di Ugo Iannazzi
Di fronte al dilagare degli anglicismi un obiettivo primario è oggi quello della difesa attiva della nostra lingua (e anche dei nostri dialetti), che a partire dall’infanzia hanno formato quel ricco scrigno di strumenti di conoscenza, che ci accompagna e ci permette di leggere nella loro forma originale, con i vocaboli più appropriati, con le sfumature di senso e di pronuncia di chi li proferiva, tutta la vasta letteratura in lingua e vernacolare prodotta nei nostri territori dalla nostra civiltà.
Nei vocaboli del nostro patrimonio letterario del passato c’è la storia generale e ci sono le storie locali, ci sono le espressioni autentiche dei parlanti, ci sono le tradizioni, c’è la scelta terminologica ed etimologica che ha reso esteticamente interessante ogni espressione. Tutto questo fa sì che i nostri strumenti comunicativi meritino, nella loro forma naturale, di vivere ancora nei decenni o nei secoli, perché garantiscano anche alle generazioni future la conservazione di tutta la cultura dei tempi andati, il senso della storia e il significato delle ricchissime tradizioni nazionali e locali.
Se ci si batte per fare manutenzione e/o migliore diffusione di questi parlari nell’attuale epoca di appiattimento e di generale sgretolamento linguistico, è anzitutto necessario volgere lo sguardo alla nostra lingua nazionale, che negli anni recenti è sottoposta a un graduale e incessante svilimento, che la porta a retrocedere nell’uso e nell’importanza a lingua in dismissione, incapace di conservare una sua accettabile dignità in campo internazionale.
L’italiano nel mondo
Se osserviamo la diffusione delle maggiori lingue nei continenti, basandoci sulle statistiche, pur non tutte coincidenti, si ha, grosso modo, la seguente graduatoria:
1. il cinese, parlato da 1,3 miliardi di persone, in 13 varianti,
2. lo spagnolo, parlato da 460 milioni,
3. l’inglese, parlato da 379 milioni,
4. l’hindi, parlato da 341 milioni,
5. l’arabo, parlato da 319 milioni, in 20 varianti.
L’italiano si colloca intorno al ventesimo posto (parlato tra circa gli 85 e i 100 milioni di persone (qualcuno dice molti di più). Infatti, oltre che nella nostra Nazione, l’italiano ha una discreta diffusione anche in:
Albania, Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Città del Vaticano, Costa Rica, Croazia, Eritrea, Etiopia, Francia, Germania, Grecia, Israele, Libia, Liechtenstein, Macedonia del nord, Malta, Montenegro, Paraguay, Perù, Principato di Monaco, Romania, San Marino, Slovenia, Somalia, Stati Uniti, Svizzera, Tunisia, Uruguay, Venezuela.
Alcune statistiche riportano che, come seconda lingua, l’italiano è particolarmente studiato nel mondo (si dice, da alcune decine di milioni di persone), perché considerato, oltre al latino, la lingua del clero, del melodramma, della cultura e, per figli e nipoti, la lingua delle radici, quella degli avi emigrati.
L’invasione dell’idioma inglese nell’italiano
Come tutte le lingue, anche la nostra ha bisogno di arricchirsi di neologismi, ma oggi non li crea più e, mentre in Francia e in Spagna l’ingresso dei forestierismi è molto limitato, perché i lemmi stranieri sono riespressi nelle lingue nazionali, con creazione di neologismi o parafrasi autoctone, adatte a esprimere il significato di cui si ha bisogno, l’Italia accoglie l’acritico fenomeno di importare vocaboli prevalentemente di origine anglosassone, senza alcun intervento protettivo dell’idioma nazionale.
Prendendo in prestito in modo bulimico e accogliendo stabilmente termini esteri, soprattutto inglesi, questi si vanno, cosa grave, sempre più a sostituire a elementi linguistici nostrani, che, perdendo la loro funzione, lentamente decadono e spariscono, come sta accadendo sempre più frequentemente. In tal modo noi impoveriamo la nostra lingua e progressivamente la rendiamo obsoleta, destinandola, con l’accelerazione del fenomeno, alla condizione di minoranza linguistica.
L’abuso ingiustificato degli anglicismi, inoltre, rende difficile la loro comprensione da parte di tanti nostri concittadini, che incontrano difficoltà concrete di apprendimento. Le persone anziane, o che vivono isolate, che ignorano l’inglese e non utilizzano la Rete, si trovano ad affrontare forti ostacoli, pratici, psicologici e tecnologici, sì da essere tagliate fuori dalla loro assimilazione e quindi, in pratica, si vedono negata una legittima informazione, rimanendo esclusi da un diritto costituzionale.
A differenza di Spagna e Francia, che varano adeguate politiche linguistiche (in Francia è obbligatorio che i contratti internazionali siano compilati esclusivamente in francese), tra le nazioni di origine neolatina l’Italia è quella che non fa argine, se non addirittura favorisce l’ingresso a valanga di termini linguistici estranei, rinunciando ai propri antichi e storicamente legittimi vocaboli con gli omologhi alloctoni di nuovo conio, ritenuti più alla moda. Tullio De Mauro (1932-2017) ebbe modo di dichiarare che l’inglese era penetrato nella lingua italiana per l’8%: dopo la sua morte, tale percentuale è cresciuta ancora molto, molto di più.
Per alcuni nostri conterranei il parlare agli italiani con una lingua infarcita di anglicismi sembra un modo di parlare moderno, di chi è entrato nel progresso e ha lasciato gli stracci del localismo e del provincialismo. Invece, ricorrere a una valanga di forestierismi, alcuni addirittura arbitrari, è un comportamento molto provinciale e masochista, di chi non valuta il danno che fa alla cultura della sua Nazione e dei suoi antenati.
Anche ad Arpino, il mio piccolo paese di nascita, come in tante altre cittadine italiane, botteghe ed esercizi commerciali hanno incominciato a elevare l’inglese a stigma di intestazione. A cominciare dall’insegna The king of barber, per intitolare un negozio di barbiere, situato in un vicoletto, che ha l’ambizione di dichiararsi al mondo con una voce molto “alta” e “originale”. In una città, patria di Cicerone, intrisa di studi classici, ci saremmo aspettati un’insegna originale, magari con la scritta Tonsor optimus, o tonsor praeclarus. Oggi, invece, sempre più spesso si vanno diffondendo anche nei luoghi non frequentati da inglesi, insegne spurie, come Summertime, Sunset boulevard, Fifth avenue, Top taste, My way e le locandine di ogni minuta attività ricorrono a slogan anglo-americani. Tali denominazioni danno l’idea di uno scivolamento dei nostri luoghi della tradizione, dei nostri negozi, dei nostri vicoli, dei nostri linguaggi nativi in un paesaggio e in una condizione estranea di natura anglofona.
Se pensiamo ai modi di comunicare, la nostra lingua italiana è consolidata, viva e come tutte le lingue è soggetta a importazioni ed esportazioni di vocaboli e modi di dire. Ma, mentre gli inglesi sono gelosissimi del loro idioma: il cantante Sting che in Italia da oltre 20 anni possiede centinaia di ettari di campagna senese, ci vive e lavora quasi stabilmente nel preparare canzoni e concerti, a chi gli chiede se prima o poi deciderà di parlare un po’ in italiano, risponde in inglese: “No, non succederà, perché a me piace parlare inglese!” È la conferma della difesa a oltranza della propria cultura, che invece noi non esercitiamo.
