di Lina Novara
È risaputo che l’onorevole trapanese Nunzio Nasi (1850-1935) fosse un cultore delle arti, un fine collezionista e committente di opere a noti artisti suoi contemporanei, oltre che amico di scultori come Carmelo Cernigliaro Melilli e Ettore Ximenes al quale si deve un busto-ritratto dello stesso Nasi [1]. Tra gli artisti che ritrassero il parlamentare trapanese o per lui eseguirono delle opere, figurano i nomi di Giacomo Balla, Francesco Jerace, Giuseppe Saporito, Corrier, Ettore de Maria Bergler, Antonino La Barbera, Francesco Garufi [2].
Tra questi si può annoverare anche Mario Rutelli, alla luce di un recente rinvenimento fortuito, da parte mia, di un bozzetto in bronzo e di due rare foto in bianco e nero che mostrano ciascuna, rispettivamente, due gruppi scultorei, l’uno diverso dall’altro, un tempo collocati nell’area adiacente al villino Nasi. Dei due gruppi scultorei oggi non rimangono più tracce, ma alcune cartoline d’epoca che ritraggono il villino documentano la loro collocazione in prossimità del mare. Una delle due foto, datata 1939, mostra una statua femminile nuda, distesa su di un grosso delfino anguiforme, l’altra, di epoca imprecisata, ritrae una statua di donna nuda, avvinghiata ad un cavallo scalpitante; considerando il tipo di abbigliamento delle persone ritratte in questa seconda foto, presumo che anch’essa sia databile, all’incirca, allo stesso periodo [3].
L’altezza massima di ciascuna opera, se rapportata a quella delle persone ritratte, sembra essere intorno ai tre metri: il materiale con cui erano realizzate, di colore apparentemente bianco, difficilmente poteva essere marmo, considerata la superficie scabra e opaca, mentre è ipotizzabile che si trattasse di pietra stuccata o di impasto cementizio, di malta, di gesso, o di creta, materiali deperibili che non ne avrebbero consentito la conservazione anche per l’esposizione alle intemperie del luogo.
Il villino fu fatto costruire nel 1898 dall’onorevole Nunzio Nasi in un luogo estremamente suggestivo, chiamato dai trapanesi Lo scoglio perché situato in un lembo di terra, nell’estrema punta ovest della città, delimitato per tre lati dal mare e compreso tra la Colombaia e la torre di Ligny. L’edificio, originariamente, era ad una sola elevazione e l’ingegnere trapanese Giuseppe Manzo che lo progettò, per proteggere i prospetti dal mare e dalle intemperie, adottò una soluzione di rivestimento a bugnato rustico che l’ha preservato nel tempo [4]. Nel 1913 fu aggiunto, su progetto di un altro trapanese, l’architetto Francesco la Grassa, allievo di Ernesto Basile, il piano superiore che riporta l’inconfondibile sua firma: un’apertura tripartita.
Nell’area adiacente al villino, situata a nord ovest, nel 1898 Nasi fu autorizzato dal Demanio a realizzare una «vasca-piscina», destinata a peschiera, che nel 1929 il Ministero della Marina ordinò di eliminare, annullando l’atto di concessione [5]. Nello spazio antistante l’edificio era situata anche una fontana con vasca e soggetti ornamentali, in parte visibile in una cartolina d’epoca, i cui pochi resti mostrano ancora oggi, incisa nella pietra, la firma dell’autore, lo scultore trapanese Giuseppe Croce [6].
Allo stato attuale delle ricerche, le uniche fonti documentarie sulle sculture di Rutelli sono le due foto sopraindicate ed un’altra «Foto scattata da Saro Bonventre» nel 1948, pubblicata su un giornale locale Cantachiaro con la seguente didascalia «Immagine di una delle quattro statue che abbellivano una vasca piscina che esisteva “o scogghiu”. Altra statua di cui esiste documento fotografico un cavallo marino con la coda di pesce. Sarà possibile rintracciare l’immagine delle altre due?» [7]. Questa didascalia attesta che le statue in origine erano quattro!
