutto inattesa, anche se col senno del poi c’era da aspettarselo considerando lo spirito sciasciano che sin dall’inizio permea la casa editrice, essendo il maestro di Regalpetra ispiratore ed editor.
«E non è un caso che Sciascia, in quanto editore, abbia progettato per Sellerio collane votate alla perdurabilità e al recupero di memoria: esortando a non dimenticare “certi scrittori, certi testi, certi fatti”; “vagando per il mal noto, il poco noto e l’ignoto», tra «storia e fantasia, e con punte che possono anche sembrare estravaganti e paradossali: una giustapposizione di racconti, cronache, descrizioni, lettere, memorie, apologie e magari apologie, capricci”» [23].
Molto più da vicino si delinea l’opera dello scrittore nella ricostruzione che delle sue giornate di lavoro fornisce Maurizio Barbato, collaboratore della casa editrice palermitana.
«Sciascia frequentava regolarmente la casa editrice, con puntualità e impegno, benchè nei ritagli di tempo. Ma forse sarebbe più preciso di “nei ritagli di tempo”, dire nei tardi pomeriggi invernali, quando era a Palermo. Veniva, a volte, dopo una visita, un appuntamento, un incontro in centro. Più spesso era un collaboratore della casa editrice che andava a prenderlo a casa sua nel parco di Villa Sperlinga (e nel tragitto da casa con quel collaboratore certe volte si apriva una piccola inchiesta; si informava, a riprova di quanto volesse partecipare anche organizzativamente delle cose che succedevano dietro le quinte giornaliere della casa editrice che lui non poteva vedere perché le cose non andavano sempre come lui voleva»[24].
Tra coloro che si occupano di industria culturale, non sono pochi ad osservare che la storia ormai cinquantennale di casa Sellerio ha avuto la fortuna di camminare sulle spalle di alcuni “grandi vecchi” che l’hanno idealmente protetta dalle tempeste che ciclicamente si abbattono sul mondo della editoria: il primo è appunto Sciascia che, nel dettare la linea editoriale delle origini, offre alla casa una vera e propria copertura culturale che la aiuta a scalare la scena nazionale e a penetrare nei mercati esteri; a Sciascia si affianca Buttitta, il cui sostegno sul piano scientifico e culturale esita nella pubblicazione di un gran numero di volumi, firmati da italiani e stranieri, nelle collane di maggior rilievo. Quando sembra esaurirsi lo slancio iniziale è ancora Sciascia a scoprire il secondo grande vecchio: Gesualdo Bufalino che con Diceria dell’untore vince il premio Campiello e per diverse settimane si trova ad occupare le prime posizioni nelle classifiche dei libri più venduti. Terzo grande vecchio, giunge infine Andrea Camilleri con la serie infinita del commissario Montalbano: accento locale con lessico, grammatica e sintassi apprezzati anche da chi ignora il dialetto siciliano, quello di Camilleri finisce col costituire un vero e proprio fenomeno editoriale di lunga data.
Sellerio parte con una collana d’esordio in cui le immagini si può ben dire che parlino più dei testi; collezione di libri illustrati i cui testi sono affidati a intellettuali e studiosi di prestigio, oltre a essere arricchiti da ricche documentazioni testuali, grafiche e fotografiche: sono I Cristalli con preziose riproduzioni a colori delle foto di Enzo Sellerio, della quale ci limitiamo a indicare alcuni titoli di volumi:
Antonino Buttitta, Gli ex-voto di Altavilla Milicia (1983); Vincenzo Tusa, La scultura in pietra di Selinunte (1984); Vincenzo Consolo, La pesca del tonno in Sicilia (1986); Antonino Ragona, La maiolica siciliana dalle origini all’800 (1986); Gesualdo Bufalino, Saline di Sicilia (1988); Antonino Buttitta, La pittura su vetro in Sicilia (1991).
Segue il passaggio dai preziosi libri illustrati alla storia e alla saggistica in una collana il cui nome che si può definire già un programma, considerato colui che ne è l’editor, Sciascia: è La civiltà perfezionata, alla quale ben presto se ne accompagna una terza, mentre nel giro di pochi anni non tardano a nascerne molte altre sia di saggistica che di narrativa: La Biblioteca siciliana di storia e letteratura con i suoi Quaderni, La diagonale e La nuova diagonale. Il numero delle collane cresce di continuo negli anni successivi finché su tutte non tarda a imporsi La Memoria, collana blu di narrativa di piccolo formato che da anni ormai costituisce il simbolo della produzione selleriana.
Quella di Sellerio è un’azienda a conduzione familiare e tale rimane ancora oggi, continuando a esser presente nel mondo dell’editoria e senza che, alla morte dei fondatori, si sia snaturata e/o si sia lasciata assorbire dai grandi gruppi editoriali. A cinquant’anni dalla nascita continua dunque a mantenere la propria identità, ed è significativo che nella carta e nel formato, come nel colore di copertina, essa sia rimasta identica a se stessa: le collane seguono ancora il progetto grafico di Enzo, geniale inventore di un formato e di una grafica che sin dall’inizio conferisce una ben precisa “identità corporea” ai libri secondo una linea editoriale costruita e coltivata attentamente. Da parte sua Elvira è andata sviluppando l’impulso iniziale datole da Sciascia e Buttitta conservandolo e coltivandolo nel passare del tempo: non è un caso che da via Siracusa (oggi via Enzo ed Elvira Sellerio) hanno continuato a transitare fino all’ultimo il gran numero di scrittori che le hanno dato un’impronta indelebile, da Gesualdo Bufalino e Andrea Camilleri, da classicisti e saggisti come Vincenzo Consolo, Luciano Canfora, per finire con giallisti come Antonio Tabucchi, Gianrico Carofiglio, Santo Piazzese.
In conclusione, è da dire che di particolare interesse per allievi e maestri della Scuola antropologica sono soprattutto Prisma, Nuovo Prisma e Tutto e subito. Nel ricco patrimonio librario non è infatti da dimenticare una componente ampia e organica, costituita in gran parte dalle collane di studi e ricerche scientifiche d’ambito storico e socio-antropologico, create e dirette per lo più da Antonino Buttitta fino all’anno della sua scomparsa. Quella di maggior rilievo parte dal 1976 ed è una collana editoriale che ospita una ricca serie di contributi scientifici di livello teorico o esiti di attente ricerche empiriche: è Prisma, dalla copertina color senape, oggi giunta al 162° titolo. Ospita titoli di grandi maestri italiani e stranieri ma è da tener presente che molti degli autori sono giovani antropologi della seconda generazione di quella Scuola antropologica di cui stiamo ricostruendo la storia, ribadendo ancora una volta che quest’ultima non sarebbe completa senza la storia degli editori palermitani [25].
Rimane la terza collana, Tutto e subito, anch’essa ricca di contributi in prevalenza di antropologia e sociologia d’alto livello scientifico e didattico, a dispetto dell’ironia del nome, rivolta com’è idealmente agli studenti universitari nell’intento di rispondere alle esigenze dei corsi triennali istituiti a partire dalla legge 509/1999. Attiva dal 2004, la collana oggi è giunta al 24° titolo [26].
Due progetti operativi di rilievo per il futuro: la Fondazione e le Edizioni
Sono molteplici le iniziative di recente istituzione, di cui ora proviamo a ricostruire le attività e i ruoli che si sono assunte. Esse offrono ulteriori conferme della vitalità della Scuola con tutto quanto essa ha promosso e accompagnato in uno svolgimento instancabile di anno in anno: sono la Fondazione Buttitta e le Edizioni Museo Pasqualino. Esse appartengano ad una sorta di terza generazione della Scuola e contribuiscono a definirla in profondità lungo quella prospettiva di semiotica della cultura che procede per tutti gli anni che vanno dal 1968 al 2018 compreso: a ben vedere sono cinquant’anni, appunto, anni di vitalità scientifica e culturale che continuano a produrre innovazioni senza soluzioni di continuità.