Nella media degli italiani noi non siamo gelosi dei nostri modi di esprimerci, anzi sostituire l’inglese all’italiano, senza che ci sia un concreto bisogno, è il vero divertimento di molti giovani e un vero atto di compiacimento di tanti giornalisti, di tanti pubblicitari, di tanti vip che cercano attenzione e visibilità. Inoltre sempre più spesso i membri della nostra classe politica, senza alcuna logica, se non quella di nascondere dietro il presunto modernismo di una lingua straniera alcune scelte legislative, spesso poco gradite dai cittadini, pomposamente, perfidamente e con criptica crudeltà, sotto un’intestazione inglese nominano molte leggi, che tutti gli italiani sono tenuti a conoscere e rispettare, anche gli analfabeti e le persone poco acculturate.
L’inglese sta occupando spazi troppo dilatati, sulla spinta dei grandi poteri dell’economia mondiale, dell’informatica e del commercio delle multinazionali. Questo mondo, reso più vicino da un presunto legame linguistico, risponde a soli interessi economici e cancella del tutto gli interessi culturali, che i patrimoni linguistici delle comunità hanno accumulato nei millenni e che progressivamente vengono svalutati e dimenticati.
Ma siamo soprattutto noi italiani, che facciamo agli altri questo regalo! Se alcune aziende, che commerciano con l’estero, scelgono questo modo di comunicare, possono trovare una loro giustificazione. Non trovano giustificazioni, invece, le istituzioni e i media, che da italiani dialogano con altri italiani mediante una lingua a loro estranea.
Ci si chiede: perché il nostro Stato nelle leggi della Gazzetta Ufficiale da vari anni ha iniziato a sostituire molti legittimi vocaboli italiani con omologhi inglesi, per definire leggi, regole, usi, eventi, che riguardano gli Italiani? Perché si sta dando spazio a una terminologia infarcita da forestierismi, in alcuni casi coniati apposta da noi e per noi in inglese, nell’ordinamento della vita pubblica e privata della nostra popolazione?
Mancano alla nostra lingua vocaboli adatti a dire: antitrust, budget, business, carbon tax, cashback, deal, default, deregulation, eco-friendly, election day, endorsement, family bonus, family tax, funding, green economy, job act, monetary fund, navigator, premiership, quantitative easing, recovery bond, recovery plan, school bonus, smart working, social act, spending review, stepchild adoption, sugar tax, tourism act, voucher, web tax, welfare...?
No, i termini italiani esistono e dovremmo usarli, per rispettare un diritto alla chiarezza per tutti i cittadini e per non costringerli allo sforzo di consultare in continuazione un vocabolario di una lingua estranea alla maggioranza della popolazione. Senza parlare di integralismi, perché non si torna a difendere la nostra identità culturale, costruita in alcuni millenni di storia? È proprio indispensabile usare vocaboli stranieri per definire le nostre leggi, disegni di legge e provvedimenti istituzionali?
I nostri onesti vocaboli, densi di storia e di antica e nobile origine, esistono. Basta accettarli, dando loro lustro e dignità. Tralasciando il mondo della finanza internazionale, quello della moda e quello della pubblicità, dove corrono forti e particolari interessi, volgiamo ora l’attenzione solo alla nuova lingua adottata spudoratamente dal nostro mondo politico in un miscuglio di termini anglofoni, mescolati all’italiano corrente, da alcuni già denominato itanglese.
Tra le decine di migliaia di termini anglofoni, che stanno progressivamente impadronendosi della lingua italiana, colonizzandola in modo latente, si riporta di seguito un piccolissimo gruppo di parole britanniche da alcuni anni approdato nella nostra lingua, che sta mettendo/ha messo radici stabili e sta sempre più sostituendo i precedenti legittimi vocaboli italiani, rendendoli progressivamente desueti. Tali vocaboli sono stati raccolti dai media durante i primi 4 mesi della pandemia Covid-19 (leggendo, in particolar modo un quotidiano e due settimanali del gruppo editoriale GEDI, tra i più diffusi a livello nazionale, e ascoltando alcuni programmi televisivi).
GRUPPO A – elenco molto sintetico
(neo-linguaggio itanglese del mondo politico)
antitrust contro i monopoli, asset risorse, benefit vantaggio, big company grande azienda, big data grandi dati, bipartisan condiviso, black power potere nero, black list lista nera, board consiglio, bodyguard guardia del corpo, bond obbligazione, boss capo, broker intermediario, budget bilancio, affari, business insider addetto agli affari, city città, call chiamata, clan famiglia, gruppo, care giver badante, carbon tax ecotassa combustibili emittenti CO2, car pool mezzi di trasporto, cash contanti, cashback disincentivo all’uso del contante, chief executive officer amministratore delegato, class action azione collettiva, coming out dichiararsi, community comunità, competitor concorrente, convention congresso, customer journey interazione tra consumatore e produttore, data room sala dati, deadline scadenza, deal accordo, default inadempienza, fallimento, deregulation liberalizzazione, dossier fascicolo, dumping concorrenza sleale nella vendita di merci sotto costo, dumping sociale mancato rispetto di leggi a protezione dei lavoratori, eco-friendly ecologico, election day giorno delle elezioni, empowerment potenziamento, endorsement sostegno, energy saving risparmio energetico, exit poll sondaggio, export esportare, fake news notizia falsa, family act provvedimento per la famiglia, family tax sgravi fiscali sulle famiglie, fair play gioco leale, feedback risposta, first lady prima donna, flop insuccesso, freedom libertà, frugal nations nazioni frugali, funding finanziamento, gain peace ottenere la pace, gender gap divario di genere, green economy economia verde, ground zero epicentro, group gruppo, guideline linee guida, intelligence spionaggio, help desk assistenza, holding gruppo, holding society società di partecipazione, hot spot punto di accesso, how to spend come spendere, hub centro, impact economy economia dell’impatto, impact high yield impatto ad alta resa, inside trade mercato interno, job act legge sul lavoro, last news ultime notizie, leader capo, made in Italy fabbricato in Italia, market mercato, manager dirigente, meeting riunione, memorial day giorno della memoria, mini bond titoli di debito (emessi da imprese medio-piccole), mission scopo, monetary fund fondo monetario, naturally good naturalmente buono, navigator navigatore, news notizia, news letter lettera informativa, open data dati aperti, performance prestazione, plastic tax tassa sulla plastica, pogrom massacro, power energia, poll request richiesta di sondaggio, politically correct politicamente corretto, power potere, on line in linea, premier primo ministro, premiership premierato, privacy riservatezza, public company società pubblica, public relations pubbliche relazioni, quantitative easing facilitazione quantitativa, rating valutazione, racket truffa, ranking classifica, report relazione, revenge porn condivisione di materiali porno, road map carta stradale, school bonus buono scolastico, scoop colpo giornalistico, self employment lavoro autonomo, service tax imposta sui servizi, smart working lavoro intelligente (a distanza), social act legge sociale, soft power potenza morbida, speaker annunciatore, spending review revisione della spesa, spin doctor tuttologo, spoil system cambio dei dirigenti, spread divario, spy story storia di spionaggio, stalker molestatore, stalking molestare, start up nuova impresa, start up business avviare un’attività, stepchild adoption adozione del figliastro, stockolder azionista, streaming trasmissione via Internet, sugar tax tassa sullo zucchero, task force forza speciale, tax code codice fiscale, tax day giorno delle tasse, team squadra, think tank centro studi, tool strumento, tourism act legge sul turismo, trust gestore fiduciario, tutor precettore, updates aggiornamenti, voluntary disclosure emersione volontaria, voucher buono, web tax tassa sulle aziende digitali, welfare benessere, welfare state stato sociale, workshop seminario, young & road progetto di sicurezza stradale ecc. ecc.