Il soggetto delle due documentate, ad un attento esame, è quello di due Naiadi, ossia ninfe delle acque, di sorgenti, fiumi e laghi, e precisamente: la Ninfa dei fiumi, l’Ondina, sdraiata sopra un delfino anguiforme, e la Ninfa degli Oceani, l’Oceanina, aggrappata ad uno scalpitante cavallo. L’iconografia, la composizione ed anche l’aspetto formale dei due gruppi scultorei rimandano inequivocabilmente alle statue bronzee, di identico soggetto, della Fontana delle Naiadi di Piazza Esedra a Roma, ora piazza della Repubblica, eseguite dallo scultore palermitano Mario Rutelli (1859-1941) tra il 1897 e il 1901, tanto da poterle considerare o delle repliche ottenute con i calchi originali, se non proprio i modelli originali delle statue bronzee romane.
La fontana di Roma è tuttora composta da quattro gruppi raffiguranti le Ninfe delle acque e precisamente, Ondina sul delfino anguiforme, Oceanina con il cavallo marino, Nereide con il caimano, Naiade con l’airone. Una cartolina d’epoca mostra inoltre, in primo piano, una parte della fontana antistante il villino ed in profondità l’Ondina.
Quasi certamente le due statue mancanti raffiguravano, come a Roma, Nereide e Naiade. Da foto e cartoline d’epoca si può individuare la collocazione dell’Ondina nell’area ovest de Lo scoglio, protesa verso il mare aperto, e dell’Oceanina a nord-est, rivolta verso la città [8]. Una foto con sullo sfondo Erice e la città di Trapani mostra, sul lato sinistro, le zampe anteriori e la testa del cavallo al quale è avvinghiata Oceanina [9].
Non conosciamo la provenienza delle opere trapanesi e le vicende legate alla loro presenza a Trapani. La perfetta corrispondenza di dimensioni, linee, forme e volumi, la sovrapponibilità delle immagini inducono a credere che le Naiadi di Villino Nasi siano state i modelli originali, realizzati dal maestro come prototipo per le opere definitive in bronzo da collocare nella fontana romana, o repliche dai calchi originali. Talvolta i modelli, in gesso, pietra stuccata, impasto cementizio, creta o altro materiale provvisorio, che consentivano all’artista di replicare l’opera più volte attraverso i calchi, venivano donati dagli stessi autori a musei, gipsoteche o privati [10].
Franco Grasso scrive a proposito di Rutelli:
«Preso da un febbrile slancio creativo, egli concepisce quattro fantastici gruppi, prova i bozzetti in una vasca del suo atelier palermitano, plasma i modelli come creature viventi, appresta i calchi, affronta … i rischi della fusione di varie tonnellate di bronzo…» (Grasso 1998: 35).
È probabile che Nasi abbia ricevuto direttamente da Rutelli, o per acquisto o per dono, i modelli dei quattro gruppi la cui fusione in bronzo avvenne a Palermo nella «Fonderia artistica siciliana Rutelli» che lo stesso maestro aveva fondato nel 1890, assieme al fratello, nell’angolo tra via Libertà e via Mazzini e dalla quale, fino a quando fu attiva – anni venti del Novecento – uscirono molte delle sue opere. Le quattro statue di bronzo furono poi trasferite a Roma via mare.
Federico Zeri, secondo quanto riferito dal pronipote Francesco Rutelli in una intervista del 2015, ebbe a dire che lo scultore palermitano fu il più grande fonditore dopo Benvenuto Cellini [11]. Come avvenne per Cellini per la fusione del Perseo, la realizzazione delle Naiadi romane fu per Rutelli molto avventurosa, lunga e abbastanza complessa, e richiese ben sedici tonnellate di bronzo [12]. Anche la storia della famosa fontana di piazza Esedra è molto travagliata e non solo per la fusione!
Sorse nella zona Termini come «Mostra» del ricostruito antico acquedotto dell’Acqua Pia Antica Marcia, tra il 1865 e 1870, per volere di papa Pio IX che il 10 settembre 1870 inaugurò una fontana provvisoria in sostituzione della precedente, cinquecentesca [13]. La parte architettonica venne definitivamente realizzata nel 1885, su progetto di Alessandro Guerrieri, nella attuale piazza della Repubblica, a qualche decina di metri dall’ubicazione originaria, e fu poi adornata con quattro leoni in stucco, in occasione della visita dell’imperatore Guglielmo II nel 1888.