La Fondazione Ignazio Buttitta è stata costituita nel luglio 2005 e oggi è presieduta dal nipote Ignazio Emanuele. Intestata al poeta dialettale di Bagheria, nasce per volontà del figlio Nino, gode del patrocinio dell’Università degli Studi di Palermo, riconosciuta com’è con Legge Regionale n. 2/2005. Sul senso della stessa non si può fare a meno di riprendere le parole dell’allievo: «Monumento di memoria è la Fondazione che ha creato in omaggio al padre Ignazio, poeta che ha attraversato e raccontato in versi un secolo di storia siciliana» [27].
La Fondazione è una onlus che non persegue fini di lucro e si propone, come prescritto dall’art. n. 1 dello Statuto, «la tutela, lo studio e lo sviluppo della cultura siciliana in tutti i suoi aspetti storici, sociali, artistici e antropologici». Per poter raggiungere i suoi scopi promuove conferenze, congressi e mostre; assegna borse di studio e favorisce attività didattiche per studenti di ogni ordine e grado; sostiene ricerche d’archivio, ricerche sul campo oltre che rilievi fotografici e audiovisuali su aspetti della cultura orale e materiale. Ospitata in un locale alle spalle del teatro Politeama, essa ha allestito una biblioteca con sala di lettura a Palazzo Tarallo, concesso in comodato d’uso dal comune di Palermo e dotata di un proprio patrimonio librario per la gran parte messo a disposizione dal Folkstudio, da Antonino e Ignazio E. Buttitta, dalle case editrici Sellerio e Thule. Promuove ogni iniziativa di natura editoriale in coerenza con le proprie ragioni istitutive: tra le collezioni è da segnalare la Biblioteca della Cultura Siciliana, costituita da una ricca dotazione di volumi su storia, società, lingua, letteratura nel quadro generale della cultura tradizionale siciliana.
Sono da considerare a parte i reperti d’arte popolare, donazioni di Antonino e Flora, figli del poeta, oltre che di componenti del Consiglio di Amministrazione. Per ospitarli, in seno alla Fondazione è stata allestita una Galleria delle arti popolari siciliane. Annessa al Museo Etnoantropologico delle Madonie, sito nell’ex Convento dei Cappuccini di Geraci Siculo (Palermo), la galleria ospita numerosi reperti d’arte popolare, tra i quali: pitture su vetro dei secc. XVIII e XIX; ceramiche di Collesano, Caltagirone e Burgio dei secc. XIX e XX; parti di carretto siciliano; pupi siciliani e napoletani con relative scene teatrali; veline serigrafate per agrumi. Con propri fondi patrimoniali, nel corso degli anni la Fondazione ha proceduto inoltre all’acquisizione di un’importante collezione di tavole dipinte da Emilio Murdolo, pittore di carretti bagherese, con scene di paladini e pupi palermitani di Gaetano Celano e Antonio Bumbello, e di cartelli che ripropongono episodi della storia dei Paladini di Francia.
In partenariato con l’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari, il Museo delle marionette e il Folkstudio, la Fondazione ha realizzato un progetto di digitalizzazione del materiale audio e la realizzazione di applicazioni web per la catalogazione e fruizione in formato digitale di parte dei documenti sonori dei due archivi. In un sito apposito sono stati schedati e digitalizzati diversi materiali audiovisivi delle tradizioni popolari dell’Isola. L’archivio digitale opera sul sito [archivioetnograficosiciliano.it] e intende costituire la prima tappa di un unico Polo etno-antropologico, aperto a contributi esterni e fruibile anche su smartphone.
Come da Statuto, la Fondazione svolge un’intensa attività editoriale, a partire dalla pubblicazione di cataloghi di mostre di reperti d’arte popolare, di fotografie di feste tradizionali. Oltre la già citata Biblioteca della cultura siciliana, che è una riedizione dei classici della cultura siciliana, cura molte altre collane: Ieri e oggi, dedicata alla divulgazione delle tradizioni popolari siciliane; Acta Diurna, con Atti di convegni promossi o patrocinati dalla Fondazione; Materiali per lo studio della cultura tradizionale e Scritture dell’esistenza [28].
Le Edizioni Museo Pasqualino costituiscono l’attività più recente messa in opera che non può non farsi rientrare nella Scuola palermitana, promossa e realizzata in seno al Museo delle marionette, affidata alla direzione di Rosario Perricone. Nel 2016 accanto alle attività editoriali del passato viene promossa una nuova collana di prestigio, ormai ricca di un gran numero di titoli e non sono pochi quelli che continua ad accogliere in catalogo. In seno alle nuove Edizioni vengono accolti, in un formato del tutto nuovo, volumi che sono esiti a loro volta di ricerche basate sulla connessione tra diverse discipline, con nuovi approcci di metodo e nuove riflessioni teoriche. In essi si affrontano temi legati all’antropologia culturale, alle tradizioni popolari, all’etnomusicologia, alla storia delle religioni, ma non si trascura l’approccio semiotico che anzi si continua a tenere in debito conto.
Sono state finora attivate sette collane che, a parte alcune ristampe di serie storiche, accolgono opere di nuovo conio con veste grafica molto curata: Studi e materiali per la storia della cultura popolare; Testi e Atti; Suoni & Culture; Nuovi Quaderni del Circolo semiologico siciliano; Mostre; Biblioteca di Morgana: scene, corpi, immagini, figure. E non mancano i periodici e le riviste tra le quali segnaliamo Antropologia Museale e Osservatorio Outsider Art.
In seno alle collane sopra indicate tra gli ormai numerosi titoli delle Edizioni ci limitiamo a segnalare:.
S. Bonanzinga, G. Giordano, Figure dell’etnografia musicale europea (2016); S. D’Onofrio, Le parentele spirituali. Europa e orizzonti cristiani (2017); G. Giacobello, Oltre quel che c’è. Oracoli, giochi sorte… (2017); G. Giordano, Tradizioni musicali fra liturgia e devozione popolare (2016); B. Palumbo, Lo strabismo della dea. Antropologia, accademia e società in Italia (2018); R. Perricone, Etnografie del contemporaneo in Sicilia (2016).
Le riviste della nuova generazione
Abbiamo chiuso i riferimenti all’editore Sellerio con l’indicazione che molti degli autori delle tre collane di saggistica sono allievi della Scuola antropologica palermitana, a conferma della stretta interazione intrattenuta col mondo dell’editoria, e con Sellerio in particolare. Questo rende meno drastico il ritorno alla Scuola, appunto, ben consapevoli come siamo che i due mondi si richiamano a vicenda. Al punto cui siamo arrivati, è però da precisare subito che, in seno alla seconda generazione della Scuola, si devono ancora segnalare iniziative di non minore rilievo rispetto alle precedenti, a partire dalla nascita in pochi anni di un gran numero di riviste che, più o meno direttamente, offrono sostegno alle attività di ricerca che nella Scuola si svolgono, continuando a offrirsi come luoghi di documentazione e dibattito nella sempre più solida prospettiva di semiotica della cultura che la caratterizza.
La prima è Nuove Effemeridi. Rassegna trimestrale di cultura, edita da Guida di Gabriella Renier Filippone, le cui pubblicazioni procedono con regolarità nell’arco dei tredici anni che vanno dal 1988 al 2001. Per comprendere la ricca prospettiva in cui la nuova rivista si inquadra conviene riprendere il giudizio che ne dà il maestro nel volume dianzi citato:
«Nuove Effemeridi nasce nel 1988 con l’obiettivo di raccogliere l’eredità dell’omonima gloriosa rivista del xix secolo, per riprendere cioè il dialogo della tradizione i8ntellettuale siciliana con la cultura europea più avanzata. Un’iniziativa che riaffermava le nobili iniziative editoriali della Sandron e della Reber, praticando un impegno culturale laico, libero da schemi, modelli, dogmatismi. Fino al ’97 è stata uno spazio per il dibattito e il confronto sui temi dell’attualità sociale e culturale, ma anche di riflessione e revisione critica… Incrociando più discipline ha guardato soprattutto al mondo della letteratura e della cultura popolare, non tralasciando di dar conto delle attività delle istituzioni teatrali, dei centri di studio degli archivi, dei musei. Ai numeri di miscellanea si sono alternati quelli monografici dedicati a temi e personaggi quali Sciascia, Tomasi di Lampedusa, Bufalino, Consolo, Pasqualino e altri. La rivista cessò quando cessarono i finanziamenti della Regione siciliana» [29].