Ed è corretto nella vita di tutti i giorni che una quantità sempre crescente di parlanti debba rinunciare alle nostre consuete parole (antiche, familiari, condivise, amate, piene di colorazioni storiche e culturali), per impiegarne altre, senza storia, poco metabolizzate e solo per moda, che vanno a sostituire il nostro vastissimo patrimonio di voci, ricche di sinonimi, di varianti, di sfumature? Ed è corretto rinunciare a inventare dei neologismi italiani? In passato Gioachino Belli, nel sonetto Le lingue der Monno del 16 dic. 1832, lodava il ricco e magnifico assortimento di sinonimi, in uso nella popolazione.
Si propone qui di seguito un brevissimo elenco dei termini anglofoni, ripreso dalle stesse citate fonti, che oggi stanno sostituendo, in modo più, o meno rapido e marcato, i vocaboli della nostra lingua. L’elenco seguente è stato utilizzato soprattutto dalla categoria dei giornalisti e della pubblicità durante il periodo del distanziamento fisico, dovuto al Covid 19, e immediatamente assorbito nell’uso comune da tanti creativi pubblicitari, presentatori, persone ‘importanti’, imprenditori e snob in senso lato.
GRUPPO B – elenco molto sintetico
(neo-linguaggio itanglese dell’informazione e della pubblicità)
abstract riassunto, appeal attrazione, art director direttore artistico, audience pubblico, baby piccolo, background sfondo, retroscena, backstage dietro le quinte, bag sacchetto, banquet room sala banchetti, beautiful bellissimo, beauty bellezza, big grande, blend miscela, black friday venerdì nero, blockbuster campione di incassi, bluetooth comunicazione senza fili, bluff finzione, brand marca, break pausa, buy acquistare, by night di notte, call center centro telefonico, cash contante, cash and carry paga e porta via, casting selezione attori, catering ristorazione, chat chiacchierare, check up verifica, chef capocuoco, city car auto da città, cloud nuvola, coach allenatore, colf collaboratrice, concept idea, contest concorso, cook book libro di cucina, cool freddo, corner angolo, correspondance corrispondenza, count down conto alla rovescia, coupon tagliando, cover copertina, cream crema, crossroad incrocio, cult prodotto culturale pregevole, custom made fatto su misura, dark web web oscuro, day after giorno dopo, derby gara, design progetto, stile, device congegno, disclaimer disconoscimento, disk jockey conduttore di spettacoli musicali, display schermo, dry secco, duster spolverino, e-mail posta elettronica, engagement coinvolgimento, evergreen intramontabile, evolution evoluzione, expertise competenza, eyewear occhiali, fan tifoso, fashion moda, fashion director direttore della moda, feedback valutazione, feeling sensazione, empatia, fellow compagno, fellowship compagnia, fiction finzione, fitness forma fisica, flop fiasco, follower utente di rete registrato su altro utente, follow me seguimi, food cibo, format formato, programma, freelance libero professionista, free speech discorso libero, fuel carburante, full hybrid ibrido completo, full immersion immersione totale, gadget aggeggio, gay omosessuale, game partita, gender genere, gold oro, gold jazz jazz d’oro, good buono, gossip pettegolezzo, green verde, grip presa, hall ingresso, hand bike bici a mano, handicap svantaggio, handycam telecamera amatoriale, happening avvenimento, hater odiatore, help map mappa guida, homeless senzatetto, hi-tech tecnologia avanzata, hot caldo, hot spot punto di accesso, hotel albergo, humour umorismo, jersey maglia, joystick barra di comando, kit attrezzatura, know how competenza, last minute ultimo minuto, leather pelle, light fashion moda leggera, live dal vivo, living room soggiorno, location luogo, longform inchiesta dettagliata, look immagine, low cost economico, made to measure fatto su misura, make up trucco, mall centro commerciale, man uomo, marketing commercializzazione, master specializzazione, match gara, medley miscuglio, meme immagine/video, trasmesso in modo virale, men uomini, merchandising promozione, mind mente, mini bag borsetta, must imperdibile, network rete, new entry nuovo arrivato, news notizia, night club locale notturno, offline disconnesso, on the road sulla strada, in viaggio, open day giornata aperta, outlook prospettiva, outsider atleta non favorito, oversized sovradimensionato, oversize enorme, packaging confezione, pallet pancale di carico, parking parcheggio, part time a tempo parziale, partner socio, partnership associazione, pastry chef pasticciere, performance prestazione, photo editor editore di foto, piercing perforazione per orecchini, pitch perfect intonazione giusta, plastic free senza plastica, pool piscina, podcast diffusione di file audio su Internet, pop star artista di musica popolare, post messaggio inviato, printing stampa, privacy policy politica sulla riservatezza, pullman corriera, pusher spacciatore, quilt trapunta, random a caso, ready to sleep pronto per dormire, real estates immobili, reality show programma tv di vita reale, reception accoglienza, record primato, red carpet tappeto rosso, relax svago, reloaded ricaricato, reporter giornalista, retail al dettaglio, review esame, revival risveglio, rising sun sole nascente, room camera, sale vendita, sandwich panino, scooter motorino, sea mare, self control autocontrollo, self service fai da te, sharing mobility mobilità condivisa, single singolo, size taglia, skin pelle, sky cielo, skylab laboratorio spaziale, smart speaker oratore intelligente, soft morbido, spot annuncio, share quota, sharing condivisione, shock trauma, shopping acquistare, show spettacolo, show room sala esposizione, smartphone cellulare, snack merenda, soap opera telenovela, social network rete sociale, sprint scatto, stalking persecuzione, stand padiglione, standing ovation ovazione, star stella, start prize premio di inizio, start up avviare, status symbol simbolo di stato sociale, step passo, steward assistente, still life natura morta, stream flusso, streaming trasmisione via internet, store negozio, story storia, storytelling raccontare, street art arte di strada, strip striscia, styling messa in piega, sugar free senza zucchero, tag etichetta, talk show trasmissione di conversazione, teenager adolescente, ticket biglietto, things cose, top il meglio, top down dall’alto al basso, to wear indossare, trailer presentazione, trainer istruttore, transforming real estate into real advantage trasformazione immobiliare in vantaggio reale, trolley carrello, tshirt maglietta, tunnel traforo, turnover ricambio, tutor guida, ultra wide band banda ultra larga, upload caricare, waterproof impermeabile, weekend fine settimana, wine vino, wireless senza fili, wish list lista dei desideri, woman donna, women donne, workshop laboratorio, wrestling lotta, year anno, yes sì ecc. ecc.