Quando nello stesso anno iniziarono i lavori di sistemazione urbanistica dell’area in cui si trovava, si ritenne opportuno modificare la decorazione della fontana e per ben tre volte fu bandito un concorso con esito sempre negativo. Alla fine, la commissione giudicatrice formata dall’architetto Gaetano Koch, direttore dei lavori della piazza, e dagli scultori Ettore Ferrari e Giulio Monteverde, decise di affidare l’incarico a Mario Rutelli che presentò un progetto nel quale i quattro leoni venivano sostituiti da altrettante possenti figure di Naiadi in bronzo, i cui bozzetti vennero molto apprezzati dalla stessa commissione.
Rutelli cominciò a lavorare ai quattro gruppi nel 1897, per poi portarli a termine, dopo intenso lavoro, nel 1900. Nel momento in cui la fontana stava per essere inaugurata, i consiglieri capitolini conservatori, clericali e filopapali, criticando aspramente le nudità delle figure, nella seduta dell’8 febbraio 1901 cercarono di impedirne l’inaugurazione, giudicando scandalosa e immorale l’avvenenza statuaria e sensuale delle sculture. Con il dilagare della polemica anche all’esterno del Campidoglio, l’architetto Giovan Battista Giovenale, persona di spicco nel panorama culturale romano, ebbe a dire che le figure femminili erano «simili a robuste ed erculee donne, non ninfe inebriate dal piacere dell’acqua, ma ciociare atletiche ebbre di cattivo vino» (Grasso 1989: 26) [14]. Due giorni dopo, la sera del 10 febbraio, una folla di estimatori della fontana abbatté la staccionata in legno che la recingeva e, azionando i meccanismi per l’apertura dell’acqua, improvvisò una cerimonia di inaugurazione; nel frattempo, un gruppo di studenti della Sapienza si recò nello studio di Rutelli ed in trionfo lo condusse alla fontana per condividere con lui l’anomala cerimonia. Le polemiche non si placarono ed il 20 febbraio, in Campidoglio, si decise di aumentare i getti d’acqua in modo da mimetizzare i sensuali e procaci nudi delle Naiadi.
Ma le disavventure non finiscono qui: dieci anni dopo, nel 1911, Rutelli completa la fontana con l’inserimento del gruppo centrale formato da tre Tritoni in lotta con delfini e una piovra: anche questa volta le critiche non mancano e il gruppo, provvisoriamente realizzato in materiale cementizio, viene ironicamente definito dai Romani «fritto misto», e successivamente spostato in Piazza Vittorio Emanuele II dove tuttora si trova. Nel 1914 Rutelli realizzò l’attuale forzuto Glauco avvinghiato ad un delfino dalla cui bocca si sprigiona un altissimo getto d’acqua.
Evidentemente i conservatori del tempo non compresero l’arte innovativa del maestro, la notevole forza espressiva e il carattere di modernità del suo linguaggio [15]. Nasi dovette essere, invece, fra coloro che apprezzarono l’operato di Rutelli e, da fine conoscitore di opere d’arte, forse rimase talmente affascinato da quelle monumentali sculture da volerle nel suo villino. Sicuramente vide le statue bronzee collocate nella piazza Esedra durante la sua permanenza a Roma per impegni parlamentari. Qualche giorno dopo l’inaugurazione, il 15 febbraio del 1901, sarebbe stato nominato Ministro della Pubblica istruzione nel ministero Zanardelli (1901-1903), dopo la carica di Ministro delle Poste nel primo Gabinetto Pelloux (1898-1899).
Non conosciamo lo svolgersi dei fatti, né vogliamo entrare nel merito delle vicende giudiziarie che colpirono Nasi dal 1904 al 1912, e delle accuse mossegli dai suoi avversari politici su illecite appropriazione di materiale di cancelleria e di opere d’arte, che furono anche oggetto di diverse vignette satiriche. In particolare ci fa ora sorridere quella di Bartolomeo Augugliaro, pubblicata su «Il Corriere di Trapani» del 4 maggio 1913, dal titolo Verre e Nasi, nella quale il parlamentare è raffigurato carico di pacchi contenenti vasi, porcellane, candelabri d’argento, tappeti, francobolli, statue e una scatola con la scritta «Calcografia», sotto lo sguardo di Verre. Sicuramente le enormi statue di Naiadi non avrebbero potuto far parte di quel bottino!