Su un piano operativo risulta ancora più profondo il quadro di riferimento al contesto scientifico in cui la rivista riesce agevolmente a inserirsi:
«Nonostante il ritmo incessante con cui venivano, e vengono ancora, pensati e prodotti, sia a livello nazionale sia regionale periodici di tutti i generi, non esisteva sino a quel momento una vera e propria rivista siciliana. Si è pensato così di rivisitare le tradizioni e le linee di continuità culturali specifiche dell’isola. L’iniziativa editoriale si richiama all’esperienza della celebre “Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia” che due secoli fa rappresentava il punto di riferimento obbligato di prestigiosi intellettuali dell’isola) aprendosi al contempo alle esperienze intellettuali, scientifiche e letterarie, europee ed extraeuropee. A distanza di oltre un decennio dall’esperienza del primo numero tanta strada è stata percorsa, e bene; la testimonianza è tutta nelle decine di fascicoli, uno più interessante dell’altro. Gli argomenti trattati di volta in volta sono legati più che altro ad interessi regionali, nel senso lato del termine, e sono presentati in un linguaggio accessibile anche ai non specialisti. Il lettore tipo della rivista può essere individuato in tutti coloro che si interessano generalmente ai fatti culturali senza limitazioni di settori e competenze, non soltanto siciliani, ma anche nazionali ed europei» [30].
L’Archivio Antropologico Mediterraneo, inizialmente diretto da Buttitta, nasce come Semestrale di scienze umane, è ancora in corso di pubblicazione e continua a autodefinirsi Semestrale di antropologia culturale, attento alle sfide poste dalla contemporaneità fin dalla sua creazione. Dal n. 0 (1998) al n. 10/11 (2007-08) è in formato cartaceo; dal n. 12 (2008/09) al n. 20 (2018) passa al formato on line sotto la direzione di Gabriella D’Agostino. A partire dal primo numero del 2018 la rivista viene ospitata sul portale internazionale Open Edition Journal [31].
Ultima nella serie di riviste nate in seno alla seconda generazione della Scuola è la rivista Dialoghi Mediterranei. Bimestrale dell’Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo. La rivista on line pubblica con rigorosa regolarità i suoi numeri a partire dall’aprile 2013. Essa è «espressione dell’Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo, associazione culturale con un suo sito e con una miriade di iniziative culturali alle spalle. Costituisce inoltre un luogo di interazione, di confronto e di dialogo tra culture, tra punti di vista e modi di pensare diversi. La rivista, la cui linea editoriale si ispira allo statuto dell’Istituto, si propone di essere un osservatorio sia sulla realtà locale in cui si trova a operare, sia su un contesto più ampio, che è quello euro-mediterraneo» [32].
Ulteriori contributi della Scuola che non sfuggano alla memoria
Avviandoci alla conclusione, ricostruito il grande contributo offerto dagli editori palermitani più sensibili, e disponibili a mantenere in vita e far crescere la Scuola antropologica, proviamo ora a richiamare ulteriori collane edite al suo interno, minori sì ma di non minore importanza per le considerazioni via via elaborate. Un riferimento speciale meritano al riguardo le numerose collane pubblicate in seno all’originario Istituto di Scienze antropologiche e geografiche: vi confluiscono contributi di Tradizioni popolari, Antropologia culturale e Geografia umana, oltre ad alcuni titoli del Servizio museografico su cui torneremo.
Humana. Piccola collana dell’allora Istituto di etnologia e geografia che nasce nel 1972 e continua fino al 1983 ospitando in tutto 27 brevi testi di antropologia, semantica, semiotica, geografia, pedagogia e sociologia [33].
Il Laboratorio antropologico universitario e i Quaderni del laboratorio antropologico, in una veste editoriale propria, costituiscono una collana di studi e ricerche specificamente incentrati su tematiche coltivate dalla Scuola, ma presto interrotta [34].
Uomo e territorio. Geografia umana è una collana dell’allora Istituto di scienze antropologiche e geografiche: ha operato dal 1985 al 1990 ospitando testi di geografia e antropologia [35].
Per ultimi vengono i già richiamati Quaderni del servizio museografico, testi e strumenti di lavoro pubblicati nella collana promossa dal Servizio museografico e attivata a metà anni Ottanta per fornire aiuto concreto ai numerosi operatori culturali impegnati nell’allestimento di mostre e musei nei loro comuni. Quanto all’offerta di supporti non indifferenti alle attività promosse in seno alla facoltà e agli enti locali non intendiamo per nulla trascurare l’opera svolta dal compianto Pino Aiello, tecnico, progettista ed esperto negli allestimenti alla cui opera continuiamo a riconoscere grande merito nella collaborazione loro prestata nel corso degli anni [36].
Ancora dalla Scuola alla facoltà: gli Annali
Nel quadro dianzi tracciato, un discorso a parte merita la collana di volumi compresi in un contesto ben diverso dai precedenti, non essendo più la Scuola, né l’Istituto o il Dipartimento, ma la facoltà di Lettere di cui Buttitta è stato preside dal 1979 al 1992. Si tratta della collana editoriale costituita dagli Annali della Facoltà di Lettere e filosofia della Università di Palermo; nata nel 1983 e articolata in due sezioni (“Studi e ricerche” e “La memoria” con titoli più vicini agli interessi della Scuola), essa è durata fino ai primi anni del nuovo secolo, raggiungendo un centinaio di titoli. Com’è giusto che sia, in essa non rientrano più esclusivamente studi e ricerche su tematiche d’ordine antropologico, sociologico e geografico ma temi e argomenti di letteratura antica e moderna, letterature straniere, sociologia, storia e scienze umane [37].
Dialoghi Mediterranei, n. 47, dicembre 2021
[*] Si pubblica la seconda parte del saggio Le Scienze Sociali per i Beni culturali in Sicilia, in corso di stampa. La prima parte è stata pubblicata nel numero precedente.
Note
[1] A. Buttitta, Dentro e fuori l’accademia, in Idem, Orizzonti della memoria, Di Lorenzo, Alcamo 2015: 75.
[2] Degli Studi e materiali per la storia della cultura popolare, il nome della collana cui ci riferiamo passiamo a indicare qui di seguito alcuni titoli: A. Buttitta, S. D’Onofrio, M. Figurelli, Il lavoro contadino nei Nebrodi (1977); E. Guggino, G. Pagano, La mattanza (1977); A. Pasqualino, I pupi siciliani (1981); A. Buttitta, L’Isola ritrovata (1982); A. Buttitta, S. D’Onofrio, La terra colorata (1982); A. Cusumano, Pani e dolci della Valle del Belice (1982); A. Cusumano, Tessitura popolare nella Valle del Belice (1982); A. Cusumano, Arti e mestieri della Valle del Belice (1983); A. Buttitta, A. Pasqualino, Il Mastro di campo a Mezzojuso (1984); S. D’Onofrio, Le arti del fuoco. I carbonai dei Nebrodi (1984); A. Cusumano, Miracoli di carta. Stampe devote e immagini sacre nella Valle del Belice (1988); A. Buttitta A. Cusumano, Lo specchio della memoria. Un secolo di fotografia a Campobello (1992).
[3] Idem:76-77.
[4] Richiamando le feste e gli spettacoli di riproposta che si tenevano al Folkstudio, Nuccio Vara ricorda ancora come negli anni Settanta un altro dei luoghi più frequentati dagli studenti fosse il Folkstudio, dietro la Cattedrale. Cfr. N. Vara, Fra il diavolo e l’acqua santa. Fede e politica negli anni dell’utopia, Ist. Poligrafico Europeo, Roccapalumba 2018.