Nelle settimane successive allo scoppio in Cina della pandemia di Coronavirus siamo stati costretti a vivere chiusi in casa e ascoltare durante il giorno per molte ore le cronache trasmesse dalla televisione, dalla rete e dalla radio. Da ciò è emersa in modo straordinario la clamorosa degenerazione di molti italiani ad abbandonare la nostra lingua, per rifugiarsi nell’idioma inglese. Questa rapidissima assuefazione a molti nuovi vocaboli, estranei alla nostra cultura, è stata operata da tutti: direttori delle testate, giornalisti, inviati speciali, politici (dai vertici delle istituzioni a quelli di base), scrittori, opinionisti, scienziati, medici, infermieri, gente della strada… Vale la pena soffermarsi sui fatti.
All’inizio, quando per una ventina di giorni si diffondevano le notizie di ciò che stava accadendo a Wuhan in Cina, i nostri organi d’informazione, per indicare lo stato di sicurezza da rispettare tra le persone, usavano i seguenti termini:
allontanamento, confinamento, clausura, distacco, distanziamento fisico, distanziamento sociale, distanzamento di sicurezza, isolamento, quarantena, segregazione…
I significati di questi vocaboli erano esaustivi per esprimere il tipo d’intervento da mettere in atto per limitare la pandemia. Addirittura la varietà dei termini era forse troppo ampia. Poi il virus è arrivato anche in Italia e le tv, i giornali, le riviste, le radio, la rete hanno ancora per qualche settimana continuato a usare questi termini italiani. Nelle settimane successive, la pandemia ha raggiunto l’Inghilterra, dove il primo ministro, che invocava balzanamente l’immunità di gregge, si è infettato. Esattamente in quei giorni abbiamo capito che l’epidemia si era diffusa su tutto il globo e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha emesso tra i tanti comunicati, un’informativa in inglese in cui affiorava per la prima volta il vocabolo lockdown: immediatamente in Italia tutti si sono “innamorati” di questo termine e lo hanno adottato stabilmente nel “nostro” itanglese, quello che d’ora in poi si prevede sarà il nostro “linguaggio del futuro”. In un baleno il termine lockdown ha colpito e cancellato i nostri dignitosi sinonimi italiani! Gli inglesi direbbero che ha fatto strike (dieci birilli abbattuti al primo lancio) in una gara di bouling!
Ove il virus non avesse invaso la Gran Bretagna, la lingua italiana non avrebbe subito questo incredibile e inutile “prestito”. Alcuni studiosi, che conducono indagini statistiche, hanno dichiarato che sulle varie reti televisive nello stesso giorno la parola lockdown sia stata pronunciata più di 500 volte! Non basta, immediatamente gli organi d’informazione hanno ingurgitato una sfilza di altri anglicismi, fino allora meno diffusi da noi, per colorare le loro cronache. È stato inaugurato il lancio anche del termine herd immunity (immunità di gregge), ma questi due vocaboli per fortuna non hanno attecchito, forse perché cacofonici, o forse per rispetto a Boris Johnson, che era caduto in prima persona vittima della sua strampalata teoria suicida.
Poi, nella rincorsa ai forestierismi linguistici, invece di usare le sue collaudate parole, o coniare, come una lingua per diritto ha sempre fatto, un neologismo proprio, per indicare il lavoro da casa (o a distanza, o agile, o telelavoro), invece di ricorrere a questi onesti e calibrati sinonimi nostrani, gli italiani hanno inventato il neologismo smart working, che è uno pseudoanglicismo! perché nell’inglese corretto questo concetto si dice: home o remote working.
Ma un altro vizio degli italiani è questo: conoscono non sempre a sufficienza la propria lingua, conoscono pochissimo quelle degli altri, ma sono “bravissimi” e “temerari” inventori di espressioni straniere, che negli anni diventano, in certi casi, termini stabili nel vocabolario italiano. Mi riferisco, per esempio, a ‘vado al night’ (locale notturno), dove night significa solo ‘notte’ mentre per citare un inglese corretto e completo, l’espressione giusta sarebbe ‘vado al night club’; oppure la parola box, che di per sé significa solo ‘scatola’, per indicare un garage, una rimessa per auto, che gli inglesi, invece, correttamente chiamano box car. Ma è stato particolarmente irritante sentire in questo periodo da gente comune e da gente istruita l’espressione food delivery – take away cibo in consegna o da asporto, senza una traduzione a lato, per indicare alla popolazione minuta, che aveva appetito e poche conoscenze esterofile, che poteva rivolgersi ai nostri ristoranti e pizzerie, per farsi recapitare, o dove acquistare piatti, o pizze, da portare via e consumare a casa. A Roma un ristorante ha cambiato del tutto la vecchia insegna e oggi ha la vistosa denominazione “Take away” e in provincia un venditore di pagnottelle con prodotti locali, ha cambiato insegna: da Panini casarecci a Take away hot dog!
Ecco, comunque, una piccolissima selezione dei vocaboli che hanno invaso durante le prime settimane di pandemia, molte per la prima volta, il nostro linguaggio, prendendo in esso quota. Ne sono spuntati a migliaia, di cui alcuni, per fortuna, subito tramontati. Molti dei termini riportati sono stati introdotti adesso (qualche anglofilo incosciente li chiamerebbe new entry), altri erano già circolanti ma hanno avuto una nuova diffusione, occasionale ma straripante, altri sono subito diventati linguaggio stabile itanglese. Questo elenco è stato ricavato semplicemente sfogliando, come il solito, un quotidiano e i due settimanali italiani a diffusione nazionale, già ricordati, e ascoltando alcune trasmissioni televisive. E sempre la frase, o il vocabolo inglese, erano considerati così familiari e già assimilati nel nostro gergo, da essere sempre riportati senza la necessaria traduzione in italiano.