Dell’Oceanina Nasi possedeva anche un bozzetto, custodito fino a qualche anno fa nel villino, ora presso il Libero Consorzio Comunale di Trapani che è proprietario dell’immobile avendolo ricevuto dagli eredi del politico trapanese con atto di donazione e con il vincolo di riservarlo ad attività culturali [16]. È uno dei tanti bozzetti realizzati per la fontana di Roma, nel quale Rutelli blocca la veloce cavalcata di Oceanina, aggrappata ad un cavallo che simboleggia il mare. Nel bozzetto è tangibile quel carattere di modernità che lo scultore ha voluto conferire alla figura attraverso il moto serpentino, in linea con le istanze dell’Art nouveau: la resa dinamica della ninfa protesa in avanti che avvinghia il cavallo, quasi attorcigliandosi su di esso, è infatti fedele adesione, da parte del maestro, a quel gusto modernista che dilagava in Europa e andava diffondendosi anche a Roma e a Palermo.
Delle Naiadi romane numerosi sono i bozzetti, di varie dimensioni, alcuni firmati dal maestro, oggi sparsi in diverse collezioni pubbliche e private [17]. Un modelletto o miniatura della fontana con piccole statue bronzee si trova a Montecatini nel giardino dello Stabilimento Termale Terme Tamerici. Tra i più noti bozzetti vanno ricordati quello bronzeo custodito a Palazzo Comitini a Palermo e l’altro, in gesso dipinto, presso la Galleria d’Arte Moderna di Palermo. Un «Bozzetto per Najade», in terracotta, raffigurante l’Ondina, conservato nella Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale, fu esposto nella «Mostra dell’arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia», tenutasi a Roma nel 1953 [18]. Un gruppo completo delle quattro figure femminili, agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso, è stato acquistato dalla Regione Siciliana e, nel corso degli anni, diverse case d’asta hanno venduto altri bozzetti [19].
La fortuna di queste sculture «in piccolo» si deve al grande fascino che ha suscitato, e tuttora suscita, la straordinaria fontana romana, considerata l’esempio più significativo del Liberty capitolino e dell’evoluzione del gusto ai primi del Novecento, oltre che espressione dello Stato unitario che voleva inserirsi nella tradizione delle «fontane di mostra» con un linguaggio nuovo e aggiornato. Rutelli infatti aveva concepito i quattro gruppi scultorei composti da ninfe e misteriosi animali acquatici, come figure estremamente vitali nelle quali appaiono chiari i riferimenti stilistici al percorso storico della scultura, dall’antichità al Neoclassicismo, ossia dall’Ellenismo a Canova, con tappe nel Rinascimento e nel Barocco, vivificate però dalla sua capacità di rendere realistico il tutto.
Franco Grasso, studioso dell’opera di Rutelli, così definisce la Fontana delle Naiadi:
«[…] un’opera che unisce felicemente le ispirazioni di discendenza barocca, l’armoniosa ricerca canoviana della «vera carne» (vedi la Paolina Borghese) la fresca vena naturalistica mediterranea, i suggerimenti del verismo francese, e infine la flessuosa eleganza decorativa del liberty in una misura che nulla toglie alla consistenza plastica dei corpi» (Grasso 1989: 27).
Rutelli aveva appreso da ragazzo le tecniche della scultura a Palermo (1973-74), presso la scuola serale di «Plastica ornamentale» diretta dallo scultore e intagliatore Salvatore Valenti e nel 1875, mentre si dedicava alla realizzazione del gruppo La Lirica da collocare nello scalone del teatro Massimo, studiava presso l’«Accademia del Nudo», fondata un secolo prima dal pittore Francesco Sozzi. Nel 1879 si stabilì a Roma dopo aver viaggiato e visitato gallerie e musei delle maggiori città d’arte italiane come Roma, Firenze, Napoli, Venezia, Siena, ed essere stato anche a Parigi. A Napoli era venuto a contatto con il Verismo: aveva conosciuto Vincenzo Gemito e le sue opere «palpitanti», impreziosite da libere variazioni di piani e da vivide vibrazioni luminose. Aveva frequentato Domenico Morelli e spesso si era incontrato con l’amico ennese Paolo Vetri che considerava suo «fratello d’adozione». A Parigi era stato presso l’atelier di Rodin, «progenitore della scultura moderna» (Tucker 1974: 14), capace di modellare figure umane cariche di realismo e di esaltare il carattere e la fisicità dell’individuo [20]. A Roma s’iscrisse alla Regia Accademia di Belle Arti e fu allievo di Giulio Monteverde, esponente del Realismo Borghese, e di Ercole Rosa che in quegli anni indirizzava il linguaggio romantico verso la modernità verista. In particolare, da Monteverde apprende le tecniche del bozzetto, dallo stesso considerato un campo sperimentale per la trasformazione con una materia rapida, non aneddotica, più attenta ai dati della luce che alla correttezza del disegno [21].