[5] Come in altri elenchi bibliografici, qui di seguito ci limitiamo a indicare solo alcuni dei tanti titoli ospitati nella collana del Folkstudio: F. Giallombardo, La settimana santa a Alimena (1977); E. Guggino, I carrettieri (1978); F. Giallombardo, La festa di san Giuseppe in Sicilia (1° 1981, 2° 1990); M. Giacomarra, I pastori delle Madonie. Ambiente, tecniche, società (1983); J. Scavone Trupia, Itinerari di un cuore. Ex voto e argentieri a Palermo (1984); N. Bernardi, O. Sorgi, Le vampe di Palermo (1985); G. Pennino, Due repertori musicali tradizionali (1985); V. Petrarca, Genesi di una tradizione urbana. Il culto di santa Rosalia a Palermo (1986); L. Lizio-Bruno, Canti popolari siciliani (1987); E. Guggino, I canti degli orbi (1988); S. Bonanzinga, Forme sonore e spazio simbolico: tradizioni musicali in Sicilia (1992); E. Guggino, (a/c), Folkstudio: venticinque anni (1995); E. Buttitta, Festa religiosa e scrittura letteraria in Sicilia tra ’800 e ’900 (2005).
[6] A. Buttitta, Dentro e fuori l’accademia, in Orizzonti, cit.:83-85.
[7] A. Buttitta, I miei maestri, in Orizzonti, cit.: 65.
[8] A. Buttitta, Ricordo di un editore, “Uomo & Cultura”, 41-44, 1988/89.
[9] S. La Barbera, La rivista “Sicilia” dell’editore S. F. Flaccovio (1953-1982), 2017, on line sul sito “Rivista Sicilia Flaccovio”.
[10] N. Aquila, Una storia esemplare, in AA.VV., Salvatore Fausto Flaccovio libraio editore. Cinquant’anni di promozione culturale a Palermo, catalogo della mostra, Palermo 2000.
[11] Ibidem.
[12] Anche qui, e come faremo più avanti, segnaliamo solo alcuni dei titoli più significativi dell’area etnoantropologica, a partire dalla prima serie, per nome d’autore:
L. Bartolini, La ceramica calatina, n. 3, 1953; A. Buttitta, Pitture popolari su vetro, n. 33, 1962; A. Buttitta, Per un Museo della civiltà siciliana, n. 64, 1970; G. Cocchiara, Das Sizilianische Folkloren. 21, 1959; G. Cocchiara, I Pastori del Matera, n. 36, 1962; G. Cocchiara, L’arte dei Bongiovanni Vaccaro, n. 45, 1965; B. Fazio, Mattonelle maiolicate siciliane, n. 38, 1963; S. Giordano, Il Tesoro del Duomo di Monreale, n. 37, 1963; G. Palmeri, Il Museo Pitrè a Palermo, n. 65, 1971.
F. Pottino, Il Museo Diocesano di Palermo, n. 40, 1963; F. Pottino, Il tesoro della Cappella Palatina, n. 63, 1970; N. Ragona, La maiolica siciliana del periodo arcaico, n. 14, 1956; A. Ragona, L’arte dei figurinai di Caltagirone, n. 52, 1966; A. Ragona, Le maioliche siciliane, n. 66, 1971; G. Romeo, Gli arazzi di Marsala, n. 37, 1963; L. Sciascia, La “Vucciria” di Guttuso, n. 76, 1975; A. Uccello, Una casa museo a Palazzolo Acreide, n. 55, 1967; M. Verdone, Ex Voto, n. 10, 1955; J. Vibaek, The posters of the marionette theatre, n. 83, 1979.
In chiusura, a quelli della prima facciamo seguire i titoli più significativi della seconda serie di Sicilia che va dal 2000 al 2004.
n. 1-90 (2000) Bruno Caruso, Per ricominciare; Antonino Buttitta, Le dame, i cavalier, l’arme e gli amori; Sellerio di Sellerio [fotografie di Enzo Sellerio]; Sergio Bonanzinga, La danza armata del Cavadduzzu e dell’Omu sabbàggiu. Accadimenti. – Fotografie: Sergio Bonanzinga, Archivio Brancati, Ignazio E. Buttitta, Mauro D’Agati, Giovanni Leonardo, Archivio Livia Giachetti, Donatella Polizzi Piazza, Publifoto, Enzo Sellerio.
n. 2-91 (2001) Giuseppe Aiello, La barca lunga; Laura Anello, Palermo in America; Fatima Giallombardo, Il cous-cous dei siciliani; Maria La Greca, Una parola ogni tanto [proverbi e modi di dire]. Accadimenti. – Fotografie: Giuseppe Cappellani, Franco Lannino, Publifoto, Sandro Scalia.
n. 3-92 (2001) Antonio Calabrò, Una grande palestra intellettuale; Sara Gentile, I Gattopardi e la storia; Gabrielle Saladino Piero Barbera, La favola di Colapesce; Maria Luisa Tobar, Colapesce tra Sicilia e Spagna; Michele Salvo, Le barche; Felice Modica, La terra dei cavalli; Giuseppe Quatriglio, Il Castello incantato. – Fotografie: Dipartimento Beni culturali Unipa arch.fotografico, Publifoto, Michele Ciofalo, Giuseppe Maiorana archivio, Paula Da Silva, Giuseppe Quatriglio.
n. 4-93 (2002) Antonino Buttitta, Carmelo e la distanza della notte; Giovanni Ruffino, Pani di Pasqua; Nino Milazzo, Le scommesse di Alberto Bombace; Antonino Cusumano, Il Portocanale come un palinsesto. –Fotografie: Archivio Cambellotti, Archivio Caruso, Archivio Soprintendenza Siracusa, Archivio Teatro Massimo Bellini, Enzo Brai, Collezione a Scalia, Correnti & Ramuglia, Ugo Maccà, Publifoto, Giuseppe Schiavinetti, Filippo Serra.
n. 5-94 (2002) Tullio De Mauro, La lingua come luogo della memoria; Umberto Eco, Un gattopardo popolare; Natale Tedesco, I Falchi di Federico II; Pasquale Marchese, Un museo della ceramica di Sciacca; Rosario Acquaviva, Il lavoro contadino a Buscemi. – Fotografie: Archivio Domenico Castro, Rosario Acquaviva, Giuseppe Leone, Giuseppe Sinopoli.
n. 8 (2003) Italo Calvino, Come nacquero le fiabe italiane; Giuseppe A. Borgese, Accenti Madoniti; Antonino Buttitta, I colori del tramonto; Antonino Cusumano, L’ultimo croupier.
[13] Editoriale, “Uomo & Cultura”, n. 1-2, 1968.
[14] A. Buttitta, Dentro e fuori l’accademia, in Orizzonti, cit, p. 82.
[15] Anche qui procediamo a condurre una ricognizione completa dei saggi e degli articoli di cui si sostanziano i numeri della rivista:
n. 1-2 (1968): Editoriale; Giuseppe Bonomo, Ricordo di Giuseppe Cocchiara; Giuseppe Caronna, Elementi per una lettura di “Antropologia strutturale” di Claude Lévi-Strauss; Robert Cornevin, Les influences étrangères dans l’Afrique ancienne; Fiammetta Basile, Il mondo culturale di Cesare Pavese; Rosanna Mavaro, La lettura a Palermo; Recensioni; Schede.
n. 3-4 (1969): Piero Violante, Omaggio a Theodor W. Adorno; Riccardo Ambrosini, Struttura e divenire nella lingua; Alberto M. Cirese, Il mare come segno polivalente; Antonio Pasqualino, Il repertorio epico dell’opera dei pupi; Silvana Miceli, Per una lettura etnologica della poesia negro-americana; Antonio Jannazzo, Storicismo e cultura di massa nel Mezzogiorno; Vincenzo Santalucia, La televisione a Sciacca; Notiziario; Recensioni; Schede.
n. 5-6 (1970): Antonino Noto, Omaggio a Bertrand Russell; Antonino Buttitta, Diacronia/sincronia, natura/cultura; François Rastier, Per una tipologia dei racconti; Nicole Belmont, Les croyances populaires comme récit mythologique; Mihai Pop, La struttura della ballata rumena Mioriţa; Antonio Pasqualino, Per un’analisi morfologica della letteratura cavalleresca: I reali di Francia; Riccardo Ambrosini, Analisi linguistiche di strutture letterarie; Antonino Noto, Problemi di logica intuizionista; Notiziario; Recensioni; Schede.