GRUPPO C - elenco molto sintetico
(neo-linguaggio itanglese dei media al tempo della pandemia Coronavirus)
action aid aiuto all’azione, after life dopo la vita, aging invecchiamento, a head avanti, alarm function funzione di allarme, all about love tutto sull’amore, asset risorsa, automatic dispenser distributore automatico, avoid crowded places evita luoghi affollati, baby parking parcheggio bambini, baby sitter bambinaia, back to life tornare alla vita, blackout oscuramento, blitz assalto, booking prenotazione, boom crescita rapida, breeding allevamento, burden carica, by sharing per condivisione, challenge sfida, check your temperature controlla la tua temperatura, closed chiuso, cluster focolaio, coffee-break pausa caffè, cohousing casa condivisa, come in puoi entrare, conference call teleconferenza, consumer consumatore, contact tracing tracciamento dei contatti, corona bond obbligazioni covid, corona equity capitale coronavirus, the behaviour to follow i comportamenti da seguire, covid free libero da covid, covid hospital ospedale covid, covid pass superamento covid, covid profiteer speculatore covid, coworking lavorare insieme, credit rating valutazione del credito, crowd folla, crowfunding raccolta di fondi, cyber informatica, curfew coprifuoco, cyber security sicurezza informatica, day after giorno dopo, defence difesa, didattica smart didattica a distanza, digital talk conversazione digitale, dispencer erogatore, disinfetting sanificazione, do no enter non entrare, do not touch your mouth, eyes, nose non toccarti bocca, occhi, naso, drink bevanda, drive forward andare avanti, distancing distanziamento, drive-in test test in automobile, droplet gocciolina, droplet distance distanza di sicurezza, e-learning didattica intelligente (a distanza), enjoy buon appetito, enjoy drink goditi una bevanda, enjoy driving goditi la guida, face scanning scansione della faccia, face shield visiera, failover cluster computer che lavorano in gruppo, family act provvedimento per la famiglia, far east lontano Oriente, fashion hair & nails moda capelli e unghie, fast food pasto rapido, feed back risposta, feeling good sentirsi bene, fighting combattente, fitness essere in forma, fitting adattamento, flash mob improvvisazione collettiva, flop fiasco, giving students a break dare una pausa agli studenti, food delivery consegna del cibo, food take away cibo da asporto, free covid = covid gratuito (è stato scritto su qualche giornale ed è un grave errore!, la forma corretta è: covid free libero da covid), frugal nations nazioni frugali, gap divario, global defence difesa globale, global repair riparazione globale, governance conduzione, great again di nuovo fantastico, happy hour aperitivo, healthcare assistenza sanitaria, health days giorni della salute, heart beating battito cardiaco, high accuracy alta precisione, highlight evidenziare, home schooling scuola a casa, iloveItaly amo l’Italia (detto da italiani, non pare proprio!), indoor al chiuso, infection contagio, infrared scanner analizzatore a infrarossi, innovative solutions soluzioni innovative, insight intuizione, issue problema, jogging podismo, keep the distance mantieni la distanza, killer omicida, laboratory laboratorio, lead time tempo di consegna, light credit credito leggero, life vita, lockdown confinamento, locked bloccato, main stream flusso principale, mask mascherina, mask low cost mascherina a basso costo, mask down mascherare, man’s health salute dell’uomo, museo open museo aperto, my life la mia vita, my way a modo mio, nature first la natura innanzi tutto, next generations fund fondo future generazioni, no money senza soldi, no profit senza profitto, off limits vietato, online classes lezioni in linea, open space spazio aperto, over 60 sopra i 60, overtourism turismo d’assalto, outdoor all’aperto, outlook prospettiva, party festa, pepp ventilazione assistita, people gente, play off spareggio, plexiglass vetro acrilico, pressing azione pressante, problem solver risolutore di problemi, protect yourself and the others tutela te, proteggi gli altri, pull attrazione, purifying hand gel gel igienizzante mani, ready pronto, record primato, recovery guarigione, recovery bond o fund buoni per la ripresa, recovery plan piano di recupero, reloated ricaricato, rent, sell bikes affittare, vendere bici, respect the basic rules adotta le regole base, rider fattorino, runner corridore, safety sicurezza, safe hands mani sicure, sanitize your hands igienizza le tue mani, save Italy salva l’Italia, scan face scansione faccia, screening monitorare, shock trauma, shopper acquirente, smart city città intelligente, smart dad didattica in remoto, smart distancing distanza intelligente, smart marketing solutions soluzioni intelligenti di mercato, smart mask produzione intelligente di mascherine, smart working (è uno pseudo anglicismo!) telelavoro, lavoro da casa, lavoro a distanza, lavoro agile, sneakers scarpe da ginnastica, social distancing riduzione dei contatti, sold out tutto esaurito, spike picco, spike protein apice della proteina, spillover straripamento (zoonosi), spritz aperitivo tipico, spritz bar aperitivo al bar, staff personale, stand by pausa, still young ancora giovane, stress test test di resistenza, stronger together più forti insieme, supply chain catena di fornitura, support small business sostenere le piccole imprese, surgical mask mascherina chirurgica, tamponing fare tamponi, summer school scuola estiva, sure sicuro, take control now fai ora il controllo, target obiettivo, taske force unità di crisi, team gruppo, technology tecnologia, testing analisi, the basic rules le regole base, thermo scanner analizzatore termico, tilt ribaltamento, blocco, this change everyting questo cambia tutto, to dump smaltire, together insieme, to move on andare avanti, to remake rifare, total recall richiamo totale, tour operators operatori turistici, touring turismo, training courses corsi di formazione, trekking escursionismo, trend tendenza, triage smistamento, touchless sensors sensori senza contatto, (united) UV sanitizing light luce UV igienizzante, visionary days giorni visionari, wash your hands frequently lavati spesso le mani, wear the mask mettere la mascherina, wellness benessere, world week settimana del mondo unito, virtual tour giro virtuale, voucher rimborso, way of life modo di vivere, wet market mercato umido (di animali vivi), work flow flusso di lavoro ecc. ecc. (Dati raccolti fino al 2.7.2020)
Facendo, ora, riferimento alla recente quotidianità, si riportano degli esempi: il vocabolo lockdown è stato, purtroppo, a pieno titolo accolto nel vocabolario della nostra lingua, per le infinite volte con cui è dilagato. A quel che mi risulta, siamo stati gli unici ad adottare, tra le Nazioni neolatine, l’asfissiante vocabolo inglese! Altri Paesi esteri hanno trovato le parole adatte o inventato i loro neologismi, derivanti dalla loro cultura e non si sono abbeverati alla pozione inglese, che alla lunga si rivelerà per la nostra cultura, veramente malefica.
Ad es.: per definire distanziamento, focolaio covid e lavoro a casa, le altre nazioni neolatine quali vocaboli hanno usato? Tutte hanno usato termini perfettamente autoctoni e la stessa Inghilterra usa parole differenti dallo strano itanglese, inventato dagli italiani, che creativamente giocherellano con l’alloctona lingua, che tanto li affascina!
Distanziamento Francia: confinement Spagna: cierre (chiusura) de emergencia Portogallo: confinamento Romania: carantina Inghilterra: lockdown Italia: lockdown |
Focolaio Covid Francia: épidemie covid Spagna: brote de covid Portogallo: surto de covid Romania: covid epidemie Inghilterra: covid outbreak! Italia: cluster (che significa grappolo) |
Lavoro a casa Francia: travail à la maison Spagna: trabajar en casa Portogallo: trabalhar em casa Romania: lucreaza acasa Inghilterra: work at home! Italia: smart working (che significa lavoro intelligente)! |
E si potrebbe continuare a lungo…Tornando a noi, un antico proverbio cinese dice: «I padri saggi sono quelli che danno ai figli le ali, le radici e una carta geografica». A me piace molto questo detto, perché un bravo padre deve dare nello stesso tempo spinta e libertà ai figli (le ali), ma contestualmente deve consegnare loro le radici (la terra natale, la lingua, il dialetto, la storia, le tradizioni e tutta la cultura della propria comunità) e in ultimo una carta geografica, dove ha indicato i confini della propria terra (da sempre chiamata comunemente patria) e quelli delle altre terre (ove abita gente di altra e non coincidente cultura, da condividere o respingere per non esserne “fagocitati”). Le radici (cioè lingua e dialetto) sono doni preziosi da difendere e conservare.