Di tutti questi insegnamenti ed esperienze fa tesoro mettendoli a frutto nelle sue opere e, quando alla fine dell’Ottocento riceve l’incarico per le statue decorative della fontana di piazza Esedra, Rutelli ha raggiunto un «suo» linguaggio personale. I corpi nudi e morbidamente modellati delle Naiadi, se pur rivelano reminiscenze dell’arte ellenistica, della plasticità di Michelangelo, della tensione del Bernini, della grazia muliebre di Canova, tuttavia palpitano del verismo napoletano e della notevole forza espressiva di Rodin; ma quello che le rese veramente «moderne», agli inizi del nuovo secolo XX, fu quel tocco di «modernismo» o di Liberty che dir si voglia, che le vivacizzava rendendole contemporanee allo sguardo dell’osservatore.
Le formose figure che giocano gioiose con animali, sotto gli schizzi dell’acqua, rivelano forme e movenze che sono la caratteristica dell’Art nouveau: le linee definite dai capelli al vento, il contorcersi di corpi, gli svelti e scattanti movimenti sono tutti elementi di modernità che riconducono al Liberty e all’Art nouveau in generale. Questa modernità non fu compresa dalla parte più conservatrice della società romana, ma la cultura popolare apprezzò l’avvenenza statuaria e sensuale delle Naiadi, la procacità dei corpi e la rotondità delle forme. Mussolini definirà in seguito la fontana «esaltazione della eterna giovinezza, primo saluto dell’arte della capitale».
È considerata «una delle più belle fontane moderne di tutta Europa» (Lavagnino 1961) e «tra le più compiute espressioni del gusto liberty in scultura» (Grandesso 2007: 53). Si dice che a posare furono delle modelle di Anticoli Corrado, il cosiddetto «paese degli artisti e delle modelle», situato nella valle del fiume Aniene e dal quale, tra l’altro, proveniva l’Acqua Marcia, rinomato per l’avvenenza delle sue donne, alcune delle quali, tra Ottocento e Novecento, nell’epoca del Grand Tour, fecero da modelle a quegli artisti di tutto il mondo che vi soggiornarono nella ricerca di paesaggi e di atmosfere tipiche della campagna romana. A sostenerlo sono Fortunato Bellonzi e Artemio Tacchia, mentre la nipote di Rutelli, Anna Maria Barbera Mirri, figlia di Maria, a sua volta figlia del maestro, a proposito della nonna Maria, moglie di Rutelli, scrive che «[…] ella fu la musa ispiratrice delle sue opere più importanti. Le naiadi della fontana dell’Esedra a Roma, ad esempio, raffigurano la nonna, non soltanto nel viso, ma anche nelle sembianze così matronali e fiorenti» (Barbera Mirri 1989: 14) [22].
Franco Grasso invece riferisce che «[…] Le modelle sembra siano state, piuttosto, avvenenti soubrettes» (Grasso 1989: 26-27). È probabile che in alcune sculture il maestro abbia riprodotto il viso della moglie, come induce a credere il gesso di una Testa di Naiade, ricavato dal calco originale, conservato in collezione privata, ma per le pose succinte forse si servì di modelle, donne anticolane o soubrettes che siano state [23].
Ci rammarichiamo per non sapere quale sia stata la fine delle Naiadi trapanesi, ma rendiamo merito a Nunzio Nasi di aver portato in città una ventata di modernità con i quattro gruppi scultorei che riproponevano i bronzi romani. Particolarmente affascinato dal Liberty, Nasi fece dipingere pareti e volte del suo villino con motivi floreali e lo arredò con mobili, lampadari ed oggetti dello stesso stile. Le volte sono infatti un tripudio di fiori, foglie, viticci che, ispirati alla morfologia vegetale, privilegiano la linea curva: una linea che si attorciglia, si raddoppia, si moltiplica, fino a diventare, talvolta, il tipico colpo di frusta del Liberty.