n. 7-8 (1971): Giuseppe Dematteis, Rivoluzione quantitativa e nuova geografia; Aurelio Rigoli, Il totemismo come ipotesi; Enrico Pozzi, Le donne come casta o come classe? Il Female Liberation Movement; Giulio Angioni, Appunti per un’analisi morfologica della metamorfosi nella tradizione narrativa folklorica; Mario Atzori, I giuochi dei bambini in una comunità sarda. Antonino Buttitta, L’origine dell’uomo e l’Africa; Marisa Terrasi, Il marxismo e l’origine della famiglia; Antonino Morreale, Marxismo e società primitive; Anna Barbera Mazzola, Ostacoli naturali e socio-culturali allo sviluppo economico dell’Algeria; Girolamo Caracausi, Prolessi ed epanalessi nelle lingue classiche e in italiano; Luigi Russo, Per un modello del classico; Notiziario (Una polemica fra T. De Mauro, R. Ambrosini, G. Puglisi); Recensioni.
n. 9 (genn. giu. 1972), Antonino Noto, La dialettica di Hegel e le scienze sociali; F.H. George, L’uso dei modelli nella scienza; Vincenzo Guarrasi, Modelli semiologici per una lettura ideologica dei quotidiani; Vincenzo Rotolo, Megas Logos; Anna Maria Consiglio, Le due culture di Terrasini; Miriam Castiglione, Aspetti della diffusione del movimento pentecostale in Puglia; Aurelio Rigoli, Una lettura di Bachofen: Il matriarcato Licio fra caos e struttura; Clara Gallini, Novenari di Sardegna; Antonino Buttitta Antonio Pasqualino, Lettura di Morte per vanto; Luigi Maniscalco Basile, Il processo come spettacolo; Recensioni.
n. 10 (lug. dic. 1972): Giulio Angioni, L’antropologia funzionalistica di Malinowski; Pier Giorgio Solinas, Lewis H. Morgan: preistoria della famiglia; Silvana Miceli, Rito: la forma e il potere; Antonino Buttitta, Strutture morfologiche e strutture ideologiche nelle storie dei cantastorie siciliani; Gianni Rigamonti, Equivalenza e similitudine. Riflessioni di un logico sui concetti di senso e significato in Prieto; Mariannitta Lospinoso, La storia delle religioni come scienza antropologica: una nuova rivista; Mario Gandini, Ernesto De martino. Nota biobibliografica; Recensioni; Schede.
n. 11-12 (1973): Editoriale. La ricerca della cultura; Jean Piaget, L’epistemologia della relazioni interdisciplinari; Algirdas J. Greimas, Grammatica narrativa: unità e livelli; János Sándor Petöfi, Nuovi orientamenti nella tipologia dei testi e nelle grammatiche testuali; Umberto Eco, “I Beati Paoli” e l’ideologia del romanzo ‘popolare’; Alessandro Serpieri, Il confronto con l’altro, l’eterno ritorno e la circolarità del significante; Fatima Giallombardo, La ricerca di un nuovo status sociale nella narrativa popolare siciliana; Glauco Sanga, La fiaba d’incantesimo; Axel Olrik, La costruzione del racconto: le leggi epiche; Maria C. Ruta, L’eroe mitico; Silvana Miceli, Ricerca deduttiva per un museo critico del mondo popolare; Antonino Buttitta Silvana Miceli, Livelli sociali e livelli culturali; Antonino Di Sparti, Morris Swadesh: dall’Eden a Babele); Recensioni.
n. 13-14 (1974): Antonino Buttitta, Mito e utopia; Vincenzo Guarrasi, La condizione marginale; Gino Stefani, La scansione incitativa; Leonardo Sole, Il ritmo della fiabe sarde; Buttitta Miceli Pasqualino Rigamonti, Il quadrato semiotico; Laura Laurencich Minelli, Due forme di acculturazione presso il gruppo Guaymì di Costa Rica; Benedetto Caltagirone, La missione etnografica e linguistica Dakar Gibuti; Vincenzo Tusa, Paletnologia e antropologia; Luigi Maniscalco Basile, Una ipotesi sull’assenza del gioco; Recensioni.
n. 15-18 (1975, 1976): Silvana Miceli, Semiotica dell’ideologia e/o ideologia della semiotica; Alberto M. Cirese, Di alcune semilogiche operazioni semiologiche; Maurizio Palamara, La semiotica ‘sociale’ di Umberto Eco; Antonino Buttitta, Teatro popolare tradizionale e teatro popolare oggi; Maria A. Nicolosi, Il concetto di cultura nell’opera di Giuseppe Cocchiara; Silvana Miceli, Funzione significativa della magia e necessità della forma rituale; Ciattini Simeoni, La divinazione tra illusione e realtà; Adriana Piga, Un rituale terapeutico senegalese di possessione: lo ‘ndoep’; Elsa Guggino, Diario di una ricerca in Calabria; Recensioni.
n. 19-22 (1977, 1978): Antonino Buttitta, Semiotica della cultura e ideologia; Silvana Miceli, Cultura materiale, segni, informazione; Vittorio Lanternari, Noi e gli altri. Discorso sulla ‘alterità’ esterna e interna; Marin Mincu, L’allegoria del grande viaggio; Antonino Cusumano, Dal legno alla botte; Antonino Marrale, Le glosse indiane nel lessico di Esichio; Augusto e Alberto Cacopardo, Circuiti di scambio economico e cerimoniale presso i Kalash; Nadia Pristeri, Una donna di favola: immagine e socializzazione femminile nella fiaba; Antonino Buttitta, Elogio della cultura perduta; Salvatore D’Onofrio, Scienza del folklore e lavoro contadino; Janne Vibaek, Riproporre il teatro popolare? Ipotesi e problemi; Anna Maria Consiglio, A proposito del ’77: socializzazione ed etica della scienza; Recensioni.
n. 23-24 (1979): Silvana Miceli, Modelli culturali e codici; Girolamo Cusimano, Preliminari allo studio geografico della cultura materiale; Luciano Li Causi, Patronage e clientelismo in una società mediterranea: Lampedusa; Elisabetta Ciattini Alessandra Sermasi, San Michele e il suo antagonista: quando la realtà si configura come drago; Giovanni Battista Bronzini, Le lettere di Fiore come storia orale; Vincenzo Guarrasi, Osservazioni sul nesso tra cultura e struttura sociale; Antonino Buttitta, La forma, la sostanza e la magia nella fiabistica sovietica; Pasqualino, Bibliografia delle edizioni cavalleresche popolari siciliane dell’Ottocento e del Novecento; Recensioni.
n. 25-28 (1980, 1981): Alberto M. Cirese, A domande ‘concrete’, ‘astratte’ risposte; Mara Mabilia, Capitale economico, capitale morale e scelte matrimoniali nell’attività commerciale di Tombolo (PD); Bruno Alberto Dato, Monocultura e dicotomia culturale in una comunità isolana; Maria Pia Di Bella, Il fenomeno glossolalico nei gruppi pentecostali del meridione italiano; Cesare Acutis, La leggenda della contessa traditrice; Salvatore D’Onofrio, Economia, società e cultura negli strumenti di lavoro; Elsa Guggino, Ai margini di una ricerca; Recensioni.
n. 29-32 (1982, 1983): Vittorio Lanternari, Per un discorso sull’identità; Ernesta Cerulli, I simboli del potere e il potere dei simboli: arte e potere in Africa Nera; Italo Signorini, Il legame amichevole irreversibile: ideologia e prassi dell’amicizia nella relazione di comparatico; Clara Gallini, Le scienze umane nella rivista “Società”; Carla Rocchi, La presentazione delle tecniche nella museografia etnoantropologica; Alberto M. Sobrero, Gli almanacchi: un territorio poco studiato della letteratura popolare; Maurizio Del Ninno, Van Gennep e i “Riti di passaggio”; Pietro Angelini, Rileggere Cocchiara?; Claudio Marta, Ideologie dell’etnicità; Recensioni.
n. 33-36 (1984, 1985): Vincenzo Guarrasi, Geografia culturale e semiotica della cultura; Pietro Clemente, L’oliva del tempo: frammenti d’idee sulle fonti orali; Elsa Guggino, Marcel Griaule: un percorso di lettura; Antonino Buttitta, L’utopia del carnevale; Alberto Borghini, L’invocazione ai chiavistelli (Plaut. Curc. 147-57); Pietro Clemente, “Il Ramo d’oro” di Frazer tra analisi e creazione di mito; Giuseppe Bonomo, Antonino Uccello: dai “Canti del Val di Noto” alla casa-museo; Valerio Petrarca, La festa, il tempo e le cose; Francesca Cappelletto, Repertorio e classificazione dei fenomeni festivi; Recensioni.