Per spiegare meglio: molti italiani credono che, abbeverandosi alla lingua inglese a discapito della nostra, si riescano a integrarsi, realizzarsi, immergersi nel mondo anglosassone! E questo miraggio è un vero problema psicanalitico! Non la pensano così moltissimi Francesi, Spagnoli, Portoghesi e Rumeni.
Adozione linguistica e protezionismo
Dopo alcuni secoli, quando oggi finalmente l’italiano ha unificato l’Italia, i forestierismi lo stanno distruggendo. Se la nostra lingua rimanesse stabile, non sarebbe tanto l’addizione di nuovi vocaboli esteri da temere (i cosiddetti vocaboli per necessità “d’uso”), ma è la loro continua invasione, e sostituzione, che rende obsoleti e inutili gli omologhi italiani. Il linguista Antonio Zoppetti afferma:
«Mentre alcuni studiosi ci spiegano che l’interferenza dell’inglese non è reale, è solo una nostra distorsione delle cose perché è limitata ai giornali, o perché è confinata nei settori come quelli della Rete, della tecnologia, della scienza, dell’economia, della moda, dello sport, del cinema, della pubblicità… mi domando, se togliamo tutti questi ambiti, cosa altro rimanga dell’italiano!»
Alcuni studiosi, che da qualche decennio registrano la comparsa e il numero di parole estere nuove, che si stabilizzano nella nostra lingua, hanno affermato che in Italia ogni cinque anni si sta verificando la tendenza al raddoppio della quantità di vocaboli presi in prestito e contestuale eliminazione dei nostri vocaboli. Se questa tendenza perdurasse e l’accoglienza addirittura accelerasse, nell’arco di pochi decenni l’italiano rischierebbe di ridursi a ben poca cosa, forse a lingua in via di dismissione. Ma la colpa del fenomeno è da addebitare agli stessi italiani, poiché non esiste nessun obbligo internazionale a essere così linguisticamente accoglienti. Lo dimostrano la Francia e la Spagna, che usano comportamenti sufficientemente protezionistici nei confronti delle loro lingue.
La riflessione che se ne ricava è che gli italiani, mentre giustamente proteggono dalle contraffazioni alcuni prodotti, che affermano essere eccellenze da difendere, legandoli al luogo d’origine (il parmigiano dal parmesan, o la pizza, o l’olio, o il vino tipico ecc., da infiltrazioni di prodotti stranieri d’imitazione), hanno un comportamento diverso nei confronti della lingua. Gli stessi italiani, alcuni dei quali particolarmente poco sensibili alla cultura, non sentono la necessità/dovere di proteggere l’italiano, che è la sola primaria chiave di lettura dei tanti patrimoni letterari, poetici, storici, artistici, in uno culturali, che la nostra civiltà ha prodotto.
L’Accademia della Crusca, non avendo particolari poteri d’intervento, lancia flebili e inconcludenti proteste, e vasti campi della nostra vita stanno subendo questo fenomeno. Per darne un’idea, si elencano i settori più permeabili a questa invasione, secondo l’ordine attuale di grandezza dell’attecchimento dei forestierismi, rilevato nei censimenti linguistici:
Informatica, Linguaggio aziendale, Linguaggio commerciale, Economia e finanza, Sport, Tecnologia, Spettacolo, Editoria, Moda, Musica, Politica, Cucina, Cinema, Costume e società, Pubblicità, Abbigliamento, Sesso, Viaggi e turismo, Tv, Banche, Mezzi di trasporto, Scuola e formazione, Automobili, Motori, Giochi, Borsa, Medicina, Giornalismo, Linguaggio fiscale, Bellezza, Criminalità e illegalità, Scienza, Grafica, Leggi e sentenze, Animali, Arte, Movimenti, Urbanistica ed edilizia, Armi e militari, Tipografia e stampa, Navigazione, Letteratura, Fumetti, Natura ecc.
È impossibile trascrivere anche i vocaboli importati dall’inglese nell’italiano in relazione ai settori di quest’ultimo elenco: se ne dovrebbero trascrivere molte migliaia, per molte decine di pagine!
Occorre, poi, dire che oggi nella disponibilità normale della popolazione vi è un nuovo, incredibile e potente mezzo per utilizzare tutte le principali lingue del mondo. Sui cellulari di media qualità vi è una app, che consente la traduzione istantanea di testi nelle più diverse lingue del pianeta. Questa funzione è degna di grande attenzione, perché ci permette, grazie a uno strumento, che pesa solo qualche etto, di evitare di utilizzare centinaia di voluminosi vocabolari, pesanti nell’insieme, forse, più di una tonnellata. La qualità della traduzione è precisa ed efficace oltre l’80% e si può ipotizzare che i progressi informatici in corso possano crescere fino a sfiorare i livelli ottimali dei vocabolari, o dei traduttori umani di madre lingua.
Nel mio telefonino sono utilizzabili le traduzioni di ben 103 lingue diverse, tra le quali, per citare solo l’inizio e la fine dell’elenco:
afrikaans, albanese, amarico, arabo, armeno, azero, basco, bengalese, bielorusso, birmano, bosniaco, bulgaro, catalano, cebuano, ceco, chichewa, cinese semplificato, cinese tradizionale, [......] swahili, tagiko, tailandese, tamil, tataro, tedesco, telugu, turco, turkmeno, ucraino, uiguro, ungherese, urdu, uzbeco, vietnamita, xhosa, yiddish, yoruba, zulu.
Con tale strumento i linguaggi del mondo non costituiscono più un problema, per la rapidità d’uso, per la democraticità del mezzo, per l’estrema economicità e diffusione del sistema. Se poi, con il telefonino si fotografa una pagina di un libro, di una rivista, di un giornale, di un documento, scritta in una delle 103 lingue, e nei relativi alfabeti, istantaneamente può essere tradotta in ciascuna delle lingue corrispondenti. Inoltre con la tecnica sta migliorando la qualità anche dei sistemi di traduzione vocale, oggi ancora alquanto imperfetti, che per avere risultati accettabili, hanno bisogno di una delicata calibrazione (campionatura) della voce dei parlanti.
Quindi, se il fatto pratico di capire e farsi capire in un’altra lingua viene sostanzialmente semplificato, l’importanza dell’inglese come lingua universale passpartout decade e ciascun individuo di ogni popolo, con un telefonino evoluto in tasca, può dialogare con il mondo e nello stesso tempo può continuare a coltivare la propria lingua e a studiare e far evolvere la propria cultura.