Nella «stanza degli aironi» il pittore trapanese Giuseppe Saporito, ispirandosi alla natura e in tema con l’ambiente marino, ha dipinto a tempera animali e piante acquatici [24]. La natura continua ad essere protagonista divenendo la struttura di un tavolino attraverso foglie e fiori di calla, o prendendo forma di seggiolino attraverso le foglie di edera.
Nasi amava il mare e per i suoi momenti di rara serenità scelse un luogo in mezzo al mare, come attesta l’epigrafe incisa sulla facciata del villino: «In questo scoglio che asilo di pace invano aspirò nella tormentata sua vita, aleggia lo spirito di Nunzio Nasi, continua i suoi colloqui con Dio, col mare, con la posterità». Le Naiadi, purtroppo, non dialogano più né con il mare né con la «posterità»! [25].
Dialoghi Mediterranei, n. 47, gennaio 2021
Note
[1] Bongiovanni 2013°: 390-397, che contiene la bibliografia precedente.
[2] Bongiovanni 2013b: 383-389. Nunzio Nasi fu eletto alla camera dal 1886 al 1926.
[3] La foto datata 1939 si trova in un archivio privato. La foto non datata si trovava all’interno del villino Nasi dove è stata, a sua volta, fotografata da Nicola Calvino che l’ha pubblicata su www.trapaniantica.it, sez. «Mare, Villino Nasi», con il copyright e il proprio nome.
[4] Una scheda su villino Nasi si trova in: Novara – Spadaro 1990: 48.
[5] Notizia della peschiera si trova in Costanza 2020: 157 e nota 14.
[6] Giuseppe Croce (1860-1942), figlio di Pietro e fratello di Leonardo entrambi scultori, a Trapani aveva fondato lo «Studio Artistico-Industriale Giuseppe Croce». Cfr. Riccobono 1994 ad vocem. Nasi nel 1892 aveva inaugurato a Trapani, in piazza Vittorio Emanuele, la vasca dell’acquedotto Dammusi, da lui voluto, poi denominata «Fontana del Tritone».
[7] La foto con didascalia e data 1948 (sovrimpressa) è stata pubblicata sul giornale locale Cantachiaro, anno XXXIV n. 2 (Nuova serie) Dicembre 2000; si trova inoltre su www.trapaninostra.it, «Pagina in omaggio alla sig.ra Anna Palazzo», fotografa e collaboratrice di Rosario Bonventre, autore della stessa foto. La signora Palazzo, poi titolare dello studio Bonventre, è la ragazza ritratta sulla statua, come si legge nella didascalia che accompagna la stessa foto, ripubblicata in Nunzio Nasi Storia di un dramma parlamentare, a cura di M. Megale, Trapani s.d., s. n. pp.
[8] La cartolina che ritrae il prospetto del villino e, a sinistra in lontananza, l’Ondina, è pubblicata su www.trapaninostra.it; l’altra cartolina con veduta del lato est dove è individuabile, in lontananza, l’Oceanina, è pubblicata su www.trapaniantica.it e fa parte della collezione Pietro La Corte. La foto in cui compare il cavallo è riprodotta in Nunzio Nasi s.d., s. pp. e non riporta il nome dell’autore.
[9] L’immagine, poco chiara è pubblicata su Nunzio Nasi s.d., s. pp.
[10]Rutelli nel 1924 donò alla Galleria d‘Arte Moderna di Palermo, tredici modelli in gesso comprendenti ritratti, stele, bassorilievi e un bozzetto per la fontana di piazza Esedra: cfr. Grandesso 2007: 50-59.
[11] Mattei 2015, in www.italianways.com/it.
[12] Grasso 1989: 2. Su Rutelli si veda, tra l’altro: Spadaro 1994, ad vocem; Grasso (a cura di) 1998; Messina 1998: 112-129; Lacagnina 2004: 138-141.
[13] Sulla fontana si veda: Delli 1985; Brizzi – Rodriguez Almeida 1998; Pocino 2004; Cope – Tazartes 2004.
[14]Secondo Mario Dell’Arco (1977: 111-114) Governale disse che «l’Autore, secondo il suo modo di sentire e di vedere, ha trovato quattro divani, che vanno dal cavallo al mostro marino, e vi ha disteso le sue ninfe … non ninfe inebriate dal piacere dell’acqua; ma ciociare ubriache di cattivo vino, che hanno assunto su quei divani le pose più dimostrative».