n. 37-40 (1986, 1987): Jurij M. Lotman, Alcune considerazioni sulle tipologie delle culture; Eric A. Havelock, I miti cosmici di Omero e Esiodo; Jean-Pierre Vernant, Figure di donna tra Eros e Thanatos; Marc Augé, Il corpo del feticcio; Antonino Buttitta, Storia mitica e miti storici; Luigi M. Lombardi Satriani, Amicizia e spargimento di sangue; Mario Giacomarra, Intellettuali e lavoro contadino nella Sicilia dell’Ottocento. Gli “Annali di agricoltura siciliana”; Fatima Giallombardo, Leadership e controllo ambientale nella pesca tradizionale; Rita Cedrini, La memoria raccontata. Analisi di cinque storie di vita siciliane; Mario Giacomarra, L’attenzione ai fatti linguistici negli studiosi di folklore. L’opera di Salvatore Salomone Marino; Vincenzo Guarrasi, Scrittura e comunicazione. Riflessioni sul nesso tra discorso geografico e tecnologie della parola; Recensioni.
n. 41-44 (1988, 1989): Editoriale. Ricordo di un editore; Claude Lévi-Strauss, La figlia del fratello del padre. Il matrimonio nel mondo arabo; Sophie Caratini, A proposito del matrimonio ‘arabo’. Discorso endogamico e pratiche esogamiche; Pierre Bonte, Affinità e rango nella società maura. Le funzioni del matrimonio ‘arabo’; Algirdas J. Greimas, “Vulcanus Jagaubis”, dio del fuoco; D’Onofrio, Le menzogne della volpe; Michel Lauwers, Folklore e mentalità. Appunti sulla ‘religione popolare’ nel Medioevo; Algirdas J. Greimas, Le voci del mito in Lituania; Recensioni.
n. 45-52 (1990-1993): Silvana Miceli, Prova e controllo nei modelli antropologici; Emmanuel Désveaux, Idromele e grasso d’orso. Perché non c’è fermentazione nell’America del Nord?; Pietro Clemente (a/c), La prova de “La prova”: lettura di una novella di Pirandello; Fabio Dei, Fatti, finzioni, testi: sul rapporto tra antropologia e letteratura; Cristina Lavinio, Umorismo sull’umorismo e “facile fede”; Raffaella Ceccarini, Per una lettura del doppio; Alessandro Simonicca, Tra figuralità e rappresentazione: per una lettura antropologica della novella “La prova” di L. Pirandello; Ezio Pellizer, Entre bêtes et Dieu: “La prova” di L. Pirandello; Nicola Cusumano, I confini dell’identità: un caso di comunicazione paradossale nella Sicilia greca arcaica; Recensioni.
[16] Di seguito sono indicati, in ordine d’uscita, tutti i 19 numeri della collana: Giuseppe Bonomo, Studi demologici (1970); Riccardo Ambrosini, Strutture e parole (1970); Aurelio Rigoli, Mondo popolare e letteratura (1971); Antonino Buttitta, Ideologie e folklore (1971); Antonino Pagliaro, Forma e tradizione (1972); Giuseppe Cocchiara, L’eterno selvaggio (1972); Roberto Leydi, Sandra Mantovani, Bruno Pianta, Il Folk music revival (1972); Diego Carpitella, Musica e tradizione orale (1973); Clara Gallini, Dono e malocchio (1973); Giulio Angioni, Tre saggi sull’antropologia dell’età coloniale (1974); AA.VV., Demologia e folklore. Studi in memoria di Giuseppe Cocchiara (1974); Pietro Mazzamuto, L’arrovello dell’arcolaio (1974); Diego Carpitella, L’etnomusicologia in Italia. Atti del congresso (1975); Gino Stefani, Musica e religione nell’Italia barocca (1975); AA.VV., Strutture e generi delle letterature etniche. Atti (1978); AA.VV. La magia segno e conflitto. Atti (1979); Vincenzo Guarrasi, La produzione dello spazio urbano (1981); Maria C. Venuti, Epistemologia e filosofia dell’educazione (1983); Antonino Buttitta, Silvana Miceli, Percorsi simbolici (1989).
[17] Di seguito ne indichiamo alcuni, in ordine di pubblicazione: Fatima Giallombardo, Festa orgia e società (1990); Girolamo Cusimano, Geografia e cultura materiale (1990); Gabriella D’Agostino, Forme del tempo. Introduzione a un immaginario popolare (2008); André G. Haudricourt, Louis Hédin, L’uomo e le piante coltivate (1993); David Friedmann, I guaritori (1993); Omar Calabrese, Serio ludere. Sette serissimi scherzi semiotici (1993); Antonino Buttitta, L’effimero sfavillio. Itinerari antropologici (1995); Teresa Principato, Alessandra Dino, Mafia donna. Le vestali del sacro e dell’onore (1997); Natale Tedesco, L’Isola impareggiabile. Significati e forme del mito di Quasimodo (2002); Paolo E. Carapezza, Mozart e Da Ponte. Il fuoco della vita nei cristalli del suono (2004).
[18] Era del tutto comprensibile che il Prof ritrovasse allievi prima di tutti fra i giovani che avevano frequentato i suoi corsi, ma questo non gli impediva di trovarne altri di diversa provenienza. Solo Antonino Cusumano non rispose all’appello, preferendo rientrare a Mazara del Vallo per dedicarsi all’insegnamento scolastico. Eppure Tonino non è stato forse l’allievo che più di tutti ha operato in seno alla Scuola? Quanto allo scrivente, sia consentito fare appello alla personale esperienza. Laureato ai primi di dicembre del 1971 stavo in paese a passare le vacanze natalizie quando appresi dal Giornale di Sicilia di una conferenza di Algirdas J. Greimas, alla cui semantica strutturale d’impianto prettamente semiotico mi ero rifatto per la mia tesi. Il rientro in città mi fu però impedito dalla neve caduta in mattinata che bloccava il transito della sola corriera disponibile nel primo pomeriggio. Rassegnato, rimasi chiuso in casa finché un ripetuto squillo di clacson non segnalò l’arrivo in paese di un pullman con catene. Giungeva intanto in casa il mio anziano nonno che mi sollecitava a partire grazie al miracoloso “postale” che era rimasto in piazza ad aspettare. Dopo tre ore di viaggio giunsi in città con grande ritardo: fu così che per la prima (e unica volta) presi un taxi in piazza Stazione per essere subito in facoltà, a conferenza appena iniziata. Qui, sperduto in un’aula Columba piena zeppa di proff e studenti, riuscii a seguire dagli ultimi banchi il discorso di Greimas e alla fine mi sforzai a porgli una domanda. Nel rispondermi ebbe modo di chiedermi: “Mais vous ne connaissez pas Buttittà? Si non, suivez-moi pour vous le présenter”. Al mio diniego, non essendone stato studente, mi chiamò e mi presentò al Prof che non avevo più incontrato da quando ne avevo seguito il corso su Propp nell’a.a. 1967/68. Fu un’illuminazione: da allora fui riconosciuto suo allievo e non ci fu alcun ripensamento negli anni che seguirono!
[19] A. Cusumano, Per fili e per segni. Un percorso di ricerca, Museo Pasqualino, Palermo 2020
[20] A. Buttitta, Dentro e fuori l’accademia, in Orizzonti, cit: 75.
[21] Idem: 98.