Il linguista Antonio Zoppetti insiste sui guasti che in termini glottologici l’inglese compie nei confronti dell’italiano: non si pone come processo “aggiuntivo”, che si somma alla “cultura nativa”, ma è “sottrattivo”, perché porta a una “regressione del lessico nativo”. Ciò è ancor più dimostrabile anche dal fatto che grandi istituzioni universitarie italiane, come il Politecnico di Milano, tradendo incredibilmente l’italianità, stiano tentando di svolgere i loro corsi non più nella nostra lingua (!), ma solo in lingua “straniera”, (cioè l’inglese! e non in francese, spagnolo o tedesco), ma questo tentativo al momento è stato per fortuna considerato incostituzionale.
Promuovere l’internazionalismo linguistico è un’aspirazione legittima, che si concretizza nel pluralismo. Altra cosa è il procedere con metodi, che si configurano come sottomissione culturale, di tono quasi colonialista, a un monolinguismo globale.
E il citato studioso aggiunge:
«L’abuso di anglicismi, che non ha eguali nelle altre lingue europee, fa sì che stiamo rinunciando a creare parole nuove nella nostra lingua. Ovvero non la facciamo più crescere: e le lingue sono vive, hanno bisogno di cambiare e adeguarsi ai tempi. Detto questo, usiamo termini inglesi anche quando la parola italiana c’è e, magari, è più sintetica. Ovvero, quello che colpisce del fenomeno è la quantità degli anglicismi, e la non ragionevolezza di usarne alcuni, che rendono obsolete molte nostre parole».
Quale bisogno c’è di preferire antiquity ad antichità, austerity ad austerità, authority ad autorità, community a comunità, creativity a creatività, equity a equità, gallery a galleria, harmony ad armonia, humanity a umanità, legality a legalità, liberty a libertà, quality a qualità, reality a realtà, responsability a responsabilità, tecnology a tecnologia, utility a utilità?.
Tutto quell’inglese di troppo che inquina l’italiano, come già visto, sta penetrando anche nelle aree proprie dei dialetti, che tendono ad anglicizzarsi. In questo momento molti non capiscono il danno che una gran parte di italiani fanno ai nostri patrimoni linguistici, che si ripercuoterà progressivamente sui nostri patrimoni culturali. Se la penetrazione linguistica diventerà un’invasione con caratteri di sostituzione, i nostri vocabolari, italiano e dialettali, perderanno moltissimi termini correnti e prenderanno sempre più la forma di altra lingua, estranea alla nostra letteratura, alla nostra storia, alle nostre tradizioni.
Con la diffusione dei moderni mezzi di comunicazione di massa, si ha in alcuni dialetti la scomparsa di molti precedenti termini (compresi anche i superstiti arcaismi latinizzanti) e la dialettizzazione non più di sole parole italiane, ma di neologismi inglesi, come: il computer, il mouse, lo spread, il pit stop, che diventano, ad es.: glie compiùtere, glie màuse, glie sprèdd, glie pitt stopp). Addirittura la corruzione linguistica dell’italiano e dei dialetti, soverchiati dall’itanglese, se il fenomeno continuasse, o addirittura accelerasse, impedirebbe ai nostri figli e nipoti di leggere, analizzare, apprezzare, ad es., i grandi capolavori letterari sia della letteratura italiana che dialettale. La nostra lingua e i nostri parlari sono perciò gli unici, i più diretti e i più efficienti strumenti di conoscenza di tutta la produzione e comunicazione culturale della nostra civiltà, che, come tutti gli altri patrimoni, va protetta, salvaguardata e valorizzata.
Personalmente ho un grande timore che nel futuro, dismessa una gran parte della lingua italiana, chi volesse studiare l’opera di Leopardi o di Dante o di altri grandi scrittori, poeti e pensatori del passato, sia in lingua che in vernacolo, non avendo più in uso il linguaggio d’origine, dovrebbe purtroppo consultare solo le necessarie traduzioni in inglese delle citate opere.
Una perdita simile accadrebbe, anche, se il pubblico fosse costretto a non poter vedere più un capolavoro pittorico originale di un grande maestro (Raffaello, Leonardo, Caravaggio…), ma fosse costretto a visionare solo surrogati fotografici o una o più riproduzioni, copiate da altre mani, con altre sensibilità, con altri materiali, con altre tecniche pittoriche, con altri stili, con altre idee dei vari copisti, di certo, temporalmente differenti da quelle dell’autore vero del capolavoro scomparso [1].
Lo sconforto arriva, quando sul telefonino cerchi la traduzione dall’inglese all’italiano delle seguenti parole (e simili): colf, baby sitter, gay, export, sprint, comfort, joint venture ecc. e sullo schermo compaiono come risposte gli stessi vocaboli: colf, baby sitter, gay, export, sprint, comfort, joint venture… Questo è il segno che, a parere del telefonino, la tragedia della sostituzione è già avvenuta e i citati vocaboli inglesi sono ormai stati assimilati stabilmente nella nostra povera lingua italiana.
Non è, quindi, più possibile una traduzione dall’inglese all’italiano: siamo ormai entrati in modo massiccio nell’era dell’itanglese! Eppure, per verificare se nelle nostre espressioni esistono ancora le corrispondenze italiane (ed esistono: collaboratrice, bambinaia, omosessuale, esportazione, scatto, comodità, associazione di imprese!) occorre digitare le stesse parole inglesi e chiederne, però, il significato in italiano! E allora, perché non torniamo a usare le nostre originali parole di qualche decennio fa? Perché, noi italiani così creativi, non creiamo più, quando occorrono, neologismi in italiano? E perché non torniamo a farlo, prima che la sostituzione linguistica diventi irreversibile?
L’italiano è nelle mani dei nostri governanti e dei nostri concittadini
Gli studiosi ci informano che sempre più anglicismi creano una lenta obsolescenza di vocaboli italiani. Se oggi non si pone freno a questa sempre più veloce erosione, si perderanno i binari per mantenere in vita la nostra cultura e tutta la poesia, la prosa, i canti, i testi teatrali, i testi filosofici, i testi scientifici e culturali dei nostri grandi autori cadrebbero nel silenzio e nell’indecifrabilità, perdendo ogni cognizione e pratica della lingua che li ha generati. Crollerebbe la possibilità di entrare in colloquio diretto con le autentiche parole sia dei manoscritti, che dei testi stampati di Dante, di Leonardo, di Michelangelo, di Manzoni, di Carducci, di Ungaretti, di Marconi, di Fermi ecc., che fanno parte di un patrimonio di immenso valore per tutto il pianeta, e di apprezzarne le sfumature gergali, etimologiche, ambientali che il lessico d’origine ha loro conferito.
Si perderebbe in un momento tutto il fascino che l’Umanesimo e tutta la cultura hanno sedimentato negli ultimi tre millenni sulla nostra penisola a partire dal greco, dal latino, per giungere ai nostri volgari e infine al nostro prezioso italiano, che tanta difficoltà ha incontrato nell’affermarsi sulla nostra penisola. Quando un’ampia diffusione è stata finalmente raggiunta, stiamo sperperando la nostra lingua, affidando la nostra comunicazione a una lingua importata, politicamente non imposta, ma cresciuta solo sulle spinte di sottocultura di larghi strati di popolazione italiana incosciente, attratta da miraggi commerciali, economici e/o solo di moda. Ma mentre il commerciante usa la lingua come un mezzo, chi fa cultura la usa come fine, potremmo dire come “mercanzia” o “bene” da tutelare.