[15] Sottoposta più volte ad interventi di pulitura, la fontana è stata restaurata nel 1998 e nel 2019 per infiltrazioni d’acqua nella stazione della metropolitana.
[16] Attualmente il villino è chiuso ed in stato di abbandono.
[17] Per i bozzetti si veda il Regesto, a cura di Monica Mirri in «Grasso (a cura di)» 1998:149.
[18] Si veda foto in Rerum Romanarum, Fontana delle Naiadi https://www.rerumromanarum.com.
[19] Sotheby’s nel 2007 ha venduto un gruppo di cinque bozzetti, firmato dal maestro e nel 2008 ha battuto all’asta una Ondina. Un bozzetto di Oceanina, in bronzo, firmato sulla base M. RUTELLI e recante anche il nome della «FOND – ART – LAGANA’ NAPOLI» è stato venduto non molto tempo fa da Finarte ed un altro è stato battuto all’asta nel 2019. I dati relativi alle vendite all’asta sono tratti dai siti web delle rispettive Case.
[20] Tucker 1974.
[21] Si veda Bettòli 1899: 1-22.
[22] Si vedano in merito; Bellonzi in «Grasso (a cura di)» 1998: 137; Tacchia 1998: 178-181; Idem 2010: 51-56. Carrera (a cura di) 2017: 54; Barbera Mirri 1989: 14, riportato anche in Grasso 1998:141-143
[23] La «Testa di Naiade 1900» è stata esposta, nella mostra «Mario Rutelli», Palermo, Galleria d’arte Moderna, 8 maggio – 6 giugno 1998: vedi Grasso (a cura di) 1998: 85.
[24] Giuseppe Saporito (Trapani 1859-1938) fu allievo, a Napoli del Polizzi e del Morelli; Si veda Novara 1993, ad vocem.
[25] Ringrazio quanti, in vario modo, hanno agevolato la mia ricerca di informazioni e foto, ed in particolare: Nicola Calvino, Salvatore Costanza, Anna D’Amico, Michele Giacalone, Lorenzo Gigante, Davide Lacagnina, Maria Leonarda Paladino, Silvio Piazza, Daniela Scandariato, Beppino Tartaro.
Riferimenti bibliografici
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S. Grandesso, Scultura palermitana come scultura nazionale: una collezione per l’Ottocento e il Novecento, in «Galleria d’Arte Moderna di Palermo», catalogo delle opere, a cura di F. Mazzocca, G. Barbera, A. Purpura, Cinisello Balsamo 2007: 50-59.
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M. A. Spadaro, Rutelli Mario, in «L. Sarullo, Dizionario degli Artisti Siciliani, Scultura», a cura di B. Patera, Palermo 1994, ad vocem.
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A. Tacchia, Modelli anticolani per la fontana delle Naiadi, in «Lazio ieri e oggi», 1998, n. 34: 178-181.
W. Tucker, Early Modern Sculpture: Rodin, Degas, Matisse, Brancusi, Picasso, Gonzalez , Oxford 1974.
Sitografia
www.italianways.com/it P. Mattei, Mario Rutelli, il mio bisnonno. Intervista con Francesco Rutelli sul grande scultore siciliano, 15 gennaio 2015.
www.rerumromanarum.com Rerum Romanarum, Fontana delle Naiadi.
www.trapaniantica.it Mare, Villino Nasi.
www.trapaninostra.it Pagina in omaggio alla sig.ra Anna Palazzo.
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Lina Novara, laureata in Lettere Classiche, già docente di Storia dell’Arte, si è sempre dedicata all’attività di studio e di ricerca sul patrimonio artistico e culturale siciliano, impegnandosi nell’opera di divulgazione, promozione e salvaguardia. È autrice di volumi, saggi e articoli riguardanti la Storia dell’arte e il collezionismo in Sicilia; ha curato il coordinamento scientifico di pubblicazioni e mostre ed è intervenuta con relazioni e comunicazioni in numerosi seminari e convegni. Ha collaborato con la Provincia Regionale di Trapani, come esperto esterno, per la stesura di testi e la promozione delle risorse culturali e turistiche del territorio. Dal 2009 presiede l’Associazione Amici del Museo Pepoli della quale è socio fondatore.
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