[22] Della prima serie indichiamo alcuni titoli, in ordine d’uscita: Silvana Miceli, Struttura e senso del mito (1973); Rocco Vanasco, Lingua e tecnica della canzone Maravigliosamente di Giacomo da Lentini (1973); Mario Giacomarra, Strutture semantiche e attanziali nelle canzoni di Ventadorn (1975); Antonino Di Sparti, Linguaggio pubblicitario. Un corpus pubblicitario di sigarette americane (1975); Maurizio Del Ninno, L’analisi dei miti in Cl.Lévi-Strauss (1975); Alessandro Ferrara, Grammatica del testo. Semantica e pragmatica (1976); AA.VV., Strutture semiotiche e strutture ideologiche. Atti (1978); Patrizia Lendinara, Maria C. Ruta (a/c), Per una storia della semiotica. Teorie e testi (1981); Gianfranco Marrone (a/c), Dove va la semiotica? (1986); Nunzio La Fauci, Il telo di Pangloss. Linguaggio, lingue, testi (L’Epos 1994).
E della seconda serie, ripresa e inserita tra le collane delle Edizioni Museo Pasqualino, ci limitiamo a indicare:
F. Mangiapane, Retoriche social. Nuove politiche della vita quotidiana (2018); F. Mangiapane, G. Marrone (a/c), Culture del tatuaggio (2018); G. Marrone (a/c), Zoosemiotica 2.0. Forme e politiche dell’animalità (2017); G. Marrone, Storia di Montalbano (2018).
[23] L. Sciascia, Leonardo Sciascia scrittore editore, ovvero La felicità di far libri, Sellerio, Palermo 2019. Cura e Introduzione di S.S. Nigro, Una specie collaterale della critica: 10.
[24] Ibidem, M. Barbato, Testimonianza: 25-26.
[25] Di Prisma passiamo ora a indicare qui di seguito solo alcuni dei 162 volumi: Antonino Cusumano, Il ritorno infelice. I tunisini in Sicilia (1976); Gino Stefani, Introduzione alla semiotica della musica (1976); Pierre Fresnault-Deruelle, Il linguaggio dei fumetti (1977); Vincenzo Guarrasi, La condizione marginale (1978); Elsa Guggino, La magia in Sicilia (1978); Antonino Buttitta, Semiotica e antropologia (1979); Silvana Miceli, In nome del segno. Introduzione alla semiotica della cultura (1982); Franco Cardini, Le mura di Firenze inargentate (1993); Elsa Guggino, Il corpo è fatto di sillabe. Figure di maghi in Sicilia (1993); Sebastiano Tusa, La Sicilia nella preistoria (1999). Nel passaggio dagli anni Novanta ai Duemila si inaugura una seconda collana dove si continuano a pubblicare titoli di altrettanto rigore scientifico, anche se talora sono riedizioni di titoli già presentati nella prima: è Nuovo Prisma che, nel continuare le tematiche della prima, ne cambia solo la copertina che passa dal color senape al grigio chiaro. Anche qui di seguito diamo solo alcuni titoli dei volumi pubblicati: Claude Lévi-Strauss, L’identità (1996); Antonino Buttitta, Dei segni e dei miti. Introduzione all’antropologia simbolica (1996); Gabriella D’Agostino, Da vicino e da lontano. Uomini e cose di Sicilia (2002); Fatima Giallombardo, La tavola l’altare la strada (2003); Algirdas J. Greimas, Dell’imperfezione (2004); François Hartog, Regimi di storicità (2007); Jean Cuisenier, L’avventura di Ulisse (2010); Nunzio La Fauci, Relazioni e differenze. Questioni di linguistica razionale (2011); Adelina Miranda, Amalia Signorelli (a/c), Pensare e ripensare le migrazioni (2011); Antonino Buttitta, Mito, fiaba, rito (2016); Antonino Buttitta, Emanuele Buttitta, Antropologia e letteratura (2018); Rosario Perricone, Oralità dell’immagine. Comunità rurali siciliane (2018).
[26] Tra i tanti titoli della collana ci limitiamo a segnalare: Antonino Di Sparti, Un computer non più calcolatore. Linguistica e informatica (2004); Mario G. Giacomarra, Per una sociologia della cultura materiale (2004); Mario G. Giacomarra, Turismo e comunicazione (2006); Vincenzo Matera, Antropologia in sette parole chiave (2006); Vilma M. Costa, Informatica e antropologia (2006); Pietro Scarduelli, Sciamani, stregoni, sacerdoti. Uno studio antropologico dei rituali (2007); Matteo Meschiari, Terra sapiens. Antropologie del paesaggio (2010); Piero Grimaldi, Cibo e rito. Il gesto e la parola nella alimentazione tradizionale (2012).
[27] A. Cusumano, Vivere per raccontare, in A. Buttitta, Orizzonti, cit.: 10.
[28] Ieri e oggi: I. E. Buttitta, Le feste dell’alloro in Sicilia (2006); R. Di Ganci, La cultura orale nel Parco delle Madonie (2010); L. Lombardo, Vampariglie. Fuochi e feste popolari in Sicilia (2010); S. Mannia, Questue e figure vicariali in area mediterranea (2015). Acta diurna: I.E. Buttitta, Miti mediterranei (2008); I.E. Buttitta, S.Mannia, La morte e i morti nelle società euromediterranee (2014); M.G. Giacomarra (a/c), Isole. Minoranze, migranti globalizzazione (2007); T. India, La donna e il sacro (2009); S. Mannia, Memorie del mare (2011); S. Mannia, Alimentazione, produzioni tradizionali e cultura del territorio (2012). Biblioteca della cultura siciliana: C. Avolio, Canti popolari di Noto (2006); G. Cocchiara, Il linguaggio del gesto (2011); G. De Gregorio, Saggio di fonetica siciliana (2006). Materiali per lo studio della cultura tradizionale: AA.VV. Favignana tra mare e terra (2011); I.E. Buttitta, Festa e lavoro nella Sicilia del mare (2009); I. E. Buttitta e al., San Cataldo. Feste religiose (2008). Le scritture dell’esistenza: S. Lombino, Avendo trovato l’America (2010); T. Romano, Scrivere degli altri e di sé (2010). In chiusura non si può non richiamare la ricca attività convegnistica e seminariale svolta spesso in collaborazione con il Centro di studi filologici e linguistici siciliani e il Museo delle Marionette. Limitatamente all’anno 2018 riteniamo opportuno segnalare: Dai beni culturali al patrimonio (10 febbraio); Cultura visuale in Italia. Prospettive di ricerca (19-21 marzo); Educazione linguistica e patrimonio linguistico regionale (18 aprile); Capitali senza re nella monarchia spagnola. Identità, relazioni, immagini secc. xvi-xviii (27-29 settembre); Narrazioni e rappresentazioni del sacro femminile. In memoria di G. Martorana (15-16 novembre); Politiche del gusto. Mondi comuni tra sensibilità, estetiche e tendenze alimentari (30 nov.-2 dic.); Palermo nella storia della Sicilia e del Mediterraneo. Dalla preistoria al Medioevo (13-14 dicembre); Identità e linguaggio. Parole, cose, fatti della cultura tradizionale siciliana (18 dicembre 2017). E non si possono minimamente trascurare le numerose mostre curate e allestite dalla Fondazione. Anche di queste ci limitiamo a richiamarne solo alcune svoltesi nell’anno 2018: Lu pani si chiama pani/Pane al pane. Il ciclo del grano. Inaugurazione del Mulino storico del complesso monumentale Sant’Antonino; Il sacro degli altri. Culti e pratiche rituali dei migranti in Sicilia. Festival Sole luna doc film; Feste religiose a Palermo, chiesa di Santa Maria dello Spasimo. Immagini e foto di A. Russo, G. Muccio e B. Galifi.
[29] A. Buttitta, L’impegno scientifico, in Idem, Orizzonti, cit.: 111.
[30] Editoriale, “Nuove Effemeridi”, n. 1, 1988. Molti numeri della rivista sono monografici, come sopra rilevato. Qui, come d’abitudine, ci limitiamo a segnalare solo alcuni dei titoli monografici che vi compaiono: Il teatro greco, a. VII, 26, 1994/II; Le Madonie, a. VII, 27, 1994/III; Parole di teatro, a. XI, 44, 1998/IV; Archeologia subacquea, a. XII, 46, 1999/II; Il design in Sicilia. Ipotesi e storia, a. VIII, 31, 1999/III; Internet, a. XIII, 51, 2000/III; Palestina e Israele culture di frontiera, a. XIV, 53, 2001/I; Turismo è Sicilia, a. XV, 55, 2001/III.