Perdere la lingua italiana, equivale a balbettare in altri idiomi e distruggere tutto il patrimonio di civiltà, costruito dai nostri antenati nel passato. Per questi motivi bisogna proteggere e salvare con forza la nostra lingua, che ha un fascino ineguagliabile e non può di colpo essere considerata di ripiego, o di scarto. Quindi, già da ora, prima che sia troppo tardi, occorre sensibilizzare tutto il nostro popolo, a partire dagli studiosi, dai letterati, dai poeti, dai linguisti, dai glottologi, dagli storici, dagli studiosi dei dialetti, dai filologi, dai semiologi, dagli esperti di comunicazione e linguaggi, da tutti quelli che hanno ruoli di docenza nelle scuole di ogni ordine e grado, affinché riescano a convincere i politici a prendere adeguate misure di protezione della lingua e, poi, tutti gli addetti alla comunicazione di massa (in etere, su carta e in rete), e i giovani, i creativi della pubblicità e gli addetti al commercio, affinché invertano i loro comportamenti attuali di disgregazione e annichilimento linguistico.
La scuola italiana, che, come afferma il filosofo Umberto Galimberti, già istruisce poco ed educa ancor meno, con il progressivo accantonamento del greco e del latino in molti casi offre alle nuove generazioni condizioni di preparazione scadente, in quanto le leggi della grammatica, della sintassi e dell’analisi logica sono ormai assimilate in modo precario (e l’eloquio di alcuni politici ci dà conferma della scadente qualità della loro comunicazione) e il linguaggio delle reti sociali ha portato alle abbreviazioni dei vocaboli, all’immiserimento dei periodi, alla perdita di capacità di lettura dei libri. La scuola italiana, pertanto, è a un bivio: o deve ripartire su basi moderne, ma solide, legate alla cultura della civiltà italiana, o precipita anche in questo continuo degradante fenomeno di assimilazione dell’inglese superfluo, che corrode alla base la nostra più autentica cultura e “regala” ai popoli anglofoni possibilità di successo su tutti i fronti, economici e di scambio culturale. A questo punto occorrerebbe intervenire con concreti interventi legislativi e con la consulenza di appositi comitati di studiosi nel proteggere le nostre parlate allo stesso modo in cui le varie Soprintendenze tutelano i patrimoni archeologici, storici, artistici, archivistici, ambientali…
Quinto Orazio Flacco nell’Ars poetica, vv. 70-72, scriveva: «Multa renascentur quae iam cecidere, cadentque / quae nunc sunt in honore vocabula, si volet usus, / quem penes arbitrium est et ius et norma loquendi». Parole cadute in gran numero rivivranno, parole vive periranno, secondo che vorrà l’uso, signore assoluto del linguaggio, fonte del suo diritto e sua legge.
Le acute parole di Orazio ci dicono come sia l’uso, che ne fanno i parlanti, a decretare il mantenimento in vita di una lingua. Allora, se riteniamo importanti il nostro italiano (e i nostri dialetti), perché non li curiamo e nei loro confronti non facciamo opera di efficiente salvaguardia, quando una minoranza di parlanti superficiali li sta irrimediabilmente facendo sparire? La nostra lingua è importantissima e ha lo stesso valore di un Colosseo! Allora perché i grandi monumenti sono considerati patrimoni da difendere con i denti (chi sgretola un frammento al Colosseo è tenuto a pagare multe salatissime) e i nostri linguaggi, invece, sono qualcosa che chiunque può sgretolare, violare, polverizzare, inquinare, cancellare? Le parlate locali sono ugualmente preziose e il loro pregio va protetto e vivificato. Nessuno deve abbattere un prezioso bene culturale; nessuno deve disperdere o distruggere un’opera dialettale né di alto, né di medio valore. In archeologia non vengono buttati nemmeno i frammenti, che, se sapientemente ricomposti, ci possono offrire, ancora, la bellezza di un’opera d’arte.
Dialoghi Mediterranei, n. 47, gennaio 2021
[*] Per una trattazione più ampia dell’argomento si veda l’Appendice 2 al volume di Ugo Iannazzi: Il pensiero popolare, detti, proverbi, motti, raccolti nel dialetto di Arpino da Luigi Venturini nel 1911 e da Antonio Quaglieri nel 2011, in stampa.
Note
[1] Per fare un esempio, si propone un capolavoro poetico, forse il più conosciuto, di Giacomo Leopardi, che nelle sue possibili traduzioni, le uniche ormai comprensibili dalle nostre generazioni future, allevate alla “cultura dell’itanglese”, ne subirebbe un irrimediabile e imperdonabile degrado, snaturandosi nelle due seguenti, tra le tante, possibili traduzioni, che talora non rispettano nemmeno il numero originale dei versi:
The infinity
(by James Leopards)
traduzione 1°This solitary hill has always been dear to meAnd this hedge, which prevents me from seeing most ofThe endless horizon.But when I sit and gaze, I imagine, in my thoughts,Endless spaces beyond the hedge,An all encompassing silence and a deeply profound quiet, To the point that my heart is quite overwhelmed.And when I hear the wind rustling through the treesI compare its voice to the infinite silence. And eternity occurs to me, and all the ages past,And the present time, and its sound.Amidst this immensity my thought drowns:And to flounder in this sea is sweet to me |
traduzione 2°It’s always been dear to me, this isolated1hillAnd this hedge, that from vast partsOf the farthest horizon excludes sight.But sitting and gazing, interminableSpace beyond it, and superhumanSilences, and profound quietudeIn my thoughts I imagine, where almostThe heart doesn’t fear. As the windIs heard rustling through these plants. I, thatInfinite silence to this voiceGo comparing: and I’m reminded of the eternal,And the dead seasons, and the presentAnd the living, and her sound. So within thisInfinity, my thoughts drownAnd sinking is sweet to me in this sea. |
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Ugo Iannazzi, architetto, museografo, studioso di tradizioni popolari, ha realizzato ad Arpino (FR) il Museo dell’Arte della Lana e redatto progetti per i Musei della Liuteria e delle Arti tipografiche. Con Eugenio Beranger ha creato ad Arce (FR) il Museo antropologico della “Gente di Ciociaria” nel 2004 e pubblicato nel 2007 il relativo saggio storico-critico, che raccoglie le vicende territoriali, gli usi e i costumi popolari del mondo rurale e artigiano locale. In collaborazione con Antonio Quaglieri ha pubblicato nel 2016 Chi parla i sparla nen perde ma’ tiempe. La civiltà contadina, una filastrocca, un pretesto e nel 2018, in collaborazione con Ercole Gabriele Gli apologhi di Fedro tradotti in dialetto arpinate. Ha in corso di stampa Il pensiero popolare, detti, proverbi, motti, raccolti da Luigi Venturini nel 1911 e da Antonio Quaglieri nel 2011; e in preparazione, un saggio sul poeta dialettale Giuseppe Zumpetta e uno sugli incontri a Firenze tra Gioacchino Rossini e il letterato Filippo Mordani.
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