Quanto agli altri numeri, segnaliamo solo alcuni titoli tra quelli che riteniamo più significativi: n. 1 (1988) V. Consolo, I linguaggi del bosco; G. Fiume, Maurice Aymard: la Sicilia del cambiamento; S. Troisi, Palermo capitale d’arte?; F. Giallombardo, Maricchia Putiri: il racconto continua; F. Amoroso, Teatro: che fare?; S. D’Onofrio, Il gesto e l’onore; G. D’Agostino, L’Africa decorata; J. Lotman, Oralità e scrittura; M. Giacomarra, Un’unità territoriale intermedia nella Sicilia centro-settentrionale; A. La Spina, Ancora sull’unità territoriale; M. Carapezza, Degradatio; G. Lavanco, Un intellettuale scomodo; A. Schneider, Presente e passato in un paese del sud.
n. 27 (1994) S. Pedone, Salvatore Caruso e le Madonie; M. Giacomarra, Le tre culture delle Madonie; A. Tullio, Valenze archeologiche del territorio madonita; P. Corrao, I Ventimiglia: alle origini di un potere signorile; O. Cancila, Due industrie dell’Ottocento borbonico a Castelbuono; M.C. Di Natale, L’oreficeria madonita dei secoli xv e xvi; M. Vitella, Parati sacri a Petralia Sottana; S. Mazzarella, Giuseppe Salerno e Gaspare Vazano: i due Zoppi di Gangi; S. La Barbera, Frate Umile da Petralia; P. Mazzola, Francesco Minà Palumbo; J. Scavone Trupia, Cristoforo Grisanti; P.E. Carapezza, La musica dipinta; F.M. Raimondo, Tra campagna e natura; A. Buttitta, I riti; G.A. Borgese, Accenti.
[31] Tra i titoli dell’Archivio ci limitiamo a segnalare: n. 3/4 (2000/01) A. Buttitta, Antropologia e modernità; Monder Kilani, Entre nation e multiculturalisme: quelles perspectives pour l’Europe?; M. Callari Galli, Le culture della diaspora nella società contemporanea; A. Cusumano, Interdipendenza senza integrazione e cittadini senza cittadinanza; S. Montes, Tradurre le culture: strategie dei testi, strategie degli antropologi; I. Signorini, Medusa o il sesso che uccide: riflessioni su un testo di Vernant.
n. 20, 2 (2018) P. Clemente, Paese che vai usanza che trovi tra cosmo e campanile; E.V. Alliegro, Contaminazione ambientale ed elaborazione del rischio sanitario: quartiere Tamburi di Taranto; D. Schmidt, G. Palutan, Cibo e rifugiati nella città capitolina, tra pratiche di emergenza e tentativi di agentività; P. Grassi, L’angosciosa resistenza. Decostruire la categoria dell’abbandono istituzionale nel quartiere di edilizia popolare di San Siro (MI); M. Mauriello, Corpi dissonanti. Note su gender variance e sessualità: il caso dei femminielli napoletani.
[32] Editoriale, “Dialoghi Mediterranei”, n. 1, 2013.
[33] A. Buttitta, M. Giacomarra, Preliminari su significato e senso (1972); G. Cusimano, Geografia e pianificazione territoriale (1974); M. Giacomarra, Cultura e pratica sociale. Lingua e dialetto (1981); M. Giacomarra Comunità in transizione. Aspetti del mutamento socioculturale nei centri montani della Sicilia centrale (1983).
[34] S. Miceli, La comunicazione negata. I tunisini a Mazara (1984); A. Cusumano, Il museo etnoantropologico della Valle del Belice (1986).
[35] G. Cusimano, Commercianti e acquirenti. Spazio e comportamento nel centro storico di Palermo (1986); V. Guarrasi, Ordine e orientamento. Modelli culturali e pratiche sociali in prospettiva geografica (1988); G. Cusimano, Per una geografia del miele. L’apicoltura italiana tra passato e presente (1990); F. Giallombardo, Accumulare, ostentare, distribuire. Preliminari a una antropologia della ricchezza, 1990); G. Cusimano, Dal gabinetto di geografia al laboratorio geografico (1995).
[36] A. Cusumano, Le forme del lavoro (1986); F. Giallombardo, La mano di Penelope. Lavori femminili a Caccamo (1986); G. Cusimano, G. D’Agostino, L’Africa ritrovata. Antiche carte geografiche dal 16° al 19° secolo (1986); V. Petrarca, La festa di san Giovanni Battista a Napoli nella prima metà del Seicento (1986); A. Cusumano, La terra e il fuoco. Ceramica popolare della Valle del Belice (1991).
[37] Non è questo il luogo per procedere ad una escursione completa di titoli e darne una pur breve presentazione, ma si rivela interessante già solo spulciare alcuni del centinaio di titoli che siamo riusciti a recuperare e consultare.Billi M., a/c, Le aperture del testo. Studi per M.C. Coco Davani (1995); Camboni M., a/c, Hilda Doolitlle e il suo mondo. Atti (1995); Chiavetta E., Generi testuali e discorso specialistico (2004); Corona D., a/c, Autobiografie e contesti culturali. Atti (1999); Corona D. e al., a/c, Saggi e interviste su riscrittura e romance (2005); Corona D. e al., a/c, Narrativa storica e riscrittura (2007); Cusimano G., a/c, Ciclopi e sirene. Geografie del contatto culturale (2003); Di Maria G., Achillis quae ferunt astronomica (1996); Fodale S., a/c, Il Medioevo di Francesco Giunta. Atti (1996); Gousseau J., a/c, Sicilia e Belgio. Specularità e interculturalità (1995); Gousseau J., a/c, Dallo zolfo al carbone. Scritture della miniera in Sicilia e nel Belgio francofono (2005); Grasso M., a/c, Intercultura, servizi sociali e nuove cittadinanze (2004); Nicosia S., a/c, I barbari tra noi. Problemi sociali e culturali dell’immigrazione. Atti (1998); Palumbo P., Storiografia, filosofia, storia della storiografia filosofica (1985); Palumbo P., Tra Hegel e Nietzsche. Georges Bataille e l’eccesso dell’Essere (2001); Pellegrini Sannino A., a/c, Scritti scelti di Carlo della Casa (1998); Pellitteri A. Montaina G., a/c, Ashàr. Studi arabo-islamici in memoria di Umberto Rizzitano (1995); Petrone G., a/c, Chi ci libererà dai greci e dai latini? La riscrittura dei classici (1987); Rotolo V., Scritti sulla lingua greca antica e moderna (2009); Ruffino G., a/c, Per Ignazio Buttitta nel centesimo anniversario della nascita. Atti (2001); Russo L., a/c, La cultura estetica in Sicilia tra Otto e Novecento (1990); Russo L., a/c, La ricerca filosofica (1996); Sacco Messineo M., La polvere e la memoria. Due scrittori siciliani (2003); Venuti C., a/c, Vittorio D’Alessandro e il rinnovamento della pedagogia. Atti (1987).
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Mario G. Giacomarra, di formazione antropologica e docente di Sociologia della Comunicazione all’Università di Palermo, è stato l’ultimo Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia prima della sua confluenza nella Scuola delle Scienze umane e del Patrimonio culturale. Si è occupato a lungo di migrazioni e dei processi di integrazione, mettendo a confronto i fenomeni della contemporaneità con quelli che hanno determinato le minoranze storiche galloitaliche nel XII secolo e albanesi nel XV. Tra le pubblicazioni su questi temi si segnalano: Immigrati e minoranze. Percorsi di integrazione (1994); Migrazioni e identità. Il ruolo delle comunicazioni (2000); Condizioni di minoranza oggi. Gli albanesi di Sicilia fra etnicismi e globalizzazione (2003). Ha curato nel 2006 gli Atti del Congresso Isole. Minoranze migranti globalizzazione, promosso dalla Fondazione Buttitta. Ha pubblicato anche: Una sociologia della cultura materiale (2004); Fare cultura in Sicilia (2007); Comunicare per condividere (2008); Il piacere di far libri. Percorsi di editoria in Sicilia (2010); Sharing Sociology. Il ruolo della comunicazione nella sociologia della condivisione (2016).
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